Il vicepresidente Dick Cheney alla conferenza dell'AIPAC del 6 marzo,
ha minacciato l’Iran di «significative conseguenze» se non abbandona i suoi programmi nucleari
l’AIPAC è già in guerra [...] I delegati sono stati incitati a «dirigersi sul Campidoglio» (cioè ad avvicinare i parlamentari) per «il più intenso sforzo di lobbying dell'anno» per un altro fine.
l bersaglio di questo sforzo, spiega la JTA, sono due progetti di legge («Palestinian Anti-Terrorism Act»), uno della Camera e uno del Senato: benchè questi «coincidano nello scopo, di isolare l'Autorità Palestinese governata da Hamas», differiscono su alcuni punti-chiave su cui la lobby ha richiamato l'attenzione dei suoi uomini.
Il testo del Senato sarebbe più «morbido», in quanto «lascia al presidente (Bush) un margine di discrezionalità sugli aiuti economici ai palestinesi»; l'AIPAC invece «favorisce chiaramente il testo della Camera bassa, assai più duro», perché - se passa - lega le mani al presidente dettandogli passo passo come trattare l'Autorità Palestinese.
Il testo del Senato, spiega la JTA, «riflette una volontà che sta emergendo nella Casa Bianca, di isolare sì Hamas», continuando a consegnare i fondi e gli aiuti al «presidente dell'Autorità Palestinese Mahamoud Abbas, relativamente moderato. Abbas rimane nominalmente in carica come presidente della Autorità Palestinese, e sta lottando contro Hamas per mantenere la sua autorità. Egli mantiene anche il controllo dell'OLP, l'organizzazione che rappresenta i palestinesi nel mondo», ed ha sedi diplomatiche all'estero.
Soprattutto a Washington e all'ONU.
«Il testo del Senato consente al presidente Bush di continuare a finanziare l'ufficio di Abbas a sua discrezione», ed è per mantenere il riconoscimento diplomatico all'OLP, se non a Washington (da cui la rappresentanza palestinese verrebbe espulsa) almeno all'ONU.
Ma la lobby preferisce il testo della Camera, che di fatto vuol ritirare ogni legittimità diplomatica all'OLP e vieta al presidente USA di dare fondi ai palestinesi, con qualunque faccia si presentino.
«Non devono avere un'ambasciata negli Stati Uniti», ha intimato David Gillette, vice-direttore dell'Aipac, «ogni distinzione fra Autorità Palestinese (oggi egemonizzata da Hamas) e l'OLP (Abbas) è falsa e spuria».
Questo Gillette ha tenuto una sessione speciale per istruire gli attivisti nel loro difficile compito: infatti da una parte devono «spingere i senatori a votare a favore della legge, ma anche contro alcuni suoi articoli-chiave».
La cosa è tanto più difficile perché i due senatori firmatari del progetto di legge senatoriale, Mitch McConnell e Josep Biden, «hanno presentato il loro progetto all'ultimo minuto», evidentemente per non dare tempo alla lobby di impallinarlo con le sue manovre.
Ciò ha obbligato Gillette a lanciare i suoi attivisti in una «guerra-lampo hobbistica» (sempre parole della JTA).
McConnell ha giustificato il suo testo («morbido» secondo la lobby) con l'inopportunità di «punire il popolo palestinese per le azioni che il suo futuro governo può intraprendere»; e questa moderazione relativa, dice la JTA, evidentemente «riflette la volontà della Casa Bianca».
Sia chiaro, spiega l'agenzia ebraica: «entrambi i progetti di legge riducono in modo radicale i rapporti tra gli USA e l'Autorità Palestinese, ponendo dure condizioni per l'Autorità Palestinese, chiunque la guidi, per riallacciare i rapporti con gli USA».
Per esempio?
