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Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
    WHY SO SERIOUS?
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    ASCOLI PICENO. CERTI UOMINI NON CERCANO QUALCOSA DI LOGICO, COME I SOLDI. NON SI POSSONO NE' COMPRARE NE' DOMINARE. NON CI SI RAGIONA E NON CI SI TRATTA. CERTI UOMINI VOGLIONO SOLO VEDER BRUCIARE IL MONDO.
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    Predefinito Auschwitz: la memoria del male

    E' sotto questo titolo che L'Express ha presentato un inserto di venti pagine sul campo di concentramento di Auschwitz.
    Eric Conan è il principale responsabile di quell'inserto che, riprendendo la solita tesi dello sterminio degli ebrei, tende a dare ragione ai revisionisti su due punti principali: si è molto esagerato il numero dei morti e, sul capitolo della «camera a gas» che si visita ad Auschwitz-I, si è fatto ricorso alle «falsificazioni», al «travisamento» e all' «artificio».
    Sul primo punto, il pubblico potrà prendere conoscenza del nuovo numero dei morti, considerevolmente riveduto al ribasso, ma senza che gli venga rivelato qual era il vecchio numero (4.000.000) e senza che gli si dica che questo nuovo numero (1.500.000) è, anch'esso, contestabile perché risulta non da un'inchiesta storica propriamente detta ma da una decisione della presidenza della Repubblica polacca!
    Sul secondo punto, il pubblico continuerà ad essere ingannato: «Per il momento, si lascia [la camera a gas] allo stato e non si precisa nulla al visitatore. E' troppo complicato. Si vedrà più tardi», ha dichiarato Krystyna Oleksy, una dei responsabili del Museo nazionale di Auschwitz.

    -- Pagg. 54-55, didascalia della fotografia: «Non possiamo correre il rischio di nuove accuse di falsificazione.»

    -- Pag. 57: «degli edifici dall'autenticità già ben strapazzata.
    Quale parte di quelle vestigia risale ancora al 1945? "Almeno il 60%", precisa Witold Smrek (conservatore generale), infastidito dalle critiche che si levano ora contro quarant'anni di preservazione-costruzione di Auschwitz. (...) Tutte queste precauzioni -- questa preoccupazione di far bene, di non essere tacciati di falsificazione -- spiegano gli sforzi recenti delle autorità polacche per liberare il vecchio campo di sterminio da quarant'anni di una memoria comunista che aveva modellato il luogo fino a negarne il significato.» (Commento: i comunisti sono qui accusati di essere stati dei negatori o dei negazionisti.)

    -- Pag. 58: «L'obitorio del crematorio (I) servì a quest'uso [di gassaggio omicida] nei primi mesi del 1942.» (Commento: E.cerca di minimizzare la durata di attività di quella imbarazzante camera a gas che, secondo la versione ufficiale, avrebbe funzionato dall'autunno 1941 fino alla fine dell'anno 1942.)

    -- Pag. 60: Stefan Wilkanowicz (vice-presidente del Comitato internazionale del Museo di Stato di Auschwitz): «Le più grandi enormità sono state rettificate, ma le principali discussioni non finiscono più e sono ben lontane dall'essere troncate. Posso perfino dire che dei dibattiti essenziali, dolorosi, talvolta imprevisti, non fanno che incominciare!»

    «Il Comitato internazionale è stato tuttavia costretto, soltanto qualche settimana fa, a porre un termine ad una controversia che durava da cinque anni. Ha appena sostitutto, per le prossime ceremonie del 50 o anniversario, la targa commemorativa di Birkenau (in 20 lingue) che aveva fatto immediatamente togliere nel 1990. Essa era il segno più visibile e più fastidioso dell'influenza comunista sul sito. Si poteva, in effetti, leggervi: "Qui, dal 1940 al 1945, quattro milioni di uomini, donne e bambini sono stati torturati e assassinati dagli omicidi hitleriani". Non soltanto la cifra era grossolaneamente erronea, ma il testo non faceva alcuna allusione all'identità ebraica del 90% delle vittime. »

    «Per decine d'anni, questa negazione del giudeicidio fu una delle costanti della vicinanza staliniana.» (Commento: Per decine d'anni, i grandi di questo mondo, compresi Valery Giscard d'Estaing ed il Papa Giovanni Paolo II, hanno avallato questa cifra menzognera di quattro milioni andando ad inchinarsi davanti alle 19 -- non 20 -- targhe commemorative. I comunisti sono, qui, di nuovo accusati di aver negato il genocidio degli ebrei. In realtà, essi hanno proprio menzionato gli ebrei tra le vittime, arrivando fino a consacrare loro un padiglione particolare nel museo. Secondo l'uso, E. accusa i comunisti per discolpare gli ebrei.)

    -- Pag. 62: (Commento: E.spiega che, durante cinque anni, si è litigato sulla nuova cifra da scolpire sul monumento di Birkenau. Egli dice «Secondo le valutazioni più serie -- quelle di Raul Hilberg, Franciszek Piper e Jean-Claude Pressac -- da 800.000 a 1,2 milioni di persone sono state assassinate a Auschwitz, delle quali da 650.000 a 1 milione di ebrei.» (Commento: quei totali sono dei morti e non degli assassinati. Nel 1993, J.-C.valutava il numero dei morti in 775.000, cifra arrotondata a 800.000 (2), ma, l'anno successivo, egli rivedeva quelle cifre al ribasso: da 630.000 a 710.000 morti e, tra questi, da 470.000 a 550.000 ebrei gassati (3). F. Piper, lui, valuta il numero dei morti in una cifra compresa tra 1.100.000 e 1.500.000 (4). Per conseguenza, le stime dei numeri dei morti vanno da 630.000 a 1.500.000, ciò che dà un'idea del carattere speculativo di quelle stime.)

