L’«avvertimento» di Chirac
Maurizio Blondet
02/02/2006
«I dirigenti di Stati che facessero ricorso contro di noi a mezzi terroristici, si espongono a una risposta ferma e adeguata da parte nostra»Il portavoce del ministro degli Esteri francese ha precisato: il discorso tenuto dal presidente Chirac il 19 gennaio enunciava una dottrina generale e non aveva di mira nessuno Stato in particolare; certamente non l'Iran.
E così, ecco un interessante chiarimento sulla strana uscita di Chirac a proposito della nuova dottrina nucleare francese.
Pronunciato a Landivisiau davanti alle forze aeree e oceaniche strategiche di Francia - dunque nella sede più significativa - il discorso del presidente ha suscitato sensazione.
Parecchi vi hanno visto un avvicinamento alla dottrina Bush di intervento atomico preventivo minacciata o ventilata contro Teheran o gruppi terroristici come gli Hezbollah in Libano.
Ma precisamente, cosa ha detto Chirac?
Ecco le sue parole: «La dissuasione nucleare, l'avevo sottolineato già all'indomani degli attentati dell'11 settembre 2001, non è destinata a dissuadere dei terroristi fanatici. Per altro i dirigenti di Stati che facessero ricorso contro di noi a mezzi terroristici, come coloro che progettassero di usare, in un modo o nell'altro, delle armi di distruzione di massa, devono comprendere che si espongono ad una risposta ferma e adeguata da parte nostra. Questa risposta può essere convenzionale. Può essere anche di altra natura».
Come si vede, non è l'annuncio di un attacco atomico preventivo.
E, come sottolinea Réseau Voltaire (1), l'avvertimento di Chirac «non si applica unicamente a uno Stato che sostiene un'azione terroristica, ma anche a uno Stato che si proponga di utilizzare armi di distruzione di massa» [evidenziazione nostra]. E precisa che una risposta atomica francese può «prevenire o risponde ad un attacco batteriologico o chimico».
Aggiunge poi il sito, ben ammanicato ai servizi di Parigi: «la dottrina della dissuasione nucleare si basa sulla minaccia. Questa è obbligatoriamente rivolta a tutti senza eccezione [evidenziazione nostra] e a nessuno in particolare. Il discorso su questo tema resta dunque sulle generali e si astiene da riferimenti precisi».
Tutto ciò ci pare confermare la nostra prima ipotesi: che Chirac abbia avvertito un nemico «che non può nominare», e da cui ha ragione di temere attentati chimici, batteriologici o in ogni caso non-convenzionali e asimmetrici.
Magari false flag.
E chi sarà mai questo nemico innominabile?
Chirac sa bene, grazie ai suoi servizi, chi sono i veri autori degli attentati dell'11 settembre e di quello alla metropolitana di Londra del 7 luglio; e ha sicuramente informazioni assai precise sulla mano «araba» che ha spesso colpito la Francia, uccidendo tecnici francesi che allestivano un sommergibile in Pakistan, e su quei «militanti di Al Qaeda» che hanno colato a picco una petroliera francese mesi orsono.
E probabilmente, la decisione di alzare la voce non è senza relazione con la mano occulta
che ha organizzato i disordini delle banlieues parigine.
E certamente i servizi e gli Stati Maggiori di Parigi hanno accuratamente valutato le frasi
che il professor Martin Van Creveld, docente di storia militare all'università ebraica
di Gerusalemme, pronunciò in varie interviste nel 2003: «noi possediamo varie centinaia di testate atomiche e missili, e siamo in grado di lanciarli in ogni direzione, magari anche su Roma.
La maggior parte delle capitali europee sono bersagli per la nostra forza aerea…le nostre forze armate non sono la trentesima forza mondiale, sono la seconda o la terza. Abbiamo la capacità
di trascinare giù il mondo con noi. E posso assicurarvi che questo accadrà, nel caso si crolli nell'abisso» (2).
A nessun apparato militare pensante può essere sfuggita la gravità e concretezza di questa minaccia: Van Creveld non è un privato, ma un insider dell'armata israeliana, che enuncia una dottrina militare vigente nello Stato sionista.
Le capitali europee, nessuna esclusa, sono bersagli per l'aviazione israeliana: ciò significa che l'aviazione israeliana ha piani dettagliati in questo senso.
E' un'asserzione molto precisa, non una vaga minaccia.
Forse non è un caso, in questa prospettiva, che il giornale arabo (ma pubblicato a Londra) «Elaph» abbia applaudito al discorso di Chirac.
Nel suo commento sul giornale, il giornalista egiziano Abdel Adim Hanafi lo saluta come un programma «di liberare la Francia e l'Europa dalla tutela americana» e solo in subordine vi vede «una pressione a Teheran per negoziare».
Ancor più significativa la critica indispettita che sul Washington Times (giornale conservatore finanziato dalla setta di Moon, oggi alleata coi neocon) Arnaud De Borchgrave, l'ex direttore oggi commentatore principe del foglio, rivolge a Chirac: De Borchgrave sostiene che il presidente avrebbe voluto giustificare i costi del mantenimento di una potenza nucleare, ma «nessun bersaglio atomico è identificabile» dalle parole di Chirac.
Forse.
Ma forse è solo un bersaglio di cui non si può fare il nome.
Maurizio Blondet
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Note
1) «Dissuasion: qu'a vraiment dit Jacques Chirac?» Réseau Voltaire, 1 febbraio 2006.
2) A suo tempo abbiamo rilevato queste parole di Van Creveld nel nostro sito. Confronta «Minaccia atomica contro l'Europa», 5.10.2005. Van Creveld esprimeva così l'ira israeliana per la scarsa collaborazione europea (e francese in particolare) alla guerra globale al terrorismo di Bush e Sharon.
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