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    Predefinito Mottaki: «Pugno in bocca a Londra»

    Teheran accusa Paesi esteri per i disordini, in particolare la Gran Bretagna

    Mottaki: «Pugno in bocca a Londra»


    Il ministro degli esteri: «La Gran Bretagna non interferisca». Arrestata la sorella del Nobel Ebadi



    TEHERAN - Non sono solo le proteste interne a non piacere al governo iraniano, che adesso se la prende anche con le critiche al suo operato che vengono mosse da più fronti internazionali. Il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, secondo quanto ha riferito l'agenzia Isna, ha detto oggi che se la Gran Bretagna non cesserà di parlare contro la repressione delle proteste in Iran, «riceverà un pugno in bocca». Ieri il ministro degli Esteri britannico, David Miliband, ha definito molto «preoccupante» la «mancanza di autocontrollo» mostrata dalle forze dell'ordine iraniane negli incidenti avvenuti nel giorno dell'Ashura, con un bilancio di almeno otto morti e decine di feriti. Ma anche diversi altri Paesi europei hanno espresso la stessa posizione. «Le dichiarazioni di certe autorità straniere - ha affermato Mottaki - mostrano le cose vergognose che hanno fatto. Fino ad ora non abbiamo reso pubblici i loro dossier, su cosa hanno fatto e quando. Ma fortunatamente i popoli ne sono a conoscenza, e la faccenda è chiara». Dall'inizio delle proteste di piazza seguite alle elezioni presidenziali del 12 giugno, Mottaki ha affermato che il tutto era conseguenza di un complotto di Londra. Nessuna parola, invece, contro l'amministrazione americana, nonostante la presa di posizione di Obama che dalle Hawaii lunedì sera ha criticato il governo di Teheran.

    «FOMENTANO LE PROTESTE» - Il portavoce di Mottaki, Ramin Mehmanparast, poco prima aveva invece ha accusato alcuni Paesi stranieri di fomentare le proteste degli ultimi giorni, annunciando l'apertura di un'inchiesta. «Sarà convocato al ministero degli Esteri l'ambasciatore britannico - aveva annunciato - per esprimergli la nostra contrarietà all'ingerenza del suo Paese negli affari interni dell'Iran». Il portavoce ha precisato che diversi giornalisti sono stati arrestati «per aver agito illegalmente», tra questi il giornalista siriano Reza al-Basha, inviato di Dubai Tv.

    «MIRAVANO A ME» - Intanto, il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, che ricevette il premio nel 2003, ha reso noto che sua sorella è stata fermata dai servizi segreti iraniani, precisando che tre uomini e una donna si sono presentati lunedì sera presso la sua abitazione a Teheran. Dopo una perquisizione dell'edificio, hanno prelevato la 47enne docente di medicina Nushin Ebadi e sequestrato il suo computer. «L'hanno arrestata per costringermi a mettere fine al mio lavoro», ha detto Shirin Ebadi, avvocatessa e attivista per i diritti umani. «Non ha fatto nulla di male, non è coinvolta nelle mie attività per i diritti umani e non ha mai partecipato ad alcuna protesta», ha aggiunto.

    ATTO ILLEGALE - Il premio Nobel ha aggiunto che due mesi fa la sorella era stata convocata dagli apparati di sicurezza. «In quella occasione le è stato detto che doveva convincermi a cessare le mie attività in difesa dei diritti umani, altrimenti sarebbe stata arrestata». Shirin Ebadi è all'estero per sicurezza dalle elezioni presidenziali dello scorso giugno «L'arresto di mia sorella è un atto illegale. Il Paese ha bisogno ora di calma più che in qualsiasi altro momento e questo può essere ottenuto solo rispettando la legge. Ogni atto illegale avrà conseguenze negative».



    29 dicembre 2009


    Mottaki: «Pugno in bocca a Londra» - Corriere della Sera
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    Predefinito Rif: Mottaki: «Pugno in bocca a Londra»

    La protesta continua

    La repressione a Teheran è il frutto degli errori politici di Obama in Iran



    di Carlo Panella

    l'Occidentale, 28 Dicembre 2009


    Quindici ragazzi uccisi nelle strade: Obama ha avuto la risposta che ha chiesto a Teheran. Non quella che attendeva, sul nucleare, ma quella più congeniale al regime di Khamenei che usa il sangue degli innocenti come messaggio inequivocabile: l’Iran continuerà a costruirsi la sua bomba atomica e a massacrare i suoi oppositori. Tra qualche anno, quando sarà finita la “moda Obama”, quando tutti avranno preso atto dell’idiozia del Nobel della Pace che gli è stato assegnato, saranno pochi gli analisti che non descriveranno le mosse dell’inizio della presidenza di Obama nel confronti di Teheran come assolutamente demenziali.

