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  1. #11
    W il Patriottismo Siciliano!
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    Citazione Originariamente Scritto da Lutzianu
    Salude a totus,

    queste thrad è molto interessante, ci sono cose che non sapevo. anzi non sapevo quasi niente della questione.

    oltre a questo momento storico molto importante ho sentito parlare dei Vespri siciliani ma purtroppo non conosco tanto.

    ieri sera leggevo l'autobiografia di Vincenzo Sulis, un personaggio sardo che visse in prima persona la cacciata la sconfitta dell' esercito francese e la successiva cacciata dei piemontesi. Egli a un certo punto racconta la sua testimonianza di facente parte di uno degli Stamenti del Regnu Sardu (erano i tre bracci del potere di allora) e ricorda come i il popolo nelle sue varie rappresentanze chiedesse a gran voce l'indipendenza sostenendo che la sardegna poteva badar bene a se stessa. In questo passaggio dice che sembrava di essere al Vespro Siciliano.

    potreste illuminarmi su questo periodo storico che se non sbaglio coincide con quello nostro glorioso dei Giudicati.

    Grazie

    Salude
    Lutzianu
    E' un periodo storico che amo... il Medioevo. Perché proprio del Basso Medioevo di parla quando parliamo di Vespro siciliano (o 'Vespri siciliani', o 'Guerra del Vespro', o semplicemente 'Vespro').
    Nel 1268, l'erede degli Hohenstaufen, Corradino di Svevia, fu decapitato dai Guelfi francesi, guidati da Carlo d'Angiò, appoggiati dal papato, dopo la sconfitta del figlio ed erede di Federico II di Svevia Manfredi a Benevento (territorio della Chiesa) nel 1266. Dopo la decapitazione di Corradino, gli Angioini conquistarono l'intera Italia Meridionale e la Sicilia, trasferendo la Capitale del Regno da Palermo a Napoli (probabilmente per la maggiore vicinanza a Roma), con Capitale del Viceregno a Messina.
    Durante la giornata del lunedi dell'Angelo della Pasqua del 1282, si dice che una donna palermitana fu molestata pesantemente da un soldato francese, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, dato che la politica di Carlo d'Angiò era assolutamente menefreghista nei confronti della Sicilia, a maggior ragione. La violenza alla donna fu un pretesto per sollevarsi, si dice, almeno...

    La rivolta 'contagiò' anche Corleone (con la quale Palermo strinse una stretta alleanza, occasione in cui, probabilmente, nacque la bandiera siciliana, i cui colori rappresenterebbero il Comune di Palermo [rosso] e quello di Corleone [giallo]) e il territorio fino a Messina.

    Memori della floridezza del Regno di Sicilia durante l'era di Federico II, i siciliani offrirono la corona a quello che sarebbe stato l'unico erede possibile: Pietro II d'Aragona, sposatosi con la figlia di Manfredi di Svevia, Costanza.

    Questo in breve. Ulteriori dettagli li posterò in un secondo tempo.
    Spero ti sia fatto un'idea.

    Saluti.

  2. #12
    w i punkillonis
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    In molti manuali si data la nascita dello stato moderno con Federico II in Sicilia. Secondo me dovrebbe essere per voi un grande fattore di orgoglio.

    D'altronde per noi in Sardegna il fatto che la Carta de Logu, (che deriva dai codici Ruarali e) che Mariano IV ed Eleonora d'Arborea hanno rielaborato nel periodo giudicale siano una delle prime costituzioni di stati liberi ( e una delle più durature dato che dal 1300 fino al 1848 era la fonte nromativa più alta in Sardegna) è un fatto di orgoglio.

