Chi genera povertà?
Stefania Piazzo, il Federalismo 23/8/04
Insistono nel dire che il Federalismo è caro e confonde. Mai che si chiedano quanto ci sia costato non fare il Federalismo. È la vera prima domanda alla luce dei conti del Paese, delle pensioni negate alle nuove generazioni; dell’energia che costa più a noi cittadini e pmi che al grande capitale; delle famiglie che si organizzano in gruppi d’acquisto per battere il caro-prezzi con gli stipendi dei superati contratti nazionali, generatori di povertà e disuguaglianza, come denuncia da tempo l’insospettabile Università Cattolica di Milano. Segno che luoghi culturalmente prudenti hanno non proverbialmente perso la pazienza, aprendo una pubblica stagione, tutt’altro che eretica e spendiacciona, di rivendicazioni territoriali. Come testimoniano non lontani atti della Pastorale ambrosiana sui poveri delle regioni ricche che danno ai ricchi delle regioni povere. Benvenuta Curia. O il “manifesto dei campanili” del ’99 e le successive lettere del mite cattolicissimo NordEst. O, prima ancora, nel ’92, il laico studio “La Padania, una regione italiana in Europa”, della Fondazione Agnelli in cui si legge che « Non vi è niente di eversivo o di anti-italiano nel considerare lo stato centralista una parentesi, peraltro lunga, durata oltre un secolo e mezzo, in una storia secolare in cui venivano valorizzate le diversità e le autonomie. In definitiva, si può dire che la trasformazione dello stato italiano nella direzione del neo-regionalismo o del federalismo sia coerente con la scienza storica della nazione italiana». Quanto abbiamo pagato i ritardi dello Stato, le tangenziali col casello solo al Nord, la vita che costa più qui che là? Quanto perderebbero gli oligopoli che gestiscono fette consistenti di risorse se il controllo dell’energia fosse devoluto a realtà più piccole, se il Federalismo fosse energetico? Il Paese si spaccherà? Il Paese è già spaccato dalle pensioni godute per invalidità più che per contributi versati, per i trasferimenti statali diseguali, per i rifiuti respinti, per l’alto tasso di borbonizzazione delle scuole, dei ministeri, degli enti postali, delle ferrovie, dei canoni tv evasi, della parlata dei commentatori Rai. Chi spacca cosa, insomma? Se davvero politici e grandi imprenditori, credono vada bene così, si tengano l’Italia che loro piace. Ma non neghino a chi lavora, tiene famiglia e sogna di vivere del proprio stipendio territoriale, il diritto di vedere approvato quel Federalismo per il quale in milioni hanno votato nel maggio 2001. Serve una riprova in cabina?