    «La discussione fu tesa. La soluzione logica consisteva nel riprendere la stima -- 1,1 milioni di uccisi, di cui 960.000 ebrei -- stabilita dal dipartimento di storia del museo ed uscita da dieci anni di lavori di Franciszek Piper. O nel non indicare nessuna cifra, come proponeva il museo. Serge Klarsfeld suggeriva di non menzionare una cifra globale, sconosciuta (...). Stefan Wilkanowicz, da buon conciliatore, aveva proposto la formula: "Più di 1 milione". In mancanza di accordo in seno al comitato, la faccenda fu finalmente decisa alla cancelleria della presidenza della Repubblica: 1,5 milioni. Non fu, invece, nessuna discussione sulla necessità di colmare la "dimenticanza" a proposito dell'identità ebraica della maggioranza delle vittime. Il testo definitivo è esplicito: "Che questo luogo in cui i nazisti hanno assassinato un milione e mezzo d'uomini, donne e bambini, in maggioranza ebrei di diversi paesi d'Europa, sia sempre per l'umanità un grido di disperazione e un avvertimento".»

    -- Pag. 68: «Altro argomento delicato: cosa fare delle falsificazioni lasciate in eredità dalla gestione comunista? Negli anni '50 e '60, parecchi edifici, che erano spariti o che avevano cambiato uso, furono ricostruiti, con grossi errori, e presentati come autentici. Taluni, troppo "nuovi", sono stati chiusi al pubblico. Senza parlare di camere a gas di spidocchiamento presentate talvolta come camere a gas omicide. Queste aberrazioni sono servite molto ai negazionisti che ne hanno tratto l'essenziale dei loro intrecci. L'esempio del crematorio-I, l'unico di Auschwitz-I, è significativo. Nel suo obitorio fu insediata la prima camera a gas. Essa funzionò per poco tempo, all'inizio del 1942: l'isolamento della zona, che i gassaggi implicavano, perturbavano l'attività del campo. Fu dunque deciso, alla fine d'aprile 1942, di trasferire quei gassaggi mortali a Birkenau, dove furono praticati, su vittime essenzialmente ebraiche, a scala industriale. (Commento: E.fa del romanzo). Il crematorio fu, in seguito, trasformato in rifugio antiaereo, con sala operatoria. Nel 1948, al momento della creazione del museo, il crematoriofu ricostruito in uno stato d'origine supposto. TUTTO VI E` FALSO: le dimensioni delle camere a gas, l'ubicazione delle porte, le aperture per il versamento dello Zyklon-B, i forni, riedificati secondo i ricordi di qualche sopravvissuto, l'altezza del camino. Alla fine degli anni '70, Robert Faurisson sfruttò ancor meglio quelle falsificazioni in quanto i responsabili del museo ricalcitravano allora a riconoscerle. Un negazionista americano ha appena girato un video nella camera a gas (sempre presentata come autentica): lo si vede interpellare i visitatori con le sue "rivelazioni". Jean-Claude Pressac, uno dei primi a stabilire esattamente la storia di quella camera a gas e delle sue modifiche durante e dopo la guerra, propone di restaurarla nel suo stato del 1942, basandosi su dei piani tedeschi che ha appena ritrovato negli archivi sovietici. (Commento: Falso. R.aveva trovato quei piani nel 1976 e li aveva pubblicati nel 1979: quei piani e le rovine attuali -- molto eloquenti -- provano che i revisionisti avevano ragione!) Altri, come Théo Klein (ex presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia), preferiscono lasciarla allo stato, ma spiegando al pubblico il travisamento: "La Storia è quella che è: basta dirla, anche quando non è semplice, piuttosto che aggiungere artificio ad artificio." Krystyna Oleksy, il cui ufficio direzionale, che occupa l'ex ospedale delle SS, dà direttamente sul crematorio-I, non vi si risolve: "Per il momento, la si lascia allo stato e non si precisa nulla ai visitatori. E' troppo complicato. Si vedrà più tardi."»

    Conclusione
    Che cosa mi si può rimproverare per aver denunciato alla fine degli anni '70 tante falsificazioni? Perché mi si è allora trattato di falsificatore? Perché, oggi ancora, mi trattano di falsificatore e perché si continua a perseguitarmi nei tribunali, dove tre processi sono ancora pendenti per «contestazione» della verità storica ufficiale?
    Noi siamo i padroni.
    Noi siamo gli schiavi.
    Siamo ovunque
    e da nessuna parte.
    Regniamo sui fiumi di porpora.

