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    Predefinito Ecco l'uomo al quale l'Italia nego' il visto:ora sappiamo il perche'!

    "Mi chiamavano: Uomo uncino". Ad Abu Ghraib, Ali Shalal veniva chiamato in gergo sprezzante Clawman, uomo uncino, per una tremenda ferita alla mano. "Prima di essere arrestato avevo subito un'operazione chirurgica alla mano. Ma quando sono entrato in prigione, gli americani hanno usato questa ferita come strumento di pressione. Mi dicevano: Se collabori ti possiamo aiutare a far diventare la mano come prima con un intervento chirurgico". Invece "con gli stivali calpestavano continuamente la mia mano ferita".

    Ali si è rifugiato ad Amman, in Giordania, e ha fondato l'Associazione delle vittime delle prigioni americane. E' stato intervistato mentre seguiva un corso per Non violent action for Iraq tenuto da alcune Ong europee.

    Violenze sessuali in carcere. Ai microfoni di Sigfrido Ranucci inviato di Rai News24, Ali Shalal dice di aver assistito personalmente ad abusi sessuali su uomini e donne: "Una soldatessa ha interrogato un religioso e gli ha chiesto di fare sesso con lei. Lui si è opposto; allora la donna è tornata, indossava un fallo finto e lo ha violentato. Abbiamo pure sentito delle donne portate in prigione che venivano violentate, che strillavano e chiedevano il nostro aiuto ma l'unica cosa che potevamo fare è gridare: Dio è grande e vincerà".

    Era atteso in Italia Al Kaisi: sarebbe dovuto venire a Roma per raccontare la sua storia ma gli è stato negato il visto.

    (22 febbraio 2006)

  2. #2
    Saloth Sâr
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    Il modello di tortura israeliano
    Stupri, feci e cappucci di stoffa intrisi d'urina
    Wayne Madsen





    Mentre si vanno intensificando le prove che un gruppo non meglio identificato di ex membri della Israeli Defense Force e del General Security Service (Shin Bet) di lingua araba sono stati assoldati dal Pentagono per interrogare i prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib a Baghdad, è sufficiente esaminare la storia degli abusi subiti dai prigionieri palestinesi e libanesi in Israele per capire cosa intendesse dire il segretario della Difesa Donald Rumsfeld, quando, riferendosi a nuove foto e video ancora da diffondere, ha detto "se queste immagini venissero rese pubbliche, le cose non potrebbero che peggiorare".

    Secondo un membro dell'amministrazione Bush e fonti dell'intelligence statunitense, gli addetti agli interrogatori ad Abu Ghraib comprendevano un certo numero di israeliani di lingua araba che avrebbero anche aiutato le loro controparti statunitensi a elaborare le tecniche "R2I" (Resistenza all'Interrogatorio). Molti dei metodi di tortura sono stati sviluppati dagli israeliani nell'arco di diversi anni, interrogando i prigionieri arabi in Cisgiordania e nella stessa Israele.

    é possibile trovare indizi sulle foto e i video delle torture nei documenti israeliani che si riferiscono ad abusi simili, perpetrati ai danni dei palestinesi e di altri prigionieri arabi. Nel marzo del 2000, l'avvocato di un prigioniero libanese rapito nel 1994 dagli Israeliani in Libano ha affermato che il suo cliente aveva subito torture, incluso lo stupro. Il risarcimento offerto da Rumsfeld nella sua testimonianza si ispira ai casi di tortura di arabi da parte degli israeliani. Nel caso dell'uomo libanese, che ha detto di essere stato violentato dai suoi carcerieri, l'avvocato ha chiesto un risarcimento di 1,47 miliardi di dollari. Il Comitato pubblico contro le torture israeliano ha documentato i vari tipi di tortura inflitti ai prigionieri arabi. Molte delle tattiche coincidono con quelle contenute nel rapporto Taguba: i prigionieri venivano percossi e ammanettati per lunghi periodi di tempo alla mobilia. In un articolo pubblicato nel dicembre 1998 su The Progressive, il rabbino Lynn Bottlieb ha raccontato il trattamento riservato un palestinese ventitreenne in "detenzione amministrativa". Il prigioniero era stato "ammanettato dietro una sedia 17 ore al giorno per 120 giorni... aveva la testa coperta da un sacco, che veniva spesso immerso nell'urina o nelle feci. Le guardie gli suonavano musica ad alto volume vicino alle orecchie e lo tormentavano frequentemente con minacce di stupro o di morte". Se le altre foto e video mostreranno questo tipo di pratiche, l'amministrazione Bush e il popolo americano, effettivamente, "non avranno ancora visto niente".

    Sebbene non vi siano ancora prove concrete che i 'privati' nominati nel rapporto del generale Antonio Taguba fossero associati con l'esercito o i servizi segreti israeliani, val la pena notare che probabilmente uno di essi, John Israel, che stando al rapporto lavorava sia per la CACI International di Arlington, Virginia, sia per la Titan, Inc. di San Diego, California, non era un cittadino statunitense. Il rapporto Taguba dice che Israel non aveva l'autorizzazione dei servizi segreti, un requisito per lavorare come interrogatore per la CACI. Secondo il sito della CACI, per interrogare i prigionieri in Iraq è necessario "un permesso top secret (TS) e la cittadinanza americana". Inoltre, la CACI richiede che i suoi aspiranti interrogatori abbiano "almeno due anni di esperienza nella polizia militare o in altre agenzie delle forze dell'ordine o di intelligenze, durante i quali il candidato abbia utilizzato tecniche di interrogatorio".

