lunedì, 20 febbraio 2006
Derechos de permanencia
Pubblico qui un resoconto scritto di getto, da parte della rappresentante del Campo Antimperialista al Campo Bolivariano in Venezuela.
So che a qualcuno potrà apparire un discorso un po' passionale e latinoamericano, ma ci sono ottimi motivi per cui lo sia.
Barinas, Venezuela
2 febbraio 2006
Festa per la Consegna dei "Derechos de pemanencia".
Il titolo di proprietà della terra, chiamato giuridicamente "diritto di permanenza", è stato consegnato oggi giovedì 2 febbraio duemilasei, a tantissime cooperative di contadini, passando dalla mano dello Stato di Chavez alle mani sudate e stanche di persone che per troppo tempo hanno tenuto questo sogno nascosto in un polveroso cassetto di speranza.
Io ero presente come delegata del Campo Antimperialista ed ho visto le lacrime dei "campesinos" trasformarsi finalmente in lacrime di gioia, pronte a far risplendere i loro volti come scintille nella banalità del mondo: erano talmente coinvolgenti che anche scrivere parole su un foglio bianco di carta non può avere un senso: perché le emozioni non si possono trasmettere con lettere combinate come in una fantasia molecolare, perché le emozioni si vivono un istante e poi restano dentro come un pilastro difficile da costruire ancora una volta con gli stessi frammenti di passione. La passione, descrivibile oggi in ogni sua forma, come poche volte nella vita si può fare, è quella sensazione che ti coinvolge e ti rende perfetto, pieno di buoni auspici e di intenzioni cordiali, la stessa che ti prende e ti scaglia contro le banalità del mondo e che da sempre alimenta l'anima della Rivoluzione: perché le due cose sono nate l'una con l'altra.
Non esiste Rivoluzione senza passione.
L'INTI (Istituto Nacional de Tierras), con i suoi rappresentanti ha chiamato sotto al palco una ad una le cooperative per consegnare loro il "foglio" che gli darà il diritto di coltivare quella terra in cui sono nati, quella terra a lungo tenuta improduttiva dei grandi proprietari terrieri e che lo Stato con Presidente Chavez ha ripreso nelle sue mani con la politica di abolizione del Latifondo. Le parole di ogni rappresentante echeggiano sotto il cielo grigio di una giornata qualunque fino a scorgere di nuovo un raggio di sole sincero, allegro come la musica che accompagna la festa.
"Qui stiamo rivendicando ciò che per molti anni ci è stato negato, si sta rivendicando la lotta del movimento contadino" grida Ramon Virigay, membro della cooperativa Los Angeles che è la cooperativa referente a livello nazionale del movimento. "Qualcuno non vuole che il movimento avanzi, perché stiamo toccando interessi di comuni e sindaci corrotti, di giunte circoscrizionali che non stanno dalla nostra parte e che non vogliono lavorare con noi; però il movimento contadino deve continuare a lavorare per questa finalità perché è vitale: è nostro dovere stare vicini e lottare con Chavez. Il progetto politico che c'è in Venezuela deve iniziare da noi e con noi, i contadini, perché a volte non siamo capaci di autostimarci; con il nostro lavoro abbiamo fatto vivere bene tutti coloro che ci hanno sfruttato, coloro che hanno mangiato alle nostre spalle e che da sempre ci hanno umiliati."
Le parole di Ramon, rimbombano come un tuono di buone intenzioni fra i mille volti di persone finalmente in possesso non solo di un foglio di carta, ma di una personalità e di una dignità che già avrebbero dovuto far parte dell'immenso bagaglio storico di questi popoli, e stimolano Edur Machado, il funzionario responsabile della consegna dei titoli di "proprietà" della terra, che continua ad incalzare i sentimenti dicendo:
"Noi siamo qui a rivendicare la lotta contadina, che per molti anni è rimasta in letargo per colpa della politica consenziente con i latifondisti. Oggi grazie al Governo Chavez stiamo consegnando titoli di permanenza agli occupanti precari che non avevano nessun diritto sulla loro terra, non avevano accesso al credito ed ai finanziamenti, perché non avevano nessun documento che dava loro dei diritti: oggi stiamo rivendicando questa lotta, fatta nel piano nazionale del governo con la lotta al latifondo".