  2. #2
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    La croce rossa internazionale aveva accesso ai campi di concentramento nazisti

    Benché nessuno parli di questa “proibita” pagina di storia, il Comitato Internazionale della Croce Rossa riferì, in documenti che ancor oggi sono accessibili solo a pochi fortunati ricercatori, che “nelle condizioni caotiche in cui si trovava la Germania dopo l’invasione alleata e negli ultimi mesi di guerra, i campi di concentramento non ricevevano rifornimenti di alcun genere, sicché fame e malattie dettero luogo a molti decessi. In allarme per tale situazione, in data 1° febbraio 1945 il governo tedesco informò la Croce Rossa Internazionale”.
    I nazisti chiesero dunque esplicitamente l’intervento della Croce Rossa Internazionale per soccorrere i deportati ormai privi di cibo e medicinali. E, sempre secondo quanto riferisce la stessa Croce Rossa Internazionale, “rifornimenti vennero distribuiti e un rappresentante della Croce Rossa Internazionale fu autorizzato a risiedere in ogni campo”.
    Ma già in precedenza, esattamente da due anni prima della fine della guerra (cioè dal 1943), la Croce Rossa Internazionale aveva distribuito cibo e medicinali nei campi: una cosa che i nazisti non avrebbero certo consentito se avessero voluto lo sterminio dei deportati. E non avrebbero neppure consentito, i nazisti, che funzionari della Croce Rossa Internazionale avessero accesso a luoghi dove era in corso uno sterminio sistematico.
    Tutto ciò è stato confermato nel febbraio scorso dal mensile americano “The Barnes Review” ma figurava già in alcuni testi revisionisti. Risulta altresì, dai documenti della Croce Rossa Internazionale, che fra il 1943 e il 1945 lo stesso ente confezionò oltre 9.000 pacchi al giorno, e che in totale circa 1.112.000 pacchi, per un totale di 4.500 tonnellate, furono inviati ai deportati nei campi di concentramento tedeschi. Quegli aiuti furono resi possibili anche dai contributi in denaro di alcune organizzazioni ebraiche fra cui spiccava, in primo piano, il noto “American Joint Distribution Committee” di New York.
    Ma purtroppo gli impedimenti frapposti dalle autorità militari anglomericane e francesi ostacolarono l’arrivo a destinazione di gran parte di quei pacchi. Alcuni treni scortati da funzionari della Croce Rossa Internazionale, destinati ai campi di concentramento attraverso la Svizzera, furono bloccati alla frontiera tra la Svizzera e la Francia meridionale già occupata dagli americani e da questi rimandati indietro. Evidentemente qualcuno, a Washington, voleva uno sterminio che non poteva non tornare utile a qualche lobby.
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  3. #3
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    AUSCHWITZ: I FATTI E LA LEGGENDA.
    All'inizio del 1940, Auschwitz era solo una città di 13.000 abitanti, dell'Alta Slesia tedesca. Nel maggio dello stesso anno, alla periferia di Auschwitz s'incomincia a costruire, sull'area di una caserma dell'artiglieria polacca, un "campo di transito" per 10.000 detenuti polacchi. Negli anni che seguirono, con l´aggravarsi della guerra, Auschwitz divenne il centro di un agglomerato di circa quaranta campi e sotto-campi e la capitale di un enorme complesso agricolo e industriale (miniere, petrolchimica, fabbriche di armamenti), dove lavoravano numerosi detenuti, ebrei e polacchi in particolare, a fianco di lavoratori civili. Auschwitz fu, di volta in volta o successivamente, un campo di concentramento e un campo di lavori forzati e lavoro libero. Non fu mai un campo di "sterminio" (espressione inventata dagli alleati). Nonostante le drastiche misure igieniche e i numerosi edifici o baraccamenti ospedalieri, a volte dotati degli ultimi ritrovati della scienza medica tedesca, il tifo, che era endemico nella popolazione ebrea polacca e tra i prigionieri di guerra russi, operò, insieme alla febbre tifoidea e ad altre epidemie, devastazioni nei campi e nella città di Auschwitz tra la popolazione concentrazionaria e quella civile, come tra gli stessi medici tedeschi. È così che, durante tutta l´esistenza del campo, queste epidemie, unite per taluni alla fame, al caldo, al freddo ed a terribili condizioni di lavoro in questa zona di paludi, causarono, dal 20 maggio 1940 al 18 gennaio 1945, la morte di molte persone, tra le quali probabilmente 150.000 detenuti (1).

    Le voci su Auschwitz

    Come è normale in tempi di guerra e di propaganda di guerra, varie voci si svilupparono a partire da questi fatti drammatici. Soprattutto verso la fine della guerra e soprattutto negli ambienti ebrei al di fuori della Polonia, ci si mise a raccontare che i tedeschi uccidevano ad Auschwitz, su ordine ricevuto da Berlino, milioni di detenuti in maniera sistematica. Secondo queste voci, i nazisti avevano installato delle "fabbriche della morte", particolarmente per gli ebrei; sezionavano i detenuti vivi (vivisezione) o li bruciavano vivi (nelle fosse, negli altiforni o nei crematori); o ancora, prima di bruciarli, gasavano gli ebrei in mattatoi chimici chiamati "camere a gas". In questo circuito fatto di voci si ritrovano alcuni miti della Prima Guerra Mondiale (2).

