IL MINISTRO REPLICA ALLE ACCUSE: NON ABBIAMO USATO NESSUNA NOTIZIA RISERVATA, TEMEVAMO DI ESSERE SPIATI NOI

L’ex governatore: feci solo bonificare l’ufficio


Il ministro: «Quello che stupisce è che le indagini su qualcosa che sarebbe accaduto a Roma siano condotte dai pm di Milano»

10/3/2006 Francesco Grignetti



ROMA. Francesco Storace ammette, incassa, contrattacca. E’ la reazione del ministro della Salute allo scandalo delle investigazioni private. Ammette: «Il signor Pierpaolo Pasqua lavorava per noi». Incassa: «Non attacco la magistratura di Milano, ma trovo curioso che siano loro a indagare su fatti eventualmente accaduti a Roma durante le scorse elezioni regionali». Francesco StoraceContrattacca: «Si sta creando un caso inesistente. È una vergognosa montatura. Querelerò i giornali. Non mi lascio intimidire».

Ministro Storace, che vuol dire che avevate ingaggiato un agente privato?
«Normale precauzione. Ormai in campagna elettorale si fa sempre. Avevamo il sospetto di essere intercettati e perciò il coordinatore della Lista Storace, Nicolò Accame, che all’epoca era il mio portavoce e oggi è il direttore della comunicazione al ministero, contattò il signor Pasqua. Era una persona conosciuta, fidata, un ragazzo di destra (che ora ho scoperto con meraviglia essere candidato con i leghisti e gli autonomisti di Raffaele Lombardo). Bonificò i nostri telefoni e la sede del comitato elettorale, in via del Commercio. Tutto qui. Si parla di dossier? Non esistono. Non adoperammo alcuna notizia riservata. Tutto inventato. A sinistra stanno prendendo una gran cantonata».

E perché non furono chiamate le forze di polizia?
«Perché non c’era un reato da denunciare, ma un sospetto da fugare. Temevamo di essere intercettati e dunque facemmo fare un controllo. Punto. C’è una regolare fattura pagata con i soldi nostri, non della Regione, e qualche contatto telefonico tra Di Pasqua e Accame».

E ora che siamo di nuovo in campagna elettorale, avete contattato altri agenti privati?
«Nossignore. Ma c’è da dire che c’è un’enorme differenza tra una Regione e un ministero. Gli appetiti sono diversi. Una Regione gestisce soldi, è ricca di gare, c’è la ciccia. Ci sono aziende che possono essere interessate a sapere che cosa dicono un assessore o un direttore».

E voi, alla Regione Lazio, temevate.
«Fummo mossi da ragioni di prudenza. Feci controllare anche il mio telefonino. Poteva esserci un’azienda interessata a spiarci. Poteva esserci qualche indagine della magistratura... ma quelli sono bravi e le cimici non le trovi. O poteva esserci qualche concorrente politico. Da quanto ne so, non si trovò nulla».