Alla maggior parte degli italo-canadesi, soprattutto quelli vicini alla cinquantina, il nome di Guido Renzi suonerà quasi familiare. Per gli altri è sufficiente una rapida sbirciata su qualsiasi motore di ricerca telematico. Internet pullula di racconti sul giovanotto romano che, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, ha partecipato a Cantagiro e Disco per l'estate con un paio di serenate à la Peppino Gagliardi. Quel Guido Renzi è lo stesso che oggi, a parecchi lustri di distanza, ha deciso di accettare le avances della Lega Nord e di correre per un posto alla Camera. Scelta inconsueta? A sentire lui no, anzi, tutto come da programma. «Sono un Don Chisciotte - dice al Corriere Canadese - mi batto da una vita, non potevo perdere questa occasione».
Il suo più grande successo s'intotola Amica Mia (1969) e ha venduto oltre un milione e mezzo di copie. Poi è stato il momento di Tanto Cara (1970), terza al Cantagiro. Una volta sceso dal palcoscenico, Renzi ha condotto una serie di trasmissioni televisive su emittenti locali italiane. Oggi vive a Montréal con la propria famiglia, dove insegna italiano.
Allora ci spieghi, Guido Renzi: com'è venuta la scelta di rappresentare la Lega Nord in Canada?
«Io apprezzo questo partito politico. So che in passato ci sono stati degli episodi in chiaro scuro, che possono anche aver dato un'idea non proprio positiva del partito. Però le cose sono profondamente cambiate ora. E la dimostrazione pratica di quel che voglio dire si può leggere facilmente nelle cronache degli ultimi cinque anni, nell'azione che la Lega ha svolto al governo. Il partito ha sempre utilizzato un linguaggio piuttosto forte, ma credo si trattasse di una necessità per attirare gli elettori, soprattutto quelli del Nord. Lo slogan "Roma ladrona" per esempio, tanto in voga negli anni Novanta, è stato una trovata per così dire pubblicitaria. Il fatto che Roma sia ladrona un po' è vero, ma lo stesso si sarebbe potuto dire di Milano se Milano fosse stata la capitale d'Italia».
Cosa le piace della Lega Nord?
«Glielo spiego subito. La Lega è un partito come me, pane al pane e vino al vino, dice le cose come stanno, senza compromessi. Prendiamo la questione dell'immigrazione per esempio, che in Italia è vissuta come una problematica. Noi siamo tra i pochi che hanno cercato di affrontare con decisione questo fenomeno, fuori da ogni retorica. Oggi infatti c'è una legge chiamata Bossi-Fini che regolamenta in maniera severa l'immigrazione».
Quindici anni fa, quando la Lega ha cominciato la propria ascesa, lei viveva ancora in Italia. In quel periodo Bossi parlava di secessione, i toni del Senatur non erano esattamente quelli del circolo Lord Brummel. Lei è romano, non era infastidito dalla propoganda leghista?
«La Lega non è un partito perfetto, però sta cercando un proprio equilibrio, ha dei valori che vuole difendere, come il rispetto per gli elementi fondanti della nostra società: la religione cattolica, la famiglia, il lavoro. E poi, come ho detto, credo che i toni siano cambiati molto negli ultimi anni. È vero, prima si parlava di secessione, poi di federalismo, adesso si è arrivati alla devolution e recentemente è stata completata una riforma costituzionale che ha ottenuto l'appoggio di tutto il centrodestra, da Forza Italia all'Udc ad Alleanza nazionale. Penso che, probabilmente, quindici anni fa sia stato necessario usare determinate espressioni per attirare l'elettorato. Ora non è più necessario, l'esperienza di governo ha fatto maturare il partito, ci stiamo avvicinando ad un nuovo equilibrio anche sotto il profilo dei valori, questo è innegabile».
Gli elettori nordamericani potrebbero faticare a comprendere il passaggio e, di conseguenza, a concederle la loro fiducia. La maggior parte degli italo-canadesi proviene dal Meridione: questo potrebbe rappresentare un grande problema grande per lei.
«Sì, sinceramente credo che questo possa essere un problema. Ed è possibile che io non vinca, che non venga eletto, ma poco importa. Sono un Don Chisciotte, mi batterò ugualmente, lo faccio anche per me stesso. Voglio dire quello che penso, parlare di quello che farei per migliorare la vita degli italo-canadesi. Le mie idee non coincidono sempre con quelle della Lega: io sono io, ho i miei princìpi, i miei ideali, e credo che questa sia l'occasione giusta per far sentire la nostra voce. È un'occasione storica, per la prima volta abbiamo la possibilità di eleggere dei nostri rappresentanti al Parlamento italiano. Non possiamo perdere questa chance».
Quali sono i primi punti che le piacerebbe realizzare nel caso venisse eletto?
«C'è tanto da fare per la nostra cultura. Io voglio una scuola tutta italiana in Canada, dalle elementari alle superiori. Siamo molto numerosi qui e non capisco perché non ci sia già una struttura del genere in Canada. Poi bisogna sovvenzionare tutto quel che ruota intorno alla cultura. Quindi più contributi all'informazione in lingua italiana, alla stampa, alla radio, ma anche al teatro. La cultura va incentivata, sia per senso pratico che per orgoglio nazionale. Il Canada, poi, è pazzo dell'Italia».
Quali sono i problemi principali da risolvere?
«Penso che sia necessario ridare la cittadinanza italiana alle persone che l'hanno persa. C'è anche tanta gente che, venendo qui, ha perso le proprietà che aveva in Italia. Cerchiamo allora una forma di accomodamento».
Lei potrebbere anche finire all'opposizione. Come si comporterebbe a quel punto?
«Io vorrei dire solo una cosa ai politici italiani, e lo faccio da cittadino. Vorrei che la smettessero di fare i buffoni. Odio l'ipocrisia. Detesto il fatto che, chi sta alla minoranza, debba sempre gridare alla catastrofe, allo scandalo, alla rovina. Credo che questo modo di fare attiri solo antipatie: non si possono prendere in giro le persone, tutti vedono che le cose non vanno così male come si dice. L'opposizione deve esercitare il proprio ruolo, che può essere anche di critica, ma critica positiva, costruttiva. In caso contrario, quando si costruiscono solo barricate, il risultato che si ottiene è solo quello di insultare l'intelligenza delle persone».
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