    L'imbarazzo dei "liberatori" sovietici

    I Sovietici occuparono Auschwitz il 27 gennaio 1945. Ciò che essi scoprirono era talmente contrario a quello che divulgava la propaganda che si può dire che restarono a bocca aperta. Per la sua stessa organizzazione e per le sue installazioni sanitarie, talmente moderne agli occhi dei Sovietici, quel campo era tutto il contrario di un "campo di sterminio". Così per diversi giorni la Pravda rimase in silenzio e, sul momento, nessuna commissione d'inchiesta alleata fu invitata a venire a constatare sul luogo la verità di Auschwitz. Finalmente, il primo febbraio, la Pravda ruppe il silenzio. Solo per mettere in bocca a un prigioniero, uno solo, le seguenti parole:

    I nazisti uccidevano con il gas i bambini, i malati così come gli uomini e le donne inabili al lavoro. Bruciavano i cadaveri in forni speciali. Nel campo c'erano dodici di questi forni.
    E per aggiungere che il numero dei morti era stato valutato in "migliaia e migliaia" e non in milioni, l'indomani il grande reporter ufficiale del giornale, Boris Polevoi, affermava che il mezzo principale usato dai tedeschi per sterminare le loro vittime era l'elettricità:
    [Si utilizzava una] catena elettrica dove centinaia di persone erano uccise simultaneamente da una corrente elettrica; i cadaveri cadevano su di un nastro mosso lentamente da una catena e così avanzavano verso un altoforno.
    La propaganda sovietica era disorientata e poté mostrare solamente in alcuni film le persone, morte o morenti, che i Tedeschi, in ritirata, avevano lasciato sul posto. C'erano anche, come mostrano i cinegiornali dell'epoca sulla liberazione del campo, numerosi bambini vivi così come degli adulti in buona salute. La propaganda ebraica venne allora in soccorso a quella sovietica.

    La propaganda ebraica alla fine del 1944

    Nella primavera del 1944, due ebrei evasi da Auschwitz si erano rifugiati in Slovacchia. Là, con l'aiuto di correligionari, iniziarono a mettere a punto una storia dei campi di Auschwitz, di Birkenau (campo annesso ad Auschwitz) e di Majdanek, da loro descritti come dei "campi di sterminio".
    Il più famoso di questi ebrei era Walter Rosenberg, alias Rudolf Vrba, il quale vive ancora oggi in Canada. Il loro racconto, altamente fantasioso, passa in seguito, sempre attraverso ambienti ebraici, in Ungheria, in Svizzera e, infine, negli Stati Uniti. Qui prese la forma di un rapporto dattiloscritto pubblicato dal War Refugee Board, nel novembre del 1944, sotto l'egida della presidenza degli Stati Uniti; il War Refugee Board doveva la sua creazione a Henry Morgenthau Junior (1891-1967), segretario del Tesoro, che si sarebbe reso celebre per il "piano Morgenthau" che, se fosse stato applicato da Roosevelt e Truman, avrebbe portato all'annientamento fisico, dopo la guerra, di decine di milioni di Tedeschi [Forse un milione di civili tedeschi erano già morti sotto i massicci bombardamenti aerei della guerra - lo Strategic bombing, cioè, il metodo scelto dai dirigenti occidentali, che significava la distruzione intera della Germania, piuttosto che combattere con le armi in campo - ed altri tre milioni di civili di lingua tedesca furono massacrati durante le espulsioni in massa dall´Europa Centrale nel 1945-1948; la politica della fame imposta dagli alleati a coloro che vivevano sotto i loro governi di occupazione è costata la vita a molti altri civili tedeschi - nota N.O.E.].
    Questo rapporto servì come base per la "verità" ufficiale di Auschwitz. I Sovietici vi si ispirarono per il loro documento URSS-008 del 6 maggio 1945 che, al processo di Norimberga, si vide accordare, come il loro rapporto su Katyn, lo statuto di documento "di valore autentico", che era proibito contestare. Secondo questo documento, i Tedeschi avevano ucciso ad Auschwitz più di 4.000.000 di persone, segnatamente li si gasava con l'insetticida chiamato "Zyklon B". Questa "verità" ufficiale sarebbe sprofondata nel 1990.

    La confessione di Rudolf Höss

    II 15 aprile 1946, uno dei tre comandanti successivi di Auschwitz, Rudolf Höss (da non confondersi con Rudolf Hess) "confessa" sotto giuramento, davanti ai suoi giudici e davanti ai giornalisti del mondo intero, che, dal tempo della sua gestione, cioè dal 20 maggio 1940 al primo dicembre 1943, almeno 2.500.000 detenuti di Auschwitz erano stati uccisi con il gas e che almeno altri 500.000 erano morti per la fame e per le malattie, per un totale di almeno 3.000.000 di morti per quel solo periodo. Mai, neppure per un istante, R. Höss fu interrogato o contro-interrogato sulla materialità dei fatti straordinari che riportava. Fu affidato ai Polacchi. Redasse a matita, sotto la sorveglianza dei suoi carcerieri comunisti, una confessione nella dovuta e prevista forma. Dopo di che fu impiccato ad Auschwitz il 16 aprile 1947. Fatto curioso, si dovette attendere il 1958 per avere comunicazione, parziale, di questa confessione conosciuta poi dal grande pubblico sotto il titolo di Comandante ad Auschwitz (3).

    Impossibilità fisico-chimiche

    La descrizione, estremamente rapida e vaga, dell'operazione di gassazione dei detenuti, come R. Höss la riferiva nella sua confessione scritta, era impossibile per ragioni di ordine fisico e chimico. Non si deve confondere una gassazione per esecuzione con una gassazione suicida o accidentale: in una gassazione per esecuzione si vuole uccidere senza essere uccisi!
    Lo Zyklon B è un insetticida a base di acido cianidrico, utilizzato a partire dal 1922 a tutt´oggi. È molto pericoloso. Aderisce alle superfici. Si disperde difficilmente. È esplosivo. Gli Americani, in alcuni stati, utilizzano il gas cianidrico per l'esecuzione dei loro condannati a morte. Una "camera a gas per esecuzione" è necessariamente molto sofisticata e la procedura lunga e pericolosa. Ora, R. Höss, nella sua confessione, diceva che la squadra incaricata di estrarre 2.000 cadaveri da una camera a gas vi entrava dopo aver acceso il ventilatore e procedeva a questa fatica di Ercole mangiando e fumando, cioè, se si capisce bene, senza maschere antigas. Impossibile. Nessuno sarebbe potuto entrare così in un oceano di acido cianidrico permanipolare migliaia di cadaveri cianurizzati, essi stessi divenuti intoccabili perché impregnati di un forte veleno che uccide per contatto. Anche con maschere antigas munite di filtro speciale per l'acido cianidrico il lavoro sarebbe stato impossibile, poiché questi filtri non potevano resistere a lungo in caso di respirazione pesante dovuta ad uno sforzo fisico, anche di debole intensità.

