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  1. #31
    Il fustigatore.
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    dal Manzanarre al Reno, dall'Alpi alle Piramidi!!
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Eh ma sai Daltanius, i problemi dell'Italia sono due zoccolette che si danno un bacio saffico durante una diretta del GF

    Condivido! Ma questo genere di mentalità e di "gusto" viene pressochè imposto allo spettatore dai vari Goebbles delle emittenti televisive!
    Il popolo è assai condizionabile.
    Ahi serva Italia di dolore ostello,
    nave sanza nocchiero in gran tempesta
    non donna di provincia ma bordello!
    Dante Alighieri Divina Commedia Purgatorio canto VI° anno 1304!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  2. #32
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    L’attacco degli USA all’ENI e alla politica estera italiana



    L?attacco degli USA all?ENI e alla politica estera italiana | eurasia-rivista.org

    Ritorna all’attacco il fondo Knight Vinke sulla necessità di scorporare le attività oil e gas dell’Eni per incrementarne il valore.

    In un’inserzione a pagamento di due pagine sul Financial Times, il fondo pubblica la traduzione in italiano di una lettera spedita all’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, lo scorso 4 novembre. ”E’ nostra convinzione che la valutazione dell’Eni da parte del mercato sia fortemente penalizzata dalla struttura conglomerata del Gruppo. E che effettuando uno spin-off, basterebbe la distribuzione agli azionisti Eni delle azioni di una nuova società che racchiuderebbe l’importante e preziosa attività di downstream, per far emergere un incremento di valore stimabile in oltre 50 miliardi di euro. E da tale incremento trarrebbe vantaggio, più di ogni altro azionista, il Tesoro italiano”.

    Secondo Knight Vinke con l’attuale struttura del gruppo, Eni è ampiamente sottovalutata in Borsa rispetto ai concorrenti. Per il 2009, sottolinea il fondo, il valore in Borsa dell’Eni è 5,9 volte il cash flow contro una media dei suoi rivali pari a 7,5 volte. E in base alle stime per il 2010 l’Eni è trattata in Borsa a 5,3 volte il cash flow, contro il 6,1 che è la media del comparto.

    Quindi, ponendo la domanda a Scaroni, Knight Vinke chiede: ”Non crede che se il mercato accettasse la tesi dell’esistenza di notevoli sinergie derivanti dalla struttura singola del Gruppo, sarebbe logico attendersi che l’Eni fosse trattata con un premio – rispetto tanto al settore del petrolio quanto a quello delle utilities – invece di subire uno sconto rispetto ad entrambe?”.

    Knight Vinke propone quindi due piani per lo scorporo del gruppo. Il primo prevede la separazione dell’Eni ”in due società specializzate: una GasCo formata dalla grande e preziosa utility dell’Eni (divisione Gas e Power compresa Snam Rete Gas) e una OilCo raggruppante l’upstream e tutte le attivita’ del gruppo”. Il Tesoro italiano conserverebbe la propria quota del 30% sia nella OilCo che nella GasCo. Il piano B prevede ”l’acquisizione da parte di Srg di tutte le attività non consolidate riguardanti infrastrutture per una cifra approssimativa di 6-7 miliardi di euro in contanti. In tal modo si creerebbe una società molto più grande (Netco) dedicata esclusivamente alle infrastrutture, sia in Italia che all’estero. A questo punto l’Eni potrebbe fare lo spin-off della sua quota nella Netco offrendola ai suoi azionisti, incluso il Tesoro, deconsolidando così i 9 miliardi di Euro di debito della Srg e lasciando l’Eni con solo 2-3 miliardi di debito, invece degli attuali 18 miliardi consolidati.

    Questa, la versione degli americani.

    In realtà, sappiamo benissimo che la tendenza economica generale, quando s’intende rafforzare il valore di un gruppo, comporta la sua estensione e l’eventuale inglobamento di altre società, non il suo scorporo… Ma se qualcuno volesse capire i motivi dell’ennesimo attacco statunitense all’Eni e quindi alla politica estera ormai condotta personalmente dalla coppia Berlusconi-Scaroni, dovrebbe svolgere lo sguardo a quanto accade a Mosca.

