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Discussione: Storia del CN

  1. #21
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    "Bisogna fare Comunità cristiane come la Sacra Famiglia di Nazareth che vivano nell'Umiltà , nella Semplicità e nella Lode , dove l'altro è CRISTO"
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  2. #22
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  3. #23
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    L'invio in missione oltre 200 famiglie del Cammino
    Benedetto XVI invia in missione oltre 200 famiglie del Camino neocatecumenale

    nella foto:Panoramica - Saluto
    By Salvo Raio

  4. #24
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  5. #25
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  6. #26
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    Anche in India un nuovo Vescovo vicino al Cammino
    Tra i 15.000 presenti anche 520 neocatecumenali


    Belgaum (India)

    Mons. Peter Machado è il nuovo vescovo di Belgaum. È stato ordinato giovedì scorso dal nunzio mons. Pedro Lopez Quintana, che ha concelebrato con gli arcivescovi Felipe Neri Ferrao e Barnard Moras ed altri 14 vescovi, davanti a 15mila fedeli.

    “Un vescovo – ha detto Quintana nell’omelia - deve per prima cosa essere un pastore, una persona al servizio dei poveri, e soprattutto un uomo incline al ritiro e alla preghiera”.

    “Lo splendore e la bellezza della liturgia si sono unite all’impressionante risposta dei fedeli”, ha dichiarato mons. Machado ad AsiaNews. “Il dolce aroma di Cristo era presente alla funzione, e le persone hanno partecipato con solennità. L’ordinazione è stata fatta in lingua inglese, Konkani e Kanada. La gente era molto attenta, in tanti mi hanno detto di aver apprezzato la celebrazione in tutta la sua bellezza”.

    Il vescovo ha poi parlato del suo ministero: “le nozze di Canaa rappresentano l’inizio del mio episcopato. Maria dice: ‘Fate quello che Lui vi dirà’: questo è lo spirito della dottrina sociale della Chiesa. La carità è fondamentale nella Chiesa, sia in quella universale che in modo specifico per la diocesi di Belgaum. Questa diocesi ha un’economia particolare, le città sono sviluppate, ma nella maggior parte della diocesi si soffre la povertà. La mia missione sarà servire e rievangelizzare”.

    Padre Derryck, un responsabile della diocesi di Belgaum, ha confermato che “il vescovo Peter Machado dovrà affrontare molte sfide in questa diocesi. La società è agraria, e mentre in tre città ci sono alcune famiglie abbienti negli altri tre distretti la gente soffre la povertà, non riesce nemmeno a mangiare due volte al giorno”.

    Mons. Machado ha poi spiegato che la diocesi di Belgaum è composta per il 20% da dalit e che ci sono molti gruppi pentecostali evangelici. “Dobbiamo dare risposte ai fedeli”, ha dichiarato. “Quintana ha detto nella sua omelia che il vescovo deve essere un pastore. Questo è un simbolo chiaro nella nostra diocesi agraria. Io devo prendermi cura dell’educazione, dei bisogni familiari, e delle emozioni delle persone che mi sono state affidate. Riguardo la rievangellizzazione, ho visto anche nella mia precedente diocesi di Karwar che dopo un breve incontro con i pentecostali molti ritornano alla Chiesa cattolica, dato che i pentecostali fanno grosse richieste in termini economici a queste persone povere”.

    “Ho intenzione di curare in modo particolare la famiglia e l’istituzione del matrimonio, attaccata da ogni lato. I valori cristiani resistono a malapena nella nostra società. La globalizzazione, con la sua esplosione economica ed il suo negativo impatto morale e culturale, è arrivata ovunque, anche nella nostra diocesi. Anche riguardo a questo ho scelto come punto di partenza le parole di Maria a Gesù alle nozze di Cana”, ha spiegato mons. Machado che ha inoltre sottolineato che la diocesi di Belgaum è dedicata a Nostra Signora di Fatima.

    Alla celebrazione erano presenti oltre 15 mila persone che hanno riempito la spianata di Shamiana della chiesa di San Paolo. Oltre 2 mila persone sono venute dalla ex diocesi del nuovo vescovo, Karwar.

    Presenti anche 520 componenti del Cammino neocatecumenale di cui mons. Peter Machado ha fatto parte per più di 12 anni.

    “Sono rimasto rapito dalla liturgia”, ha detto ad AsiaNews Thomas Kutty, che è venuto apposta da Bangalore per la celebrazione. “Grazie alla veste splendente del vescovo e degli altri celebranti e al profumo dell’incenso mi sembrava di incontrarmi con Cristo”.