    Una risposta di 34 storici

    Nei numeri di Le Monde del 29 dicembre 1978 e del 16 gennaio 1979, esponevo brevemente le ragioni per le quali, conoscendo i luoghi e la pretesa procedura seguita, ritenevo che le gassazioni di Auschwitz erano tecnicamente impossibili.
    Il 21 febbraio, sempre su Le Monde, apparve una dichiarazione di 34 storici che si concludeva così: "Non bisogna domandarsi come, tecnicamente, un tale omicidio di massa sia stato possibile. È stato possibile tecnicamente perché è accaduto".
    Secondo me, gli "sterminazionistì", come io li chiamo, segnavano là una palese capitolazione. Sul piano della scienza e della storia, il mito delle camere a gas naziste riceveva un colpo fatale. Dopo questa data, nessuna opera sterminazionista è venuta a portarci dei chiarimenti suquesto punto, e soprattutto non quella di Jean-Claude Pressac fallacemente intitolata Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers (4). Per iniziare, è finito il tempo in cui gli storici osavano dirci che era autentica quella tale camera a gas presentata ai turisti come "allo stato originale", "allo stato della ricostruzione" o "allo stato di rovine" (delle rovine possono essere parlanti). Le pretese camere a gas di Auschwitz non erano nient'altro che delle celle frigorifere per la conservazione dei cadaveri in attesa della cremazione, così come attestano i piani che ho scoperto nel 1976.

    "Mostratemi o disegnatemi"

    Nel marzo 1992, lanciai a Stoccolma una sfida di portata internazionale: "Mostratemi o disegnatemi una camera a gas nazista!" Precisai che non ero interessato ad un edificio che si supponeva contenesse una tale camera a gas, ne a un lembo di muro, ne a una porta, ne a dei capelli, ne a delle scarpe. Volevo una rappresentazione completa dell'arma del delitto, della sua tecnica, del suo funzionamento. Aggiungevo che, se ora si pretendeva che i Tedeschi avessero distrutto quest'arma, bisognava che la si ridisegnasse. Rifiutavo di credere ad una "realtà materiale" priva di rappresentazione materiale.

    L'Holocaust Memorial Museum (Washington)

    II 30 agosto 1994 visitai l'Holocaust Memorial Museum di Washington. Non trovai alcuna rappresentazione fisica della magica camera a gas. Allora, davanti a quattro testimoni, nel suo ufficio, domandai a Michael Berenbaum, Direttore della Ricerca del museo, di spiegarmi questa anomalia. Dopo essersi violentemente adirato, finì per rispondermi che "era stata presa la decisione di non dare alcuna rappresentazione fisica della camera a gas nazista!" Non cercava neppure d'invocare resistenza nel suo museo di un plastico artistico del crematorio II di Birkenau: sapeva benissimo che questo plastico, d'altronde non riprodotto nel suo libro-guida del museo (5), non era altro che una creazione artistica senza alcuna relazione con la realtà.

