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    Predefinito Perché è attuale il “Gran Debate” sulla transizione al socialismo

    Perché è attuale il “Gran Debate” sulla transizione al socialismo

    di Luciano Vasapollo


    1. L’umanità ha visto iniziare il secolo XXI in un clima di offensiva ideologica da parte dei difensori dell'ordine internazionale vigente a partire da un discorso di brevissimo respiro: “la fine delle ideologie”, “la fine dei grandi movimenti sociali di lotta”, delle “grandi rivoluzioni”.
    Un ampio dibattito si è aperto anche circa la validità delle idee del Che sul suo pensiero e sulla sua attualità per interpretare la società del modo capitalista di produzione e trasformarla radicalmente con tutto il sistema di relazioni economiche e politiche internazionali.
    L'interpretazione del sistema di contraddizioni del capitalismo come un processo lineare che avanzi verso il socialismo, attraverso tappe successive di approfondimento della sua crisi generale, non solo è inconsistente ma non concorda con la pratica.
    Si commise, infatti, in varie fasi del XX secolo da parte di studiosi marxisti e di posizioni teoriche e pratiche di varie organizzazioni e partiti comunisti, un grave errore di previsione sopravvalutando le crisi di crescita del sistema in determinati periodi come una crisi generale. Ciò creò la confusione di interpretare questa crisi come la possibilità reale di una caduta dei pilastri fondamentali del sistema in un tempo non lontano. Ad esempio, il mondo sottosviluppato dove le contraddizioni del capitalismo sono più acute, era presentato come una riserva per l'espansione dell'ideale socialista e rivoluzionario.
    Tale impostazione provocò un grande scontro con la pratica. Una situazione rivoluzionaria ha diversi livelli di maturazione, pertanto può arrivare o no a livelli di rottura, contemporaneamente la maturazione di una situazione pre-rivoluzionaria e la sua conversione in rivoluzionaria non è di per sé garanzia del trionfo di una rivoluzione, che a sua volta non deve essere necessariamente socialista.
    Questi risultati richiedono un insieme di fattori addizionali e molto è in funzione delle soggettività politiche di classe in campo, del ruolo delle avanguardie, la forma nella quale si articolano i differenti movimenti, organizzazioni e partiti politici e il ruolo della correlazione di forze internazionali.
    È questo il nodo che – sia sul piano teorico sia sul livello delle concrete applicazioni della pratica politica – ha generato maggiori discussioni, spesso condizionando i criteri di programmazione delle economie socialiste del XX secolo.
    Dalle esperienze storiche concretizzatesi nel secolo scorso, in particolare, emergono due passaggi fondamentali:

    1.
    Il socialismo è sempre il risultato cosciente della volontà del proletariato e si incarna, attraverso le dinamiche della lotta di classe, nella direzione centralizzata e pianificata dell’economia, opposta all’anarchia e allo spontaneismo capitalista del mercato;
    2.
    La costruzione in uno o più paesi del socialismo in un mondo capitalista non è possibile senza un uso adeguato dei rapporti mercantili nel quadro della pianificazione centrale.

    Tali aspetti nel pensiero di Guevara non appaiono isolati dalla lotta contro l'imperialismo da lui considerato il nemico comune di tutti i popoli. Per il Che esiste come uno stretto vincolo tra l'economia politica, la politica economica e la pratica rivoluzionaria, cioè, non si tratta della costruzione di una teoria specifica per l'economia internazionale bensì di un'unione dialettica di elementi molto interrelati. Come per Lenin, la politica per Guevara è un'espressione concentrata dell'economia.
    E’ su tali basi che a differenza di molti marxisti “da tavolino”, o di chi si definisce marxista ma opera a supporto e soccorso del sistema capitalista, anche oggi definiamo la crisi del capitalismo come strutturale e sistemica. E se nella lunga fase espansiva il modello fordista-keynesiano e gli Stati di welfare keynesiani hanno permesso la crescita quantitativa del capitale, è anche vero che la finanziarizzazione dell’economia, le privatizzazioni forzate, l’attacco ai diritti e al costo del lavoro,al salario diretto, indiretto e differito in tutte le sue forme non ha potuto risolvere questa crisi attraverso distruzione di valore del capitale proprio perché è crisi di sistema. Una crisi che determina quindi sicuramente la fine del predominio del capitalismo e imperialismo statunitense e allo stesso tempo preannuncia la fase terminale del sistema stesso capitalista, proprio perchè le possibilità di accumulazione reale del sistema hanno raggiunto il loro limite.
    È con tale ipotesi, con tali scenari di mutamento di fase, di conflittualità accesa fra area del dollaro e area dell’euro, con attenzione sempre alla variabile asiatica e alla probabile nascita di un polo russo-iraniano-indiano-cinese, con le forti mire espansionistiche dei paesi imperialisti sull’Eurasia, sull’America Latina, su tutti i PVS, che nell’immediato futuro l’umanità sarà chiamamta a fare i conti, in un contesto in cui la competizione globale assumerà sempre più forti connotati politico-strategici incentrati sull’economia di guerra e sulla guerra guerreggiata, come drammatico epilogo del dominio USA e della crisi strutturale.
    Sicuramente il capitalismo statunitense potrà restare ancora un attore importante ma si realizzerà la fine di un ciclo politico in cui gli USA non avranno una posizione dominante rispetto ad altri centri di potere come l’Europa, la Russia, la Cina, l’India, il Brasile che imporranno, anche se in maniera diversificata, nuove forme di potere politico del capitale che accompagneranno e gestiranno la natura economica strutturale della crisi di cui si è detto in precedenza. Ma tutto ciò ha a che fare con una visione immediata di fine del capitalismo per “autodistruzione” e quindi in una sorta di teoria del crollismo? Non davvero, perché il sistema capitalista troverà ancora delle modalità attuative dei capitalismi per far sopravvivere l’unica maniera di essere del modo di produzione capitalista; e ciò soprattutto perché il passaggio ad un modo di produzione altro, presuppone ovviamente non solo l’esplosione dell’oggettività drammatica in cui si presenta la crisi ma la presenza organizzata della soggettività di classe, che può indirizzare verso i percorsi reali di trasformazione radicale economica e sociale.
    Le sfide del socialismo del XXI secolo, che si confrontano con un capitalismo aggressivo, alle prese con una crisi strutturale ultratrentennale e con l’elaborazione di una sistematica strategia della guerra imperialista, sono complesse, soprattutto perché bisogna riprendere – dopo il 1989 – il percorso di costruzione della società socialista in un mondo in cui i riferimenti internazionali tradizionali sono venuti meno.
    Proprio per questo motivo, è necessario procedere all’analisi dell’evoluzione storica del socialismo nel ventesimo secolo, che ha approntato modelli di organizzazione economica funzionali ma s’è anche imbattuta, in diversi casi, con alcune contraddizioni irrisolte della pianificazione socialista .
    Fra tali questioni c’è quella del sistema di direzione dell’economia socialista e dell’uso, nel sistema, delle categorie mercantili, come strumento per il passaggio dal capitalismo al socialismo per poi costruire la società comunista .