    Fonte: Asianews.it

    Nella foto: la Chiesa Madre di Belgaum, sede del Vescovo

  7. #27
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    Presto Vescovo un presbitero legato al Cammino
    Sarà ausiliare di Tegucigalpa, capitale dell'Honduras


    Da informazioni raccolte presso i fratelli delle Comunità neocatecumenali dell’Honduras, Padre Darwin Andino, parroco di San Giovanni Battista in Tegucigalpa, sarà consacrato Vescovo Ausiliare della Diocesi della capitale honduregna il prossimo Sabato 24 Giugno , giorno di San Giovanni , da parte del Cardinal Oscar Andrès.
    Padre Andino sta concludendo in questi giorni l’itinerario neocatecumenale e andrà in Terra Santa per la rinnovazione delle promesse battesimali con la sua comunità , già nello status di Vescovo.
    Sono numerosi i presbiteri che negli ultimi 10 anni sono stati nominati Vescovi e la loro vocazione ed esperienza sono contrassegnate dal neocatecumenato, a testimonianza che l’itinerario di formazione cattolica condotto dal Cammino è valido non solo per i laici ma altrettanto per i presbiteri, e Vescovi, che senza alcuna remora ricorrono al Cammino per portare a maturazione la loro fede.

    Fonte : Camineo.info

    Nella foto: Padre Darwin Andino , candidato vescovo ausiliare di Tegucigalpa (Honduras)

  8. #28
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    Gesù

    rispose loro:
    "Vi ho fatto vedere
    molte opere buone
    da parte
    del Padre mio;
    per quale di esse
    mi volete
    lapidare?".

    (GV 10,32)

    IN PREPARAZIONE DELLA SETTIMANA SANTA

  9. #29
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    Preparazione e celebrazione delle feste pasquali
    (Paschalis sollemnitatis -16 gennaio 1988)
    Lettera circolare della Congregazione per il culto


    .........................

    IV. LA MESSA VESPERTINA DEL GIOVEDÌ SANTO NELLA CENA DEL SIGNORE



    44. «Con la messa celebrata nelle ore vespertine del giovedì santo, la chiesa dà inizio al triduo pasquale e ha cura di far memoria di quell’ultima cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta» (50)

    45. Tutta l’attenzione dell’anima deve rivolgersi ai misteri che in questa messa soprattutto vengono ricordati: cioè l’istituzione dell’eucaristia, l’istituzione dell’ordine sacerdotale e il comando del Signore sulla carità fraterna: tutto ciò venga spiegato nell’omelia.

    46. La messa nella cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno già concelebrato in questo giorno la messa del crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra messa per il bene dei fedeli. (51)

    47. Nei luoghi in cui sia richiesto da motivi pastorali, l’ordinario del luogo può concedere la celebrazione di un’altra messa nelle chiese o oratori, nelle ore vespertine e, nel caso di vera necessità, anche al mattino, ma soltanto per i fedeli che non possono in alcun modo prendere parte alla messa vespertina. Si eviti tuttavia che queste celebrazioni si facciano in favore di persone private o di piccoli gruppi particolari e che non costituiscano un ostacolo per la messa principale.
    Secondo un’antichissima tradizione della chiesa, in questo giorno sono vietate tutte le messe senza il popolo. (52)

    48. Prima della celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto. (53) Le ostie per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione della messa. (54) Si consacri in questa messa pane in quantità sufficiente per oggi e per il giorno seguente.

    49. Si riservi una cappella per la custodia del santissimo sacramento e la si orni in modo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario. (55)
    Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata dalla navata centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione e l’adorazione.

    50. Durante il canto dell’inno «Gloria a Dio» si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla veglia pasquale, secondo le consuetudini locali; a meno che la conferenza episcopale o l’ordinario del luogo non stabilisca diversamente, secondo l’opportunità. (56) Durante questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono usarsi soltanto per sostenere il canto. (57)

    51. La lavanda dei piedi, che per tradizione viene fatta in questo giorno ad alcuni uomini scelti, sta a significare il servizio e la carità di Cristo, che venne «non per essere servito, ma per servire». (58) E bene che questa tradizione venga conservata e spiegata nel suo significato proprio.

    52. Durante la processione delle offerte, mentre il popolo canta l’inno «Dov’è carità e amore», possono essere presentati i doni per i poveri, specialmente quelli raccolti nel tempo quaresimale come frutti di penitenza. (59)

    53. Per gli infermi che ricevono la comunione in casa, è più opportuno che l’eucaristia, presa dalla mensa dell’altare al momento della comunione sia a loro portata dai diaconi o accoliti o ministri straordinari, perché possano così unirsi in maniera più intensa alla chiesa che celebra.

    54. Terminata l’orazione dopo la comunione, si forma la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il santissimo sacramento al luogo della reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l’incenso. Intanto si canta l’inno «Pange lingua» o un altro canto eucaristico. (60) La processione e la reposizione del santissimo sacramento non sì possono fare in quelle chiese in cui il venerdì santo non si celebra la passione del Signore. (61)

    55. Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può mai fare l’esposizione con l’ostensorio.

    Il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore.

