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    Thumbs up Rifondare l'Occidente su basi cristiane e identitarie la sfida del nuovo mondo

    In un mondo che si fa sempre più piccolo l'Occidente sarà costretto, ogni giorno, a confrontarsi oltre gli steccati della propria civiltà. Ora che è scemata la contrapposizione politica nei confronti dell'area culturale slava, ed anzi, essa si è trasformata in un potenziale alleato contro la realizzazione del califfato mondiale, potremmo pensare ad un Occidente in cui una vera Europa divenga il cuore del dialogo tra cattolici ed ortodossi: l'amicizia tra Putin e Berlusconi potrebbe già costituire un possibile ponte solido per questa politica, culturale e religiosa. Solo la miopia di chi ha perso la propria memoria storica e culturale e la malafede di chi usa le culture del mondo in funzione anticristiana potrà occultare il fatto che difendere le nostre radici significa organizzare un futuro alla nostra civiltà.
    Il Ventesimo secolo si è distinto per la connotazione ideologica del mondo, oggi, invece, viviamo nel tempo del confronto culturale tra i popoli della terra. Più il terrorismo islamico acuirà la sua minaccia e più l'Occidente virerà a destra, nel mondo come in Italia, poiché è attraverso la difesa delle nostra civiltà che si potranno attuare politiche di integrazione adeguate al nostro tempo




    Nel nuovo mondo che è seguito al crollo del Muro di Berlino sono sorte problematiche che hanno colto impreparato l’Occidente. Mentre brindavamo alla fine del comunismo, chiusi nella contesa politica, sociale ed economica della nostra società occidentale, un’altra fetta di mondo stava subendo un’evoluzione politico-religiosa che avrebbe dettato le agende dei nostri Stati. L’Islam, la religione che ha formato intere popolazioni dal VII d.C. in poi, plasmando una civiltà differente dalla nostra, riemergeva tra le crepe dei due blocchi, sovietico ed Atlantico, riproponendosi frontalmente nei confronti dello stile di vita e dei valori sbocciati nella cristianità. In questo caso l’altro od il prossimo, che il Cristianesimo ci ha insegnato a considerare, ci ha guardati spesso attraverso la lente di una religione totalizzante che contempla unicamente un ordinamento teocratico come mezzo per il governo delle cose.

    Dalla rivoluzione iraniana del 1979 in poi, infatti, si ripropone la forma di un Islam totale attraverso il modello della Repubblica islamica iraniana. L'Islam politico nasce dalla discontinuità rispetto all'eredità delle dominazioni dei mongoli e dei turchi, che preferirono conservare le loro tradizioni tribali generando una sorta di separazione tra la pratica del culto ed il governo della società. La rivoluzione islamica sciita di Komeini, che si proclamò Guida Suprema della Repubblica iraniana, quindi, rinvigoriva il tempo in cui la visione di un Islam totalizzante era sta perpetuata con il califfato, mentre nei musulmani sunniti il desiderio del ritorno del califfo come alternativa alla concezione dello Stato di matrice occidentale si mantenne vivo nelle frange radicali: l'organizzazione dei Fratelli musulmani fu la prima che nel 1952 tentò di ristabilire il califfato insediando circa 30.000 famiglie sulla montagna del Muqqatan nei pressi del Cairo con l'intento, quindi, di realizzare una comunità musulmana che non tenesse conto dei confini politici territoriali. Tale esperimento venne represso dalle autorità egiziane e l'organizzazione sunnita si radicalizzò abbracciando la lotta armata ponendosi come precursore dell'estremismo islamico.

    L'effervescenza che caratterizzò il mondo musulmano nell'età moderna si sostanziò anche nelle lotte interne all'Islam tra sciiti e sunniti e tra gli stati islamici ed i loro popoli con la riffermazione di una maggiore identità islamica. Da allora l'Occidente subì le conseguenze di tali accadimenti. La guerra afgana che coinvolse i russi prima e la prima guerra del Golfo poi furono i primi esempi dove emerse l'odio antioccidentale.