    2. Dopo il trionfo della Rivoluzione le relazioni tra Cuba ed i paesi socialisti si rafforzano molto, arrivando al momento culminante nel 1972 con l’entrata di Cuba nel COMECON. In questo periodo l’unico conflitto pubblico tra i due governi è stato quello relativo all’atteggiamento sovietico nella cosiddetta “Crisi dei Missili”, quando l’URSS arrivò ad un accordo separato con gli Stati Uniti sul ritiro dei missili senza la partecipazione di Cuba.
    L’esperienza di costruzione della prima società socialista nell’emisfero occidentale avviene in una fase in cui sembrava che fosse impossibile bloccare la spinta rivoluzionaria nel mondo ed il conflitto di classe fin dentro i paesi capitalisti.
    L’URSS era uscita vittoriosa dalla seconda guerra mondiale ed aveva rotto l’isolamento sofferto in precedenza; non c’era solo la vittoria militare e politica ma quello che emergeva era anche un modello complessivo di alternativa sociale. Sul piano più direttamente economico ci fu in quegli anni una crescita con tassi che l’Occidente non conosceva più da tempo, sia nell’URSS sia nei paesi dell’est Europa, ed una capacità attrattiva nei confronti dell’allora definito Terzo Mondo e dove il rapido sviluppo dell’Unione Sovietica creava egemonia anche in paesi non socialisti.
    In contemporanea cresceva nel mondo il movimento rivoluzionario che conquistava la Cina, il Vietnam, si espandeva in Africa e nei paesi arabi con esperienze nazionaliste ed antimperialiste ed otteneva il risultato di mettere piede per la prima volta in America Latina con la vittoria a Cuba.
    La discussione sul modello economico-sociale da adottare nei paesi socialisti avveniva, dunque, in un contesto di grande espansione e di difficoltà dell’Occidente e degli Stati Uniti in particolare, che ne rappresentavano il paese più avanzato.
    Questo sviluppo del movimento rivoluzionario mondiale spiazzò e mise in seria crisi il mondo capitalista ma avvenne in condizioni sostanzialmente diverse da quelle previste da Marx e auspicate da Lenin; avvenne , cioè, nella parte più arretrata del mondo, certamente facilitando la rivoluzione politica e militare ma complicando di molto quella che sarebbe dovuta essere la trasformazione economica e sociale. Ovviamente ogni paese che faceva la rivoluzione o che si avvicinava all’URSS sulla base di un nazionalismo antimperialista partiva dalle proprie condizioni materiali, economiche, sociali, culturali e storiche, estremamente diverse l’uno dall’altro e l’applicazione del modello sovietico, al di là dei suoi limiti intrinseci, emersi successivamente, poteva creare, come poi ha creato, problemi e contraddizioni.
    La trasformazione in quel periodo era, oggi lo sappiamo chiaramente, in una fase che potremmo definire sperimentale, in cui i modelli precostituiti non potevano funzionare a priori. I sovietici pensavano esattamente il contrario per cui l’unica via da seguire, anche se poi formalmente si dichiaravano altre cose, era quella nata dalla esperienza di quel paese. Il secondo elemento è che, sebbene fosse vero che il capitalismo era in crisi, ciò non significava affatto che essa fosse irreversibile, come poi i fatti hanno dimostrato. Il movimento comunista e rivoluzionario pensava esattamente il contrario sia in URSS, sia nei paesi capitalisti ed in quelli del Terzo Mondo.
    Bisognerà attendere l’opera di Stalin, Problemi economici del socialismo nell’URSS, per poter ritornare a riflettere su alcune questioni cruciali per la rivoluzione socialista in cammino.

    3. È in questo ambiente intellettuale di rinnovato interesse per i problemi pratici e teorici posti dalla transizione che il Che lavora e matura le sue convinzioni.
    Negli Apuntes críticos , Ernesto Che Guevara afferma esplicitamente che il marxismo è uno straordinario prodotto della storia umana, in grado di consegnare nelle mani del popolo le chiavi per l’interpretazione della realtà dei rapporti economico-sociali e le coordinate per intraprendere il cammino del cambiamento.
    Che Guevara non ha esposto distinti progetti economici, politici, morali ma più che altro un progetto integrale nel quale racchiudere tutti gli aspetti. In tale chiave ben si può intendere anche la questione degli stimoli morali e materiali nel dibattito politico ed economico che si è sviluppata all’inizio degli anni ’60 a Cuba è conosciuta in tutto il mondo per la posizione assunta dal Che, il quale ha cercato di trovare un percorso alternativo rispetto al tradizionale .
    Il socialismo, sosteneva il Che, non è una società di beneficenza basato sulla bontà dell’uomo, ma è un regime che ha come base la socializzazione dei beni fondamentali di produzione e la distribuzione equa della ricchezza.
    Il Che ha continuamente evidenziato che mantenendo il mercato e la legge del valore in una società di transizione al socialismo non si facevano passi avanti ma indietro; di qui la convinzione che Unione Sovietica, Polonia, Yugoslavia potevano così facendo tornare verso il capitalismo e non avanzare verso il socialismo.
    Marx parla di transizione al socialismo a partire dall'esaurimento da parte del capitalismo della sua capacità di sviluppare le forze produttive: «... tra la società capitalista e la società comunista si interpone un periodo di trasformazione rivoluzionaria che corrisponde ad una transizione il cui stato non può che essere la dittatura rivoluzionaria del proletariato» (1974: 25).
    Per il Che questo periodo è precisamente il socialismo, un'esasperata lotta di classe nella quale ogni paese socialista percorre la propria strada, riconosce che in questa tappa la dittatura del proletariato non è un regime all’acqua di rosa, come si presentava frequentemente nei manuali, ma si poteva presupporre anche la violenza, non solo contro la borghesia ma anche contro altri settori rappresentativi degli stessi interessi (Guevara, 2006a: 96-9).
    La specificità principale della transizione al socialismo appare per la prima volta nella storia come una questione economico-sociale capace di eliminare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per cui è necessario superare i rapporti di proprietà precedenti (le relazioni di proprietà costituiscono il nucleo dei rapporti di produzione) come unica forma per far corrispondere le forze produttive con le nuove relazioni di produzione caratterizzate dalla presa del potere politico da parte delle classi lavoratrici.
    Il nuovo Stato a differenza dei precedenti non crea solo le condizioni di partenza per stabilire il dominio delle masse, ma inoltre, deve dirigere e difendere il nuovo modo di produzione.
    La discussione sulla trasformazione e poi sulla transizione avviene perciò in un momento in cui da una parte cresce un entusiasmo rivoluzionario basato sulla capacità e volontà politica, che sembravano allora inarrestabili, e dall’altra in una condizione di mancata esperienza storica.