    Salude
    L





    Citazione Originariamente Scritto da Federico II
    E' un periodo storico che amo... il Medioevo. Perché proprio del Basso Medioevo di parla quando parliamo di Vespro siciliano (o 'Vespri siciliani', o 'Guerra del Vespro', o semplicemente 'Vespro').
    Nel 1268, l'erede degli Hohenstaufen, Corradino di Svevia, fu decapitato dai Guelfi francesi, guidati da Carlo d'Angiò, appoggiati dal papato, dopo la sconfitta del figlio ed erede di Federico II di Svevia Manfredi a Benevento (territorio della Chiesa) nel 1266. Dopo la decapitazione di Corradino, gli Angioini conquistarono l'intera Italia Meridionale e la Sicilia, trasferendo la Capitale del Regno da Palermo a Napoli (probabilmente per la maggiore vicinanza a Roma), con Capitale del Viceregno a Messina.
    Durante la giornata del lunedi dell'Angelo della Pasqua del 1282, si dice che una donna palermitana fu molestata pesantemente da un soldato francese, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, dato che la politica di Carlo d'Angiò era assolutamente menefreghista nei confronti della Sicilia, a maggior ragione. La violenza alla donna fu un pretesto per sollevarsi, si dice, almeno...

    La rivolta 'contagiò' anche Corleone (con la quale Palermo strinse una stretta alleanza, occasione in cui, probabilmente, nacque la bandiera siciliana, i cui colori rappresenterebbero il Comune di Palermo [rosso] e quello di Corleone [giallo]) e il territorio fino a Messina.

    Memori della floridezza del Regno di Sicilia durante l'era di Federico II, i siciliani offrirono la corona a quello che sarebbe stato l'unico erede possibile: Pietro II d'Aragona, sposatosi con la figlia di Manfredi di Svevia, Costanza.

    Questo in breve. Ulteriori dettagli li posterò in un secondo tempo.
    Spero ti sia fatto un'idea.

    Saluti.

  3. #13
    w i punkillonis
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    ma dici veramente ? Federico II è sepolto in una chiesa senza nessuna targa o menzione ?

    questo è veramente strano. Da noi al contrario Eleonora D'arborea, la Giudichessa che lotto contro i catalano aragonesi, figlia di MAriano IV, è considerata tuttora un eroina nazionale.

    Ad Oristano (Aristanis), capitale del giudicato di Arborea, piazze statute e vie ruotano intorno alla sua figura e a quella della sua famiglia. Nonostante alla fine ci sia molta ignoranza sulla sua figura e su cosa si batteva veramente, ma sopratutto su quella del padre, il vero padre della Nazione Sarda.

    Mi sembra strano perchè comunque sia è studiato e citato nei manuali di storia. Evidentemente la storia fa ancora paura....

    Salude
    L





    Citazione Originariamente Scritto da Nicheja
    Innanzitutto una precisazione: quando parlo di Propaganda, mi riferisco alla propaganda assimilazionista coloniale italiana.