    Il premier russo, Vladimir Putin, ha annunciato che Ankara ha confermato la sua disponibilità ad esaminare entro il 10 novembre prossimo tutto il pacchetto di documenti riguardante il progetto italo-russo per il gasdotto South Stream e a concedere entro la stessa data l’autorizzazione per la sua costruzione. Lo riferisce l’agenzia Itar-Tass. Il capo del governo russo lo ha reso noto dopo aver incontrato a Mosca il suo collega turco, Recep Tayyip Erdogan. A realizzare il South Stream sara’ una joint venture Gazprom-Eni.

    Il premier russo Vladimir Putin ha quindi proposto che Russia, Turchia e Italia firmino un accordo trilaterale definito a livello governativo per la costruzione dell’oleodotto Samsun-Ceyhan, che collegherà la costa turca del Mar Nero con quella turca del Mediterraneo. Il capo del governo russo, sempre secondo l’agenzia Itar-Tass, ha riferito che Erdogan si e’ detto d’accordo con la sua proposta. ”Presto cominceremo a studiare la questione con l’Italia”, ha aggiunto. Lo scorso 19 ottobre a Milano era già stata firmata una dichiarazione congiunta fra i tre Paesi, un protocollo d’intesa siglato dai ministri dell’energia dei tre paesi coinvolti.

    L’Italia parteciperà al progetto con l’Eni. Alla faccia del Nabucco…

    * Stefano Vernole è redattore della rivista “Eurasia”

    15 gennaio 2010
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  3. #33
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    il fondo non può fare nulla.
    poi si fa sempre in tempo con legge a tramutare quell'1% in 0,0%

  4. #34
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    Eni: l'ombra di Shell dietro pressing fondo Knight (MF)

    MF Dow Jones - Economic Indicator - Borsa Italiana

    MILANO (MF-DJ)--Da quando, nel 2004, si e' preso il merito di aver imposto un cambio di governance alla Shell con in mano appena lo 0,3% del capitale, il fondo Knight Vinke non si e' piu' fermato. E dal 2008 ha assunto ufficialmente il ruolo di spina nel fianco dell'Eni, nel quale ha investito un terzo del suo patrimonio gestito arrivando a detenere poco meno dell'1%.

    Secondo il fondo, si legge in un articolo di MF, il gruppo guidato da Paolo Scaroni, sconta una valutazione di mercato inferiore a quella di competitor come Total, Shell, BP, BG ed Exxon, a causa della sua struttura conglomerata, mentre basterebbe uno spin-off, con la distribuzione agli azionisti dei titoli di una nuova societa' "che racchiuderebbe l'importante e preziosa attivita' downstream, per far emergere un incremento di valore stimabile in oltre 50 mld".

    L'ipotesi non piace ai piani alti dell'Eni, perche' indebolirebbe proprio la struttura che ha fatto finora la forza dell'Eni nei mercati internazionali. Il gruppo finirebbe per trovarsi su un piano d'inferiorita' rispetto per esempio a Gazprom.

    Se questo e' lo stato delle cose, l'insistenza di Knight Vinke sullo spin-off del gas rende piu' vivido il sospetto, sostenuto da ambienti diplomatici, che il fondo agisca come guastatore in nome e per conto di terzi. La pista porterebbe dritta agli Stati Uniti, verso la Exxon, che da qualche tempo ha cominciato a dare segni di insofferenza nei confronti dell'Eni.

    Knight Vinke da parte sua difende il suo modus operandi, che e' sempre lo stesso dai tempi della vittoria con la Shell. Ma, intanto, si dice che il colosso Usa si celi anche dietro la sortita di Tullow Oil in Uganda.
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  5. #35
    .
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    E' il caso di dirlo: "me ne frego, non so se ben mi spiego, me ne frego, fo quel che piace a me!"