    4. Nel dibattito con il Che hanno partecipato vari intellettuali militanti e distinte correnti del marxismo (Bettelheim, Mandel, Carlos Rodriguez,ecc.,) sia dal punto di vista politico sia teorico e i principali punti sui quali si è dibattuto sono stati:

    1. la tradizione cubana di difesa delle posizioni politiche internazionali di Fidel Castro fino alla fine e che vede con molta simpatia il vincolo di Cuba con l’Unione Sovietica;
    2. la posizione assunta dal Che che sostiene fino alla fine Fidel Castro ma mantiene un grado di autonomia sia politica sia teorica e cultural rispetto all’Unione Sovietica

    Ricordando che al tempo che il Che era Ministro dell’Industria e Carlos Rodriguez Ministro dell’Agricoltura, il dibattito iniziò apparentemente per risolvere un problema tecnico: come ridurre i costi di produzione dei prodotti industriali e agricoli.
    Partendo da questo si è cominciato a parlare e a dibattere di economia, filosofia e politica.
    Cosa si intende per economia politica? E cosa è la teoria del valore ; negli anni 1963-1964 si dibatte sulla teoria del valore, sulla concezione marxista e la concezione materialista della storia; la materialità del marxismo è la materialità delle relazioni sociali all’interno delle quali è racchiuso il destino della storia dell’uomo. Pensare di cambiare il mondo senza una rivoluzione è impensabile perché si tratterebbe di trasformazioni , anche positive, ma sempre all’interno del sistema economico capitalistico.
    Il Che sosteneva che dopo la presa del potere attraverso la rivoluzione si apre un periodo in cui occorre organizzare l’economia in rami produttivi attraverso una pianificazione; ossia l’impresa non deve continuare a massimizzare i profitti e ridurre le perdite stimolando i propri lavoratori attraverso premi economici, ma invece si devono equilibrare le relazioni tra tutti i rami della produzione attraverso una pianificazione economica-finanziaria complessiva .
    Per il Che neanche nei primi passi della transizione al socialismo il sistema deve caratterizzarsi per l'utilizzo della legge di valore e delle relazioni monetario-mercantili, poiché secondo il suo criterio questi costituiscono un cordone ombelicale che mantiene l'uomo alienato nella società, implicando anche l'impossibilità di ristrutturare le relazioni sociali nella loro essenza (Guevara, 1988b: 18-9).
    Il periodo di transizione al socialismo costituisce, pertanto, una necessità per un sistema che si sviluppa ma che non può essere costruito nell’ambito dei rapporti di produzione precedenti cambiando la loro natura di classe. Il superamento della proprietà capitalista non rappresenta solo un semplice atto giuridico, poiché questa, come qualunque altra, rappresenta la personificazione di categorie economiche portatrici di determinate relazioni ed interessi di classe e la proprietà privata è portatrice degli interessi di classe della borghesia e dei suoi alleati, quindi è la condizione principale per la riproduzione del capitale e la riproduzione delle relazioni capitalistiche di produzione.
    C’è comunque da precisare che sebbene sia vero che il Che ritenesse che sin dalle prime forme di transizione al socialismo la legge del valore dovesse essere posta in “crisi”, dovesse essere compressa, limitata, è pur vero che egli ritenesse che la legge continuasse ad operare per forza di cose, date le condizioni stesse della transizione Insomma il Che riconosce l’operare della legge del valore, l’impossibilità della sua eliminazione dall’oggi al domani con un decreto ministeriale, e però riconosce la necessità di una sua limitata operatività.
    All’interno di queste discussioni si introduce il dibattito sulla questione morale e materiale.
    La corrente economica dei sostenitori del “Calcolo Economico” (quella rappresentata da Bettelheim e Carlos Rafael Rodriguez) promuoveva l’autogestione finanziaria delle imprese, ossia ogni imprese deve controllare il suo denaro e la sua contabilità; per eliminare l’assenteismo, ad esempio, si devono dare premi materiali ai lavoratori , si devono dare stimoli materiali; dall’altro lato invece la proposta del Che nota come “Sistema Budgetario di finanziamento”.
    Quindi mentre per i sostenitori del “Calcolo Economico” devono sopravvivere le categorie mercantili anche nel periodo di transizione al socialismo, nel Sistema Budgetario di finanziamento la base è la pianificazione, che già da subito deve tendere ad eliminare il mercato e a realizzare una grande impresa unica guidata centralmente.
    Lo stesso criterio di valutazione complessiva del Sistema Budgetario deve essere quello della sua attitudine e capacità pratica di “armonizzare” razionalità sociale ed economica, che nel capitalismo non coincidono, sono anzi contrapposte.
    Il rischio che si correrebbe seguendo una logica unilaterale economicista sarebbe che «l’avanguardia rivoluzionaria, per il bisogno di sconfiggere la miseria accumulata nei secoli, si ponesse il risultato produttivo come meta centrale, perdendo di vista la ragion d’essere della rivoluzione. La ricerca di successi puramente economici avrebbe potuto condurre, in tal caso, all’utilizzo di metodi che, per quanto positivi dal punto di vista dei risultati economici a corto raggio, avrebbe posto un’ipoteca sul futuro della rivoluzione, a causa del progressivo deterioramento dei processi di formazione della coscienza» (Tablada, 1989: 44).