    La rotta degli sterminazionisti

    Ebbi anche l'occasione di ricordare a M. Berenbaum alcuni eventi disastrosi per la causa sterminazionista.
    Nel 1968, nella sua tesi, la storica ebrea Olga Wormser-Migot aveva riconosciuto che esisteva un "problema delle camere a gas" e aveva scritto che Auschwitz-1 era "senza camera a gas" (quella "camera a gas" visitata da milioni di turisti!) (6).
    Nel 1983, un Britannico, sebbene difensore della leggenda dello sterminio, rivela come Rudolf Höss, prima di deporre davanti al tribunale di Norimberga, fosse stato torturato da ebrei appartenenti ai servizi inglesi di sicurezza militare, e che poi finì con il confessare a forza di calci, pugni e frustate, esposizione al gelo e privazione del sonno (7).
    Nel 1985, al primo processo ad Ernst Zündel a Toronto, il testimone n°1, Rudolf Vrba, e lo storico n°1 della tesi sterminazionista, Raul Hilberg, erano crollati al momento del contro-interrogatorio condotto dall'avvocato, che io assistevo in quella sede, Douglas Christie (8).
    Nel 1988, lo storico ebreo americano Arno Mayer, che affermava di credere al genocidio e alle camere a gas, scriveva: "Sources for the study of the gas chambers are at once rare and unreliable I...]. Besides, from 1942 to 1945, certainly at Auschwitz, but probably overall, more Jews were killed by so-called 'natural' causes than by 'unnatural' ones" (Le fonti per lo studio delle camere a gas sono nello stesso tempo rare e dubbie [...]. Inoltre, dal 1942 al 1945, certamente ad Auschwitz, ma probabilmente anche sempre altrove, le cause dette "naturali" uccisero più ebrei che non quelle "non naturali" [sottoalimentazione, malattie, epidemie, sfinimento]) (9).
    Nel 1992, Yehuda Bauer, professore all'Università ebraica di Gerusalemme, tacciava di "silly" (assurda) la tesi secondo la quale la decisione di sterminare gli ebrei era stata presa il 20 gennaio 1942 a Berlino-Wannsee (10). Nel 1993, Jean-Claude Pressac valutava il numero di morti di Auschwitz (ebrei e non) a un totale di 775.000 e, nel 1994, a una cifra compresa tra 630.000 e 710.000 (11).
    Quello stesso anno, il professor Christopher Browning, collaboratore dell'Encyclopedia of the Holocaust, dichiarava: "Höss was always a very weak and confused witness" (Höss è sempre stato un testimone molto debole e confuso) ed ebbe la disinvoltura di aggiungere: "The revisionists use him all the time for this reason, in order to try and discredit the memory of Auschwitz as a whole" (È per questo che i revisionisti lo diano sempre, per cercare di screditare la memoria di Auschwitz nella sua totalità) (12).
    Ad Auschwitz, fino all'inizio del 1990, chiunque poteva constatare che, sulle diciannove lastre metalliche del grande monumento di Birkenau, era scritto, in diciannove differenti lingue, che 4.000.000 di persone erano morte in questo campo; ora, queste lastre sono state ritirate verso l'aprile del 1990 dalle autorità del museo di Auschwitz che, ancora oggi, non sanno con quale cifra rimpiazzare quella falsa, di fronte alla quale sono venuti ad inchinarsi tutti i grandi del mondo, compreso Giovanni Paolo II (13).
    In appoggio alla loro tesi, i revisionisti dispongono di tre diverse perizie eseguite rispettivamente da F. Leuchter (14), G. Rudolf (15) e W. Luftl, e del principio di una perizia polacca (16), mentre gli sterminazionisti non osano intraprendere una perizia dell'arma del crimine.
    Tutti gli ebrei sopravvissuti ad Auschwitz e, in particolare, i "bambini di Auschwitz", cioè coloro i quali sono nati nel campo o vi hanno vissuto i loro anni d'infanzia, sono prove viventi del fatto che Auschwitz non ha mai potuto essere un campo di sterminio.
    Non solo non esiste ne un ordine ne un piano, ne la traccia di una direttiva ne di un budget per questa grande impresa che sarebbe stata lo sterminio sistematico degli ebrei; non solo non esiste un solo rapporto d'autopsia che stabilisca la morte di un detenuto per gassazione, ne una perizia ufficiale sull'arma del crimine, ma non esiste alcun testimone delle camere a gas a dispetto di ciò che qualche autore di best-seller vorrebbe farci credere.
    Nel suo libro La Nuit (La Notte), testimonianza autobiografica pubblicata nel 1958, Elie Wiesel non menziona una sola volta le camere a gas di Auschwitz: dice che gli ebrei erano sterminati in fornaci o nei forni crematori! Nel gennaio 1945, i Tedeschi gli lasciarono la scelta, così come a suo padre, d'aspettare i Sovietici o di partire verso la Germania; dopo averci pensato bene, padre e figlio decisero di fuggire con i loro "sterminatori" tedeschi piuttosto che aspettare i lori "liberatori" sovietici. Ciò si trova in bella evidenza in La Nuit, che basta leggere con attenzione (17).

    La menzogna di Auschwitz

    Dichiarai nel 1980: "Attenzione! Nessuna delle 60 parole che sto per pronunciare mi è dettata da una opinione politica. Le prétendu génocide des juifs et Ies prétendues chambres a gaz hitlériennes forment un seul et même mensonge historique, qui a permis une gigantesque escroquerie politico-financière dont les principaux bénéficiaires sont l'Etat d'Israël et le sionisme international et dont Ies principales victimes sont le peuple allemand MAIS NON PAS SES DIRIGEANTS et le peuple palestinien tout entier (II preteso genocidio ebraico e le pretese camere a gas naziste formano una sola e medesima menzogna storiografica, che ha permesso una gigantesca truffa politico-finanziaria di cui i principali beneficiari sono lo stato d'Israele e il sionismo internazionale e di cui le principali vittime sono il popolo tedesco MA NON I SUOI DIRIGENTI e tutto il popolo palestinese).
    Oggi non ritirerei una parola di questa dichiarazione, nonostante le aggressioni fisiche, i processi, e le multe che ho subito dal 1978 e nonostante l'incarcerazione, l'esilio o la persecuzione di tanti revisionisti. Il revisionismo storico è la grande avventura intellettuale di questa fine secolo. Ho solo un rimpianto: di non poter trovare, nei limiti di questo articolo, lo spazio necessario per rendere omaggio al centinaio di autori revisionisti che, dopo il Francese Paul Rassinier e passando per l´Americano Arthur R. Butz, il Tedesco Wilhelm Stäglich, l´Italiano Carlo Mattogno e lo Spagnolo Enrique Aynat, hanno accumulato sulla realtà storica della seconda guerra mondiale una mole di lavoro di pregio eccezionale.
    Un'ultima parola: i revisionisti non sono dei negazionisti, ne dei personaggi animati da turpi intenzioni. Essi cercano di dire ciò che è stato e non ciò che non è stato. Sono positivi. Ciò che annunciano è una buona notizia. Continuano a proporre un dibattito pubblico, in piena chiarezza, anche se, fin qui, è stato loro risposto soprattutto con l'insulto, la violenza, con la forza ingiusta della legge o ancora con delle vaghe considerazioni politiche, morali o filosofiche. La leggenda di Auschwitz deve, presso gli storici, lasciare il posto alla verità dei fatti (18).
    Noi siamo i padroni.
    Noi siamo gli schiavi.
    Siamo ovunque
    e da nessuna parte.
    Regniamo sui fiumi di porpora.

