LO SFREGIO - Il commento acido e sub partes alla politica reggianaDs, incassatori da favola.
È un eccezionale incassatore. Così si definivano quei pugili che, all'epoca dell'età dell'oro della noble art, compensavano la scarsità di talento con la capacità di restare comunque in piedi, nonostante una pioggia di pugni che inevitabilmente gonfiava loro i connotati ad ogni singolo match. Non che questi pugili riuscissero mai a vincere qualcosa d'importante, però magari capitava che un match per il titolo arrivassero a giocarselo, finendo regolarmente per vedere, attraverso una copiosa cascata di sangue sugli occhi, l'arbitro alzare il braccio all'avversario trionfante. Questa capacità di restare sempre e comunque in piedi, di andare avanti nonostante i colpi, spesso bassi, degli avversari, di non mollare a scapito del poco talento donato da madre natura è diventata una sorta di metafora per la vita di tutti i giorni. Basti pensare ai numerosi film di successo, ai romanzi, alle canzoni dedicati ai perdenti di successo. Il problema è che, nella vita reale, questi perdenti non vincono mai.
Appare evidente come la metafora degli incassatori calzi a pennello per i Ds. Proprio nel momento in cui pregustavano la vittoria, si è abbattuto sulla loro mascella l'uppercut dello scandalo Unipol. E loro, zitti, come se non fosse successo niente. Anzi, giusto quel minimo di autocritica tipico di chi aspira a migliorarsi, a superare i propri limiti. E poi? In un classico film holliwoodiano arriverebbe la vittoria come ricompensa per una vita di sacrifici, ma qui siamo ancora al primo tempo. Non appena la buriana ha cominciato ad affievolirsi, è arrivato un altro cazzotto, stavolta sotto la cintura. A piazzarlo, infatti, è stato proprio un alleato. Pierluigi Castagnetti, in un'intervista rilasciata alla Gazzetta di Reggio, ha sfoderato una difesa d'ufficio sul caso Unipol, poi però ha piazzato una stoccata sostenendo che “Delrio ha attuato una rivoluzione che nessun Ds avrebbe mai potuto mettere in pratica”. E la Quercia? Zitta, naturalmente. Non una replica, non un mugugno, non un cenno di disapprovazione nei confronti dell'imgombrante, e ingrato, alleato diellino. Anzi, qualcuno ipotizza che i vertici di via Gandhi siano addirittura disposti a fare autocritica.
Infatti, ceduta la poltrona di sindaco, ceduta la maggioranza in giunta, cedute le chiavi per le stanze del potere, ai Ds è rimasta solo la Fondazione Manodori che, per colmo di ingiustizia, proprio non sono riusciti a perdere, nonostante i numerosi tentativi in questo senso.
Se questo fosse un film, il nostro pugile riuscirebbe con uno sforzo eroico a ribaltare la situazione e piazzare la stoccata vincente, ottenendo risarcimento per le ingiustizie subite. Ma il finale rischia di essere ben diverso, simile a quello di un altro film, per niente epico. Se, infatti, Silvester Stallone di Rocky sfoga la sua rabbia gridando “Adriaanaa” dopo essere rimasto in piedi contro ogni pronostico, il rischio è quello di finire come Artemisio Antinori, il pugile del film “I mostri”, interpretato da Gassman, confinato su una sedia a rotelle a ripetere con ossessione la stessa frase “son contento, sto bene”. La morale, alla fine, è sempre quella: il protagonista perde e l'Oscar se lo porta a casa il regista...