    5. E’ necessario sottolineare che tutte le leggi economiche esprimono una relazione di produzione, ma non tutte i rapporti di produzione possono considerarsi legge economica. Le leggi economiche richiedono un criterio di intenzionalità razionale che non deve sempre essere presente nei rapporti di produzione, e nel socialismo il fattore predominante è il fattore cosciente.
    Sia per Lenin sia per il Che l’applicazione della legge del valore e le categorie mercantili nel socialismo costituiscono un problema teorico, pratico e ideologico; per cui i due grandi rivoluzionari comunisti possono considerarsi oppositori del concetto di socialismo “di” mercato, sostenendo che l’autogestione e le relazioni mercantili, in un contesto politico-economico “con” mercato, devono essere applicate su vasta scala come manifestazione piena delle leggi economiche e sono dell’idea che la proprietà sociale acquisisce il suo significato reale nel quadro della relazione sociale che la riguarda.
    Nel lavoro di Guevara sul Sistema Budgetario di finanziamento molto controverso risulta l'insieme delle misure applicate dalla Russia nel decennio degli anni ’20, nella letteratura note col nome di Nuova Politica Economica (NEP). Il Che dedica un ampio spazio all'analisi di questa esperienza (1996f), considerandola una ritorno necessario al capitalismo di Stato, che costituiva un passo avanti rispetto al costo politico ed economico che doveva pagare la giovane rivoluzione circa la rovina economica, la guerra, l'assedio delle potenze imperialiste.
    Per Guevara, la Nuova Politica Economica ( NEP) rappresenta una tattica strettamente legata alla situazione economica di quel paese, e pertanto non ha una validità universale, era una politica di emergenza, di carattere transitorio e non fu mai considerata da Lenin come una fase del periodo di transizione al comunismo, obbligatoria per tutti i paesi che iniziano la costruzione stessa del comunismo.
    Aldilà degli apprezzamenti teorici, le relazioni monetario-mercantili sopravvivono nel socialismo e tutto sembra indicare che lo faranno per periodi prolungati di tempo, la cui determinazione non è chiara né in termini teorici né pratici. Le considerazioni del Che ci inducono a pensare che egli le considerava un male necessario e pertanto il superamento poteva essere realizzato relativamente in tempi rapidi. Le sue preoccupazioni rispetto alla capacità di queste relazioni di rispondere ad una logica aliena al socialismo sembrano tuttavia ancor oggi essere giustificate.
    Secondo il suo criterio, l'accettazione delle relazioni monetario-mercantili come qualcosa di naturale, non solo nega le ipotesi di Marx in Critica al Programma di Gotha, ma significa accettare che tanto l'economia socialista come quella capitalista siano dirette dalle stesse leggi. In tal modo i problemi hanno un'unica soluzione, pertanto la differente forma di distribuzione delle entrate è un semplice cambiamento di dati. Vista così la differenza tra i due sistemi non è essenziale, si tratterebbe solo di un cambiamento delle variabili sulle stesse equazioni concepite dalle economie capitaliste.
    Come si può notare Guevara non ha dubbi sul fatto che il socialismo debba marcare, anche negli strumenti e nei metodi, una differenza radicale dal regime capitalista, liquidando la legge del valore nella forma in cui essa è stata ed è attuata nel contesto delle economie di mercato. Tuttavia, egli sottolinea che ciò non vuol dire che non esista più il valore: il valore persiste perché ci sono relazioni attive tra consumatore e produttore, tra consumatore e distributore, e così via.
    Una sorta di economia socialista “con” mercato ma non “di” mercato. Ad ogni modo, il Che è chiaro sul fatto che «non esiste un uso cosciente della legge del valore, è una bugia, una illusione. Tutti i sistemi dei prezzi e tutte le cose che si fanno basandosi sull’uso cosciente della legge del valore portano a distorsioni terribili, molto terribili».
    Queste convinzioni maturano, in buona parte, anche in controtendenza rispetto a quanto s’andava dibattendo nei paesi del blocco socialista e, in alcuni casi, contengono degli sviluppi originali e coscienti del pensiero di Marx a confronto con una modernità del capitalismo, che il pensatore di Treviri non aveva potuto conoscere.

    6. Nella Cuba del 1963-64 si dibatteva quindi non solo di economia politica , di sviluppo della rivoluzione e di transizione al socialismo ma largo spazio era dato anche alla comprensione di ciò che si intendeva per marxismo.
    Mentre Bettelheim concepisce il marxismo da un punto di vista “oggettivista”, il Che sostiene che il marxismo non serve solo per comprendere il funzionamento della società ma soprattutto per intervenire efficacemente nel corso della storia.
    Le leggi della storia non sono assolute, quando vi è un potere rivoluzionario, ossia quando la rivoluzione ha vinto si può intervenire attivamente nel corso della storia; ne segue che la legge del valore può essere sovvertita e possono essere modificati i prezzi dei prodotti; ad esempio possono diminuire i prezzi dei libri (perché è importante che il popolo legga) ed aumentai i prezzi degli alcolici ( perché è desiderio che l’alcolismo venga eliminato).
    Ovviamente alla base di questa concezione teorica del Che è che vi sia stata una rivoluzione che ha portato al potere e che realizzi una transizione di breve durata.
    Egli non negava che tale accelerazione fosse possibile, al contrario, affermava che ciò era dimostrato già storicamente dal capitalismo, ma si trattava di costruire una società nuova nel cui seno doveva svilupparsi un essere umano diverso e ciò non era possibile con le «frecce spuntate del capitalismo» (Guevara, 1988b: 14-6). Per questa via si potrà ottenere un più alto livello di produzione di beni e servizi, ma mai l'obiettivo di contare su un uomo nuovo per la società del futuro. Il socialismo a sviluppo quantitativo non interessa al Che, e lo manifestò in più di un’occasione (Borrego, 2001).
    Il Che così scrive in proposito: «Si corre il pericolo che gli alberi impediscano di vedere il bosco. Rincorrendo l’illusione di realizzare il socialismo con l’aiuto delle armi spuntate che ci lascia in eredità il capitalismo (la merce come cellula economica, il profitto, l’interesse materiale individuale come leva ecc.), si può imboccare un vicolo senza uscita. E vi si arriva dopo aver percorso un lungo tratto in cui le strade si incrociano più volte e dove è difficile capire il punto in cui si è sbagliata strada. Frattanto la base economica adottata ha compiuto il suo lavoro di scavo sullo sviluppo della coscienza. Per costruire il comunismo, contemporaneamente alla base materiale, bisogna creare l’uomo nuovo» (Guevara 1988: 265-6).
    La razionalità del modello economico doveva essere coerente con la razionalità sociale del modello e non viceversa, detto altrimenti la razionalità sociale richiede la razionalità economica come premessa, ma questo non esprime automaticamente la razionalità sociale. Non si tratta qui della quantità e qualità di beni prodotti e servizi prestati, ma del modo di produrli e delle relazioni sociali che si stabiliscono a lungo termine con questo modo di produzione. Secondo il modo di pensare il socialismo del Che questo elemento poteva mettere in pericolo la stessa esistenza del socialismo a lungo termine, condizionando la sua reversibilità.

