| Mercoledì 15 Febbraio 2006 - 132 | Paolo Emiliani |

Le agenzie hanno ieri battuto la notizia in tono dimesso e le edizioni on-line dei principali quotidiani l’hanno completamente trascurata: la Turchia ha deciso di costruire la sua prima centrale nucleare.
La notizia è certa, diffusa da fonti attendibili vicine al primo ministro ed al ministero dell’energia turco: l’impianto verrà realizzato a Sinop, sulla costa del Mar Nero. La scelta sarebbe stata fatta prendendo in considerazione fattori come le faglie geologiche e le acque fredde. Elementi importanti, perché, come è noto, la Turchia è un Paese altamente esposto al pericolo di terremoti.
La Turchia è una nazione sovrana ed ha ben diritto di costruire tutte le centrali nucleari che vuole e ci fa piacere che lo voglia fare con tutte le precauzioni che impongono strutture potenzialmente pericolose per l’ambiente.
Vale la pena aggiungere che per alimentare una centrale nucleare bisogna arricchire l’uranio e questi teoricamente potrebbe essere utilizzato anche per finalità belliche, per costruire la bomba atomica, insomma.
Nessuno, però, mette in dubbio le intenzioni pacifiche della Turchia, nonostante abbia ancora un contenzioso aperto con i curdi e non poche pagine oscure nella sua storia, anche recente, in fatto di repressione dei più elementari diritti civili.
Insomma, agli sceriffi del pianeta sta bene che il club nucleare cresca con la Turchia, nessuna ispezione dell’Aiea, nessuna inquisizione per la nazione fedele amica degli Usa e dell’entità sionista: Ankara faccia quel che vuole.
Tanta immensa fiducia nelle intenzioni pacifiche della Turchia stona però se paragonata al feroce atteggiamento censorio avuto dagli atlantici nei confronti di un’altra nazione che ha manifestato la volontà di costruire centrali nucleari a scopi civili: l’Iran.
In quel caso si sono opposti mille ostacoli, sono state promosse inchieste e controinchieste di organismi internazionali palesemente faziosi ed infine si è giunti alle minacce e, temiamo purtroppo, presto seguiranno i fatti.
Eppure l’Iran è una nazione democratica (il suo presidente è stato regolarmente eletto in libere elezioni) ed attualmente non ha contenziosi aperti con altre nazioni, non appoggia il terrorismo (il chiodo fisso di Washington) e non perseguita minoranze etniche sul suo territorio (i curdi stanno pure in Iran). Nonostante ciò sono scattati due pesi e due misure.
Questo perché la repubblica iraniana non accetta di sottomettersi al nuovo ordine mondiale, non vuole cedere il controllo del suo petrolio alle multinazionali americane e non accetta le minacce dell’entità sionista sulla regione vicinorientale.
Così, anche per i media addomesticati nostrani, le centrali iraniane diventano una minaccia e persino un pretesto per una guerra, mentre le centrali turche finiscono, al massimo, in un trafiletto in pagina interna.
Questa è la giustizia degli atlantici, questa è la sovranità nazionale che viene offerta, diversa per i popoli che lottano per rimanere liberi e per quelli che accettano il ruolo di coloniali. L’Italia, si sa, la sua scelta l’ha fatta: l’8 settembre 1943.
Paolo Emiliani