da: http://www.corriere.it
La battaglia della vedova Tito
L'ex First Lady jugoslava vive in una casa fatiscente
DAL NOSTRO INVIATO
BELGRADO - Da pochi giorni il riscaldamento ha ripreso finalmente a
funzionare in un piccolo appartamento statale di Dedinje, al 65 di
Bulevar Mira, zona residenziale di Belgrado. E un gruppo di operai
sta studiando come bloccare le infiltrazioni di umiditŕ e di pioggia
dal tetto. Č una notizia, perché sotto quel tetto malconcio vive
la Ťprima vedovať di Jugoslavia: Jovanka Broz, 81 anni, per 28 moglie
di Tito. L'ultima.
ŤMa non era morta tanto tempo fa?ť hanno chiesto, sorpresi,
funzionari di governo trenta-quarantenni ai giornalisti che
chiedevano spiegazioni sull'infelice declino della ŤSignora Titoť.
No, l'ottantenne Jovanka, considerata un tempo una delle tre donne
piů belle nella storia dell'umanitŕ, dopo Nefertiti e Marilyn Monroe,
non č morta. E' sopravvissuta, senza clamori e senza denaro,
all'insofferenza dei successori del marito che poco dopo la morte del
presidente, il 4 maggio 1980, l'hanno relegata in una cadente casa di
proprietŕ pubblica, attrezzata con il minimo indispensabile. Come una
qualunque pensionata senza diritti. Proprio lei, che per oltre un
quarto di secolo si era occupata, senza risparmio di energie e di
soldi, delle quaranta residenze del consorte sparse per la
Jugoslavia. Proprio lei che, appena ventottenne, aveva accettato di
sposare l'uomo piů potente del Paese, giunto al suo sessantesimo
compleanno e al suo terzo o quarto matrimonio.
Un'altra, al suo posto, avrebbe finito per regolare i conti, in banca
e in piazza, vendendo a caro prezzo dettagliate memorie. Ma Jovanka,
come sanno bene i giornalisti e gli editori locali, č una vedova di
ferro: non parla, non apre la porta e nemmeno la posta. Di giorno
pulisce la casa, stira e si cucina il pranzo. Č protetta da tre
guardie del corpo che, a turno, vanno a farle la spesa e vegliano
sulle sue serate solitarie e, per anni, anche piuttosto gelide.
Riceve soltanto la sorella e un paio di nipoti.
ŤAll'inizio la signora Broz temeva di mettere in pericolo la sua
vita, se avesse svelato segreti e retroscena dei suoi anni con Tito -
considera Toma Fila, il suo avvocato -. Ma adesso tutto ciň che vuole
č ritrovare i suoi ricordi, le foto, le lettere, i cimeli del
maritoť. Non č un semplice desiderio né un desiderio semplice: da
oltre vent'anni, a differenza dei due figli che Tito ha avuto da
nozze precedenti, Jovanka si batte senza tregua nei tribunali per
quelli che considera beni personali. A complicare la vertenza c'č una
legge, varata poco dopo i funerali solenni del consorte, in base alla
quale tutto quanto appartenuto a Tito spetta allo Stato: la Ťlegge
Jovankať, come la definisce il suo legale.
Di piů, furono stilati quattro inventari delle proprietŕ del defunto
presidente e il quarto elenco comprendeva il 90 per cento degli
oggetti, anche di uso comune, passati per le storiche mani, destinati
alla nazionalizzazione ma poi scomparsi. A moglie e figli toccavano
un po' di abiti e alcuni fucili da caccia. Jovanka, del resto, non
godeva piů delle simpatie dello staff del marito giŕ tre anni prima
che lui morisse, quando il vecchio presidente era stato di fatto
esautorato dei suoi poteri. La volitiva consorte era stata confinata
agli arresti domiciliari, lontana da lui, con l'accusa di complottare
contro il governo.
Riapparve in pubblico ai funerali di Tito, per evitare interrogativi
imbarazzanti tra i cento capi di Stato invitati alla cerimonia. Ma il
giorno dopo aveva perso di nuovo tutte le prerogative che il marito
aveva invano cercato di conservarle nelle sue ultime, non scritte,
volontŕ. I palazzi in cui aveva vissuto, con tutti gli arredi, le
scuderie, i preziosi doni ricevuti durante i viaggi ufficiali e da
ospiti di rango, scomparvero per sempre dai suoi orizzonti. Era
finita, ma Jovanka non si č mai arresa, anche se il patrimonio
personale di Tito ha un valore piů storico che finanziario, e la
popolaritŕ dell'ex capo partigiano era in declino giŕ negli
anni '80: ŤDevono restituirmi almeno i vestiti, i telegrammi di
condoglianze per la sua morte, le sue lettere, le nostre foto -
reclamava lei all'avvocato, che č riuscito a farle assegnare almeno
una pensione -, si sono presi anche i beni provenienti dalla mia
famigliať. Una causa persa, se l'oblio calato su Jovanka non l'avesse
spinta quasi all'indigenza. La pratica č arrivata sul tavolo del
ministro dei diritti umani e delle minoranze, Rasim Ljajic: ŤLa sua
situazione era una vergogna nazionale - ha riconosciuto Ljajic -, la
signora Broz viveva in condizioni catastrofiche e bisognava correre
ai ripariť. Il tetto sarŕ sistemato, i termosifoni ora funzionano, ma
di ereditŕ non si parla.
Elisabetta Rosaspina