  6. #36
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    Eni: l'attesa di Knight Vinke rischia di essere vana



    di Giuseppe Oddo

    Eni: l'attesa di Knight Vinke rischia di essere vana - Il Sole 24 ORE

    Eric Knight, fondatore dell'omonima società di gestione che ha proposto al mercato lo "spezzatino" dell'Eni in due nuove entità societarie - una specializzata nel gas naturale, l'altra nell'esplorazione e produzione di idrocarburi - spera che la compagnia guidata da Paolo Scaroni si pronunci in modo ufficiale sul suo piano di scorporo. Ma l'attesa rischia di essere lunga, se non vana. Scaroni ha dichiarato in una recente intervista che qualsiasi ipotesi di scissione del trading del gas è esclusa. Questa attività consente infatti all'Eni di intrattenere relazioni privilegiate con primari paesi produttori come Russia, Algeria, Libia e Egitto, non solo acquisendo contratti di importazione di lunghissimo termine, ma anche rilevando concessioni minerarie o quote di partecipazione in giacimenti. Diverso potrebbe essere il discorso per le attività regolate, in cui l'Eni è presente attraverso Snam rete gas, che ha da poco incorporato Italgas (distriduzione) e Stogit (stoccaggio). Secondo Scaroni, in questo campo il gruppo del "cane a sei zampe" ha un approccio non dogmatico, vale a dire possibilista. Né un no né un sì, insomma, ma solo un cauto e diplomatico "parliamoci", "confrontiamoci" nell'interesse dell'azienda e degli azionisti.

    Anche perché l'ultima parola spetterebbe comunque allo Stato, cioè al governo, cioè al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che tramite il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti è l'azionista di controllo dell'Eni, con il 30 per cento. Finora il ministro non s'è espresso, né risultano presentate interrogazioni parlamentari sul caso, come succedde spesso per le vicende che riguardano l'Eni. "E se il Tesoro non è d'accordo è a mio avviso quasi impossibile che l'operazione si faccia", dice l'avvocato Dario Trevisan, il cui studio legale è il principale punto di riferimento per l'Italia dei fondi esteri che vogliono essere rappresentati alle assemblee degli azionisti.

    Per questo Eric Knight ha scelto di parlare direttamente al mercato rendendo pubblico il suo piano di scorporo dell'Eni con due inserzioni a pagamento apparse nelle scorse settimane sul Financial Times e sul Sole-24 Ore. Aggiunge Trevisan: "Ritengo che la partita si giocherà molto sul piano mediatico, a livello di opinione pubblica. Del resto, se si vuol fare, un'operazione del genere non può che essere fatta in grande stile". E' soprattutto attraverso i media che Eric Knight – padre italiano, madre olandese, studi in Gran Bretagna – dovrà cercare di attrarre a sé l'insieme degli stakeholders: non solo i soci dell'Eni, ma tutti quelli che a vario titolo possono influenzare l'attività e l'andamento dell'impresa, dal personale ai sindacati, dai fornitori alle banche e via discorrendo.

    La Knight Vinke sostiene che la convivenza in un'unica società dell'attività di trading- trasporto-distribuzione di gas e di esplorazione-produzione di idrocarburi sia all'origine della sottovalutazione dell'Eni in Borsa rispetto alle quotazioni delle principali imprese del settore. Si tratta ora di provarlo concretamente. "Solo se riusciranno a convincere che quello che dicono è vero si tireranno dietro il mercato", conclude Trevisan.

    29 gennaio 2010
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  7. #37
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    L'attuale azionariato dell'eni.
    da segnalare i 2 fondi ienchi CAPITAL RESEARCH AND MANAGEMENT COMPANY e BLACKROCK INVESTMENT MANAGEMENT (UK) LIMITED con il 4.7%
    Lo stato controlla il 30%
    Sul mercato ( e quindi rastrellabili) il 65% dellle azioni



    http://www.consob.it/main/index.html
    Ultima modifica di costantino; 31-01-10 alle 11:05

  8. #38
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    Perché bisogna impedire lo "sfascio" dell'Eni proposto da Knight Vinke



    di Marcello Colitti*

    Perché bisogna impedire lo "sfascio" dell'Eni proposto da Knight Vinke - Il Sole 24 ORE

