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    Bestia in via d'estinzione...
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    "Molti canti ho sentito nella mia terra natìa, canti di gioia e di dolor. Ma uno mi s' è inciso a fondo nella memoria ed è il canto del comune lavorator"...spettrale residuo di quegli estatici giorni rivoluzionari!
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    Predefinito Fausto, Iaio e Dax: uccisi in una giornata di marzo...

    1978, l'assassinio di Fausto e Iaio
    di Michele Gambino

    Faceva freddo a Milano il 18 marzo 1978, e il centro era intasato di auto della polizia e dei carabinieri: lampeggianti accesi, posti di blocco, mitra spianati. Due giorni prima a Roma era stato rapito Aldo Moro, e la macchina dello Stato sembrava impegnato in una buffa parodia di efficienza e «pronta risposta alla sfida brigatista», come promesso dal ministro dell'Interno Francesco Cossiga. Ma non c'erano sirene e poliziotti al Casoretto, quartiere di periferia. Solo persiane sbarrate a tener fuori lo smog e televisori accesi, in attesa del tg delle 20.
    A quell'ora Fausto Tinelli e Iaio Iannucci camminano lungo via Mancinelli, stretti nei paltò. Chiacchierano, e il freddo forma nuvolette di vapore davanti alle loro bocche. Hanno trascorso un pomeriggio tranquillo: Lorenzo in piazza Duomo insieme alla sua ragazza, Fausto al Parco Lambro con gli amici. Mezz'ora prima si sono incontrati alla "Crota Piemunteisa", un bar-trattoria di fronte al centro sociale Leoncavallo, e ora si dirigono verso casa di Fausto, in via Montenevoso 9, per l'appuntamento del sabato col risotto di mamma Danila. L'edicolante all'angolo tra via Casoretto e via Mancinelli li vede fermarsi davanti alle edizioni straordinarie dei giornali, a commentare i titoli sul sequestro Moro. Sono ragazzi come oggi ce ne sono sempre meno, Fausto e Iaio: attenti al mondo intorno a loro, impegnati nel quartiere. Negli ultimi mesi hanno lavorato ad un dossier sullo spaccio di droga al Casoretto.

    All'altezza dell'Anderson School di via Mancinelli ci sono tre persone infagottate in trench bianchi. Una signora, Marisa Biffi, vede Fausto e Iaio fermi alla loro altezza. Ecco il suo racconto, tratto dal libro Fausto e Iaio, di Daniele Biacchessi, uno dei tanti giornalisti che hanno tentato di ricostruire il delitto: «Tre ragazzi sono in piedi sul marciapiede, a 5-6 metri da me. Contemporaneamente un altro giovane è leggermente piegato e si comprime lo stomaco con entrambe le mani. Odo tre colpi attutiti che lì per lì sembrano petardi. I tre giovani sul marciapiede scappano velocemente mentre quello che è piegato su se stesso cade a terra. Mi avvicino al giovane caduto... Subito oltre il suo corpo, a un paio di metri, il corpo di questo ragazzo che prima non avevo visto né in piedi né a terra. Nessuno dei due ragazzi pronuncia un parola... Altrettanto fanno gli assassini che fuggono nel silenzio, avviandosi verso via Leoncavallo. Noto che il giovane con l'impermeabile ha un sacchetto che sembra di cellophane bianco in mano».


    Dalla testimonianza si deduce che gli assassini sono professionisti: agiscono rapidamente, non dicono un parola, raccolgono i bossoli nel sacchetto di plastica che la signora Biffi ha visto nelle mani di uno dei killer. A sparare otto o nove volte è stata una Beretta 80 calibro 7,65, arma leggera e agile, ideale per colpire da vicino. Prima è caduto Fausto, colpito all'addome, al torace, al braccio destro e ai lombi. Poi è toccato a Lorenzo: torace, ascella destra, inguine, fianco destro.

    Dopo l'omicidio, il gruppetto di tre sparisce nel nulla. L'indomani un funzionario della Questura parla con i cronisti: «E' chiaro, si tratta di una faida tra gruppi della nuova sinistra, o inerente al traffico di stupefacenti». La scientifica fa circolare la voce che l'assassino abbia sparato con una pistola calibro 32. «E' un'ipotesi tirata per i capelli, come del resto quasi tutte quelle formulate - scrive L'Unità -. C'è almeno un elemento certo nelle indagini sulla barbara uccisione di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli. I killer per uccidere hanno usato pistole automatiche avvolte in sacchetti di plastica».