    7. Ma il Che non sposta la sua attenzione dal luogo dove vive e sa di lavorare per la costruzione di un sistema che, proprio partendo dalla peculiarità di Cuba, deve essere in grado di svilupparsi in maniera tale che la transizione avvenga nelle condizioni migliori. Il suo obiettivo principale, nobile ma forse un po’ troppo pretenzioso viste le condizioni, è la ricerca della forma più efficiente per instaurare il comunismo nel più breve tempo possibile e quindi assegnare alla transizione socialista un limite temporale ben definito e, soprattutto, contenuto nel tempo.
    Essenziale, nella considerazione e liquidazione della legge del valore, è, per Ernesto Guevara, l’analisi dell’imperialismo e del capitalismo monopolistico rispetto alle fasi precedenti dello sviluppo capitalista. Il Calcolo Economico, ad esempio, sarebbe la rappresentazione del capitalismo premonopolista che lo Stato impiega a proprio vantaggio nella programmazione e gestione dei rapporti mercantili; il Sistema Budgetario, invece, è l’espressione compiuta della stagione del monopolio (per la quale Guevara – sia detto per inciso – nutre il maggior interesse teorico). La legge del valore , necessaria in una società economica capitalista, non deve essere presente in una società che vive una transizione al socialismo; il mercato quindi è incompatibile con il socialismo
    E’ chiaro che il Che sapeva benissimo che il mercato no si può annullare da oggi a domani ma sosteneva che in tendenza era necessario indebolire e non alimentare il mercato per arrivare alla sua eliminazione. Uno dei compiti della transizione è la determinazione della base tecnico-materiale del Socialismo per la quale è indispensabile la creazione ed il consolidamento della proprietà sociale, anche a partire dall’ambito della nazionalizzazione della proprietà capitalista.
    È in quest’ottica che lo stimolo materiale non assume gran rilievo poiché se si instaura una giusta correlazione tra le forze produttive ed i rapporti di produzione già nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. Per il Che i lavoratori devono essere comunque premiati ma gli incentivi devono realizzarsi appellandosi alla coscienza socialista e quindi i premi devono essere di natura morale; lo stimolo deve essere quindi morale e no materiale e deve soprattutto essere un premio collettivo .
    Si ha così la nascita dell’”Uomo Nuovo”. La creazione dell’uomo nuovo rappresenta una tappa raggiunta in anticipo. Una tappa, quest’ultima, in grado di trasformare il lavoro alienato in lavoro comunista.
    Un altro strumento utilizzato e pensato dal Che per avviare quel lungo processo di trasformazione interiore dell’uomo durante il periodo di transizione, è il lavoro volontario. Prendendo spunto dalle tesi leniniane escogitate agli albori della rivoluzione russa, il lavoro volontario viene pensato come il grimaldello per poter scalzare gli istinti privatistici, individualistici, egoistici dagli animi degli uomini. Esso è lavoro svolto al di fuori degli orari della giornata lavorativa, non è pagato e soprattutto non può essere imposto, pena la decadenza della sua funzione “educativa”.
    Ritorna quindi sempre nel Che il leit motiv della necessità dello sviluppo parallelo della coscienza rivoluzionaria dell’ “uomo nuovo” e dello sviluppo economico dell’intero paese. Facciamo notare anche in questo caso come il fattore di sviluppo quantitativo e qualitativo della base economica sia funzionale alla trasformazione qualitativa soggettiva. Le forze produttive non vanno solo potenziate bensì vanno radicalmente trasformati gli stessi rapporti sociali di produzione. Ciò implica appunto trasformazioni di tipo quantitativo e qualitativo.
    A tal proposito infatti Núñez Soto (2001: 35) scrive che per «il Che il comunismo si acquisisce attraverso un processo di educazione che marcia parallelamente allo sviluppo ed alla trasformazione materiale; educazione che si coltiva intersoggettivamente con gli altri».
    È in questa prospettiva che vanno lette le parole del Che quando sostiene che le «speranze nel nostro sistema vanno viste in prospettiva, in funzione dello sviluppo più accelerato della coscienza e, attraverso la coscienza, delle forze produttive» (Guevara, 1996h: 133).
    Nonostante la diversità di esperienze, a nostro giudizio il periodo di transizione si deve concepire come una tappa più o meno lunga durante la quale si converte la trasformazione rivoluzionaria delle vecchie relazioni di produzione capitaliste che tendono a sparire nelle forme socialiste alle quali corrisponde loro il futuro. In Critica al Programma di Gotha Marx sosteneva: «... Tra la società capitalista e la società comunista si colloca un periodo di transizione rivoluzionaria dalla prima alla seconda. A questo periodo corrisponde anche un periodo politico di transizione nel quale lo Stato non può che essere retto dalla dittatura del proletariato».

    8. Interessanti risultano le idee di Guevara sul commercio internazionale che riassumono una critica intelligente e profonda delle idee del libero commercio che ancora oggi continuano ad essere sviluppate dal pensiero economico predominante (Martínez, O. e A., 2006: introduzione).
    Attualmente come risultato di quanto detto si è dispiegata un'ondata delle più diverse varianti del libero commercio. Oggi è di attualità parte del pacchetto teorico integrale della dominazione imperialista che postula che solo un commercio genuinamente libero è capace di garantire il funzionamento perfetto dei mercati, la migliore assegnazione di risorse, il risultato della specializzazione perfetta per ogni paese e pertanto la crescita economica sostenuta in un sistema di profitti per tutti, sofisticate costruzioni teoriche su vantaggi assoluti, comparati, competitivi ecc..
    Non c'è punto di contatto tra le masse proletarie dei paesi imperialisti e quelle dei paesi dipendenti; tutto contribuisce a separarli ed a creare antagonismo tra loro. È anche falso che il proletariato (distinguendo chiaramente il proletariato di questi paesi dal proletariato come ideologia) sia quello che svolga il ruolo dirigente nella lotta di liberazione, nella maggioranza dei paesi semicoloniali. La questione va posta in questi termini: i proletari dei paesi imperialisti ricevono le briciole dallo sfruttamento coloniale e diventano complici dei monopolisti; gli operai dei paesi dipendenti ricevono un salario minore di varie volte, ma comunque un salario che offre una certa stabilità anche per la consistente offerta di lavoro di contadini senza terra; i contadini di questi paesi costituiscono l'offerta di lavoro perché privati delle terre incettate dai latifondisti; così scompare l’economia naturale senza essere rimpiazzata, sono costoro gli autentici miserabili di questo momento nella gran maggioranza dei paesi. Sono la forza rivoluzionaria» (Guevara, 2006: 83).
    Questo passaggio contiene molti elementi che visti oggi richiederebbero un duro lavoro di contestualizzazione.
    Quanto alle relazioni commerciali, Guevara enfatizzò la questione del prezzo, ma insistette anche sulla necessità di una nuova divisione internazionale del lavoro: «Definizione del commercio internazionale, come strumento idoneo per il più rapido sviluppo economico dei popoli sottosviluppati e discriminati e questa definizione deve implicare l'eliminazione di tutte le discriminazioni e differenze, anche quelle che derivano da un ipotetico trattamento ugualitario…, non è in questo caso uguaglianza, equità, è la disuguaglianza necessaria affinché i paesi sfruttati raggiungano un livello di vita accettabile. Dobbiamo lasciare stabilite qui le basi per l’introduzione di una nuova divisione internazionale del lavoro, mediante l'utilizzazione piena di tutte le risorse naturali di un paese, elevando progressivamente il suo grado di elaborazione fino alle più complicate forme di manifattura.
    Ugualmente la nuova divisione del lavoro dovrà ricercarsi attraverso la restituzione ai mercati dei prodotti tradizionali di esportazione dei paesi sottosviluppati che sono stati loro strappati dalle misure artificiali di protezione e stimolo alla produzione dei paesi sviluppati, ed una partecipazione giusta nei futuri aumenti del consumo.
    Questa conferenza dovrà raccomandare forme concrete di regolamentazione, sull'uso delle eccedenze di prodotti basilari, ostacolando che si trasformino in sussidi ad esportazioni dei paesi sviluppati, in detrimento delle esportazioni tradizionali dei paesi sottosviluppati o in strumenti di penetrazione di capitali stranieri nei paesi sottosviluppati» (Guevara, 1977: Tomo II, 273).
    L'insieme di problemi formulati dal Che, che riflettono il miraggio del libero commercio, continua ad essere attuale come un riflesso della lunga portata della sua visione. È evidente che Guevara si pronunciasse per una relazione commerciale differente tra i paesi socialisti e quelli sottosviluppati che si stabilisse su basi differenti da quelle del mercato mondiale capitalista, in modo da condurre al superamento dello scambio disuguale, mediante la formazione di un mercato per i paesi socialisti.
    Il Che si confronta anche con concezioni come quella di A. Lewis sul dualismo delle economie sottosviluppate il quale può essere superato nella misura in cui i fattori di produzione passano dal settore tradizionale al settore moderno. Per entrambe le concezioni superare il sottosviluppo è solo questione di tempo evidenziando la mancanza di storicità ed obiettività del metodo utilizzato. Dalle sue affermazioni sull'economia mondiale è evidente che conosceva le principali correnti del pensiero rivoluzionario della sua epoca. Lesse i lavori di Baran e Sweezy, gli era familiare Emmanuel per ciò che concerne lo scambio disuguale ed accettava l'ipotesi della CEPAL circa il deterioramento dei termini di scambio. Stranamente si tende ad ignorare questo aspetto del suo pensiero.
    Per il Che il sottosviluppo non solo è il risultato dello sviluppo capitalista ma è anche un fenomeno che si riproduce, pertanto l’unica soluzione radicale è il trionfo del socialismo. Questo sviluppo sproporzionato dell'economia mondiale capitalista permette al Che di considerare (come Lenin) che era possibile il trionfo politico del socialismo in un solo paese e soprattutto nei paesi sottosviluppati (Guevara, 2006a: 99-100).
    Il successo delle rivoluzioni socialiste nel Terzo Mondo dipende anche dall'appoggio internazionalista dei paesi socialisti. E per riuscire in questo obiettivo era necessario che i paesi socialisti più sviluppati stabilissero una relazione speciale coi paesi che intraprendevano il cammino della liberazione rivoluzionaria come condizione per il successo di questi processi. Per far ciò era necessario stabilire relazioni di nuovo tipo differenti da quelle predominanti nel mercato mondiale, stabilendo nuovi modelli di prezzi ed un atteggiamento fraterno ed internazionalista nel campo del trasferimento di tecnologie e capitale.
    In senso generale nel Che si riconosce la concezione di imperialismo come passaggio dell’economia capitalista mondiale e non di una teorizzazione e quindi l’antimperialismo deve essere esso stesso una pratica derivata dalla lotta rivoluzionaria e dal processo rivoluzionario a livello mondiale, che eleva la coscienza e la radicalizzazione dell'azione delle masse.