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    LA SOCIETA' APERTA E I SUOI NEMICI. LA STORIA DI AUSCHWITZ.

    Sessanta anni dopo la liberazione, Auschwitz è diventato un evento politico internazionale.
    Quando si parla di Auschwitz, si parla sempre dei numeri terrificanti, Mengele e la selezione, l’omicidio di massa clinico, le Camere a Gas, i treni, il famoso Arbeit Macht Frei sul cancello principale, la marcia della morte fino alla liberazione ecc.
    Sarebbe illuminante esporre quello che la narrativa su Auschwitz è qui per nascondere.

    A cosa serve la Narrativa di Auschwitz? Chi beneficia dal racconto di Auschwitz? E’ il risultato di una sofisticatissima propaganda orchestrata dagli ebrei?
    la risposta a queste domande è semplice, la devastante immagine di Auschwitz e del giudeocidio nazista è un argomento autosufficiente contro nazionalismo, razzismo e totalitarismo. Entro i limiti fissati dall'accettazione della narrativa dell’olocausto, ognuno di questi tre è visto come nemico dell’umanità. Ma si deve ammettere che non sono stati nazionalismo, razzismo, o totalitarismo che hanno ucciso così tanti esseri umani innocenti ad Auschwitz. Le ideologie non uccidono, sono sempre le persone ad uccidere, indipendentemente dalle loro ideologie.
    Pensatori e politici liberali occidentali stanno entusiasticamente raffigurando una visione infantile della nostra realtà sociale, presentandoci una semplicistica visione binaria. Da un lato troviamo la società aperta, dall’altro i suoi molti nemici. Seguendo questa visione del mondo, c’è una sola società aperta, ma molti nemici differenti; e ancora è importante dire che “società aperta” è un significante vuoto, in pratica significa poco, per non dire nulla. Come sembra, per poter diventare un membro dell’esclusivo club aperto, bisogna semplicemente unirsi alle guerre giuste. Il Presidente Bush, un uomo lontano dall’essere eloquente quando sono implicate le capacità verbali, è stato inaspettatamente chiaro nel presentare l’assioma occidentale post Auschwitz: o con noi o contro di noi.
    Essere con loro, essere cioè tra gli "aperti", significa credere che siano stati gli americani a liberare l’Europa, che siano stati loro a liberare Auschwitz, che siano stati loro a liberare gli ebrei, e che siano sempre loro che portano la nozione di democrazia negli angoli più remoti di questo ribollente pianeta. Essere con loro significa accettare il fatto che noi siamo la voce del mondo libero. Significa anche sapere di essere incondizionatamente liberi. E’ la base per una nuova forma di tautologia: sei libero anche se non lo sei. Essere con loro significa credere che il mondo stia muovendo verso una grande divisione, uno scontro di civiltà, nella quale tu sei un buon innocente essere Giudaicocristiano illuminato, e tutti gli altri sono oscuri esseri fondamentalmente o almeno potenzialmente malvagi. Essere con loro significa che non devi fare troppe domande riguardo la loro condotta immorale. Per esempio, non devi chiedere perché il bombardiere Harris e gli altri abbiano ucciso 850.000 civili tedeschi, mirando alle città tedesche piuttosto che alle infrastrutture industriali naziste.
    Essere un essere libero in una società aperta significa che non si devono mai porre domande riguardo Hiroshima. Nel caso fossi abbastanza stupido da sollevare la questione, dovresti essere abbastanza intelligente da accettare la menzogna ufficiale: era la miglior maniera per portare quell’orribile guerra alla conclusione. Essendo un essere libero non solleverai perplessità riguardo la moralità di aver lasciato 2.000.000 di morti civili in Vietnam. Essere con loro significa che non devi chiedere tutte queste stupide noiose cose perché Auschwitz è il massimo della malvagità. Auschwitz è il fondo della malvagità umana e non devi mai dimenticare che siano stati loro a porvi fine
    Mettiamo in chiaro le cose. Auschwitz era aldilà di ogni dubbio un posto orribile, ma sfortunatamente non era l’apice della malvagità, proprio perché il male non ha né limite né scale di misurazione. Ma, a voler essere storicamente accurati, non sono stati gli americani a liberare Auschwitz. Come sembra, è stato Stalin, l’altro malvagio. E’ stato Stalin che ha dato a così tanti ebrei, prigionieri di guerra, prigionieri politici, zingari e carcerati la possibilità di vedere la luce del giorno. Ma ancora, essendo un essere umano libero in una società aperta non devi davvero fare attenzione a questi dettagli storici minori.
    Auschwitz sembra essenziale nella nostra virtuosa percezione occidentale di noi stessa. Quando c’è richiesta di petrolio iracheno, il presidente americano equipara Saddam con Hitler. Dopo impareremo che il popolo iracheno deve essere liberato dalla sua “Auschwitz”. Conosciamo già le inevitabili conseguenze.
    Da quando Auschwitz è così cruciale per gli esecutori della politica americana, non sorprende che non lontano dalla residenza del presidente americano ci sia un grande Museo dell’Olocausto dedicato alla memoria del popolo ebraico e dei suoi eroici liberatori. Questo museo non parla della gente, e nemmeno dei crimini contro l’umanità, il suo scopo è il mantenimento dell’illusione della società aperta. Riguarda il mantenimento di una specifica narrativa. Riguarda come loro abbiamo ragione, e gli altri, chiunque essi siano, hanno categoricamente torto.