    La possibilità che "John Israel" sia un nome di copertura ha alimentato le speculazioni di chi ritiene che questo individuo potesse essere uno dei tanti interrogatori israeliani assunti con un contratto top secret. Poiché per ottenere l'autorizzazione dei servizi segreti bisogna poter dimostrare di avere la cittadinanza americana, ai cittadini israeliani non potrebbero ottenere tale autorizzazione. Tuttavia, chi avesse la doppia cittadinanza statunitense e israeliana potrebbe tranquillamente soddisfare il requisito del Pentagono che esige che un interrogatore sia autorizzato dai servizi segreti. Nonostante il rapporto Taguba dica per ben due volte che Israel è un impiegato di Titan, la società afferma che è uno dei loro subappaltatori. CACI ha affermato che gli uomini nominati nel rapporto "non sono e non sono mai stati impiegati della CACI", senza fornire ulteriori dettagli. Una fonte dei servizi segreti americani ha rivelato che nel mondo dei subappalti "ritagliati" dai servizi di intelligence, questa confusione è molto comune, poiché la principale preoccupazione è poter "smentire in modo plausibile".
    Effettivamente il rapporto Taguba fa riferimento alla presenza di interrogatori non statunitensi e non iracheni nel carcere di Abu Ghraib. Il rapporto dice: "In generale, è evidente che le guardie private statunitensi (Titan Corporation, CACI, ecc.), i cittadini di paesi terzi e il personale locale operante nel carcere di Abu Ghraib non fosse adeguatamente supervisionato".

    Il Pentagono è chiaramente preoccupato dalla pubblicazione del rapporto Taguba e dal fatto che faccia riferimento alla CACI, a Titan e a cittadini di paesi terzi, perché questo potrebbe danneggiare per sempre le relazioni degli Usa con le nazioni arabe e islamiche. L'angoscia del Pentagono potrebbe spiegare perché il rapporto è classificato come "Segreto: da non diffondersi all'estero".

    La fuga del rapporto Taguba è stato così radioattivo che Daniel R. Dunn, il funzionario per la garanzia delle informazioni dell'ufficio di Douglas Feith, sottosegretario della Difesa per la politica, in data 6 maggio ha inviato ai suoi colleghi del Pentagono un'email urgente e destinata solo ad uso ufficiale, che diceva: "L'INFORMAZIONE CONTENUTA IN QUESTO RAPPORTO é TOP SECRET; NON LEGGERE A FOX NEWS E NON COPIARE". Considerati gli stretti legami di Feith con gli Israeliani, una tale reazione da parte del suo principale responsabile dell'informatica, un professionista certificato di sicurezza dei sistemi informatici (Cissp), è comprensibile ma anche deplorevole, soprattutto considerando il fatto i Cissp dovrebbero lavorare per il bene della collettività,
    Il riferimento a "cittadini di paesi terzi" in un rapporto che limita la sua disseminazione ai membri della coalizione (Gran Bretagna, Polonia, Italia, ecc.) è un'altra indicazione del possibile coinvolgimento degli israeliani negli interrogatori dei prigionieri iracheni. Sapere che gli Usa avrebbero potuto appoggiarsi agli israeliani avrebbe creato gravi spaccature nella già tenue "coalizione dei volenterosi" dell'amministrazione Bush. Le scoperte del generale Taguba sono state inviate al Coalition Forces Land Componet Command (Comando del reparto di terra delle forze di coalizione, Ndt) il 9 marzo, solo sei giorni prima delle elezioni politiche spagnole, vinte dal partito dell'opposizione socialista contrario alla guerra. Gli spagnoli hanno finito per ritirare le loro truppe dall'Iraq.

    Nel corso della sua deposizione davanti al Senate Armed Service Committee, Rumsfeld è stato messo sotto pressione dal senatore John McCain, perché chiarisse il ruolo delle guardie private negli interrogatori e nelle torture. McCain ha posto a Rumsfeld quattro domande pertinenti: "... Chi comandava? Quale agenzia o appaltatore privato era responsabile degli interrogatori? Avevano autorità sulle guardie? E quali istruzioni hanno dato alle guardie?"