    L'articolo è firmato da Mauro Brutto. Non ancora trentenne, Brutto è il prototipo di una specie oggi in estinzione, il cronista di nera. La Milano di quegli anni, splendidamente raccontata da Scerbanenco, gli offre mille spunti di lavoro. Ma Brutto è anche un uomo di sinistra, e nella morte di Fausto e Iaio vede chiaramente la mano della destra milanese. Ne parla mesi dopo il delitto con Danila, la mamma di Fausto: «Mauro venne a casa mia - ha raccontato la donna - si stava occupando del connubio tra trafficanti di eroina, fascisti milanesi e romani, apparati dello Stato; mi disse che la verità su Fausto e Iaio non era chiara».

    Per mesi Mauro Brutto raccoglie elementi sul delitto di Via Mancinelli. In novembre qualcuno gli spara tre colpi di pistola senza colpirlo. Pochi giorni dopo il giornalista mostra una parte del suo lavoro ad un colonnello dei carabinieri. Il 25 novembre, dopo cena, Brutto ha appuntamento con una sua fonte. Lo vedono entrare in un bar di via Murat, comprare due pacchi di Gauloise, uscire, attraversare la strada. A metà della carreggiata si ferma per far passare una 127 rossa. In senso inverso arriva una Simca 1100 bianca, lo investe e scappa.

    «La Simca sembrava puntare sul pedone», dirà nel corso della rapida inchiesta l'uomo a bordo dell'altra auto, la 127. Sparisce il borsello di Brutto, pieno di carte, forse trascinato dalle auto in corsa. Lo ritrovano qualche ora dopo in una via vicina, vuoto.

    Ci sono elementi sufficienti per fare ipotesi, ma non per evitare che la morte di quel bravo cronista sia archiviata come incidente, mentre prosegue l'inchiesta su Fausto e Iaio. Dopo il delitto sono arrivate alcune rivendicazioni di ambienti di estrema destra. La più credibile appartiene all'Esercito nazionale rivoluzionario - brigata combattente Franco Anselmi. Anselmi era un neofascista romano, morto dodici giorni prima dell'omicidio di Fausto e Iaio, mentre tentava di rapinare un'armeria della capitale. Tra i camerati del gruppo di Anselmi c'è Massimo Carminati, il guascone senza paura che svolge i lavori sporchi per conto della banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale romana, e ha rapporti con i servizi deviati. Tra le molte cose, Carminati è stato accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli ed ha lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell'inchiesta sulla strage di Bologna...

    Dopo anni d'indagine, Carminati sarà prosciolto per l'omicidio di Fausto e Iaio insieme ai camerati Claudio Bracci e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti, ma niente che si tramuti in prove certe. Del gruppo, oggi il più famoso è Corsi. Lo chiamano Marione, ed è il conduttore di una popolare trasmissione calcistica sulla Roma, in onda su "Radio Incontro". Cliccando sul suo sito internet ci si trova davanti ad un volto aperto e sorridente che incornicia due occhi gelidi. Ma è davvero un esercizio inutile, a distanza di tanti anni, cercare di rintracciare su quel viso i segni dell'uomo che Mario Corsi è stato, e di quello che ha fatto o non ha fatto.


    Resta invece una domanda: perché Fausto e Iaio? Due ragazzi come tanti, di sinistra ma senza strette appartenenze. Più politicamente in vista di loro, a Milano, vi sono migliaia di persone. Si è parlato molto del dossier sulla droga cui i due ragazzi avevano collaborato, ma quel lavoro, una rigorosa analisi dello spaccio milanese, non contiene rivelazioni di alcun tipo.

    E allora bisogna fermarsi su una coincidenza, come ha fatto recentemente Aldo Giannuli, consulente della commissione Stragi: i due ragazzi vengono ammazzati cinquantasei ore dopo il sequestro Moro, e Fausto Tinelli abita in via Montenevoso 9, dirimpetto al covo dei misteri brigatisti, quello in cui sarà custodito il memoriale di Moro. Dalla stanza di Fausto alla finestra del covo brigatista ci sono meno di dieci metri, e in quell'ambiente il ragazzo del Casoretto passa buona parte delle sue giornate, a leggere e ascoltare musica. Se esiste un misterioso legame tra il sequestro Moro e il duplice delitto di Milano, bisogna dare atto ai registi della trama di aver fornito anche la controprova: nel 1981 in provincia di Roma venne ucciso il capitano di polizia Francesco Straullu, e il delitto fu rivendicato dal nucleo fascista che si rifaceva a Franco Anselmi. Il fatto è che anche il nome di Straullu riporta al caso Moro: il capitano aveva indagato sul famoso borsello trovato nel 1979 in un taxi romano, e carico di "simboli" riferiti a Moro e al giornalista Pecorelli. Coincidenza per coincidenza, Carminati è stato indagato e prosciolto anche per l'omicidio Pecorelli. L'autore di quel delitto, chiunque fosse, indossava un trench bianco. Come i carnefici di Fausto e Iaio.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  2. #2
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    Sulla morte del compagno Davide Cesare