    Continua, fra il silenzio dei politici e del Governo, l'azione di coloro che vogliono distruggere l'Eni. Mi riferisco al piano di smembramento proposto dalla Knight Vinke. Dal denaro che spendono per farsi propaganda sui giornali (italiani e stranieri) si direbbe che si aspettino una remunerazione davvero sontuosa. La cosa non sembrerebbe degna di considerazione, dato che tutti i paesi considerano la loro, o le loro, compagnie petrolifere come la luce dei loro occhi. Basta ricordare come reagì la signora Tatcher, una che di mercato se ne intendeva, alla proposta dei kuwaitiani di entrare nel capitale della British Petroleum. Non solo ai kuwaitiani fu impedito di raggiungere il 30% che sognavano di comperare, ma furono anche costretti a rivendere le azioni che avevano comperato.

    L'Italia però, si sa, è sempre diversa. Forse i promotori dello sfascio dell'Eni fanno conto sul proverbiale autolesionismo nazionale. Questi signori propongono, anzitutto, di togliere all'Eni il gas naturale: proprio quello su cui la compagnia è nata, su cui ha creato una delle infrastrutture più efficienti del mondo. Se ciò accadesse, la parte petrolifera internazionale dell'Eni, indebolita dalla mancanza del flusso di cassa del gas, non avrebbe altro da fare che cadere nell'orbita di una qualche multinazionale. Si chiuderebbe così, ignominiosamente, il tentativo dell'Italia di tutelare i propri interessi di importatore di energia.

    E il resto dell'Eni – la rete di distribuzione in Italia, la raffinazione e la petrolchimica, la ricerca scientifica, l'ingegneria – che fine farebbe? Non si sa con precisione. Ma certamente senza il gas la compagnia non sarebbe in grado di mantenere una struttura industriale complessa. Ci sono stati nella storia precedenti molto chiari. Parecchi anni fa, la più grande impresa chimica europea, la famosa Imperial Chemical Industry, cominciò un processo elegantemente chiamato di "demerger" che voleva dire la vendita della parte farmaceutica. Dopo qualche anno, dell'ICI non è rimasto neanche il nome.

    Tante buone ragioni per dire no

    L'assurdità del piano di smembramento dell'Eni proposto dalla Knight Vinke è così visibile che, se l'Italia avesse un sistema politico normale, nessuno lo prenderebbe sul serio. Ma ciò purtroppo non è. E allora bisogna dire con chiarezza che questo progetto è da respingere, in toto. Vi sono parecchie buone ragioni per farlo, riguardanti l'interesse del paese e non quello di un gruppo più o meno largo di azionisti. In primo luogo, il metano è il combustibile del prossimo futuro: lo dice la ripresa della produzione negli Usa; il ruolo che il gas ha conquistato di primario combustibile per la produzione di calore, industriale e domestico; le preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti europei e le misure proposte per rimediarvi; lo dice lo sviluppo del trasporto di gas via mare, che porta concorrenza sul mercato. Lo dice, infine, l'importanza che al gas danno le grandi multinazionali, che si vanno impegnando a costruire metanodotti internazionali. Cosa che l'Eni fa da quasi trent'anni.

    Togliere il gas naturale all'Eni vuol dire tagliare una gamba alla compagnia, toglierle un flusso di cassa rilevante, ridurne l'ampiezza operativa, la capacita' finanziaria. E con una gamba sola non si puo' che cadere. L'integrazione fra settori industriali è la struttura di base delle imprese, e le piu' grandi e potenti sono proprio quelle che operano in diversi settori, con prodotti diversi anche se complementari, come sono il gas e il petrolio. A chi andrebbe l'impresa del gas che dovrebbe nascere dalla scissione dell'Eni? A quella cosa nebulosa che si chiama mercato, cioè alla Borsa, esposto alla speculazione? O a qualche personaggio accetto ai politici che attende dietro le quinte? L'esperienza dice che quando un processo di sfasciamento comincia è difficile fermarlo ed è normalmente in grado di arrivare alla conclusione, cioè alla scomparsa dell'impresa.