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    Predefinito Rif: Perché è attuale il “Gran Debate” sulla transizione al socialismo

    Perché è attuale il “Gran Debate” sulla transizione al socialismo

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    di Luciano Vasapollo



    9. Che Guevara (1996h: 132) sottolinea che «una rivoluzione non può verificarsi se non quando vi siano contraddizioni fondamentali fra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione».
    Questa affermazione è utile al Che per un suo ragionamento particolare sulla pianificazione come elemento “umano” di controllo dell’economia.
    Ernesto Che Guevara stigmatizza il fatto che un qualcosa che pare funzionare, soprattutto in una prima fase di transizione, possa poi inopinatamente trasformarsi in legge dello Stato quasi per diritto sovrannaturale; questo aspetto infatti pone a serio rischio tutto il complesso sistema della pianificazione ponendo le condizioni perché elementi dovuti più all’audacia ed alla sperimentazione che ad analisi appropriate possano diventare dogmi senza base scientifica alcuna.
    Come si può notare la strategia rivoluzionaria del Che collega sempre due obiettivi per lui inscindibili: razionalizzare il sistema economico, aumentandone anche il livello di sviluppo delle forze produttive, ma al contempo elevare il grado di coscienza – e quindi di partecipazione, in ultima istanza: di efficacia del sistema – delle masse. Perché obiettivo della rivoluzione resta comunque quello della liberazione dell’uomo dall’alienazione capitalistica.
    Per Guevara nell'economia mondiale è indissolubile la relazione tra economia e politica e non si tratta solo di questioni tecniche e di ottimizzazione, per questo nel dibattito sono sempre presenti gli interessi economici e politici di determinati settori. Il suo pensiero tuttavia è influenzato dalle realtà che gli toccò vivere e pertanto le idee sostenute sono soggette a passare, con maggiore o minore successo, sotto la prova del tempo. Per cui va sottolineato che una significativa parte della produzione del Che non fu concepita per essere data alle stampe ed ancor meno era caratterizzata da una sistematizzazione scientifica, tuttavia ha il merito di essere riflessioni ispirate da una maturità di pensiero teorico e soprattutto da uno spirito conseguente ai fatti ed alla costruzione degli argomenti teorici della realtà e non della teoria stessa.
    Per il Che ed anche per Fidel Castro, l'espressione "popolo" non è una mera esistenza sociale, bensì una forza politica. Da questo punto di vista sociale sono parte del popolo tutti i settori che soffrono delle asimmetrie e disuguaglianze generate dallo sfruttamento del capitale che possono avere fondamenti di diversa indole, la sua composizione pertanto può variare sensibilmente da un paese all’altro ma questo dipende da circostanze non solo economiche, ma anche culturali, politiche e storico-sociali.
    Le forze protagoniste nel processo rivoluzionario fanno parte del popolo tanto nel senso sociale che in quello politico ma non sono necessariamente il proletariato ed i partiti comunisti.
    10. Il momento della frattura del modello capitalista, e le sue conseguenze che conducono alla nascita del socialismo, costituiscono le questioni di maggior interesse teorico e pratico per il Che, che si misurava – assieme ai suoi compagni di strada – con un frangente storico di quel genere.
    Nella bibliografia marxiana, la Critica al programma di Gotha è dove più significativamente affronta il problema della transizione al socialismo. Nella lettura di Guevara, già in quelle note critiche si rileva la necessita, per Marx, di un superamento completo dei rapporti mercantili: il socialismo era il luogo in cui i lavoratori avrebbero ricevuto secondo il proprio lavoro, ma tale “compenso” sarebbe stato erogato già in forma di merci. Non c’è traccia, secondo questa prospettiva, di rapporti monetari nella fase del socialismo compiuto.
    Approntando queste riflessioni, dunque, Ernesto Guevara investe in pieno il problema della persistenza dei rapporti mercantili nell’economia socialista, un nodo tutt’altro che squisitamente teorico, poiché nella costruzione dello Stato cubano la questione risultava essenziale per determinare le strategie della pianificazione economica e della direzione politica.
    Sorgono, anzi, una serie di problemi, primo tra tutti quello di fissare una retribuzione in linea con il lavoro dell’operaio.
    Sempre nella Critica al programma di Gotha, criticando i lassalliani e le loro posizioni, il rivoluzionario di Treviri conclude che non può esservi sfruttamento pieno del lavoro per ciascuno, perché il lavoro è sostanzialmente diviso: l’operaio deve lavorare non solo per se stesso, ma anche per le esigenze della società. A questo punto, però, per eliminare ogni forma di sfruttamento del lavoro, bisognerebbe fissare un equo sistema di calcolo della retribuzione, e qui sorgono alcuni problemi, come quello relativo all’individuazione di chi deve fissare la quota del lavoro.
    In realtà, nella Cuba che cominciava la costruzione del socialismo, ci si scontrava con la mancanza di una economia politica adatta al periodo di transizione, in cui il superamento o la funzionalizzazione dei rapporti mercantili sia chiaramente teorizzata. Purtroppo, per definire le caratteristiche dell’economia politica del periodo di transizione al socialismo mancano in maniera completa – secondo Guevara – riferimenti utilizzabili nel pensiero di Marx.
    11. Il Che si oppone risolutamente all'interpretazione volutamente forzata della tesi circa il carattere agonizzante dell'imperialismo, così come è nota anche attraverso i manuali ufficiali sovietici. Molte verità che non erano tali furono diffuse, tra loro quella del mito della crisi generale del capitalismo, con la quale si dimenticava il principio marxista dell'unità tra l’assoluto ed il relativo come un’analisi accettata per comprendere la pratica in generale; l'interpretazione del sistema di contraddizioni del capitalismo andava e va effettuata con tale metodo scientifico.
    Ecco tutta l’attualità del pensiero e della pratica rivoluzionaria del Che nella costruzione del socialismo.
    All’inizio di questo XXI secolo siamo di nuovo immersi nella guerra, classicamente intesa, come all’inizio del secolo passato; parti ampie dell’umanità soffrono la fame come non era mai accaduto in precedenza, le ingiustizie sociali toccano profondamente anche i paesi più “avanzati”, si sono persi tutti i riferimenti morali ed etici anche quelli che furono propri di epoche precedenti delle società capitalistiche. La democrazia borghese è un involucro sempre più vuoto agli occhi dei popoli, si pone una questione ambientale che non lascerà fuori nessuno dai suoi devastanti effetti. Siamo cioè in una condizione dove le necessità di cambiamento sono evidenti a tutti, anche ai rappresentanti dell’attuale imperialismo, e dove si riparla della necessità di costruire un nuovo mondo.
