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  1. #1
    EUROSIBBERIANO CONVINTO
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    Predefinito Scontro segreto Usa-Europa sul terrorismo

    Scontro segreto Usa-Europa sul terrorismo
    Maurizio Blondet
    31/01/2006

    George W. Bush parla ad un meeting NATO organizzato alla Casa Bianca lo scorso 22 febbraio

    Doveva essere un vertice fra NATO e Unione Europea.
    Argomento: il terrorismo globale.
    Gli americani l'avevano preparato per bene, contando di coinvolgere gli europei nel loro progetto
    di guerra globale al terrorismo islamico, vero o presunto.
    Lunedì 23 gennaio la Francia l'ha mandato a monte.
    «La NATO non è stata creata per essere il gendarme del mondo», è stata la recisa dichiarazione ufficiale, ma un'alleanza di partner alla pari.
    Un diplomatico francese ha aggiunto: «non vogliamo che la NATO sia coinvolta in ogni cosa, o che imponga il suo ordine del giorno all'Unione Europea».
    Avete trovato questa notizia sui giornali italiani o sui media europei?
    Pare di no.
    Infatti la notizia appare su un giornale USA, a firma di William Pfaff, uno dei massimi commentatori americani di geopolitica (1).
    Eppure la notizia è grossa.

    Solo il 19 gennaio, il presidente Chirac aveva rovesciato la tradizionale dottrina nucleare francese che vieta l'uso preventivo della bomba atomica, dichiarando che «se un Paese terrorista dovesse attaccare la Francia», sarebbe «appropriato» un attacco nucleare preventivo: posizione che era parsa diretta contro Teheran, a cui Chirac vuole mostrare che, sulla questione del nucleare iraniano, la Francia sta con gli Stati Uniti.
    Sembrava un forte avvicinamento alle posizioni dure americane.
    E' parso addirittura che Chirac desse il suo via libera a un imminente attacco USA, anche nucleare, contro le installazioni iraniane, come ardentemente desidera Israele.
    Invece il 23 la Francia è tornata alla sua tradizionale politica gaullista: impedire che la NATO diventi un agente della politica USA in Europa.
    Non a caso, del resto, gli americani osteggiano una difesa comune europea potenzialmente autonoma dall'alleanza atlantica, che invece è fortemente sostenuta dalla Francia.
    Ma c'è di più.
    Secondo Pfaff, il bastone tra le ruote messo da Parigi segnala una più profonda frattura tra Europa e USA sul tema del terrorismo: su come definirlo e come affrontarlo.

    La Casa Bianca di Bush insiste - come noto - nel sostenere che Al Qaeda configura una minaccia militare che richiede soluzioni militari; il che è logico, commenta Pfaff, altrimenti Bush non saprebbe come spiegare l'invasione di Afghanistan e Iraq.
    A questa tesi, che ogni giorno appare più assurda, la nota lobby israeliana e neocon riunita attorno all'American Enterprise, ha fornito tutto un mito giustificatorio: Osama bin Laden progetta, se riesce a sconfiggere gli americani in Iraq, di mobilitare l'Islam intero, ricostruire il «grande califfato» dell'ottavo secolo e partire alla conquista del mondo «infedele».
    Solo posto così, il problema può essere descritto come una guerra.
    «l'America combatte la jihad in Iraq per non doverla combattere in USA», dice Bush.
    Gli europei, però, e le loro polizie e servizi segreti, la pensano in modo contrario.
    Il terrorismo per loro si rivela sempre più «un mosaico di cellule che si sono radicalizzate da sé, con contatti internazionali, ma senza una direzione centrale».
    Sono queste le parole di Rick Coolsaet, dell'Institut Royal des Relations Internationales del Belgio, nonché docente all'università di Ghent.
    Coolsaet, parlando nel dicembre scorso al Transatlantic Dialogue on Terrorism all'Aia, ha chiarito che per l'Europa il terrorismo islamista è composto da «cerchi concentrici» attorno, sia pure (concessione agli americani) «ad un ancora pericoloso nucleo duro di Al Qaeda».

    Ma la capacità offensiva di Al Qaeda, ha subito aggiunto il politologo belga (con ovvi agganci ai servizi del suo Paese) è stata «degradata come organizzazione, quanto alla sua capacità di sferrare attacchi massicci».
    Quello che resta e anzi si moltiplica è «un mosaico multicolore di 'lupi solitari' e di 'cellule fatte in casa' dove ognuno è collegato, almeno indirettamente, a ogni altro», ma senza collegamento operativo. E' il tipo di non-organizzazione che anche la polizia italiana continua a scoprire: gruppuscoli di fanatici che si chiamano al telefono e la cui agenda è piena di indirizzi di altri fanatici, più o meno collegati, in tutta Europa. Tipo il pericolosissimo imam di Carnagnola, o la cellula di terroristi di Londra. Questi gruppi, dice Coolsaet citando appunto fonti di polizia europee, mostrano «una crescente tendenza all'auto-reclutamento e all'auto-radicalizzazione».
    E' questo a produrre candidati all'atto terroristico e al «martirio», «più che ogni rete internazionale».
    Questi musulmani sono giovani, con studi liceali; il loro estremismo è colorato solo superficialmente dalla religione, ma in realtà diventano estremisti spesso fuori dalle moschee.

    Così, dietro le caute analisi, Coolsaet ha detto il contrario di quel che dice Bush (combattiamo i terroristi in Iraq per non doverli combattere in USA).
    E' proprio l'invasione e l'occupazione di Iraq e Afghanistan, secondo i servizi europei, ad accrescere in Europa il numero di aspiranti terroristi fai-da-te, radicalizzando ed esasperando i giovani musulmani di nascita europea.
    Insomma è la «guerra» di Bush che crea e alimenta il circolo del terrorismo islamista.
    «L'importanza di Al Qaeda è stata indebitamente esagerata» dopo l'11 settembre.
    E' un modello di terrorismo che l'Europa conosce bene: lo stesso degli anarchici di fine '800, e delle Brigate Rosse o della Rote Armee Fraktion tedesca degli anni 60-70.
    Come quelli, i gruppuscoli clandestini si dissociano sempre più profondamente dalla propria società: i brigatisti dalle «masse» nel cui nome dicevano di battersi, i jihadisti d'oggi dalla società musulmana europea.
    Il loro settarismo si intensifica, fino ad «eliminare le alternative, a semplificare la realtà», fino al punto da provocare un auto-isolamento che «disumanizza» l'intera società e, alla fine, «si sconfigge da sé» come appunto i brigatisti e gli anarchici delle bombe.

    La gestione di questo fenomeno non è dunque un problema militare, ma di polizia, di indagini, di intercettazioni e di informatori.
    Il no francese al tentativo USA di forzare la NATO a occuparsi di terrorismo (con lo scopo di controllare non tanto i terroristi quanto gli europei), ha dunque un solido retroterra nel pensiero e nell'esperienza europei sul problema.
    Ma questo non interessa i «grandi» giornali.
    Il Corriere e Repubblica sono occupatissimi a biasimare le apparizioni di Berlusconi in TV, e i giornali di Berlusconi a difendere il loro super-brianzolo televisivo.
    E' questa che chiamiamo «politica».

    Maurizio Blondet

  2. #2
    Totila
    Ospite

    Predefinito

    Chissà come mai queste notizie non ce le raccontano...

  3. #3
    ... il Prosciolto ...
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    .. in su corr'e sa furka ..
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    Predefinito

    Siamo uno Stato di periferia nella politica estera e questo si ripercuote anche nei quotidiani nazionali dove problemi del genere vengono percepiti come lontani...

 

 

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