Litigare stanca
15 Febbraio 2006
Gianfranco Pasquino
Adesso sappiamo che la strada prescelta per la stesura del programma del centro-sinistra non era esattamente la migliore. Si sta anche imparando che neppure la sua presentazione ha costituito il punto più alto di concordia e di unità di intenti conseguibile da uno schieramento che si propone di governare, davvero, con tutte le contraddizioni che esistono e con tutti i problemi che rimangono. Ai molti problemi ereditabili dal governo Berlusconi non sembra il caso di aggiungerne altri evitabili. Tuttavia, il gioco al massacro che è cominciato anche grazie ad alcuni elementi nel centro-sinistra, appare già francamente andato oltre misura. Frutto di arroganza, ignoranza, compiacenza, segnato dalla rincorsa verso le proprie nicchie elettorali, seppur minime, prodotto perverso di una pessima legge elettorale, questo insieme di comportamenti deve essere stigmatizzato e, nella misura del possibile, capovolto.
È imperativo riscrivere l'agenda della campagna elettorale, proprio come si farebbe in un paese, non necessariamente normale ma, almeno, decente.
Lo stato della situazione è piuttosto semplice. Esiste un governo in carica, dotato della più ampia maggioranza della storia repubblicana che deve pertanto essere chiamato a rispondere di quello che ha fatto, di quello che non ha fatto, ma aveva promesso nel famigerato «Contratto con gli italiani», di quello che ha fatto male. È anche giusto esigere dai partiti coalizzati nella Casa delle Libertà di sapere se hanno nuove proposte, e quali. Nel frattempo, sarà anche il caso di sottolineare che il presidente del Consiglio non pone limiti politici, e neppure di decenza, alla sua raccolta a tutto campo di qualsiasi alleato pur di fare il pieno dei voti anche di una destra impresentabile. Non stupisce che il suo elettorato, duro ma non puro, non sembri affatto preoccupato, ma il più ampio elettorato italiano e i commentatori dovrebbero, invece, preoccuparsene alquanto.
Purtroppo, sull’altro versante di un bipolarismo sgangherato, esiste una opposizione che offre materiale, non tutto pittoresco, ma anche grottesco, di differenziazioni programmatiche e politiche destinate a fare rabbrividere quella parte di elettorato che conta di più. Si tratta di coloro che, delusi dal governo Berlusconi, sono attualmente disponibili ad intrattenere l’idea di scegliere nell’abbondante menu dei partiti del centro-sinistra. Tuttavia, poiché questi elettori non desiderano soltanto punti programmatici a loro graditi, ma valutano l’offerta complessiva di governo del centro-sinistra, le candidature discutibili e deplorevoli (quale errore rinunciare alle primarie di circoscrizione!) e le prese di distanza programmatiche che imperversano nel centro-sinistra, li infastidiscono. E, allora, come registrano i sondaggi, finiscono per tornare sul governo che conoscono, nell’illusione che, in un eventuale secondo mandato, neppure Berlusconi riuscirà a fare di peggio. Invece, sì: un altro governo Berlusconi ha tutte le capacità di peggiorare. Allora, diventa sicuramente opportuno che i dirigenti dei due maggiori partiti del centro-sinistra e il candidato alla Presidenza del Consiglio prendano saldamente nelle loro mani sia il dibattito programmatico sia, con cautela e ponderazione, l’offerta di governo.
Per quanto parecchio complicato, è certamente possibile estrarre dalle 280 pagine del testo fondamentale le priorità, di argomenti e di tempi, e su quelle, sistematicamente, segnalare le differenze rispetto al governo e la loro fattibilità. Il centro-sinistra deve imporre la propria agenda, sprecando meno tempo a parlare al suo interno e dedicando il massimo di attenzione ad una comunicazione convincente della sua visione del Paese. Lo diceva anche Mao Tse-tung (non si spaventino i “moderati”) che «le idee camminano sulle ganbe degli uomini» e, oggi, anche, nonostante la triste vicenda delle quote rosa, sulle gambe delle donne. Sarebbe, dunque, auspicabile che, tenendo basso il livello di conflitto, i dirigenti del centro-sinistra, riservando la parola decisiva a Romano Prodi, indicassero i responsabili di alcuni settori (vorremmo chiamarli ministri ombra) ai quali spetterà il compito in esclusiva, ponendo così fine al deleterio chiacchiericcio, di illustrare e chiarire le priorità programmatiche, le soluzioni, i costi e le conseguenze. Cancellando le brutte pagine iniziali è possible cominciare da subito ad agire meglio e in maniera solidale. Non era «unità e coesione» il messaggio che mandarono in maniera composta, ma possente e rumorosa i quattro milioni e trecentoundicimila elettori delle primarie?