Lunedì chiuse le liste per le elezioni del 9 e 10 aprile
Da Taradash a Zaccaria L'esercito degli «epurati»
L'ex radicale: sono molto arrabbiato con il Cavaliere.
La Dentamaro: via il mio nome, sono troppo in basso
ROMA — E tanto telefonò. E tanto lottò. E tanto s'aggrappò. Alle 17 e 50 di lunedì, quando ha capito che la sua onorata carriera Udeur era ormai scivolata da un promettente numero 2 dietro Mastella a un inutile posto numero 4, la senatrice Marida Dentamaro s'è infilata il soprabito e presentata al Tribunale di Bari, due ore prima che si chiudessero le candidature: «Togliete il mio nome da quell'elenco!» ha puntato l'indice sugl'impiegati. Marida non poteva tollerare, dopo essere stata scaricata da vicesindaco a Palazzo di Città, d'essere rimpiazzata pure al Parlamento dal cognato del pastaio Divella. Meglio farsi saltare, allora, come una kamikaze delle liste: epuratasi, pur di non essere epurata.
Chiamarli trombati, non si può: non li ha ancora votati nessuno. Ma tra buttati fuori e scivolati in basso, l'Epurator Scortese non ha casacca, stavolta, e colpisce ovunque. Affossando chi s'infuria, come il radicale Marco Taradash, dei Riformatori liberali: «Sono deluso e molto arrabbiato con Berlusconi. S'è comportato male con noi, non ha tenuto fede agl'impegni. Abbiamo dovuto accettare almeno il posto riservato a Della Vedova, per non dover chiudere bottega. Ma una settimana fa, avevamo firmato un accordo per tre eletti sicuri e uno incerto. Ci era stato garantito aiuto anche per la raccolta delle firme al Senato e invece Forza Italia si è spesa pochissimo: se siamo riusciti a presentare le liste in alcune regioni, è stato grazie ad An e agli autonomisti siciliani di Lombardo. Ci è stato offerto anche un piccolo sostegno economico per sostenere l'attività parlamentare, la cifra non è quantificata. Ma tutta questa vicenda danneggerà la Casa delle Libertà, perché noi potevamo contendere i voti direttamente a Pannella e lui, ora, avrà gioco facile a ribadire che nel centrodestra non c'è posto per i radicali».
C'è chi fa finta di nulla, come l'ex ministro leghista Gianfranco Pagliarini: «Doveva chiamarmi Giorgetti venerdì, non s'è fatto vivo nessuno: ero a passeggio con mia moglie, il telefono è rimasto zitto fino a domenica. Ho capito da solo. Oggi chiederò qualche chiarimento, con Bossi non ho ancora potuto parlare. Massì, dopo quattro legislature, il "Paglia" può anche togliersi. Mi spiace solamente di non poter lavorare al federalismo fiscale».
C'è chi cade dalle nuvole, come l'ex governatrice di Nassiriya, Barbara Contini: «L'avevo letto solo sui giornali. E con certi nomi, comunque, meglio star fuori». E c'è chi si consola, come il bassoliniano Pino Petrella, responsabile sanità: D'Alema gli ha promesso in un pubblico convegno un posto di governo, fa sapere in giro, «sei il nostro fiore all'occhiello e con uomini come te governeremo l'Italia», e da Salerno muoverà comunque su Roma, alla faccia di chi lo coinvolse in imbarazzanti intercettazioni e storie di lottizzazione.
La giustizia è una ghigliottina e chi fece il garantista, o la tricoteuse, a questo giro la paga. L'Udc sega Melchiorre Cirami, l'uomo della legge (assieme al potente Remo Di Giandomenico, inquisito a Termoli), An molla il campano Luigi Bobbio. Forza Italia scarica il partito degli avvocati Domenico Contestabile-Carlo Taormina, retrocede Michele Saponara (al 17 in Lombardia) e Gaetano Pecorella (al 12). I Ds a Trento fanno fuori il magistrato Giovanni Kessler, figlio di Bruno, che smascherò la tangentopoli atesina, ha indagato su Mitrokhin ed è un grande protetto di Violante: Kessler accusa di «scarsa democrazia interna» i notabili locali, ma deve far posto suo malgrado al ghost writer di Veltroni. E se sopravvive tra i berluscones un avvocato, l'ortodosso Nicolò Ghe dini, lo deve soprattutto a quella «mafia padovana » (Giancarlo Galan-Elisabetta Gardini- Elisabetta Casellati) che in Veneto dà il maldipancia ai forzisti vicentini (rimasti senza nomi da spedire a Roma) e all'ala formigoniana di Giorgio Carollo, eurodeputato che abbandona Forza Italia («è una pulizia etnica!») forte dei suoi 18mila iscritti e indebolito dei suoi tre epurati senatori.
Si litiga pesante e dappertutto. Nella Lega è fronda contro Stefano Stefani che ha decapitato, guarda caso, proprio i sei parlamentari che non avevano sostenuto il discusso salvataggio della banca padana Credieuronord («anch'io non ho dato un euro — si domanda Pagliarini — c'entrerà mica quello?»). Giù dal Carroccio pure Max Ferrari (Telepadania) ed Eduard Ballaman, che hanno pendenze penali e non possono contare sullo scranno salvaprocesso. Addio forzista Gabriella Carlucci, messa al 13 in Puglia, e sta a casa anche Italo Bocchino (An) che pure sfidò Bassolino, sacrificato col gruppetto dei larussiani che quest'estate si fecero beccare in un bar di Roma a sparlare del segretario Fini. Nell'Unione, si rassegnano al numero 15 Roberto Zaccaria, ex Rai, e la stilista Chiara Boni spedita al 7 del Friuli.
Le quote rosa, già: tra mogli di Fassino e compagne eccellenti, in Sicilia occidentale la prima donna ( Manuela Linares) sta al numero 11, a Catania al 10 ( Cinzia Dato). Si consola soltanto con le poltrone promesse Laura Pennacchi, fatta fuori come Marida Bolognesi. Non scherzano nemmeno nel centrodestra, dove scansano la coordinatrice laziale dei berlusconiani, Beatrice Lorenzin, la sindachessa di Lula, Maddalena Calia (per far posto al figlio di Cossiga), perfino la moglie di Paolo Berlusconi, Mariella Bocciardo, infilata in lista al 13. E per tanti sofferenti in silenzio, da Giovanni Bianchi (ex Acli) all'ex sottosegretario Enrico Micheli, almeno uno ( Peppino Caldarola) che si becca la maglia numero 12 e si dà all'ironia: «Ho il numero dei portieri di riserva».
Francesco Battistini
08 marzo 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/P...ttistini.shtml