La questione va sicuramente posta e ho deciso pur balbettando e scrivendo a braccio e nell’immediato(e mentre scrivo invoco su di me la consolazione della Sua copiosa misericordia) di affrontare o meglio di porre tutti i nodi della questione stessa senza infingimenti e senza alcuna copertura da political correct
1. Certamente i cristiani ortodossi italiani in Italia (vescovi,presbiteri ,monaci e monache e laici e laiche) si trovano oggi a dovere evangelicamente esprimere e realizzare diakonia di servizio ai nostri fratelli e alle nostre sorelle delle altre nazionalità ortodosse(come potete ben comprendere non sopporto questa espressione ma non ne trovo altre migliori) che vivono tra di noi e questa diakonia si concretizza nel progetto ecclesiale dell’integrazione totale e reale e non per una sistemazione liturgica ed ecclesiale per quote e per riserve.Questi fratelli e queste sorelle fanno parte a pieno titolo della nostra stessa esperienza ecclesiale con i nostri stessi diritti e doveri che dalla comune ecclesialità e dalla comune confessione di fede scaturiscono. Nessun filetismo ma neppur nessuna nostra riduzione a trasformarci in cappellani delle altre nazionalità ortodosse anche perché entrambe queste patologie nascondono ed insieme rivelano cecità pastorale e sostanzialmente una mentalità da Yalta della cristianità
2. La costruzione progettuale di una vera unità ecclesiale,di una congregazione unitaria degli ortodossi che vivono in Italia è processo faticoso e di lunga lena(come avrebbe detto e direbbe in altra sede il mio caro amico Pietro Ingrao) (uso poi il vocabolo debole congregazione proprio perché sto balbettando e navigo a vista tra scogli e marosi cercando di scansarli) ma non possiamo non iniziare il viaggio. Qui il balbettio comincia a degenerare in semplici suoni gutturali di incapacità a realizzare pensieri di senso compiuto. Da una parte ricordo a me stesso che ho sempre trovato assolutamente imbarazzante se non proprio scandalosa l’esistenza a New York di ben 13 diocesi ortodosse con 13 vescovi e dall’altra parte debbo porre a me stesso la domanda:a chi mi sto rivolgendo? Ora che dico? Sicuramente il progetto coinvolge le chiese (ora che dico?) canoniche ma anche le chiese(ora che dico?) non canoniche ma non tutte (grande,grandissima resta la responsabilità davanti al Signore dei vagantes irrecuperabili ed avventurieri) Ma non so come proporre un comune coinvolgimento
3. Ed è qui che si pone la questione dell’ecumenismo e su di essa non intendo sfilarmi dal confronto. Dico con estrema franchezza che le posizioni della sinfonia delle chiese ortodosse(ora che dico?) canoniche che aderiscono al Consiglio Ecumenico delle Chiese (ci stiamo per testimoniare le ragioni della Chiesa Una ed Indivisa) mi sono sembrate sempre deboli e restano deboli ed in più la loro debolezza oggettiva rischia spesso di diventare-al di là delle intenzioni e in perfetta ingenua sincerità-una porta aperta,una totale autostrada al relativismo e alla visione (oltremodo legittima in ambito protestante) dell’inevitabilità del plurale e del denominazionalismo e non escludo che ci possano essere nelle chiese ortodosse (ora che dico?) canoniche che aderiscono al Consiglio Ecumenico delle Chiese una sorta di oggettiva resa storica ,un alzare le mani di fronte all’altrui egemonia e quindi un oggettivo ritirarsi nella cappellania alle nazionalità ortodosse lasciando qualsiasi pastorale di evangelizzazione e di annuncio sin da sopra i tetti.Credo anche,e tuttavia,che forse questo alzare le mani non sia solo delle chiese(ora che dico?) canoniche ma oggettiva esperienza di tutti noi.Ad oggi io comunque non arrivo a definire questa debolezza e questo alzare le mani come una pan-eresia.Infatti esiste il problema pastorale di annunciare l’indivisa come unica e sola sintassi cristiana nel nostro spazio e nel nostro territorio in spazi e in margini molto stretti ma comunque esistenti.Si tratta di porsi seriamente tutti insieme ( e non tanto teologicamente quanto esistenzialmente e pastoralmente) il problema dell’unità dei cristiani nell’Indivisa o meglio della riunione di essi nell’Indivisa
4. Balbetto ora che di fronte a tale questione la posizione delle chiese (ora che dico?)canoniche sostanzialmente nei fatti relativista mi sembra(come direbbe il mio amico Cohn Bendit) una sorta di malattia senile mentre la posizione delle chiese(ora che dico?) non canoniche e fieramente tradizionaliste mi sembra (come direbbe il compagno(lo è stato nella mia vita) Lenin) una sorta di malattia infantile ;intuisco che forse dovremmo essere pastoralmente border line fatti salvi ovviamente alcuni paletti e alcune scelte.Ma riferendomi all’articolo di Pietro Citati su Repubblica del 28-1-06 (“Amor sacro e Amor profano) non possiamo noi cristiani ortodossi dal ministero doppio dell’annuncio e della consolazione .Cosa significa border line? Non lo so So che significa che non possiamo aprire la Tavola Eucaristica (l’espressione mi è gradita ma mi aspetto rimostranze ,ma guardo sempre con dolce ricordo alla mia provenienza protestante) ,che non possiamo condividere il Santo Sacramento del Miron e dell’Unzione dei malati( anche se sulla non condivisione dell’olio santo ho qualche dubbio e forte) ma so che anche che l’Indivisa cerca i suoi figli ovunque dispersi ed è madre e non matrigna e quindi nella fedeltà al mistero dell’incarnazione(a rischio anche di perdersi,si di perdersi pur di salvare dalla rovina ogni singolo cuore di uomo e di donna ) insegue ed esce a cercare i suoi figli .Vladyka Silvano mi ha insegnato che l’economia è una scelta pastorale nobilissima ovviamente non per chiunque ma per ciascuno
5. Quindi il comune coinvolgimento di tutti noi ….. A ciascuno di noi la sua parte e il suo border line e nella preghiera chiedere allo Spirito Consolatore il dono delle lacrime e la forza della profezia per un coinvolgimento unitario che per quel che mi riguarda sarà sempre catacombale,non concordatario,estraneo a patti con il cesare di turno(fosse anche mio parrocchiano) e di fronte a tale coinvolgimento mi chiedo la questione è risolvibile solo proponendo la fuoriuscita dalla chiese (ora che dico?) canoniche? La questione del calendario è veramente fondante da articulus vel stantis vel cadentis ecclesiae? Ad entrambe le domande balbetto il mio non mi pare
In Cristo Signore Padre Giovanni Festa