ROMA - Le parole di Gheddafi non devono impressionare più di tanto, perché è chiaro che si tratta più di un'arringa comiziale ai suoi fedelissimi più che di una responsabile presa di posizione in campo internazionale. È questo il succo di una nota diffusa dal vicepremier e ministro degli esteri Gianfranco Fini all'indomani delle minacce che il leader libico ha rivolto all'Italia. «I libici vi odiano» ha tuonato il Colonnello non escludendo altri assalti, dopo quello al consolato di Bengasi, se non arriveranno i risarcimenti per il periodo coloniale. Parole seguite da un latro botat e risposta a distanza tra lo stesso Gheddafi e Calderoli.CALDEROLI CHIEDE SCUSE UFFICIALI- L'aver messo in relazione, da parte di Gheddafi, i tragici fatti di due settimane fa non con le vignette anti-Islam ma con il colonialismo spinge anche l'ex ministro ad intervenire: «Mi hanno dato del pazzo, mi hanno dato del buffone, mi hanno dato dell'irresponsabile, mi hanno minacciato di morte - osserva il leghista - hanno messo sulla mia testa una taglia superiore ai dieci milioni di dollari e la magistratura mi ha inquisito. Ho subito tutto questo in silenzio». Da qui la richiesta: «Mi attendo scuse ufficiali da chi ha mentito» e strumentalizzato tutta quanta la vicenda.
GHEDDAFI: MINISTRO FASCISTA - Gheddafi però sembra tutt'altro che intenzionato a porgere l'altra guancia. Nel discorso pronunciato ieri a Sirte , di cui oggi si conoscono dettagli inediti, Gheddafi ha puntato il dito contro «un ministro italiano fascista che ha usato un linguaggio razzista, da crociato, colonialista e retrogrado», ministro che «il governo (italiano) detesta e ripudia» e che «è stato costretto a dimettersi», nel quale è riconoscibile - sia pur mai nominato - lo stesso Calderoli.
CONTENZIOSI COLONIALI - Sul mancato indennizzo per i danni coloniali, Fini assicura che i contenziosi tra Italia e Libia verranno risolti. «Quanto ai rapporti italo-libici, la posizione dell' Italia rimane quella enunciata in Parlamento e chiaramente indicata nella Dichiarazione approvata dal Consiglio dei Ministri del 23 febbraio, nella quale veniva testualmente data priorità assoluta alla duplice esigenza di chiudere definitivamente il capitolo storico del passato coloniale, anche con misure altamente significative, oltre a quelle già eseguite o in corso di esecuzione, da concordare con la parte libica, che diano il segno dell'amicizia tra i due popoli, rinnovando nel contempo l' invito alle Autorità libiche a dare seguito completo agli impegni sottoscritti, in particolare ai fini della concessione senza discriminazioni dei visti ai profughi italiani. E di continuare a ricercare con la parte libica una soluzione accettabile del contenzioso economico sui crediti che vantano le aziende italiane, rappresentando nel contempo la necessità che si ponga termine alle limitazioni tuttora vigenti sul piano normativo e pratico in Libia a danno delle aziende italiane», ha aggiunto Fini. «Su questa strada il governo intende proseguire, ma è di tutta evidenza che l' impegno deve essere reciproco e che nessun aiuto viene in questa direzione dalle ultime parole del Colonnello Gheddafi», ha quindi concluso il ministro.
CDL COMPATTA - Nella maggioranza anche Pier Ferdinando Casini stigmatizza le ultime prese di posizione del Colonnello: «Naturalmente, non vogliamo alimentare polemiche - spiega il presidente della Camera - ma non pensiamo neanche che Gheddafi voglia essere candidato alle elezioni italiane. Non c'è bisogno che interferisca nella campagna elettorale italiana, anche perché ho il dubbio che non tifi per noi». Laconica la considerazione del ministro Castelli: «Quel che ha detto Gheddafi rende giustizia a Calderoli». Sul fronte opposto, è Massimo D'Alema a illustrare la versione dei Ds: «Non si può accettare il linguaggio della minaccia».