«Per esempio all'Autorità Palestinese non viene più chiesto solo di mostrare dei progressi…ma ora deve provare che ha schiacciato il terrorismo, prima di rientrare nelle grazie degli Stati Uniti. Deve anche riconoscere Israele come 'Stato ebraico', e non semplicemente riconoscere l'esistenza di Israele».
Secondo l'AIPAC «e i suoi alleati nel Congresso, queste nuove condizioni finalmente forzeranno i moderati come Abbas ad affrontare e liquidare gli estremisti, anziché tentare di cooptarli, ciò che ha portato alla vittoria di Hamas».
Ovviamente la Casa Bianca sa che Abbas e l'OLP non hanno le forze né il seguito popolare per affrontare e sconfiggere con la violenza Hamas; perciò punta ad affamare Hamas con misure punitive selettive, ma con la facoltà di «riaprire rapidamente il rubinetto dei fondi» quando - come spera - Hamas, senza denaro, dovrà cedere di nuovo il governo ad Abbas.
Ma la lobby vuole invece dagli USA la linea dura tipo Likud: la resa incondizionata dei palestinesi, moderati o no, e la guerra civile intra-palestinese.
Su questo punto, dice sempre la JTA, l'AIPAC è arrivata a «criticare apertamente la Casa Bianca, caso raro sotto Bush».
Il rimprovero è di avere spinto i palestinesi a votare, dando di fatto la vittoria ad Hamas.
«Gli USA non dovevano sostenere le elezioni, visto che Hamas era candidata», ha detto Gillette.
Eppure, proprio la lobby neocon aveva proclamato che le guerre d'invasione in Iraq e in Afghanistan erano giustificate, allo scopo di portare «la democrazia in Medio Oriente».
Ora questa propaganda va cambiata.
«Nonostante le mia fede nella 'democrazia', io non mi sono mai illuso sul fatto che le elezioni in Palestina potessero essere tenute subito: la società palestinese è diventata la più fanatica e avvelenata della terra», ha gridato Nathan Sharansky, l'ex dissidente sovietico (e poi ministro in Israele, fra i più sfegatati), che è anche l'uomo che ha convinto personalmente Bush - il quale ha dichiarato, incredibilmente, di aver letto un suo libro - a fare le guerre per la democrazia nell'Islam.
Ora, invece, è Bush il colpevole, per l'AIPAC.
La lobby ha assunto posizioni estreme e fanatiche, che scavalcano a destra la stessa leadership israeliana.
E lo si è visto quando il capo del governo ebraico Ehud Olmert, successore di Sharon, ha parlato dal grande schermo in video-collegamento.
Finchè ha attaccato Hamas nei termini più violenti, racconta l'agenzia giudaica, ha avuto «caldi applausi».
Ma quando Olmert ha parlato di ulteriori ritiri di coloni ebrei dalle aree occupate, allo scopo di far emergere nelle aree evacuate «un governo palestinese moderato» - posizione che «echeggia la strategia di Bush di aiutare i moderati isolando Hamas», la convention l'ha accolto «con un silenzio di pietra».
A questo punto, per ritrovare gli applausi, Olmert ha rivelato che già commandos israeliani sono all'interno dell'Iran, a preparare l'attacco.
Anche il ministro della Difesa Israeliano ha riscosso applausi confermando che le operazioni clandestine in Iran sono già in corso.
E gli applausi sono diventati frenetici quando ha detto che l'Iran (Paese che non ha una forza nucleare e non l'avrà entro i prossimi dieci anni) «è una minaccia concreta per l'esistenza di Israele» (Paese con 300 bombe atomiche e coi vettori per spararle sull'Iran).
E gli applausi più caldi sono andati a John Bolton: l'ambasciatore USA all'ONU, e famoso neocon, che proprio alle Nazioni Unite ha premuto con violenza per mettere l'Iran sotto processo al Consiglio di Sicurezza, come preludio all'attacco unilaterale americano.
Perché, dice Bolton, «più aspettiamo ad affrontare la minaccia che l'Iran pone, più difficile diverrà, e più intrattabile la soluzione». [...]