    Quando Rumsfeld si è trovato in difficoltà nel rispondere a queste domande, il generale Lance Smith, vice comandante del Comando centrale statunitense, ha detto che ad Abu Ghraib c'erano 37 'privati' addetti agli interrogatori. Le due imprese appaltatrici menzionate, CACI e Titan, hanno legami molto stretti con i militari e con la comunità tecnologica di Israele. Lo scorso 14 gennaio, dopo che il capo della polizia militare dell'esercito, il generale Donald Ryder, ha svelato le torture di Abu Ghraib, il presidente e amministratore delegato della CACI, il dr. J.P. (Jack) London ha ricevuto l'Albert Einstein Technology Award del Jerusalem Fund of Aish HaTorah nel Jerusalem City Hall, alla presenza del ministro della Difesa israeliano nonché membro del Likud Shaul Mofaz e del sindaco di Gerusalemme Uri Lupolianksi, membro del partito ultra-ortodosso United Torah Judaism. Stranamente, la CACI ha aspettato fino al 2 febbraio per annunciare pubblicamente il premio in un comunicato stampa. La CACI ha anche ricevuto finanziamenti a fondo perduto da fondazioni americano-israeliane.
    Anche la Titan ha stretti rapporti con interessi israeliani. Dopo la sua breve esperienza come direttore della CIA, James Woosley è stato direttore di Titan. Woosley è uno degli architetti della politica statunitense in Iraq e uno dei principali sostenitori e faccendieri di Ahmed Chalabi dell'Iraqi National Congress. Consigliere dei think tank neoconservatori Foundation for the Defense of Democracy, Jewish Institute of National Security Affairs, Project for the New American Century, Center for Security Policy, Freedom House e Committee for the Liberatino of Iraq, Woosley è vicino a Stephen Cambone, il sottosegretario della Difesa per l'intelligence, una persona chiave nella catena di comando che non solo avrebbe saputo delle tattiche di tortura impiegate in Iraq dagli interrogatori statunitensi e israeliani, ma che le avrebbe anche approvate. Anche Cambone era associato al Project for the New American Century ed è considerato uno dei membri della "cabala" neoconservatrice di Rumsfeld a Washington.
    Un'altra persona che secondo gli insider del Pentagono sarebbe stato a conoscenza del trattamento riservato ai prigionieri iracheni è il colonnello Steven Bucci, Berretto verde e assistente militare di Rumsfeld e il principale addetto al controllo del traffico di informazioni destinate al segretario della Difesa. Secondo gli insider del Pentagono, Bucci era coinvolto nella direzione di un'unità speciale di operazioni clandestine composta da ex addetti alle operazioni speciali che rispondevano direttamente al Pentagono anziché alla Divisione attività speciali della CIA, il gruppo paramilitare dei servizi segreti statunitensi. Il gruppo del Pentagono includeva linguisti arabi, ex membri dei Berretti verdi e dalla Delta Force che avevano preso parte ad operazioni clandestine in Iraq, Afghanistan, Iran, Pakistan e Uzbekistan. Titan ricorreva anche a linguisti esperti di altri idiomi (arabo, dari, farsi, pashto, urdu e tajik) degli stessi paesi. Non si sa se esistesse un legame tra l'unità speciale facente capo a Rumsfeld e i linguisti della Titan addetti alle operazioni clandestine.
    Un altro impiegato della Titan nominato nel rapporto Taguba è Adel L. Nakhla. Nakhla è un nome molte comune nella comunità cristiana copta egiziana; non è chiaro, però, se Adel Nakhla sia un egiziano-americano o un cittadino egiziano. Un impiegato della CACI identificato nel rapporto, Steven Stephanowicz, viene menzionato parecchie volte come "Stefanowicz" in un certo numero di articoli sugli abusi nelle prigioni. Stefanowicz è l'ortografia impiegata da Joe Ryan, un altro impiegato della CACI assegnato con Stefanowicz ad Abu Ghraib. Ryan è un personaggio radiofonico di KSTP, una stazione radio conservatrice di Minneapolis, che raccontava le sue attività in Iraq su un weblog sul sito della radio, prima che venisse rimosso. Ryan ha detto che Stefanowicz (o Stephanowicz) ha tenuto il suo lavoro di interrogatore in Iraq anche dopo che il generale Taguba ha raccomandato che venisse privato dell'autorizzazione e rimosso dall'incarico per gli abusi ad Abu Ghraib.

    Con un colpo di scena ancora più bizzarro, il Philadelphia Daily News ha identificato un ex specialista di pubbliche relazioni del governo di South Australia ad Adelaide di nome Steve Stefanowicz che potrebbe essere la stessa persona menzionata dal rapporto Taguba. Nel 2000 Stefanowicz, cresciuto nell'area di Philadelphia e Allentown, è partito per l'Australia. Il 16 settembre 2001, il Sunday Mail di Adelaide ha riportato la seguente affermazione di Stefanowicz a proposito degli attentati dell'11 settembre: "E' una delle cose più incredibili e devastanti che abbia mai visto. Sono costantemente in contatto con la mia famiglia e i miei amici negli Stati Uniti; l'atmosfera è molto sobria e solenne. Ma a poco a poco si sta trasformando in rabbia". Stefanowicz è tornato negli Stati uniti e si è arruolato nell'esercito come soldato di complemento. La madre ha detto al Allentown Morning Call nell'aprile 2002 che Stefanowicz era stato inviato da qualche parte in Medio oriente, ma non sapeva esattamente dove perché il figlio gliel'aveva tenuto nascosto per "motivi di sicurezza". La madre ha detto al Philadelphia Daily News che suo figlio si trova in Iraq ma non sapeva nulla del suo status attuale.

  3. #3
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