di Adolfo Morganti
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Da mesi i media italiani sono zeppi di articoli in cui improvvisati “cattolici” d’assalto (Oriana Fallaci e Marcello Pera fra tutti), assistiti da una esigua e chiassosa schiera di ascari emersi dal tradizionalismo cattolico elevano al cielo lamenti sulla perdita dell’identità cristiana dell’Italia di fronte al pericolo islamico, e peana all’ultima e grande nazione cristiana dell’Occidente, il nostro ultimo rifugio, gli Stati Uniti di George Bush II. L’ultima polemica tra Franco Cardini e Antonio Socci ne è solamente il più recente esempio.
Non si creda che questa campagna abbia nulla di spontaneo. Tutto è fabbricato all’interno della politica di consenso del più “illuminato” governo occidentale. Alcuni appunti tuttavia meritano di esser fatti:
a) Nessuno di questi nuovi Crociati, pur parlando in nome del cattolicesimo, è cattolico. Al massimo è liberale, adepto di una delle peggiori eresie che hanno squassato l’Europa dopo la rivoluzione francese al fine di distruggere ogni presenza sociale del cattolicesimo in Europa e nel mondo. Sovente è massone.
b) Costoro, pur erigendosi a voce della coscienza del Cattolicesimo, ignorano nel modo più assoluto la posizione della Chiesa Cattolica in merito ai temi del dialogo con l’Islam, del giudizio sulle guerre unilaterali made in USA e del rapporto tra l’Europa e le proprie radici.
Questa singolare “crociata occidentale” che pretende di fare a meno di una conversione personale e della dovuta adesione al Magistero, non è creazione recente. Fin dal 2002 avevamo ammirato lo stile della “Banda del Baget Bozzo”, intenta a predicare l’identità assoluta fra America, Occidente, Europa e Cristianesimo (con risultati esilaranti, come il definire un paese strutturalmente anticattolico e strategicamente antieuropeo come gli USA dei fondamentalismi protestanti come la “nuova Cristianità”); l’anno dopo si è dovuto prender atto della conversione all’americanismo di alcuni esponenti della Compagnia delle Opere, che in chiusura del Meeting di Rimini del 2003 provocarono un’ondata di scongiuri gridando “Siamo tutti americani!”, facendo finta di ignorare che questo novello Impero da convertire non era stato fatto da pagani “naturalmente religiosi” alla ricerca della pienezza del divino ma dalla schiuma delle più scatenate sètte protestanti, che fin dalla propria origine coscientemente hanno bollato come “Anticristo” tutto ciò che durante lo scatenamento della guerra in Iraq l’attuale Ministro per la Difesa USA ha definito “Vecchia Europa”: quella Roma onde Cristo è Romano.
In realtà, questo occidentalismo non è cattolico ma fondamentalista; e come tale anche questo, con la sua radice protestante puritana, non può che prostituire l’esperienza religiosa al livello di una “religione civile”, mero instrumentum regni per la conservazione del dominio planetario dell’unica superpotenza sopravvissuta al crollo del muro di Berlino. Esiste una profonda solidarietà fra i diversi fondamentalismi, a partire da quello protestante che ne è l’origine e la madre: ognuno non riesce a vincere la tentazione di sacralizzare ciò che è mondano, pervertendo la propria religione in idolatria. Ed in ciò dimostra la propria radice culturale tipicamente occidentale e tardoromantica.
Si pensi all’invenzione della categoria unitaria dell’ “Occidente”, che dopo due secoli di brutale laicismo si riscopre bruscamente come “cristiano” se non proprio addirittura come “cattolico” senza cambiare nulla dei fondamenti sociali, culturali e spirituali della propria bisecolare apostasia, semplicemente per consentire l’arruolamento forzoso delle masse cattoliche europee nella nuova jihad “cristianista”. Si pensi soprattutto alla vulgata martellata da occidentalisti laici e “cattolici”, che descrive gli Stati Uniti d’America non come una potenza che ha perseguito e persegue una propria politica di potenza planetaria sia sul piano religioso che economico-sociale (cosa perfettamente legittima, che tuttavia sottolinea come l’Europa possa e debba fare legittimamente altrettanto sulla base dei propri interessi concreti, sempre più divergenti da quelli degli USA), ma come una Grande Potenza Morale: «Gli Stati Uniti sono divenuti grandi, ricchi e potenti e oggi dominano il mondo perché sono stati impegnati in missioni di difesa della libertà e della democrazia contro i totalitarismi nazista, comunista e fondamentalista islamico», come ci ricorda con tutta la sua autorevolezza di storico Massimo Teodori. Si pensi infine alla generale esecrazione del terrorismo, che si accompagna puntualmente alla rimozione di ogni seria meditazione storica e sociale su come e quando il terrorismo sia nato, e da chi il fondamentalismo – islamico e non - l’abbia appreso come metodo di lotta politica e costruzione di inedite entità statuali.