    Il Ventesimo secolo delle ideologie terminava, quindi, lasciando il posto ad un nuovo mondo in cui il confronto tra le religioni e le loro culture presentano problematiche interamente differenti. I flussi migratori diretti verso Occidente, alimentati da una forte espansione demografica dei paesi poveri in maggior parte di fede islamica, diedero una dimensione internazionale ai cambiamenti dell'Islam. L'Europa fu sempre considerata dagli islamici come «da 'el ahd» («terra di pace contrattuale») in cui i musulmani potevano intessere scambi commerciali e vivere in pace. Ma da quando la loro presenza è divenuta sempre più significativa grazie all'immigrazione il Vecchio Continente ha acquisito maggior interesse divenendo «dar el Islam» («terra d'Islam»), luogo in cui i musulmani debbono esercitare il loro strumento di fede: la jihad. Una religione totalizzante non conosce separazione tra Stato e culto e quindi ogni forma del diritto si coniuga con precetti religiosi e per adeguarsi al modus vivendi occidentale crea degli organismi alternativi come i tribunali islamici o le banche islamiche osservanti la shar'ia. Ma non solo dove vi è una moschea il territorio è considerato terra d'Islam. Il fondamentalismo islamico ha riproposto, quindi, il tema dell'identità musulmana dai paesi di origine ai paesi di immigrazione, facendo proselitismo con messaggi antioccidentali attraverso i luoghi di culto che sono sorti nei nostri territori. Questo fatto ha condizionato le politiche di integrazione dei paesi occidentali.

    Se pensiamo che persino il Canada, che si distinse nel 1988 con il multiculturalism act - che dava libertà ad ogni individuo di mantenere ed esercitare la propria lingua e la propria cultura-, ha introdotto recentemente delle restrizioni nell'acquisizione della cittadinanza esigendo la condivisione dei diritti universali, come ad esempio l'uguaglianza tra uomo e donna che non è propriamente presente nella cultura islamica, si può comprendere come il fattore Islam condizioni la convivenza sociale dei nostri Paesi. L'islamismo politico ci ha fatto conoscere la drammaticità del problema, ha sfidato l'Occidente nel suo ventre molle, generato dalla secolarizzazione del Cristianesimo e da una conseguente perdita di identità, dove la laicità spesso è degenerata nel laicismo, che utilizza le culture del mondo in funzione anticristiana. Il multiculturalismo, quindi, diviene un'arma a doppio taglio per l'Occidente che, se messo in pratica, rischia di recidere le nostre radici culturali e di minare il nostro Stato di diritto.

    Con la fine del comunismo la sinistra postmarxista ha conservato ancora intimamente quella concezione materialista in cui le religioni sono considerate sovrastrutture della società ed ha fatto del multiculturalismo la nuova utopia, che si contrappone alle nostre radici cristiane. Ma anche il nichilismo strisciante della nostra società ha diffuso un approccio superficiale verso le culture del mondo e si è ritrovato sulle stesse posizioni della sinistra, secondo la quale una religione vale l'altra: è un approccio da un tanto al chilo.

    In un mondo che si fa sempre più piccolo l'Occidente sarà costretto, ogni giorno, a confrontarsi oltre gli steccati della propria civiltà. Ora che è scemata la contrapposizione politica nei confronti dell'area culturale slava, ed anzi, essa si è trasformata in un potenziale alleato contro la realizzazione del califfato mondiale, potremmo pensare ad un Occidente in cui una vera Europa divenga il cuore del dialogo tra cattolici ed ortodossi: l'amicizia tra Putin e Berlusconi potrebbe già costituire un possibile ponte solido per questa politica, culturale e religiosa. Solo la miopia di chi ha perso la propria memoria storica e culturale e la malafede di chi usa le culture del mondo in funzione anticristiana potrà occultare il fatto che difendere le nostre radici significa organizzare un futuro alla nostra civiltà. In questo senso, se come credente desidererei chiedere la reciprocità dei culti agli Stati islamici, come laico, oltre a desiderare che il diritto alla libertà religiosa non sia solo universalmente circoscritto all'Occidente, ritengo che preservare l'identità cristiana significhi difendere la libertà che si afferma nella centralità della persona.

    Il Ventesimo secolo si è distinto per la connotazione ideologica del mondo, oggi, invece, viviamo nel tempo del confronto culturale tra i popoli della terra. Più il terrorismo islamico acuirà la sua minaccia e più l'Occidente virerà a destra, nel mondo come in Italia, poiché è attraverso la difesa delle nostra civiltà che si potranno attuare politiche di integrazione adeguate al nostro tempo, senza svilire la cultura dei nostri popoli e nel dialogo con l'Islam moderato e con le culture che accettino la libertà dell'uomo come condizione fondante della convivenza civile. Dopo le rivoluzioni giacobina e comunista, oggi, subiamo l'islamismo politico, che intende cambiare il volto dell'Islam. E' un'altra Rivoluzione di cui l'Occidente non è immune.
    Ultima modifica di José Antonio; 08-01-10 alle 09:53

 

 

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