    Il Vespro Siciliano fu una rivoluzione, forse il momento più alto della Civilità Siciliana, come molti commentatori anche "insospettabili" hanno sottolineato. Esplose il 31 (o il 30, secondo altre fonti) marzo 1282, lunedì di Pasqua, sul sagrato della Chiesa di S.Orsola in Palermo (dove ogni anno in quella data l'FNS ricorda la Rivoluzione e i suoi caduti). La Propaganda a riguardo di quella Rivoluzione ha messo in giro tante menzogne: che nacque per una questione di molestie ad una sposina da parte di un soldato angioino (cosa anche possibile, come "casus beli", come "goccia che fece traboccare il vaso", ma di certo non ne fu la motivazione), che vide la nascita della parola MAFIA come acronimo di "Morte Ai Francesi Italia Anela" (solo che all'epoca non esiteva il concetto politico di "Italia" né tantomeno si usava la lingua "Italiana" ma bensì quella Siciliana, e quella Francese - la parola toscana "maffia" arrivò in Sicilia portata da un funzionario piemontese), che fu una rivolta razzista contro i francesi (mentre fu una rivoluzione contro gli Angiò, sostenuta anche da tantissimi siciliani francofoni), che il suo motto ANTUDO sarebbe l'acronimo (e dagli co' 'sti acronimi!) di "ANimus TUus DOminus", quando invece (ad ulteriore conferma riguardo la francofonia di molti siciliani dell'epoca, cosa confermata da molti cognomi) è l'equivalente medievale del francese contemporaneo ENTENDU, "ci siamo intesi", cosa che peralto ne conferma il dato di rivoluzione condotta anche segretamente (con la regia di uomini come Gualtiero di Caltagirone e Alaimo di Lentini) , e della sua durata, 90 anni, anche se tutt'oggi c'è chi dice che si fermò con la pace di Caltabellotta (31 agosto 1302), quindi dopo 20 anni. Solo che il Re di Sicilia Federico III non fece mai ratificare al Parlamento Siciliano (la ratifica dei trattati - trattati che, come metodo nonviolento di soluzione delle controversie, erano stati introdotti da Federico II- era allora procedura all'avanguardia, la Sicilia era una Monarchia Costituzionale) la Pace di Caltabellotta.
    Aggiungo: nato in Aragona nella omonima famiglia reale, Federico III (nipote di Federico II) a nove anni arrivò in Sicilia assieme alla famiglia (e senza invasioni né eserciti, checché ne dicano certi libri) chiamata dai Siciliani come legittima erede del trono di Sicilia per via della Regina Costanza d'Altavilla, figlia di Manfredi di Svevia, moglie di Pietro III. Il quale decise di assegnare i due regni ad un figlio ciascuno: il Regno d'Aragona ad Alfonso III, il Regno di Sicilia a Giacomo II, sancendo che i due regni non avrebbero potuto essere tenuti dalla stessa persona. Prematuramente ("'u Signuri fu", commentò allora il Popolo) morto Alfonso III, che meditava di restituire la Sicilia agli Angiò (ai quali la Sicilia fu regalata dal Papato), Giacomo II, strasbattendosene della regola introdotta dal padre e del testamento del fratello, si prese la corona del Regno d'Aragona. Partito per la penisola Iberica, il fratello Federico, reggente, si prese la corona (che gli spettava di diritto) a furor di popolo e per volontà della Nazione rappresentata nel suo Parlamento. E così iniziò la meravigliosa esistenza di Federico III, che lottò (contrariamente a quanto dice la Propaganda (che afferma che i Vespri -messi al plurale per farli passare per "moti" e non per Rivoluzione- furono in sostanza una guerra fra gli Angiò e gli Aragona) tanto contro gli Angiò (Regno di Napoli) quanto contro gli stessi Aragona (Regno d'Aragona), alleatisi con il Regno di Francia, i guelfi italiani, tutti quanti coordinati ed incitati dal papa Bonifacio VIII. Una vera allenza multinazionale che richiama a fatti ben più recenti...
    Iniziò così quell'epoca della resistenza siciliana che lo storico Rafael Olivar Bertrand ha definito "l'epoca più gloriosa della storia dell'isola ... una delle epopee più gloriose della storia umana".
    Oggi, per sua stessa volontà, Federico III riposa nella Cattedrale di Catania (dove fu portato fra ali kilometriche di folle in lacrime), accanto a S.Agata di cui era devotissimo. Peccato che nessuna indicazione ricordi ai visitatori la presenza di quel grandissimo uomo lì...sarebbe "rischioso".

    Concludo dicendo che questo non è nemmeno un compendio storico, ma solo un inseme di spunti che può e deve trovare sfogo nella lettura di alcuni testi non influenzati dalla Propaganda, in primis quelli del Prof. Corrado Mirto, al quale devo molte delle informazioni succitate.

    ANTUDO!

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Lutzianu
    ma dici veramente ? Federico II è sepolto in una chiesa senza nessuna targa o menzione ?

    questo è veramente strano. Da noi al contrario Eleonora D'arborea, la Giudichessa che lotto contro i catalano aragonesi, figlia di MAriano IV, è considerata tuttora un eroina nazionale.

    Ad Oristano (Aristanis), capitale del giudicato di Arborea, piazze statute e vie ruotano intorno alla sua figura e a quella della sua famiglia. Nonostante alla fine ci sia molta ignoranza sulla sua figura e su cosa si batteva veramente, ma sopratutto su quella del padre, il vero padre della Nazione Sarda.

    Mi sembra strano perchè comunque sia è studiato e citato nei manuali di storia. Evidentemente la storia fa ancora paura....

    Salude
    L
    Purtroppo è vero: la storia fa ancora paura...


    Senza contare che nelle tombe adiacenti riposano Ruggero II d'Altavilla, Costanza d'Altavilla, Costanza d'Aragona (moglie di Federico II), Pietro II d'Aragona, Enrico VI (padre di Federico II e figlio di Federico I Barbarossa)... Tutto ciò è solo indicato, ogni tanto, da alcune promozioni turistiche.

