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    l'ultimo Re degli Elfi Noldor
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    Predefinito Tibet: il silenzioso genocidio di un popolo

    da i G.R.A.E.S TRIESTE www.ecologiasociale.splinder.com
    Tibet: il silenzioso genocidio di un popolo
    Pechino annuncia uguaglianza e grandi progressi economici nel Tibet ma la popolazione tibetana è sempre più deprivata della propria identità e cultura tradizionale. Mentre continua l'indifferenza di Usa, Onu, Nato...
    di Marco Cottignoli


    Il 1 settembre la Cina ha celebrato l’anniversario dell’istituzione della Regione autonoma del Tibet avvenuta nel 1965; ma dopo 40 anni di occupazione la società presenta ancora profonde differenze fra la popolazione di origine tibetana, considerata una sorta di sotto-classe, ed i cinesi. Infatti il governo di Pechino ha sia favorito l’immigrazione di milioni di cinesi in Tibet per trasformare i tibetani in una minoranza etnica- mentre le donne tibetane sono state costrette ad aborti forzati ed a sterilizzazioni- sia ha provveduto al consolidamento della etnia Han in Tibet creando un enorme divario tra ricchi e poveri, fra gli uni e gli altri. In tale contesto solamente il 13% dei tibetani possiede un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di grado maggiore, contro il 50% dei cittadini di etnia Han. Il 40% dei tibetani, essendo analfabeta, ha differenti opportunità nel lavoro; il 70% della forza di lavoro di etnia tibetana è impegnata nell’agricoltura e non ha prospettive di cambiamento. Tutto questo nonostante il governo di Lhasa abbia dichiarato un tasso di crescita del 12% negli ultimi 4 anni, come conseguenza dei massicci investimenti provenienti da Pechino, miliardi di yuan investiti per favorire soprattutto i cinesi; incentivi per permessi di residenza, licenze per negozi, costruzione di edifici moderni, diffusione della lingua e della cultura cinese. Inoltre il governo centrale cinese sta enfatizzando la prossima inaugurazione, nel 2007, della ferrovia che andrà da Xining a Lhasa per un totale di 2040 chilometri, per un costo che supererà i 4 miliardi di dollari Usa; questo collegamento non solo permetterà lo sfruttamento dei ricchi giacimenti minerari ma consentirà di unire ancora di più il Tibet alla Cina, minando ancora di più l’identità del popolo tibetano. Suggello di tale situazione la notizia sconvolgente che sarà Pechino a scegliere il prossimo Dalai Lama(!) se l’attuale Dalai Lama dovesse morire in esilio; situazione paradossale dal momento che tale rientro in patria verrà concesso solamente nel caso in cui Egli rinunci all’indipendenza del Tibet…Già nel 1995 Pechino aveva rifiutato la designazione a Panchen Lama – seconda carica spirituale buddista – di Gedhun Choekyi Nyima ad opera del Dalai Lama il quale aveva affidato ad un monaco l’incarico di riconoscere la reincarnazione del futuro erede ed aveva, invece, nominato Gyaltsen Norbu, seguito da alti membri del Partito comunista cinese nell'educazione e nelle sue uscite pubbliche nelle quali loda l’autorità cinese e la sua politica verso il Tibet….Vi sono luoghi sulla Terra dove ancora risiede la Sapienza spirituale primordiale, zone in cui si conserva e si tramanda la tradizione sacra attraverso le epoche a coloro in grado di ricercarla e di riceverla. Uno di questi posti è il Tibet da oltre 50 anni dimenticato e consapevolmente ignorato da quel mondo progredito, illuminato e democratico che si spaccia dispensatore assoluto di pace, di giustizia e di libertà mentre, invece, persegue i propri interessi economici, strategici, geopolitici. Per costoro, evidentemente, il Tibet è una terra priva attrattive se finora, questi portatori di diritti, non si sono sentiti feriti dalla tragedia del popolo tibetano oppresso da mezzo secolo dall’Esercito Popolare cinese. La "liberazione", la “rivoluzione culturale”- come fu allora definita- è stata ed è una repressione sanguinaria, durante la quale sono stati distrutti quasi tutti i seimila monasteri presenti sul territorio tibetano, insieme ai testi sacri, alle opere d'arte ed all’ambiente. Monaci e monache sono stati imprigionati, uccisi, torturati; in Tibet, negli ultimi cinquanta anni, a causa della repressione comunista cinese sono stati uccisi circa 1.200.000 persone. Ai tibetani è stato negato il credo religioso, la libertà di pensiero, l'uso della lingua e lo studio delle tradizioni, un'adeguata assistenza sanitaria e gli è stato imposto lo studio della lingua cinese. Decine di monaci sono ancora detenuti e si hanno di frequente condanne a morte e casi di tortura: lo scorso maggio, 2 monaci sono stati condannati a 11 anni di detenzione “ per avere esposto una bandiera nazionale del Tibet ”. Fra la varie motivazioni della limitata reazione internazionale il fatto che l'annessione sia avvenuta nel periodo dell'immediato dopoguerra e che il Tibet non abbia chiesto di entrare a far parte dell'ONU, motivo per il quale, forse, la stessa O.N.U. nel 1950 non rispose all’appello accorato che gli era giunto dal governo tibetano per fermare l’aggressione dell’esercito popolare. Ora, invece, vige la consapevolezza che non sia conveniente compromettere le relazioni diplomatiche con la Cina, entrata da poco nel wto e fonte di numerose contrattazioni commerciali ed industriali, fondamentali per la finanza mondiale. Un popolo ed una cultura stanno per essere cancellati dalla loro terra, chi, dunque, potrà salverà il Paese delle nevi dal genocidio? Nonostante tutto, un po’alla volta, la questione tibetana sta uscendo dall’omertà in cui il quieto vivere internazionale la aveva collocato: non sola la fine della guerra fredda ma, soprattutto, l’insegnamento e la figura di Sua Santità il Dalai Lama, premio nobel per la pace, uno dei maestri spirituali del nostro tempo che ha diffuso la voce del suo popolo con pazienza ed amore, favorendo una crescente solidarietà internazionale. Negli ultimi anni delibere per il riconoscimento dei diritti del popolo tibetano sono state presentate presso l’Ue ed addirittura presso centinaia di enti locali italiani. Il senso di responsabilità di ognuno di noi potrà aiutare i tibetani nella conquista della loro sopravvivenza e della loro autodeterminazione. Ogni Popolo ha diritto alla propria terra…”la capacità di unire alle doti spirituali una visione realista e pratica ci dia la possibilità di offrire al mondo un aiuto concreto, anche modesto. Questa è la mia speranza e la mia preghiera”.
    info: www.ecologiasociale.splinder.com

  2. #2
    l'ultimo immortale
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    Tibet Libero!!!

 

 

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