    56. Si invitino i fedeli a trattenersi in chiesa, dopo la messa nella cena del Signore, per un congruo spazio di tempo nella notte, per la dovuta adorazione al santissimo sacramento solennemente lì custodito in questo giorno. Durante l’adorazione eucaristica protratta può essere letta qualche parte del Vangelo secondo Giovanni (cc. 13-17).
    Dopo la mezzanotte si faccia l’adorazione senza solennità, dal momento che ha già avuto inizio il giorno della passione del Signore. (62)

    57. Terminata la messa viene spogliato l’altare della celebrazione. E bene coprire le croci della chiesa con un velo di colore rosso o violaceo, a meno che non siano state già coperte il sabato prima della domenica V di quaresima. Non possono accendersi le luci davanti alle immagini dei santi.





    V. IL VENERDÌ NELLA PASSIONE DEL SIGNORE



    58. In questo giorno in cui «Cristo nostra pasqua è stato immolato», (63) la chiesa con la meditazione della passione del suo Signore e sposo e con l’adorazione della croce commemora la sua origine dal fianco di Cristo, che riposa sulla croce, e intercede per la salvezza di tutto il mondo.

    59. In questo giorno la chiesa, per antichissima tradizione, non celebra l’eucaristia; la santa comunione viene distribuita ai fedeli soltanto durante la celebrazione della passione del Signore; ai malati, che non possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la comunione in qualunque ora del giorno. (64)

    60. Il venerdì della passione del Signore è giorno di penitenza obbligatoria in tutta la chiesa, da osservarsi con l’astinenza e il digiuno. (65)

    61. In questo giorno sono strettamente proibite le celebrazioni dei sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi. (66) Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle campane.

    62. Si raccomanda che l’ufficio della lettura e le lodi mattutine di questo giorno siano celebrati nelle chiese con la partecipazione del popolo (cf. n. 40).

    63. Si faccia la celebrazione della passione del Signore nelle ore pomeridiane e specificamente circa le ore tre del pomeriggio. Per motivi pastorali si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli: per es. da mezzogiorno o in ore più tarde, non oltre però le ore ventuno. (67)

    64. Si rispetti religiosamente e fedelmente la struttura dell’azione liturgica della passione del Signore (liturgia della parola, adorazione della croce e santa comunione), che proviene dall’antica tradizione della chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio.

    65. Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza canto. Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima dell’ingresso dei ministri.
    Il sacerdote e i ministri, fatta la riverenza all’altare, si prostrano in terra: tale prostrazione, come rito proprio di questo giorno, si conservi con cura, per il significato che assume di un’umiliazione dell’«uomo terreno» (68) e della mestizia dolorosa della chiesa.
    Durante l’ingresso dei ministri i fedeli rimangono in piedi. Quindi anche loro si inginocchiano e pregano in silenzio.

    66. Le letture siano proclamate integralmente. Il salmo responsoriale e il canto al Vangelo vengono eseguiti nel modo consueto. La storia della passione del Signore secondo Giovanni si canta o si legge come nella domenica precedente (cf. n. 33). Terminata la storia della passione, si faccia l’omelia. Alla fine di essa i fedeli possono essere invitati a sostare per breve tempo in meditazione. (69)

    67. Si faccia la preghiera universale secondo il testo e la forma tramandati dall’antichità, in tutta la prevista ampiezza di intenzioni, per il significato che essa ha di espressione della potenza universale della passione di Cristo, appeso sulla croce per la salvezza di tutto il mondo. In caso di grave necessità pubblica l’ordinario del luogo può permettere o stabilire che si aggiunga una speciale intenzione. (70)
    È consentito al sacerdote scegliere, tra le intenzioni proposte nel messale, quelle più adatte alle condizioni del luogo, purché venga rispettata la successione delle intenzioni, indicata di solito per la preghiera universale. (71)

    68. La croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio artistico. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata nel messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel mostrare la santa croce che la risposta data dal popolo si eseguano con il canto. Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la croce.

    69. Si presenti la croce all’adorazione di ciascun fedele, perché l’adorazione personale della croce è un elemento molto importante in questa celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.(72)
    Per l’adorazione si presenti un’unica croce, nel rispetto della verità del segno. Durante l’adorazione della croce si cantino le antifone, i «Lamenti del Signore» e l’inno, che ricordano in modo lirico la storia della salvezza,(73) oppure altri canti adatti (cf. n. 42).

    70. Il sacerdote canta l’invito alla preghiera del Signore che tutti eseguono con il canto. Non si dà il segno della pace.
    La comunione si distribuisce secondo il rito descritto nel messale. Durante la comunione si può cantare il salmo 21 o un altro canto adatto. Finita la distribuzione della comunione si porta la pisside nel luogo già preparato fuori della chiesa.