    Dopo il suo discorso del Cairo del 4 giugno scorso – scritto da una musulmana che disprezza Israele e le sue ragioni – Obama ha infatti scoperto di avere conseguito un solo risultato: ha dato spazio e agio a Khamenei e Ahmadinejad per agire indisturbati, togliendo loro anche il fastidio di quella fronda interna che auspicava moderazione per non rompere del tutto con gli Usa. Verificato che gli Usa di Obama non avevano nessuna intenzione di reagire, né di minacciare imprese militari (come faceva George W. Bush), i dissidenti del regime non hanno avuto più nessuna leva a disposizione per agire e Khamenei ha avuto tutte le mani libere per accentuare la sua svolta autoritaria (e per costruire la sua atomica).

    Il quadro interno all’Iran che questi terribili giorni dell’Ashura ci mostrano è così inquietante. Da una parte un movimento di opposizione ammirevole: centinaia di migliaia di giovani che a Teheran e in tante altre città iraniane scendono in piazza, che sanno di avere dietro di sé larga parte della società iraniana e sfidano la morte, senza farsi intimorire da una repressione che definire bestiale è dir poco. Dall’altra, però, c’è un regime che non solo è compatto, ma che ha anche dietro di sé, palese, evidente, l’appoggio e il consenso di una parte enorme della società iraniana. Dopo quella delle morti dei manifestanti, la notizia peggiore che ci viene da questo paese tormentato è infatti… la mancanza di notizie su una qualche crepa interna al regime. Rafsanjani tace, altre voci dissidenti di dignitari del regime non ve ne sono, Larijani, che in Occidente tanti davano per “moderato”, ormai chiede che si spari ad alzo zero sui manifestanti.

    Morto l’ayatollah Montazeri, rimangono le flebili voci di alcuni ayatollah, anche di peso sul piano dottrinario, che però non contano nulla nella dinamica politica di un regime che dal 1981, ad opera dello stesso Khomeini che arrestò il grande ayatollah Shariat Madari, ha esautorato del tutto gli ayatollah dal controllo della sua Repubblica Islamica. Non solo: le manifestazioni filo Khamenei e filo Ahmadinejad che la televisione di stato ci ammannisce, non sono false, così come è chiaro che le decine di migliaia di bassiji che menano ferocemente i manifestanti nelle strade iraniane, non sono mastini prezzolati, ma militanti convinti di un’idea.

    L’Iran di oggi mostra al mondo dunque la terribile realtà di un regime autoritario che però gode di un enorme consenso di massa. Questo consenso al regime, ben più delle pallottole e dei manganelli dei pasdaran e dei bassiji è il vero, terribile, avversario dei manifestanti. Su questo consenso l’occidente potrebbe agire, non solo con le sanzioni, ma con un vero e proprio embargo contro l’Iran. Ma non lo ha fatto e probabilmente non lo farà, per una ragione tanto semplice quanto sconfortante: gli Usa hanno un presidente che sul tema ha sbagliato tutto sinora e che con ogni evidenza non ha nessuna idea su come rimediare.

    La repressione a Teheran è il frutto degli errori politici di Obama in Iran | l'Occidentale
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    Predefinito Rif: Mottaki: «Pugno in bocca a Londra»

    IRAN: NECESSARIO INTERVENTO COMUNITA’ INTERNAZIONALE

    lunedì 28 dicembre 2009

    Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera



    “In questi momenti, con incredibile sprezzo del pericolo, i giovani e i dissidenti iraniani tutti stanno dimostrando il loro desiderio di libertà di fronte alla spietatezza della repressione messa in atto dalle Guardie della Rivoluzione Islamica. La preoccupazione che deriva dalla mancanza di informazioni, a causa della censura governativa, su quanto sta avvenendo nelle piazze iraniane, aumenta di fronte al fatto che fonti iraniane ci dicono che il numero reale delle vittime, dei feriti e degli arrestati tra i manifestanti è ben superiore rispetto alle cifre ufficiali rilasciate dal regime iraniano.

    Inoltre è ormai alle porte il 31 dicembre, la data stabilita dal Presidente Obama come nuova scadenza per la valutazione di una più dura politica di sanzioni da parte del gruppo 5+1.

    In queste ore è quindi quanto più necessario che gli Stati Uniti e l’Unione Europea intraprendano subito una seria e determinata politica che costringa il governo di Ahmadinejad a piegarsi alla volontà del popolo iraniano, che da mesi chiede un cambiamento radicale.

    Auspichiamo che un forte segnale da parte della comunità internazionale possa spostare l’asse della politica estera iraniana, oggi diretto in maniera sempre più preoccupante verso la corsa agli armamenti atomici e al sostegno del terrorismo internazionale”.


    Fiamma Nirenstein Home page
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