    E l’intero sistema del modo di produzione capitalistico entrerà in crisi soltanto se le forze soggettive del movimento operaio e di classe sapranno indirizzarsi nel lungo processo di superamento della crisi economica sul terreno della politica, con gli elementi di costruzione della trasformazione definitiva di un altro modo di produzione con un sistema di relazioni socialiste.
    Bisogna però sapere, oggi più di ieri, che se “un’ altro mondo è possibile e necessario” lo è perchè si è capaci non solo di fare la rivoluzione politica come nel corso del ‘900, nelle diverse forme possibili date dall’attuale contesto storico, ma anche di dare risposta a quegli interrogativi che si sono posti nel tentativo di creare una società fuori dalle leggi del capitale, nei percorsi di transizione e che sono divenuti ancora più pressanti e drammatici dopo il famigerato crollo del “muro di Berlino”.
    Le riflessioni economiche del Che sono state fondamentali nell’economia complessiva del dibattito in Cuba (ma anche in altre parti del mondo) per l’impianto teorico della fase di costruzione del socialismo e la sua eventuale transizione al comunismo.
    Le contraddizioni teoriche che, anche attraverso l’operato del Che economista, si sono trasformate in contraddizioni pratiche, hanno avuto nel Sistema Budgetario di finanziamento una prima risposta, non esaustiva ma comunque necessaria ai ragionamenti che ancora oggi sono necessari intorno al tema del socialismo e della sua realizzazione.
    Non è un caso che vi si dibatta non solo in paesi dove tentativi analoghi sono in via di realizzazione come in Venezuela, Bolivia e dove invece le fasi della transizione hanno raggiunto un punto più avanzato, anche se a volte con le contraddizioni che oggettivamente un processo di transizione comporta; è il caso della Cina, del Vietnam e soprattutto della Cuba socialista rivoluzionaria, dove queste tecniche (tipo l’organizzazione d’impresa giapponese), oggi vengono analizzate, studiate e, per alcuni versi, riprodotte nelle diverse forme che assume la pianificazione dell’economia come risposta forte e attuale contro le leggi del profitto e dell’accumulazione.
    12. E’ quindi forte e viva la convinzione politica strategica che in America Latina non è solo in corso un processo di integrazione per un percorso di autodeterminazione, ma oggi è proprio nella Nuestra America di Martì , di Bolivar , di Che Guevara che si sta giocando la partita a livello più alto del conflitto internazionale capitale-lavoro.
    La vittoria di importanti processi rivoluzionari in corso non hanno solo connotati antimperialisti ed antiliberisti ma una caratterizzazione fortemente di classe e con tutti i contenuti , diversificati e contraddittori , propri della transizione socialista; ciò avviene a partire dalla portata e dal ruolo di vari dinamici movimenti di classe e di alcuni partiti comunisti , ad iniziare dal riferimento fondamentale di quello cubano.
    Ecco perchè l'analisi teorica e il nostro operare e agire politico si relaziona e ha a che fare direttamente, ora e anche qui in Italia e in Europa, con la dimensione dell'internazionalismo di classe. Ciò avviene in termini di prospettiva reale di programma per andare oltre la solidarietà politica, praticando esperienze politiche di classe come parte di una dimensione internazionalista dell'anticapitalismo e delle ipotesi socialiste già in campo in varie parti del mondo.
    E se tale dibattito è vivo e attuale lo si deve esclusivamente alla “caparbia marxista” di un rivoluzionario per breve tempo prestato all’economia che seppe individuare in alcuni modelli ereditati dal sistema capitalista, caratteristiche adattabili che, trasferite in un impianto socialista, davano risultati migliori. Parlare oggi di Ernesto Che Guevara significa, dunque, soprattutto ed oltre l’immaginario collettivo, parlare di come ha affrontato quei problemi di costruzione di un’altra economia e di un’altra società, di come può avere elaborato concetti ed ipotesi di azione, giusti ma anche errati; in sostanza di come realmente, concretamente e fuori da ogni retorica ha operato misurandosi con il problema che il mondo va cambiato e non solo interpretato, come troppo spesso ora avviene.
    Anche oggi si può discutere nel merito delle caratteristiche del movimento internazionale di resistenza all’imperialismo e di come questo movimento si articoli in maniera differenziata, per metodo , ruoli, contesto e patrimonio storico, ma è certo che oggi è necessario riconoscere questa tendenza e lavorare alla costruzione di un blocco articolato della resistenza antimperialista e anticapitalista.
    La lotta dei popoli mediorientali e i processi in corso di transizione al socialismo dell’America Latina , sono parte del movimento di resistenza globale, ed è in questo quadro che va ricollocata l’azione dei comunisti e degli antimperialisti in Europa e nei paesi a capitalismo avanzato.
    Abbiamo oggi certamente l’esigenza di avviare e mantenere aperto il dialogo ed il confronto con tutte le organizzazioni di classe proprio perché ci sentiamo parte della dimensione internazionale del movimento di resistenza globale. Diventa però chiaro che nella Nuestra America è in atto una vera offensiva, e non resistenza, delle forze di classe contro il capitalismo e nella costruzione delle dinamiche della transizione al socialismo, e quindi del socialismo nel e per ,e non del, il XXI secolo. In America Latina è, quindi, insufficiente parlare di laboratorio e di resistenza , ma bisogna capire la concretezza di un processo vero, reale e complesso ,a cui la sinistra di alternativa e radicale italiana ed europea è chiamata a dedicare assolutamente più tempo e più energie , più studi e riflessioni collettive, più convinto impegno politico e non come spesso avviene solo con un dichiarato internazionalismo che però rimane di facciata. Non capire questo e quanto ciò ci riguarda direttamente qui ed ora significa non avere la cognizione nemmeno della partita che è in gioco, di come uscire dall'empasse , di come stare nella crisi del capitale , di quale è la nostra concreta pratica della proposta politica per il superamento del modo di produzione capitalista nel progetto di costruzione del socialismo.
    Fasi storiche con contesti internazionali diversi e quindi con condizioni socio-economico-produttive tipiche del momento, determinano percorsi mutevoli della transizione che non possono essere interpretati se non dentro le dinamiche di contesto e sicuramente non come validi sempre e comunque non associabili in differenti contesti spazio-temporali.
    Solo così si può pensare alla prospettiva del ruolo e della funzione dei comunisti, cioè un futuro politico in termini di prospettiva reale di programma per andare più in là della solidarietà politica internazionalista e vivere la esperienza politica dei comunisti come parte di una dimensione internazionale dell’ articolato e diversificato antimperialismo e dell’anticapitalismo, già a partire dalle ipotesi socialiste in campo come quelle che in maniera articolata si praticano concretamente in America Latina.
    E' per questo che il marxismo è una scienza vera e completa al servizio dell'umanità, perché vuole leggere ed interpretare i fenomeni sociali, politici ed economici, le loro tendenze per trasformarle in movimento capace di superare radicalmente lo stato presente delle cose.