    71. Dopo la celebrazione si procede alla spogliazione dell’altare, lasciando però la croce con quattro candelieri. Si prepari in chiesa un luogo adatto (per es. la cappella di reposizione dell’eucaristia nel giovedì santo), ove collocare la croce del Signore, che i fedeli possano adorare e baciare e dove ci si possa trattenere in meditazione.

    72. Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi, come la «via crucis», le processioni della passione e la memoria dei dolori della beata vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei pii esercizi e quello della celebrazione liturgica siano composti in modo tale che l’azione liturgica risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti questi esercizi. (74)





    VI. IL SABATO SANTO



    73. Il sabato santo la chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi (75) e aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua risurrezione. È molto raccomandata la celebrazione dell’ufficio della lettura e delle lodi mattutine con la partecipazione del popolo (cf. n. 40). (76) Dove ciò non è possibile, sia prevista una celebrazione della parola di Dio o un pio esercizio rispondente al mistero di questo giorno.

    74. Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o deposto nel sepolcro o un’immagine della sua discesa agli inferi, che illustra il mistero del sabato santo; ovvero l’immagine della beata Maria vergine addolorata.

    75. Oggi la chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della messa.(77) La santa comunione si può dare soltanto in forma di viatico. Si rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi.

    76. I fedeli siano istruiti sulla natura particolare del sabato 87 santo.(78) Le consuetudini e tradizioni di festa collegate con questo giorno per la celebrazione pasquale una volta anticipata al sabato santo, si riservino per la notte e il giorno di pasqua.





    VII. LA DOMENICA Dl PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE



    A) LA VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

    77. Per antichissima tradizione questa notte è «in onore del 88 Signore» (79) e la veglia che in essa si celebra commemorando la notte santa in cui Cristo è risorto è considerata come «madre di tutte le sante veglie». (80) In questa veglia infatti la chiesa rimane in attesa della risurrezione del Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana (81)

    1. Significato della caratteristica notturna della veglia pasquale

    78. «L’intera celebrazione della veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte o terminare prima dell’alba della domenica». (82) Tale regola è di stretta interpretazione. Gli abusi e le consuetudini contrarie, che talvolta si verificano, così da anticipare l’ora della celebrazione della veglia pasquale nelle ore in cui di solito si celebrano le messe prefestive della domenica, non possono essere ammessi. (83)
    Le motivazioni addotte da alcuni per anticipare la veglia pasquale, come ad es. l’insicurezza pubblica, non sono fatte valere nel caso della notte di natale o per altri convegni che si svolgono di notte.

    79. La veglia pasquale, in cui gli ebrei attesero di notte il passaggio del Signore che li liberasse dalla schiavitù del faraone,fu da loro osservata come memoriale da celebrarsi ogni anno; era la figura della futura vera pasqua di Cristo, cioè della notte della vera liberazione, in cui «Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro». (84)

    80. Fin dall’inizio la chiesa ha celebrato la pasqua annuale, solennità delle solennità con una veglia notturna. Infatti la risurrezione di Cristo è fondamento della nostra fede e della nostra speranza e per mezzo del battesimo e della cresima siamo stati inseriti nel mistero pasquale di Cristo: morti, sepolti e risuscitati con lui, con lui anche regneremo. (85)
    Questa veglia è anche attesa escatologica della venuta del Signore. (86)



    2. La struttura della veglia pasquale e l’importanza dei suoi elementi e delle sue parti

    81. La veglia si svolge in questo modo: dopo il «lucernario» e il «preconio» pasquale (prima parte della veglia), la santa chiesa medita «le meraviglie» che il Signore ha compiuto per il suo popolo fin dall’inizio (seconda parte o liturgia della parola), fino al momento in cui, con i suoi membri rigenerati nel battesimo (terza parte), viene invitata alla mensa, che il Signore ha preparato al suo popolo, memoriale della sua morte e risurrezione, in attesa della sua venuta (quarta parte) (87)
    Questa struttura dei riti non può da nessuno essere cambiata arbitrariamente.

    82. La prima parte comprende azioni simboliche e gestì, che devono essere compiuti con una tale ampiezza e nobiltà, che i fedeli possano veramente apprenderne il significato, suggerito dalle monizioni e dalle orazioni liturgiche.
    Per quanto possibile, si prepari fuori della chiesa in luogo adatto il rogo per la benedizione del nuovo fuoco, la cui fiamma deve essere tale da dissipare veramente le tenebre e illuminare la notte.
    Nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo. Venga benedetto con i segni e le parole indicati nel messale o altri approvati dalle conferenze episcopali. (88)

    83. La processione, con cui il popolo fa ingresso nella chiesa, deve essere guidata dalla sola luce del cero pasquale. Come i figli di Israele erano guidati di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta seguono il Cristo che risorge. Nulla vieta che a ciascuna risposta «Rendiamo grazie a Dio» si aggiunga qualche acclamazione in onore di Cristo.
    La luce del cero pasquale viene propagata gradualmente alle candele, opportunamente portate in mano da tutti, con le lampade elettriche ancora spente.

