Con il pretesto di ridiscutere i diritti collettivi del campionato di calcio attacca Berlusconi
DELLA VALLE GETTA LA MASCHERA: FA IL POLITICANTE
ORLANDO SACCHELLI
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Il patron della Fiorentina, Diego Della Valle, è davvero in cerca di una maggiore equità sociale per i club calcistici di serie A? Non si può dire con certezza se la sua sia una sincera battaglia alla Robin Hood o se, invece, cerchi solo di gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica, tentando di trarre dal pallone quanta più visibilità possibile per i suoi giochi di potere politico-mediatici.
A infiammare le polveri fra mi- ster Tod’s e il presidente del consiglio era stato un duro scontro avvenuto nel corso di una puntata di Porta a Porta dello scorso dicembre. Lì più che altro si era parlato di politica. Oggi, invece, il fronte si è spostato sullo sport o, per meglio dire, sull’annosa questione dei diritti tv delle squadre di calcio (la cui vendita, per le immagini criptate, non è più collettiva dal 1999, quando fu fatta una legge ad hoc e, al governo, c’era D’Alema).
In un’intervista alla Gazzetta dello sport, con titolone in prima pagina e articolo a pagina 5, Della Valle ha dato del bugiardo al cavaliere, accusandolo di usare la politica per aiutare mediaset. «Deve togliere le mani dal calcio. Non è roba sua, è degli italiani», ha attaccato il patron viola. La cosa strana è che, diversamente dalle altre volte, ad Adriano Galliani vengono risparmiate le accuse che in passato gli erano piovute addosso come presidente della Lega calcio. Questa volta l’imprenditore marchigiano gioca di fino e, abilmente, tenta di spaccare il fronte avversario, da un lato dando una carezza a Galliani («Non c’entra nulla con quello che dice Berlusconi. Con Adriano abbiamo opinioni diverse sulla gestione dei diritti... ma per ora voglio pensare alla sua buona fede»), dall’altro cercando di fare il filo a patron Massimo Moratti, per tirarlo dalla sua parte.
Ma cos’è che ha fatto così tanto arrabbiare il patron della Fiorentina? Non gli è andato giù che forza Italia, attraverso il suo capogruppo alla camera, Elio Vito, abbia frenato sul ddl per tornare alla cessione collettiva dei diritti tv delle squadre. «Quello che ha fatto mercoledì - accusa mister Tod’s rivolgendosi al leader di forza Italia - è gravissimo. E dimostra che lui attraverso la politica vuole controllare il calcio e portare benefici a mediaset. Questo è intollerabile. È assolutamente necessario prendere una posizione forte, per cercare di aiutare il calcio a tornare a quello che deve essere. Una competizione in cui si vince e si perde, in cui le società non devono elemosinare nulla, ma ricevere quello che spetta loro». Molto interessante questo passaggio dell’intervista alla “rosea”. In pratica Della Valle abdica dal proprio ruolo di imprenditore e indossa le vesti del sindacalista un po’ retrò e massimalista. Questo perché, nello sport professionistico, è normale che le squadre che tirano di più in termini di audience e di successi, abbiano un trattamento ben diverso dalle comprimarie. È vero che nel calcio, così come negli altri sport di squadra, non giocano solo le tre-quattro società più forti, e che tutto sommato ogni club, anche il più piccolo, riesce a fornire al circo del pallone quel valore aggiunto in termini di imprevedibilità e di freschezza (basti pensare alla “favola Chievo” di qualche anno fa) che può solo fargli bene. Ma da qui a pretendere che ci sia una distribuzione equanime delle risorse sborsate dai network tv, il passo appare decisamente troppo lungo.
Della Valle chiama in causa anche Massimo Moratti: «Mi auguro che ragioni con la correttezza che gli riconosco». Ma un piccolo dettaglio sfugge al primo tifoso della Fiorentina. Un dettaglio che lui, evidentemente, non poteva conoscere, sennò forse avrebbe fatto a meno di chiamare in causa il patron nerazzurro. Il proprietario dell’Inter non solo è felice come una Pasqua che la sua squadra prenda tanti bei soldi, ma non ci trova nulla di strano se le altre incassano di meno. Emblematica la metafora cinematografica che Moratti sceglie per spiegare il suo punto di vista: «Se in un film c’erano Clark Gable, Gary Cooper, Cary Grant e altri dieci attori, escludo che si prendesse il budget totale per dividerlo poi in tredici parti. Credo che una diversità di compenso fosse prevista». È sin troppo facile comprendere come la visione di Moratti risponda a quelle che si possono definire “logiche di mercato”.
«Di Della Valle parleranno i miei avvocati», ha annunciato nel pomeriggio di ieri il premier, e in serata Niccolò Ghedini, deputato azzurro e avvocato del cavaliere, ha riferito di aver ricevuto il mandato di querelare il patron viola.
Stizzita arriva la replica del presidente di mediaset, Fedele Confalonieri, a Della Valle: «Mi ricorda quella famosa canzone di Jannacci: “El purtava i scarp de tennis, el parlava in de per lu”», che tradotto dal milanese vuol dire: «parlava da solo». E intanto, mentre Sky ha riacquistato da Mediaset i diritti per la piattaforma satellitare delle partite casalinghe della Juve per le stagioni 2007-09, la società di Cologno Monzese mette le mani avanti: «A noi non importa nulla dei diritti collettivi o soggettivi. Ci sono diritti in chiaro che vengono già venduti collettivamente e diritti criptati venduti singolarmente. Noi compriamo tutti e due. Quindi - ha aggiunto Confalonieri - anche se cambia la legge per noi è uguale, si mettano d’accordo le squadre. Dov’è il conflitto di interesse?». Il presidente della Lega calcio, Galliani, ha detto di voler star zitto fino al 27 gennaio, giorno dell’assemblea delle società di calcio. Il suo esempio non sarebbe male se lo seguissero anche altri personaggi del mondo del pallone, a meno che nelle loro intenzioni non rientri quella di fare politica attiva. Ma in questo caso, forse, dovrebbero dirlo chiaramente.
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Naturalmente, per la Pappagonia, non c'è stata difesa politica di interessi privati.
Naturalmente, il calcio di provincia, popolare e democratico, fino all'altro giorno esaltato come panacea dei mali dello sport (leggetevi le apologie di Chievo, Atalanta, Bologna...), non deve pretendere la redistribuzione equa dei diritti televisivi. Perchè, a guardar bene, al Silvio la cosa non piace e non conviene.