    Bibliografia essenziale


    Castro Ruz Fidel,
    1998, El Che en Fidel Castro (Selección temática 1959-1997), La Habana, Editora Política
    2006 ″Discurso pronunciado el 8 de octubre de 1987 en el Acto central por el vigesimo anniversario de la muerte de Ernesto Che Guevara)″, in E. Guevara, El Gran Debate sobre la economía en Cuba,Melbourne, New York, Ocean Press 2006, Allegati
    Guevara, E.
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    1988 ″Notas para el Estudio de la ideología de la Revolucion Cubana″, in E. Guevara, Obras Escogidas, Volume II, La Habana, Editora Politica
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    2006, Apuntes Críticos a la Economía Política, Editorial Ciencias Sociales ,L’Avana
    2006b El Gran Debate sobre la economía en Cuba, Melbourne, New York, Ocean Press
    Kohan N. “Estimulos morales y materiales en el marxismo del Che Guevara”, 18 noviembre, 2002, www. Rebelion.org
    Marx, K.
    1971 Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma.
    1974 ″Critica al programma di Gotha″, in ID., Obras escogidas, tomo 2, Mosca, Ed. Progreso [titolo spagnolo]s.d. ″Salario, prezzo e profitto″, in Obras Escogidas, Mosca, Editorial Progresso
    Rodríguez, C. R., 1983, ″Problemas prácticos de la planificación centralizada. Dr. Carlos Rafael Rodríguez, México Septiembre 9 de 1980. Letra con Filo″, Tomo 2, La Habana, Editorial Ciencias Sociales
    Tablada, C., 1989,Ernesto Che Guevara. Il pensiero economico, Roma, erre emme edizioni
    Vasapollo L. “Trattato di economia Applicata”, Jaca Book. Ed. Milano, 2008
    Vasapollo L. “Che Guevara economista. Attualità del dibattito sulla transizione tra Cuba e URSS”, con Efrain Echevarria H., Alfredo Jam M., Jaca book ed., Milano, ottobre 2007

    Vasapollo L. “Trattato di economia Applicata”, Jaca Book. Ed. Milano, 2008

    Per un approfondimento dettagliato delle tematiche trattate in questo articolo relative al “Gran Debate” si veda Vasapollo L. “Che Guevara economista. Attualità del dibattito sulla transizione tra Cuba e URSS”, con Efrain Echevarria H., Alfredo Jam M., Jaca book ed., Milano, ottobre 2007

    Guevara, E., Apuntes Críticos a la Economía Política, Editorial Ciencias Sociales ,L’Avana, 2006, pp. 96-99. Si tratta di un materiale lungamente atteso dagli studiosi del pensiero del Che, consistente nei suoi commenti critici al Manuale di Economia Politica dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, uscito in spagnolo nel 1963.

    Per gli argomenti trattati cfr.N. Kohan “Estimulos morales y materiales en el marxismo del Che Guevara”, 18 noviembre, 2002, www. Rebelion.org

    Il Che, nel suo ruolo di Ministro dell’Industria, era membro del Plenum e del suo Comitato Esecutivo; ed inoltre esercitava la funzione di rappresentante della Direzione Politica Nazionale.
    Tra le molteplici funzioni che svolse il Comandante Ernesto Guevara nel Comitato Esecutivo della JUCEPLAN, si possono ricordare la sua responsabilità nell’elaborazione e nell’organizzazione della metodologia ed nel procedimento per la creazione del primo piano dell’economia cubana, soprattutto per i settori dell’Industria, dell’Agricoltura, del Trasporto e del Rifornimento Materiale .

    Sotto la responsabilità del Che si portò a termine il cambio obbligatorio della moneta in circolazione in quell’epoca, mediante la legge n. 963 del 4 agosto del 1961, che ha dato un colpo decisivo ai piani reazionari dell’imperialismo contro Cuba.

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