    Quando un ragazzo muore accoltellato in un agguato ed altri due vengono feriti da una squadraccia fascista non ci sono molte parole da spendere: si resta attoniti, sbalorditi e confusi, ma soprattutto rabbiosi. Rabbiosi perché non è cambiato nulla da quando queste fecce dell'umanità pestavano, ammazzavano, distruggevano le sedi operaie e sindacali negli anni venti. Rabbiosi perché non è cambiato nulla da quando queste fecce dell'umanità gasavano centinaia di migliaia di "abissini" nel nome di una civiltà superiore. Rabbiosi... perché sono fascisti. Ma l'unica cosa che li distingue dai loro superiori, i poliziotti, è la divisa.
    Per il resto nulla: la violenza che la polizia ha esercitato nei confronti di persone inermi, o addirittura ammanettate, che la stessa notte si erano recate a trovare i compagni feriti all'ospedale, è di fatto squadristica: usa gli stessi concetti e gli stessi metodi. È la violenza dei molti contro i pochi, è la violenza dei forti contro i deboli, è la violenza del Dominio, è la violenza che addestra se stessa perché legittimata da un potere costituito, è la violenza dell'impunità perché porta una divisa o perché ha coperture sufficienti, è la violenza di Genova, di Napoli, di Praga, delle carceri, è la violenza delle GUERRE e degli eserciti..., è la violenza di sempre.
    Ribadiamo che per noi l'antifascismo come l'antiautoritarismo sono valori fondanti della nostra pratica politica, sempre! Di fronte a quello che è capitato non possiamo che esprimere la massima solidarietà a tutti e tutte coloro che hanno subito la violenza, ai famigliari di Davide, ai compagni feriti.

    La Commissione di corrispondenza della Federazione anarchica italiana
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  3. #3
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    Un'altra morte in marzo, un tragico anniversario
    e un altro agguato fascista: e' come il dipanarsi
    di un tragico filo...

    Come colletivo esprimiamo tutto il nostro dolore e la nostra rabbia
    antifascista per l'assassinio di Davide, e la massima solidarieta' a
    familiari, compagn* ed amic* di chi e' stato vigliaccamente aggredito
    ancora una volta in una notte di marzo.

    Primo Moroni era solito dire: "Non e' forse vero che la lotta degli uomini
    contro il potere e' anche la lotta della memoria contro l'oblio?"

    Noi scegliamo di non dimenticare.

    Indymedia.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  4. #4
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    Gradirei qualche commento, soprattutto da parte dei compagni e degli amici.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  5. #5
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    Predefinito uno di noi

    dal mio blog...

    è difficile non cadere nella retorica quando si ricordano fatti come quelli avvenuti tre anni fa a milano. quando, in quella maledetta notte nera, hanno ammazzato davide.

    la guerra era imminente: a roma, milano, camp derby immense manifestazioni per la pace. a rafah una pacifista americana, rachel corey, veniva uccisa dai bulldozer israeliani. la notizia della morte di davide è arrivata come una bomba carica di rabbia, sconcerto, incredulità, dolore.
    ho condiviso con davide il percorso dei collettivi studenteschi, alcuni momenti di festa e qualche attimo di vita. quello che è successo non può avere un senso, ma se proprio devo darglielo, allora, è il ricordo della sua generosità, del suo sorriso e del suo impegno.

    il segreto è che siamo sognatori, siamo utopisti, ma non di quei sognatori che stanno sempre con il cuscino sotto la testa sulla veranda di casa…
    siamo sognatori con i piedi piantati per terra, siamo sognatori con gli occhi ben aperti, siamo sognatori che conoscono gli amici e che conoscono i nemici
    tomas borge

    alcune pagine dalla rete
    a dax e suoi fatti del san paolo
    storia di dax, ucciso una sera ai margini di milano, dove viveva
    intervista a rosa piro, la madre di davide, e di una compagna dell'orso
    a rozzano l'ultimo saluto a dax
    cosa scrivevano i giornali

  6. #6
    a sud di nessun nord
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  7. #7
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    avete dimenticato FRee Mumia Abu Jamal e poi avete finito tutta la parete del Leoncavallo

  8. #8
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    ..soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo. Che Guevara.
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    noi non dimentichiamo

  9. #9
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    [dd]www.youtube.com/watch?v=AY4aiKEIaVk[/dd]

    www.youtube.com/watch?v=AY4aiKEIaVk

 

 

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