  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da Lutzianu
    In molti manuali si data la nascita dello stato moderno con Federico II in Sicilia. Secondo me dovrebbe essere per voi un grande fattore di orgoglio.
    Lo è. Così come la nostra tradizione parlamentare.

  6. #16
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    Picciotti, qua si sta facendo confusione.

    L'Imperatore Federico II, lo stupor mundi, è seppellitto nella bellissima Cattedrale di Palermo, così come riferito in foto e parole dal fratello Lorenzo. Circa la presenza o meno di indicazioni, quoto comunque ciò che dice.

    Ma io parlavo di Federico III, suo pronipote, Re di Sicilia. È seppellito nella non meno bella Cattedrale di Catania, in una celletta quasi sempre chiusa (mentre l'Imperatore Federico II, come si vede nella foto, è "accessibile"), insieme alla Regina Costanza (moglie di Federico IV). Riposa accanto alla amatissa S.Agata, ma non si può visitarlo, o anche solo sapere che dietro le sbarre di quella cella riposa un sì glorioso e valoroso Re, che guidava in prima persona le truppe e le flotte (in particolar modo nella "Termopili Siciliana", la battaglia di Capo d'Orlando del 4 luglio 1299), e, affermando l'identità siciliana, disse: "traditore
    non è chi combatte contro il re d’Aragona, ma chi non difende la propria
    patria".

  7. #17
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    Di Mariano a noi invece resta solo la pala di un altare nella chiesa di Ottana. SOlo che non ne parlano neanche le Guide Turistiche, mentre su Eleonora stanno facendo un film. probabilmente in chiave italo femminista e non indipendentista.... peccato...

    L

  8. #18
    w i punkillonis
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    Quindi la foto è della tomba di Federico II?


    Citazione Originariamente Scritto da Nicheja
    Picciotti, qua si sta facendo confusione.

    L'Imperatore Federico II, lo stupor mundi, è seppellitto nella bellissima Cattedrale di Palermo, così come riferito in foto e parole dal fratello Lorenzo. Circa la presenza o meno di indicazioni, quoto comunque ciò che dice.

    Ma io parlavo di Federico III, suo pronipote, Re di Sicilia. È seppellito nella non meno bella Cattedrale di Catania, in una celletta quasi sempre chiusa (mentre l'Imperatore Federico II, come si vede nella foto, è "accessibile"), insieme alla Regina Costanza (moglie di Federico IV). Riposa accanto alla amatissa S.Agata, ma non si può visitarlo, o anche solo sapere che dietro le sbarre di quella cella riposa un sì glorioso e valoroso Re, che guidava in prima persona le truppe e le flotte (in particolar modo nella "Termopili Siciliana", la battaglia di Capo d'Orlando del 4 luglio 1299), e, affermando l'identità siciliana, disse: "traditore
    non è chi combatte contro il re d’Aragona, ma chi non difende la propria
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  9. #19
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    Citazione Originariamente Scritto da Lutzianu
    Quindi la foto è della tomba di Federico II?
    Si, a Palermo.

    Perdonate la confusione, ma non ho letto interamente tutti i post. Ho solo risposto a Lutzianu.

    Saluti

  10. #20
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    Predefinito La vera "storia" di Giuliano

    Da "La corda pazza" di Leonardo Sciascia.


