I conti lacrimevoli della signora Giuseppina
Leggevo anni fa – erano i primi mesi del 2001 – la lettera pubblicata da una delle tante riviste nate in funzione della campagna elettorale del centro-destra. Era la lettera di una donna, Giuseppina Cannavò, che si definiva “quarantacinquenne casalinga in attesa”. La signora vantava una bella famiglia, due figli in età scolare ed un marito da poco approdato al sufficiente stipendio di quasi tre milioni di lire. Dunque un tenore di vita, in quegli anni, abbastanza soddisfacente anche se la gestione di casa doveva esser accorta e l’acquisto di una casa di abitazione era rimandato al completamento dei risparmi per il versamento del congruo anticipo richiesto allora dalle banche per concedere il mutuo.
La signora che desiderava migliorare la sua situazione familiare pensava al futuro brillante dei suoi figli in un paese libero dai troppi vincoli amministrativi, competitivo, efficiente e sicuro. Chiedeva un “nuovo miracolo italiano” in senso moderno, nel quale successo e benessere fossero davvero alla portata di ogni cittadino laborioso e onesto. “Darò per questo il mio voto a Silvio Berlusconi alle prossime elezioni: è un imprenditore di successo che si è fatto da solo, lontano dalle secche della politica; sono certa che come ha fatto bene per sé, farà bene per tutti noi”. Così concludeva la lettera che condensava il pensiero, in quel tempo, di moltissimi altri, donne e uomini.
La Giuseppina del 2001 venne accontentata, il Cavaliere vinse le elezioni.
Molto presto, però, la signora della lettera ha visto il “sogno” promesso infrangersi giorno dopo giorno sugli scogli di una realtà opposta.
Mi piacerebbe ascoltare oggi i pensieri e gli intendimenti di quella signora e di altre che, come lei, hanno fatto all’epoca un identico ragionamento.
Diamo uno sguardo al suo bilancio familiare, signora in attesa. Lo stipendio di suo marito vale oggi 1.600-1.700 euro (una cifra già alta se confrontata alle paghe medie di 1.200-1.500 euro e agli sparuti 850 euro dei giovani precari). L’affitto del suo appartamento ha continuato ad aumentare, anche dopo il raddoppio senza controllo governativo lira-euro, dal 9 al 14%. E dimentichiamoci della speranza di un acquisto!
“Ma c’è stata la riduzione delle imposte”, potrebbe dirmi qualcuno. Non certamente può dirlo lei che non si è nemmeno accorta degli 83 euro annuali che sono rientrati in casa (29e. per un pensionato, 75e. per un operaio, 125e. per un lavoratore autonomo e 313e. per un professionista). Al contrario, si è perfettamente resa conto dell’aumento delle imposte diverse dall’IRPEF, del 23% in più di imposte regionali e comunali grazie ai vistosi tagli agli enti locali attuati dalle finanziarie.
Ha dovuto verificare che l’aumento costante dei prezzi di tutti i generi di consumo ha sottratto alle sue entrate ben 1.100 euro l’anno, ai quali vanno aggiunte le interminabili scalate delle tariffe di luce, gas, telefono, riscaldamento.
Se nei primi tempi del suo “miracolo” il Cavaliere consentiva solo l’affanno della quarta settimana del mese, ora, alla fine del suo mandato, la “sindrome” della terza settimana è già una conquista.
Ed il paese più libero, più moderno, competitivo e sicuro che Giuseppina desiderava?
Eccolo in cifre. L’Italia è ahimé bloccata da una crescita dello 0,2% (la più bassa d’Europa), stretta da un debito pubblico cresciuto dai 1.348 miliardi di euro del 2001 ai 1.542 del 2005. Il rapporto deficit/PIL tocca ormai il 4,3% mentre il saldo della bilancia commerciale, positivo nel 2001 in tempi di centro-sinistra, precipita a meno 10.368 milioni di euro nel 2005. Asili nido, anziani, scuole per l’infanzia vengono pesantemente “tagliati”. E gli investimenti per ricerca e innovazione sono appena dello 0,90%. Zero virgola zero per la scuola e le tecnologie.
Infine, nel paese più sicuro che lei (e tutti noi) desiderava, i reati denunciati sono aumentati da 2.163.826 a 2.415.023.
Mi fermo qui, signora, per dare spazio alla speranza dell’Italia che riparte.
Rosanna Pilolli
12/03/2006
da www.pontediferro.org