    84. Il diacono annunzia il «preconio» pasquale, che in forma di grande poema lirico proclama tutto il mistero pasquale inserito nell’economia della salvezza. Se necessario, in mancanza del diacono, qualora anche il sacerdote celebrante non possa proclamarlo venga affidato a un cantore. Le conferenze episcopali possono apportare adattamenti a questo «preconio» per mezzo di alcune acclamazioni del popolo in esso inserite. (89)

    85. Le letture della sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia. Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che i fedeli devono poter serenamente meditare nel loro animo attraverso il canto del salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante.
    Il rinnovato rito della veglia comprende sette letture dell’Antico Testamento prese dai libri della legge e dei profeti, le quali per lo più sono state accettate dall'antichissima tradizione sia dell’oriente che dell’occidente; e due letture dal Nuovo Testamento, prese dalle lettere degli apostoli e dal VangelO. Così la chiesa «cominciando da Mosè e da tutti i profeti» (90) interpreta il mistero pasquale di Cristo. Pertanto tutte le letture siano lette, dovunque sia possibile, in modo da rispettare completamente la natura della veglia pasquale, che esige il tempo dovuto.
    Tuttavia dove le circostanze di natura pastorale richiedono di diminuire ulteriormente il numero delle letture, se ne leggano almeno tre dall’Antico Testamento, cioè dai libri della legge e dei profeti; non venga mai omessa la lettura del cap. 14 dell’Esodo con il suo cantico. (91)

    86. Il significato tipologico dei testi dell’Antico Testamento si fonda nel Nuovo, e si rende manifesto con l’orazione pronunciata dal sacerdote celebrante dopo le singole letture; gioverà anche introdurre i fedeli, con una breve monizione, a comprenderne il significato. Tale monizione può essere fatta o dallo stesso sacerdote o dal diacono.
    Le commissioni liturgiche nazionali o diocesane avranno cura di preparare gli opportuni sussidi in aiuto ai pastori.
    Dopo la lettura segue il canto del salmo con la risposta data dal popolo.
    In questo ripetersi delle parti si conservi un ritmo, che possa favorire la partecipazione e la devozione dei fedeli. 892) Si eviti con attenzione di introdurre canzoncine popolari al posto dei salmi.

    87. Terminate le letture dell’Antico Testamento si canta l’inno «Gloria a Dio», vengono suonate le campane secondo le consuetudini locali, si pronuncia l’orazione colletta e si passa alle letture del Nuovo Testamento. Si legge l’esortazione dell’apostolo sul battesimo come inserimento nel mistero pasquale di Cristo.
    Quindi tutti si alzano: il sacerdote intona per tre volte l’«Alleluia», elevando più in alto gradualmente la voce, mentre il popolo a sua volta lo ripete. (93) Se necessario, il salmista o un cantore intona l’«Alleluia», che il popolo prosegue intercalando l’acclamazione tra i versetti del salmo 117, tante volte citato dagli apostoli nella predicazione pasquale. (94) Finalmente sì annuncia con il Vangelo la risurrezione del Signore, quale culmine di tutta la liturgia della Parola. Non si ometta di fare l’omelia, per quanto breve, dopo il Vangelo.

    88. La terza parte della veglia è costituita dalla liturgia battesimale. Ora viene celebrata nel sacramento la pasqua di Cristo e nostra. Ciò può essere espresso in maniera completa in quelle chiese che hanno il fonte battesimale, e soprattutto quando avviene l’iniziazione cristiana di adulti o almeno si celebra il battesimo dei bambini. (95) Anche nel caso che manchino i battezzandi, nelle chiese parrocchiali sì faccia almeno la benedizione dell’acqua battesimale. Quando questa benedizione non si celebra al fonte battesimale ma nel presbiterio, in un secondo momento l’acqua battesimale sia portata al battistero, dove sarà conservata per tutto il tempo pasquale. (96) Dove invece non vi sono i battezzandi né si deve benedire il fonte, la memoria del battesimo si fa nella benedizione dell’acqua, con cui si asperge il popolo. (97)

    89. Segue quindi la rinnovazione delle promesse battesimali, introdotta con una monizione dal sacerdote celebrante. I fedeli in piedi, e con le candele accese in mano, rispondono alle interrogazioni. Poi vengono aspersi con l’acqua: in tal modo gesti e parole ricordano loro il battesimo ricevuto. Il sacerdote celebrante asperge il popolo passando per la navata della chiesa, mentre tutti cantano l’antifona «Ecco l’acqua» o un altro canto di carattere battesimale. (98)

    90. La celebrazione dell’eucaristia forma la quarta parte della veglia e il suo culmine, essendo in modo pieno il sacramento della pasqua, cioè memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna.