    Questo museo non è affatto sulla sofferenza ebraica. Presumo che ci siano delle notizie basilari che il museo non voglia condividere coi suoi visitatori: per esempio, non dirà alla folla di passaggio che il governo americano adottò una politica immigratoria fortemente restrittiva, che non fu mai modificata tra gli anni 1933-1944, per bloccare l’immigrazione ebraica.
    Eviterà di parlare del fatto che il governo americano respinse o ostacolò le offerte tedesche di aprire negoziati per rimuovere gli ebrei dai territori controllati dai nazisti. Più importante, nasconderà il fatto che alla forza aerea statunitense non era stato dato l’ordine di distruggere la macchina assassina nazista. Nemmeno le ferrovie per Auschwitz, né Auschwitz stessa, furono mai bombardate né dalla RAF né dall’American Air Force. Sembra che vi sia stata una vera negligenza omicida nelle decisioni americane in merito. Per esempio, il 20 agosto 1944, 127 fortezze volanti scortate da un centinaio di Mustang combattenti sganciarono con successo le loro bombe su una fabbrica a meno di cinque miglia da Auschwitz. Non un singolo aeroplano fu mandato ad attaccare il campo di morte.
    Queste storie non appariranno nel Museo Americano dell’Olocausto. Semplicemente stonano con l’immagine eroica e virtuosa che gli americani hanno di se stessi. La storia di Auschwitz è nei fatti la storia di una brutale negligenza angloamericana. La narrativa accettabile su Auschwitz è un mito che è qui per sostenere la pratica espansionistica americana. Auschwitz è il pilastro morale dell’ideologia americana.
    Il Museo dell’olocausto è là per dire agli americani cosa potrebbe accadere quando tutto andasse storto. Per quanto triste possa suonare, nell’America contemporanea tutto sta andando male, malgrado il museo. La ragione è semplice, quando all'interno della tua eredità culturale, l’immagine del male viene instillata come qualcosa che si riferisce sempre all'Altro, puoi benissimo diventare cieco al fatto che tu stesso sia già diventato malvagio. Come i loro fratelli israeliani, gli americani hanno dimenticato come guardare a se stessi.
    Nel caso dell’America, la narrativa dell’Olocausto serve alla filosofia espansionistica della destra. Per prevenire un’altro Auschwitz, gli americani mandano il loro esercito in Vietnam, Corea, Iraq. Sono sempre liberatori. Fino alla fine della guerra fredda, c’erano i comunisti contro cui combattere, un vero e concreto male; ma ora il male sta diventando sembre più astratto. Infatti, l’unica maniera per materializzare il vago nemico è paragonarla con Hitler.
    Il caso europeo è leggermente differente. Per quanto strano possa sembrare, in Europa è la sinistra parlamentare che sta guadagnando su Auschwitz. Finché Auschwitz è così profondamente intecciata col discorso quotidiano, la destra non può alzare la testa. La sinistra europea ufficiale è totalmente dipendente dalla narrativa sull’Olocausto e dalla storia di Auschwitz. Come sembra, Auschwitz è l’ultima barricata della sinistra contro la possibilità di una rinascita della destra. In Europa, ogni senso di aspirazione nazionale, o anche una preoccupazione demografica che possa suonare come xenofobica è immediatamente indicata come risveglio del nazismo. Con questa oppressiva visione del mondo, alle persone non è concesso esprimere affetto verso il proprio paese. Inoltre, essendo politicamente dipendente dall’immagine dell’ebreo vittima innocente, la sinistra europea ufficiale non può mai sostenere completamente la causa palestinese.
    Auschwitz è qui come simbolo di un’alleanza tra la sinistra parlamentare europea e la destra espansionista americana. Per entrambe, Auschwitz è un'icona della minaccia contro l’immagine della società aperta. Grazie a questo legame fatale, ogni genuina sinistra europea è destinata ad essere spinta ai margini. Ogni forma di sinistra genuina ispirata dalle aspirazioni rosse è destinata ad essere presentata come un punto di vista sovversivo ed estremista. Nel marzo del 1998, Robin Cook, allora ministro degli esteri britannico, fece una visita diplomatica in Israele. Mentre era lì, Cook rifiutò giustamente di visitare Yad Vashem, sostenendo che fosse più preoccupato del presente che del passato. Non passò molto tempo prima che Cook perdesse il suo lavoro. Il rifiuto di inchinarsi alla storia di Auschwitz costò a Cook il lavoro. Non furono gli ebrei che lo cacciarono dal Ministero degli esteri. Fu il Partito Laburista, un'istituzione parlamentare europea di sinistra.


    "Auschwitz è qui per mantenere il mito della società aperta; è qui per presentare l’illusione di un’identità occidentale liberata. Finché Auschwitz sarà qui, al centro dei nostri discorsi, saremo tutto tranne che liberi. C’è vita dopo Auschwitz e questa vita ci appartiene. Dovremmo farne qualcosa di meglio. Se c’è qualcosa che non dovremmo mai fare, è prendere le vite altrui in nome di Auschwitz."
    Noi siamo i padroni.
    Noi siamo gli schiavi.
    Siamo ovunque
    e da nessuna parte.
    Regniamo sui fiumi di porpora.

 

 

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