    Ci si deve preoccupare dell'economia italiana, della posizione dell'Italia sul mercato internazionale e della capacita' del paese di riprendere un ritmo di sviluppo che ci permetta di uscire dalla stagnazione. Dopo l'amputazione, l'Eni non avrebbe più ragione di lavorare per il proprio paese. Diventerebbe una compagnia senza patria. Il che, nel campo petrolifero, dove gli accordi per la ricerca e la produzione sono negoziati con l'appoggio fattivo dei Governi, è privo di senso. Il lungo lavoro fatto dall'Italia per diventare un giocatore nell'economia mondiale finirebbe nel nulla. Il nostro è un paese importatore di energia. E la sicurezza degli approvvigionamenti è in tutto e per tutto basata sulla capacità di muoversi sullo scacchiere mondiale con un minimo di potere e di mezzi finanziari: capacità che oggi risiede nell'Eni e che andrebbe perduta.

    Cosa significa per l'Italia restare senza l'Eni

    Senza un Eni potente il paese non avrebbe nessuno a rappresentarlo ai tavoli su cui si negoziano gli accordi che regolano il sistema mondiale delle fonti di energia. E' più importante che gli azionisti comperino ognuno una nuova auto giapponese o un'altra villa al mare oppure che l'impresa sia in grado di sviluppare la propria azione nel campo delle fonti di energia? Una grande impresa è uno strumento che produce occupazione e ricerca, crea nuove tecnologie, sviluppa attività a livello mondiale, perché ha la forza di sedere a quei tavoli dove ogni tanto si definiscono le spartizioni delle risorse naturali. L'Eni è l'unica azienda italiana importante in un settore che non è esagerato definire strategico. Ed è interesse precipuo del paese proteggerla e farla sviluppare. La sua crescita negli anni ha realizzato il sogno degli italiani della mia generazione di costruire una grande impresa petrolifera, adesso minacciata dalle cupidigie di tanti che non l'avrebbero mai saputa costruire.

    Quello che io considero lo sfascio dell'azienda avrebbe effetti micidiali su tutta l'economia nazionale. Il complesso di imprese che si è formato per servire l'Eni di beni e servizi industriali, in particolare per l'area mineraria, perderebbe il suo principale cliente, con risultati facili da prevedere. Inoltre, dividere un'impresa grande in piccole e medie significa – lo dice l'esperienza – perdere almeno il 30% della forza lavoro. Le nuove imprese partono snelle e senza carichi eccessivi. Un Eni con una gamba sola non avrebbe più la possibilità di mantenere il livello attuale di ricerca scientifico-industriale, facendo perdere al paese uno strumento importante per tenere almeno una posizione di parità con gli altri campioni della tecnologia mondiale. S'aprirebbe un'emorragia di lavoratori qualificati.

    Questo sfascio sarebbe giustificato con un maggior numero di imprese presenti in Borsa e una promessa di maggiori dividendi. Ma quando mai imprese più piccole hanno dato dividendi maggiori e più stabili di quelle grandi? Non è proprio nelle grandi dimensioni e nella multisettorialità dell'impresa la migliore garanzia di successo e di dividendi adeguati e costanti? Sembra, questo, un modo per nascondere ben altro, e cioè il fatto che le società che propongono questo genere di operazioni fanno un sacco di soldi preparando le nuove entità ad entrare in Borsa a tutto vantaggio della miriade di consulenti, operatori finanziari, garanti che fluttuano intorno a questi piani di smembramento.

    * Colitti, oggi in pensione, ha lavorato nel gruppo Eni fin dai tempi di Enrico Mattei, ricoprendo tra l'altro la carica di presidente di Enichem e di Ecofuel

    29 gennaio 2010
    Ultima modifica di Bèrghem; 01-02-10 alle 23:29
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  9. #39
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni

    Nella mia sfera di cristallo vedo il futuro di questo forum...
    Dunque dunque... Si! A breve arriverà paulhowe a sparare qualche minchiata tipo "gli usa possono comprare l'eni , gazprom e tutta l'arabia saudita con gli spiccioli che obama ha in tasca per il caffè"
    Disse il Supremo : "Sono di estrema destra A MODO MIO" ....

  10. #40
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    Predefinito Rif: Manovre angloamericane contro l’Eni





    Il Sole 24 Ore - 17 febbraio 2011
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

 

 
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