    Non ripeterò qui quel che del Salvatore Giuliano di Francesco Rosi ho scritto in una breve, sommaria storia del rapporto tra il cinema e la realtà siciliana: e non precisamente del film (che a mio parere è il migliore, assolutamente, tra i tanti che in questi ultimi anni della Sicilia hanno declinato fatti, aspetti e problemi), ma delle reazioni di un certo pubblico – di contadini, di zolfatari siciliani: del pubblico, cioè, tra cui vive la leggenda del bandito cavalleresco, nobile, pietoso; reazione di consenso alla invisibilità di Giuliano nel film: quasi che Rosi avesse voluto, a sua volta, consentire il mito popolare; ponendo nella invisibilità una specie di dato mistico, agiografico, e non invece un dato di giudizio, di condanna – umana, civile, storica – sulla classe dirigente da cui il bandito, per scopi di conservazione padronale ed elettoralistici, era mosso. E ben diversa reazione avrebbe suscitato il film in quel determinato tipo di spettatore, se Giuliano fosse stato visibile: piccolo, triste personaggio; senza leggenda, senza mito.
    Ignazio Buttitta, in questa Vera storia di Giuliano ha invece puntato sul personaggio: ma condizionata com’è, la sua poesia, dal sentire popolare, poesia propriamente popolareggiante, voce che ha come elemento naturale la piazza dei paesi siciliani, anche il suo Giuliano non è del tutto sottratto al mito. Si capisce che Buttitta non è Ciccio Busacca o Orazio Strano, le cui storie debbono obbedire a una precisa richiesta, non contrastare al sentimento della piazza, muoversi senza scarti nella leggenda; né del resto potrebbero. Buttitta ha coscienza civile netta, netto giudizio morale e politico: e dice vera la storia di Giuliano in funzione della coscienza, del giudizio; là dove la verità del cantastorie è invece quella del sentimento cui risponde, dell’antica affermazione e rivolta dell’individuo contro la società, contro lo Stato; del diseredato contro il ricco; del docile che finalmente scatta contro il prepotente; della vendetta sociale, insomma, che di volta in volta prende figura in Antonino Di Blasi detto Testalonga, nei fratelli La Mattina, in Francesco Paolo Varsalona, in Giuliano. E c’è da credere che per autocensura, a non sconfinare nell’apologia diretta del crimine, le storie di Giuliano che corrono per le piazze abbiano subito una specie di alleggerimento, sortendo a volta ad effetti di involontaria, singolare raffinatezza: come per esempio in quel sesto episodio della storia di Giuliano cantata da Busacca, quello del bandito e della duchessa di Pratameno; dove la duchessa viene derubata di tutti i gioielli, e persino dell’anello che porta al dito, con una cerimoniosità da parte di Giuliano in cui è una specie di ironico contrappasso, di parodia, dei modo che son propri al mondo cui la duchessa appartiene; e viene da pensare alla pagina finale di Una manciata di polvere di Evelyn Waugh, con quel capotribù che parla come un gentiluomo inglese a quel gentiluomo inglese che si tiene prigioniero.
    Il sentimento che Buttitta ha verso Giuliano è di pietà, non di ammirazione: pietà, a dirla semplicemente, per il “figlio di mamma”. E già nella Storia di Turiddu Carnevali egli aveva creato una straziante figura di madre: la madre del giusto. Qui, a non invadere di pietà la storia, appunto perché non è la storia di un giusto, ha saputo tenere in secondo piano la madre di Giuliano: e gli sarà costato un certo sforzo non abbandonarsi, nel non episodio, quello della morte del bandito, all’onda della lamentazione, del llanto; a tenere e contenere dentro sei versi, peraltro di grande forza, l’arrivo della madre a Castelvetrano:

    E vennu li parenti e la famigghia.
    Prima la matri cu li vrazza jsati
    E a cu la vidi pari c’assumigghia
    A la Madonna di la piatati:
    La matri d’un briganti matri resta:
    Lu lampu luci, e porta timpesta!

    Ma sembra appartenere al lamento della madre questa straordinaria immagine che precede la sua apparizione; in cui la natura, attonita, si sveglia a quella morte:

    L’arba a Castelvitranu s’arruspigghia
    Cu Giulianu tra l’occhi e li gigghia,

    Giuliano come un grumo di sonno, come un grumo di morte, tra le ciglia dell’alba. E così in tante altre immagini in cui il poeta assume gli eventi dolorosi, i fatti tragici, le violenze, i morti ammazzati in un sentimento che si può dire materno: poiché madre è in definitiva la Sicilia, cui assolutamente e profondamente quel peso di morte, quella dilacerazione, quelle pene appartengono. La Sicilia-madre è anzi la chiave della poesia di Buttitta (non solamente in questa storia): entità a volte astratta e spericolata sull’orlo del sentimentalismo, più spesso concreta nelle dolorose antinomie, nelle sanguinose contraddizioni; e nella sempre più chiara coscienza della proprie antinomie, delle proprie contraddizioni; della propria storia, insomma, in cui anche la storia di Giuliano si iscrive con quella verità che il poeta ha voluto e saputo darle. “La matri d’un briganti matri resta”: e così la Sicilia.



    1963

 

 
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