Nella varietà dei colori dei manifesti appesi fra gli alberi e vicini al palco, si vedono i nomi delle delegazioni presenti: Los Guajiros, "Puro Amor" de San Rafeal de Canagua,Taguaripe, Comunidad Organizada la Pradera, Asociación cooperativa Fénix, Tacamajaca, El Renacer, ed infine il Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora, invitato sul palco con i rappresentanti della delegazione internazionale fra cui io e Pablo del Movimento dei lavoratori disoccupati dell'Argentina. Veniamo accolti con un lungo applauso, con sorrisi veri e osannati per aver avuto la costanza di arrivare fino là, così distanti dalle nostre realtà quotidiane, per condividere quella giornata di festa che vede un unico obiettivo comune, trasversale geograficamente: dall'Europa all'America Latina.
Guardando la folla dall'alto non posso non pensare a quanto possiamo dare a questo processo rivoluzionario, quanto possiamo fare, con un piccolo sforzo autentico e sincero, per lanciare ogni dove il messaggio della povertà che si ribella, che non ce la fa più, che vuole conquistare ancora la coscienza di tutti con la parola d'ordine: umanità giusta.
Mi sono tornate in mente le manifestazioni fatte negli anni novanta in Peru, dove mi trovavo per motivi familiari, ed ho scorto una differenza sostanziale: le parole d'ordine sono cambiate, questa volta non si tratta soltanto di distruggere qualcosa, ma di COSTRUIRE INSIEME.
Costruire un nuovo mondo che abbia fondamenta tanto solide quanto grandi, una società che finalmente sia giusta, ma che ha bisogno allo stesso tempo di essere curata e di essere seguita in ogni suo passo per non rischiare di trovare incidenti di percorso dettati da quel potere occulto, che entra come una spina di maledizioni in ogni angolo di Paradiso e in ogni modo.
E' anche nostro dovere partecipare ad un processo che sta concretizzando tutto ciò per cui abbiamo speso energie e sudore, è nostro dovere essere presenti e rispondere all'appello che Chavez ha lanciato a tutti coloro che lottano contro il potere subdolo di un imperialismo che degli esseri umani sa fare solo carneficina e che vuole conquistare questo mondo che tanto ci è caro. Non avrei mai creduto di poter vedere tutto questo, adesso, proprio quando sul nostro piccolissimo pianeta si scatenano processi di condanna a coloro che della libertà vogliono farne il vessillo da sfoggiare come arma migliore del genere umano; non avrei mai creduto di avere davanti agli occhi tanto amore e tanta voglia di costruire l'alternativa vera, a cui tutti aspiriamo.
Prima di sbarcare all'aeroporto di Caracas ero scettica, come tanti altri, non avevo idea di ciò che realmente stesse accadendo in questo paese dalle mille risorse, non volevo aprire gli occhi perché continuavo a sottovalutare il lavoro di queste folle di "rivoluzionari", e non ero preparata a questo susseguirsi di emozioni e impulsi reali. Nei giorni trascorsi alle riunioni organizzative dei gruppi che hanno partecipato al campo bolivariano nel barrio 23 enero di Caracas, non si respirava la stessa aria, questa aria nuova, fatta di poche parole e di fatti concreti, questa aria così pulita e giovane, piena di buoni odori e sapori impossibili da trasmettere a chi leggerà queste righe scritte come un reporter di circostanza.
Adesso dentro di me ci sono miliardi di parole confuse scagliate a caso contro una tastiera di un personal computer, ma ben ordinate restano impresse nella mia mente le parole di una donna, Augustina Gucurù Zambrano che è stata una beneficiaria del titolo di permaneza: "Ora mi sento più sicura, perché se non mi tormenteranno più i terratenenti, posso lavorare tranquilla, come ho sperato per anni. Come posso dire di non essere felice? Chavez è l'unico presidente che ha ridato un volto al popolo venezuelano".
Vorrei da qua, lanciare un appello a tutti coloro che ancora non hanno capito cosa sia la lotta contadina, vorrei dire loro che dalla terra parte l'intera umanità e che la parola più giusta da usare è "MADRE TERRA".
Quella "madre terra" riportata non a caso nei poemi, descritta da San Francesco nel Cantico delle Creature, nel Corano così come negli occhi dei monaci buddisti, descritta così bene ed adorata dai riti animisti e vodoo dell'Africa Equatoriale: quella madre che unisce veramente tutti i figli, senza distinzioni di pelle, di fisionomie.
Le emozioni sono difficili da trattenere, perché anche queste fanno parte della storia, sono la mina scatenante dei conflitti e della lotta per la giustizia, l'uguaglianza e la libertà. Libertà di "essere umani", di poter vivere la vita per gli altri e con gli altri, per arrivare a scrivere su un murales la parola dignità e renderla propria, come nella migliore delle favole con un finale che può solo rendere verità i sogni della gente.
Anika Cordova y Pablo