    91. Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione: la preghiera universale, mediante la quale i neofiti, divenuti fedeli, esercitano per la prima volta il loro sacerdozio regale; (99) la processione offertoriale, con la partecipazione dei neofiti, se questi sono presenti; la preghiera eucaristica prima, seconda o terza fatta in canto, con i rispettivi embolismi; (100) infine la comunione eucaristica, come momento di piena partecipazione al mistero celebrato. Alla comunione è opportuno cantare il salmo 117 con l’antifona «Cristo nostra pasqua», o il salmo 33 con l’antifona «Alleluia, alleluia, alleluia», o un altro canto di giubilo pasquale.

    92. E desiderabile che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con la comunione della veglia pasquale, ricevuta sotto le specie del pane e del vino. Gli ordinari dei luoghi sapranno valutare l’opportunità di questa concessione e le circostanze che l'accompagnano. (101)



    3. Alcune avvertenze pastorali

    93. La liturgia della veglia pasquale sia compiuta in modo di poterne offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è importante che sia rispettata la verità dei segni, che sia favorita la partecipazione dei fedeli, che venga assicurata nella celebrazione la presenza dei ministranti, dei lettori e della «schola» dei cantori.

    94. È auspicabile che talvolta venga prevista la riunione nella stessa chiesa di più comunità, quando per la vicinanza delle chiese o per lo scarso numero dei partecipanti non possa aversi una celebrazione completa e festiva.
    Si favorisca la partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della veglia pasquale, in cui tutti i fedeli, riuniti insieme, possano sperimentare in modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale.
    I fedeli che a motivo delle vacanze sono assenti dalla propria parrocchia, siano invitati a partecipare alla celebrazione liturgica nel luogo dove si trovano.

    95. Nell’annunziare la veglia pasquale si abbia cura dì non presentarla come ultimo momento del sabato santo. Si dica piuttosto che la veglia pasquale viene celebrata «nella notte di pasqua», come un unico atto di culto. Si avvertono i pastori di insegnare con cura nella catechesi ai fedeli l’importanza di prendere parte a tutta la veglia pasquale. (102)

    96. Per una migliore celebrazione della veglia pasquale si richiede che gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che dei riti, per poter impartire una vera mistagogia.



    B) IL GIORNO DI PASQUA



    97. Si celebri la messa del giorno di pasqua con grande solennità. È opportuno oggi compiere l’aspersione dell’acqua, benedetta nella veglia, come atto penitenziale. Durante l’aspersione si canti l’antifona «Ecco l’acqua», o un altro canto di carattere battesimale. I vasi che si trovano all’ingresso della chiesa vengano riempiti con la stessa acqua.

    98. Si conservi, dove già è in vigore, o secondo l’opportunità si instauri, la tradizione di celebrare nel giorno di pasqua i vespri battesimali, durante i quali al canto dei salmi si fa la processione al fonte. (103)

    99. Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare, rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati nella celebrazione del battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero pasquale sia collocato accanto al feretro, ad indicare che la morte è per il cristiano la sua vera pasqua.
    Non si accenda il cero pasquale fuori del tempo di pasqua né venga conservato nel presbiterio. (104)





    VIII. IL TEMPO PASQUALE



    100. La celebrazione della pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di pentecoste, si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come «la grande domenica». (105)

    101. Le domeniche di questo tempo vengono considerate come domeniche di pasqua e hanno la precedenza sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità che coincidono con queste domeniche si anticipano al sabato. (106) «Le celebrazioni in onore della beata vergine Maria e dei santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate a queste domeniche (107)

    102. Per gli adulti che hanno ricevuto l’iniziazione cristiana nella veglia pasquale, tutto questo tempo è riservato alla «mistagogia». Pertanto, ovunque vi siano neofiti, si rispetti tutto ciò che è indicato nel «Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti», nn. 37-40, e 235-239. Si faccia sempre, nell’ottava di pasqua, la preghiera di intercessione per i neo-battezzati, inserita nella preghiera eucaristica.

    103. Durante tutto il tempo pasquale, nelle messe della domenica vengano riservati tra i fedeli posti particolari per i neo-battezzati. Questi cerchino di partecipare alle messe insieme ai loro padrini. Per essi si abbia il ricordo nella omelia e, secondo l’opportunità, nella preghiera dei fedeli. A chiusura del tempo della mistagogia, vicino alla domenica di pentecoste, si faccia qualche celebrazione, secondo le consuetudini regionali. (108) E opportuno inoltre che i fanciulli facciano in queste domeniche la loro prima comunione.

    104. Durante il tempo pasquale i pastori istruiscano i fedeli già iniziati al sacramento dell’eucaristia sul significato del precetto della chiesa di ricevere in questo tempo la santa comunione. (109) Si raccomanda molto che soprattutto nell’ottava di pasqua la santa comunione sia portata agli infermi.