Il Fondamentalismo, nella diffusione su scala planetaria, a partire dalla propria dimora originaria (gli USA) ha contagiato contesti culturali e spirituali del tutto difformi, generando anch’esso fenomeni di inculturazione con caratteristiche originali, ma mantenendo tuttavia caratteri peculiari. La diffusione del fondamentalismo religioso non appare quindi avvenuta a prescindere, ma al contrario sinergicamente all’”occidentalizzazione” del mondo. Il rifiuto della storicità dell’esperienza religiosa, la confusione fra piano storico e piano provvidenziale e la conseguente identificazione di sé con il Bene e dell’altro con il Male conduce infatti ad uno scivolamento drammatico: una volta auto-arruolatisi nei ranghi dei Combattenti di Dio è possibile arrogarsi, in quanto soggetto storico e politico, i diritti messianici sull’universo tipici del Dio che ritorna per la Restaurazione finale: questi aspetti della secolarizzazione del protestantesimo si svelano da un lato essere un’applicazione di un più generale meccanismo di secolarizzazione del sacro e di simmetrica divinizzazione dello Stato tipici del romanticismo occidentale del XIX e XX secolo, e d’altro canto ritornano con una insistenza addirittura ossessiva in tutte le esperienze fondamentaliste contemporanee (dagli USA all’India), svelandone in tal modo una radice culturale essenziale al di là di ogni differenza confessionale.
Ma questa constatazione esige una spiegazione: perché la potenza egemone del pianeta ha così paura dell’ “integralismo islamico” (le virgolette sono d’obbligo, nel momento in cui ognuno sa come i talebani afgani siano stati creazioni artificiali della politica estera degli USA e dei suoi alleati nell’area, il Pakistan e l’Arabia Saudita)?
La realtà è che le “crociate laiche” antiislamiche cercano oggi di nascondere il fatto che la distruzione dell’identità dei popoli d’Europa preesiste di molto all’”invasione islamica”, e che è del tutto fraudolento dare all’Islam le colpe che appartengono – per limitarci all’Italia - al giacobinismo, al liberalismo, all’anticattolicesimo mazziniano e massonico. Semmai, chi ha voluto costruire l’Italia sulle ceneri delle identità concrete che la componevano non può oggi meravigliarsi della sua incapacità ad essere modello di civiltà, della sua tendenza ad avere paura, a sentirsi debole ed indifesa, del suo scarso senso dello Stato: chi ha rinnegato l’Impero e la Chiesa non può oggi che farsi carico del fallimento della propria utopia illuminista.
Nella pratica della globalizzazione, così come nel pensiero liberal si scopre in tal modo un limite ch’entrambi ereditano dal giacobinismo: il ritenere che l’Occidente liberal-parlamentaristico e individualista incarni l’insuperabile top della civiltà, che le culture impostate sulla base di altri valori non abbiano neppur diritto di esser definite tali (Flores d’Arcais) e che il massimo della tolleranza consista nell’aspettare che i loro portatori maturino sino a diventare come noi. Questo tipo di prospettiva omologatrice ha ispirato la parte più ottusamente etnocentrica della cultura occidentale, che unifica in modo singolare radicali, pseudocattolici occidentalisti, liberali e massoni uniti da complessi di superiorità oramai bisecolari, dai simmetrici meccanismi di rifiuto e deformazione dell’altro che ne hanno nutrito le avventure coloniali e neocoloniali, la genesi e la diffusione del razzismo e tutti i deliri giacobini di diffusione a mano armata dell’”unica civiltà” sulle ceneri e le macerie di chi non si trovi dalla parte buona del “senso della storia”, rimanendo ferma a schemi ottocenteschi di tipo materialistico ed evoluzionistico che le hanno impedito di capire (beninteso non di convertirsi, ma solo di comprendere) popoli e culture diverse se non riconducendoli forzatamente all’interno del proprio schema ideologico come fase primitiva e “bambina” di sé stessi, a dispetto di tutte le lezioni del secolo XX. Checché ne dicano gli amici degli USA, aggredire l’Islam per salvaguardare la nostra identità di “occidentali” è stupido, perché l’identificazione tra “europei” ed “occidentali” è oggi sempre più fraudolenta.
In effetti, questa costruzione di una “religione civile”, che in essenza è una parodia anticristica della religione (esattamente quanto Vladimir Solov’ev colse nella sua celebre ricostruzione dei tempi dell’Anticristo) costituisce un esito obbligato dello sforzo fondamentalista di “rigenerazione” del mondo. La stessa assunzione da parte dell’ideologia occidentale di assunti pseudostorici assume quindi senso nella misura in cui questi divengono il fondamento di una politica di potenza, se sia possibile imporli nella realtà quasi necessariamente con la forza, in virtù della naturale resistenza delle identità concrete ai tentativi ideologici di “rigenerazione della realtà”. Il fondamentalismo religioso appare quindi come l’ideologia residuale della modernità, segno di un’epoca che continua il suo cammino vespertino malgrado gli improvvidi entusiasmi di quella parte della cultura italiana che, inesausta, continua a correre in aiuto del vincitore del momento.
Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Christifideles Laici ha riproposto oggi un’antica missione tipicamente laicale: “ordinare cristianamente l’ordine temporale”. Funzione del cattolico è da sempre generare il bene e combattere il male ovunque nel mondo ciò si presenti, cominciando dal cortile di casa propria. Così come al tempo della lotta contro il giacobinismo e contro le “religioni civili” massonica, mazziniana e liberale, la lotta odierna contro la nuova religione civile neo-protestante che assume come proprio dio la costruzione politica mondialista acquisisce i tratti nobili della difesa della realtà contro le allucinazioni dell’ideologia. Tutto sommato, questa missione odora di Medioevo, e per questo per noi è ancor più apprezzabile.