Dacia ha scritto:
Io invece voglio mostrarvi un po’ delle immagini della vita di Ariel
Sharon. Spero che siano queste ad accompagnare i suoi ultimi anni su
questa terra, e spero che ad attenderlo nell’aldilà ci siano i bambini
uccisi, le madri violate, gli uomini massacrati, in una vita spesa per la
pace, come dicono i suoi estimatori.
Io spero che non muoia Sharon.
No, voglio che viva.
Voglio che viva senza facoltà di parola, avendo perso il controllo non solo
del suo paese ma anche del suo corpo, voglio che vegeti seduto su una sedia
a rotelle e che la bava gli coli sul mento, voglio che senta la Palestina
nascere e diventare grande, enorme.
Voglio che veda una generazione di nuovi leader - musulmani cristiani ed
ebrei - pronti a far dimenticare la sua storia perché stanchi dell'orrore
che lui rappresenta.
Voglio che viva guardando l'atrocità che ama, franargli intorno per far
posto ad un paese differente, dove un unico popolo viva su un'unica terra.
Voglio che viva a lungo per essere da monito agli altri banditi, che il suo
corpo - appeso al sottile filo di una vita dipendente da tutti - sia
l'effigie che penzola sulle mura di una città nuova, una città che rifiuta
la guerra e la segregazione religiosa.
Voglio che viva per altri 10, 20, 30 anni, immerso nella solitudine che il
potere perduto porta con se, che sia accudito da persone che non abbiano
per lui nessun rispetto derivante dal timore ma solo la compassione che un
corpo martoriato può suscitare.
Voglio che lui sia cosciente di tutto, che debba ringraziare per ogni
boccone, per ogni carezza, per ogni attenzione, che le attenda come
l'assetato nel deserto attende la pioggia, e che queste tardino ad
arrivare, a volte, solo a volte.
Voglio che lui un giorno si accorga che potrebbe cambiare le cose e
volgerle di nuovo a favore della sua causa, voglio che abbia l'idea
geniale, quella decisiva, ma che nessuno lo guardi o lo ascolti, perché
sarà solo l'ombra patetica del dittatore potente che è stato.
Voglio che diventi un profugo imprigionato nella sua stessa testa, con le
piaghe da decubito che gli sconvolgono la mente per il dolore e che
l'incapacità di farsi ascoltare lo divori come un cane rabbioso.
Voglio che i suoi occhi si coprano lentamente di una patina bianca e che
non sia più in grado di guardare i notiziari, ma voglio che segua minuto
per minuto il rumore di un mondo che lo sta dimenticando.
Voglio che il mondo intero lo chiami “povero Sharon”, che ne abbia pietà,
quelli che lo temevano, lo deridano.
Voglio che i bambini si facciano beffe di lui e i mendicanti ne abbiano
pietà, voglio che le mamme di tutte le religioni preghino perché lui viva,
perché lui non si perda nulla di tutto il bene che succederà.
Voglio che la notte non possa dormire perché i sussurri del dolore e le
grida che invocano libertà del popolo di Palestina lo tengono sveglio,
immerso nello stupore che un corpo che non esiste più possa invece essere
così ricettivo di altri corpi che - grazie a lui - hanno smesso di
respirare. Voglio che abbia la vita che si merita. Perché, per uno come
lui, la morte - tutte le morti - sarebbe troppo poco.
Voglio che muoia giusto in tempo per essere seppellito sotto la terra che
per tutta la vita ha tentato di rubare ai suoi legittimi proprietari, dalle
bombe dell'Haganah ai massacri di Sabra e Chatila, al massacro di Jenin al
muro della vergogna.
Voglio che sia sepolto a Gerusalemme, la capitale della Palestina libera. E
che la sua tomba non abbia mai fiori. E che la terra di Palestina gli pesi
addosso, ridendo e sospirando e cantando, per l'eternità intera. E allora,
solo allora, sarò felice di dirgli: addio porco.
Dacia Valent
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