Originariamente Scritto da
Avanguardista
stavo per dire che Rauti doveva ritirarsi tempo fa dalla politica e continuare a scrivere libri se voleva...
ma tu hai riassunto tutto in questa frase...
dopo aver devastato la Fiamma con la sua gestione famigliare, vuole uscire dal ghetto con l'aiuto del cavaliere......
senza vergogna...
DA ORDINE NUOVO AL CAVALIERE.
IL GRAMSCI NERO VUOLE "USCIRE DAL GHETTO"
Da "il Riformista" del 24/01 art. di Stefano Cappellini
In quel frastagliato, piccolo e mobile arcipelago che è l'estrema destra nostrana si fa presto a smarrire la mappa aggiornata delle isolette. Per esempio, forse non tutti sanno che Pino Rauti è da tempo fuori dalla Fiamma Tricolore, lo spin off del Msi da lui fondato in opposizione alla svolta governativa di Gianfranco Fini a Fiuggi. Ancor meno, probabilmente, sono a conoscenza del fatto che da un paio d'anni il fuoriuscito Rauti capeggia un nuovo partito personale e onomatopeico: il Mis, che sta per Movimento idea sociale. Ma il fatto sfuggito ai più è che Rauti si accinge a siglare un accordo con Forza Italia. E non un patto di coalizione, bensì un vera e propria joint-venture elettorale: un pugno di esponenti del Mis saranno candidati nelle liste azzurre. Non c'è ancora l'accordo definitivo, ma il patto tra gentiluomini sì: Berlusconi e Rauti si sono incontrati un mese fa («Un incontro molto affettuoso», spiega il secondo al Riformista) e per due volte si sono risentiti al telefono confermando l'intesa. Anche i nomi degli aspiranti parlamentari rautiani sono nero su bianco. Oltre al leader, che si propone nel Lazio per il Senato, ce ne sono altri sei, tra cui il senatore uscente Luigi Caruso. Se non crolla tutto all'ultimo («In tal caso - minaccia Rauti - dirò ai miei di votare scheda bianca») il fondatore di Ordine nuovo (e nero), l'inquisito per piazza Fontana (scagionato), il padre delle destra sociale e dei campi hobbit, il segretario (antifiniano) del Msi di fine anni Ottanta, andrà alle politiche a braccetto con Berlusconi. Lui quasi si giustifica: «Sono costretto dalla legge elettorale. E' un mero accordo tecnico. Per presentarci da soli avremmo dovuto raccogliere centinaia di migliaia di firme. Non avevo altra possibilità. Con Fini non potevo allearmi. A lui avrebbero detto che rinunciava a Fiuggi e a me viceversa. La Mussolini ha il suo simbolo e per legge non può modificarlo. E poi con i partitini della destra non ho niente da spartire, insieme rappresentano appena il due per cento e io voglio uscire da questo ghetto, voglio parlare al restante 98 per cento. Restava Forza Italia. Ma i patti con Berlusconi sono chiari: io non discuto i vostri programmi e voi non discutete i nostri». Immaginatelo, un tavolo programmatico Berlusconi-Rauti. Per capirci: se deve spiegare il suo programma di politica estera l'ex ordinovista (nero) comincia così: «La guerra in Iraq è stato un pauroso errore». Questione mediorientale: «Pieno appoggio ai palestinesi, come sempre». E Israele? «Il presidente iraniano solleva problemi drammatici, sui quali bisognerebbe discutere. Ma meglio non dire altro. Il ragionamento è complesso». Quindi prosegue altrove: «L'Europa deve acquisire la coscienza della forza della sua civiltà e della sua cultura con l'obiettivo di sostituire l'America». Antiamericano. «Sono antiamericano in quanto contrario alla concezione materialistica e affaristica dell'uomo». Ma come si fa a essere anticapistalisti e poi allearsi con Berlusconi? «L'accordo è tecnico - ribadisce Rauti - io resto anticapitalista. Ho letto della cena di Berlusconi in Toscana, dove per un posto a tavola si pagava una sottoscrizione di 10000 euro. Sono cose che non mi piacciono. Poi però ho sentito Berlusconi parlare di immigrazione e m'è venuto da dire: ma queste sono le mie proposte! Possiamo accettare che da Gibilterra ai Dardanelli l'Europa si riempia di 70-80 milioni di immigrati? Bisogna controllare l'afflusso e spezzare la triade metropoli, megalopoli, necropoli». E Rauti ha qualche idea da spendere in proposito: «L'altra sera ero in un salotto, non che mi capiti spesso, e parlavo con degli architetti. Ho spiegato loro la legge fascista del 1939 sull'afflusso urbano: chi chiedeva alloggio nelle grandi città doveva dimostrare di avere un lavoro». Una Bossi-Fini su scala interna. «La Bossi-Fini va migliorata, resa più funzionale», risponde il leader missino. «L'obiettivo deve essere aiutare queste popolazioni nel loro paese. Altrimenti a questi ritmi potremmo presto essere sommersi». Ecco perché il programma di governo del Mis è riassumibile nel motto “figliare, figliare, figliare”: «La demografia - spiega Rauti - è il cardine di tutto. Bisogna fare bambini. E alle donne chiedere di tornare a casa a fare le mamme, però pagarle come quelle che scelgono di lavorare. Anche la difesa dello stato sociale è finalizzata a questo. Solo se si arresta il lavoro precario i giovani si sposeranno di più e avremo più bambini». Già, ma come si finanzia tutto ciò? Qui, all'ipotetico tavolo Berlusconi-Rauti sarebbero cadute le gambe: «Aumentando la pressione fiscale», è la risposta rautiana. Impossibile chiudere la conversazione senza la domanda delle cento pistole: Rauti e il fascismo. Lui la prende alla larga: «Fra non molto esce la nuova edizione della mia Storia del fascismo, 6 volumi e 3 mila pagine. So di cosa parlo. Il fascismo non è un'esperienza irripetibile. Però resta un giacimento di esperienze positive nella società civile, cui attingere quando serve». Detta così, sembra quasi il «non rinnegare, non restaurare» di Giorgio Almirante, nemico storico del rautismo. «Non rinnegare è giusto, non restaurare non ha senso, per i motivi che ho appena detto». E le frasi di Fini? Il fascismo è un male assoluto? «Una sciocchezza piramidale. Non può essere male assoluto qualcosa che godeva del consenso che aveva il fascismo». E il giudizio sugli altri movimenti “neofascisti” italiani? La sua ex Fiamma tricolore? «Nel partito è entrata gentaglia. Naziskin». Il Fronte nazionale di Adriano Tilgher? «Tilgher è un frazionista, l'ho espulso ai tempi dell'Msi». Forza Nuova? «Gente che viene da Londra e non mi è mai è piaciuta». E Pino Rauti? «Io? Mi chiamavano il Gramsci nero. Non mi dispiaceva. Ora direi che sono l'ultimo rivoluzionario rimasto in Italia».