    105. Dove vi è l’uso di benedire le case in occasione delle feste pasquali, tale benedizione sia fatta dal parroco o da altri sacerdoti o diaconi, da lui delegati. E questa una occasione preziosa per esercitare l’ufficio pastorale. (110) Il parroco si rechi a far visita pastorale nella casa di ciascuna famiglia, abbia un colloquio con i suoi membri e preghi brevemente con loro, adoperando i testi contenuti nel libro Rito delle benedizioni. (111) Nelle grandi città si preveda la possibilità di radunare più famiglie per celebrare insieme il rito di benedizione.

    106. Secondo la diversità dei luoghi e dei popoli, si riscontrano molte consuetudini popolari collegate con le celebrazioni del tempo pasquale, che talvolta richiamano un maggior concorso di gente rispetto alle celebrazioni liturgiche; tali consuetudini non sono da disprezzare, e possono risultare adatte a manifestare la mentalità religiosa dei fedeli. Pertanto le conferenze episcopali e gli ordinari dei luoghi provvedano affinché queste consuetudini, che possono favorire la pietà, siano ordinate nel modo migliore possibile: siano in armonia con la sacra liturgia, siano maggiormente impregnate di spirito liturgico, traggano in qualche modo ispirazione dalla liturgia, e ad essa conducano il popolo cristiano. (112)

    107. Questo sacro tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica di pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito santo effuso sugli apostoli, i primordi della chiesa e l’inizio della sua missione a tutte le lingue, i popoli e le nazioni. (113)
    Sia favorita la celebrazione protratta della messa della vigilia, che non riveste un carattere battesimale, come nella veglia pasquale, ma di intensa preghiera sull’esempio degli apostoli e dei discepoli, che perseveravano unanimi in preghiera, con Maria, madre di Gesù, nell’attesa dello Spirito santo. (114)

    108. «E una caratteristica della festività pasquale che tutta la chiesa gioisca per la remissione dei peccati, concessa non soltanto a coloro che rinascono nel santo battesimo, ma anche a quelli che da tempo sono stati ammessi nel numero dei figli adottivi». (115) Attraverso una più solerte azione pastorale e un maggior impegno spirituale da parte di ciascuno, con la grazia del Signore, sarà possibile a tutti coloro che avranno partecipato alle feste pasquali, testimoniare nella vita il mistero della pasqua celebrato nella fede. (116)



    Dalla sede della Congregazione per il culto divino, il 16 gennaio 1988.

    PAUL AUGUSTIN card. MAYER, O.S.B.
    prefetto

    VIRGILIO NOÈ, arciv. tit. di Voncaria
    segretario

  10. #30
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    20/04/2006
    2006 : Un anno ricco di incontri e di instancabile annuncio del Vangelo
    Il Cammino neocatecumenale coinvolto in eventi ecclesialinumerosi




    L’inizio del 2006 ha segnato per il Cammino neocatecumenale , nelle persone dei suoi iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez coadiuvati da Padre Mario Pezzi, l’avvio di una intensa stagione di impegni ecclesiali di grande portata , quasi a significare che davanti alla (apparentemente) inarrestabile avanzata della secolarizzazione nella società e i segni (apparentemente) sempre più chiari di una apostasia dalla Fede soprattutto, ma non solo, in Europa, il Signore stia effondendo con ancora maggior forza il suo Spirito Santo su coloro che Egli ha scelto per inviarli “alle pecore perdute” e a coloro che ancora non lo conoscono , per condurli a sé .

    L’Udienza con Benedetto XVI

    Non casualmente, infatti, per il Cammino neocatecumenale quest’anno è iniziato con il bellissimo e incoraggiante incontro con il Santo Padre Benedetto XVI , avvenuto il 12 Gennaio scorso presso l’Aula Paolo VI in Vaticano per l’invio alla missione di oltre 200 famiglie neocatecumenali , genitori e numerosissimi figli, verso i cinque continenti , là dove la Chiesa , nelle persone dei Vescovi locali, chiede la presenza viva ed efficace dei segni della Fede , che possano portare l’uomo moderno all’incontro vero , concreto e determinante con Gesù Cristo Risorto.
    In questa occasione il Cammino ha ricevuto anche un esplicito riconoscimento della validità e della efficacia pedagogica della prassi liturgica nella celebrazione dell’Eucarestia attuata nelle Comunità del Cammino , da parte di Benedetto XVI.

    Marzo in Sudamerica

    Il mese di Marzo ha visto l’Equipe responsabile del Cammino neocatecumenale partecipare , dal 9 al 12 Marzo, al I Incontro dei Movimenti e delle Nuove Comunità ecclesiali in America Latina,
    a Bogotà , capitale della Colombia, nell’ambito delle attività programmate dalla V Conferenza Generale Episcopale Latinoamericana
    Sotto i titolo “Discepoli e missionari oggi” oltre 40 rappresentanti delle nuove realtà ecclesiali presenti in America Latina hanno portato il loro contributo d’esperienza nella complicata analisi della situazione della evangelizzazione nel continente sudamericano , colpito particolarmente dal fenomeno delle sette e dall’aggressività propagandistica dei gruppi “evangelical” che hanno sottratto molti fedeli alla Chiesa cattolica. In questo senso è stata ampiamente riconosciuta al Cammino neocatecumenale la capacità di recupero e di consolidamento della formazione cattolica delle persone che si erano “smarrite” , da parte di numerosissimi Vescovi delle diocesi latinoamericane.
    Al termine dell’incontro Kiko, Carmen e Padre Mario hanno incontrato oltre 20000 fratelli a Medellin , 74 Km da Bogotà, riuniti presso la locale “plaza de toros” , e hanno visitato il bellissimo Seminario Redemptoris Mater e incontrato i circa 90 seminaristi con i loro formatori e i fratelli e le sorelle che collaborano allo svolgimento della vita quotidiana realizzando i più vari servizi ( www.srmmedellin.org , il sito del RM di Medellin).
    Poi, il successivo Venerdi’ 17 Marzo, a Managua , capitale del Nicaragua, alla presenza del Card.Obando Y Bravo Primate del Nicaragua e del Presidente della Repubblica Enrique Bolanos,
    Kiko ha lanciato una chiamata vocazionale alla quale hanno risposto 122 ragazzi e 121 ragazze.
    Ancora un rapido cambio di direzione ed ecco l’Equipe giungere a Panama Domenica 19 Marzo ad incoraggiare alla perseveranza i fratelli , con 22 ragazzi e 18 ragazze disposti ad intraprendere il discernimento vocazionale verso un futuro da consacrati a Dio.

    Rientro in Spagna

    I primissimi giorni di Aprile vedono Kiko, Carmen e Padre Mario incontrare a Siviglia le comunità del sud della Spagna.
    10.000 fratelli hanno ricevuto da Kiko parole forti, che hanno richiamato la realtà e la natura propria del Cammino ( né congregazione, né associazione ma itinerario di riscoperta del Battesimo per portare alle parrocchie il Concilio Vaticano II) , la centralità dell’annuncio del Kerigma e la missione affidata dalla Vergine alle Comunità , cioè rendere visibile al mondo la potenza del Signore Risorto nascosta nella debolezza dei suoi discepoli , perché il mondo creda.
    Allo stesso modo con il quale le sparute e debolissime comunità cristiane primitive vinsero l’Impero Romano.
    Kiko si è posto , ed ha posto ai presenti, anche un’altra fondamentale domanda : Chi siamo noi?
    I neocatecumenali? . La risposta è stata altrettanto importante, profetica, potremmo dire:
    “Il Cammino sta terminando la sua crescita (numerica), la sua espansione nel mondo…” e il suo futuro,la sua missione è quella di vivere con i poveri , con gli ultimi , così come lui stesso “ non voleva fondare nulla ,solo vivere con i poveri alla maniera di Charles de Focauld…”.
    Parole che delineano quindi un cambiamento profondo del “modo” di vivere il Cammino : evangelizzare i poveri vivendo con i poveri. I nuovi poveri, soprattutto, i poveri di Dio.

    I prossimi appuntamenti

    Celebrate con la consueta ricchezza di segni le Feste della Pasqua cristiana , per quanto ci è dato
    di conoscere il prossimo appuntamento in vista è un incontro dell’Equipe con le comunità del Lazio e della Campania, programmato a Napoli ( Stadio San Paolo) per il 22 Maggio prossimo.L’incontro è in preparazione di un altro grande evento : l’incontro di Papa Benedetto XVI con i Movimenti e le Nuove Comunità ecclesiali fissato in Vaticano, a Piazza S.Pietro, per la prossima Pentecoste e che sarà realizzato il giorno della Vigilia , Sabato 3 Giugno 2006. Un incontro voluto fortemente dal Papa , memore dell’incontro avvenuto in occasione della Pentecoste dell’anno 1998 tra Giovanni Paolo II e i Movimenti e le Nuove Realtà ecclesiali , divenuto una pietra miliare nel rapporto tra Istituzione e Carisma , tra Pietro e Paolo , tra Gerarchia e il nuovo popolo suscitato dallo Spirito Santo dopo il Concilio .
    Dopo l’invito all’unità nella diversità dei carismi, pronunciato dall’indimenticabile Giovanni Paolo II, oggi , probabilmente, il tema sarà quello della maturità ecclesiale e della missione dei movimenti in questa società lanciata verso la perdita dell’identità cristiana e il dissolvimento della struttura dei valori creata nell’arco dei secoli dalla inculturazione del Vangelo.
    Nell’incontro della Pentecoste del 1998 il Cammino neocatecumenale portò circa 80.000 fratelli in Piazza San Pietro, pertanto è lecito attendersi la presenza di non meno di 100.000 neocatecumenali all’appuntamento con Papa Benedetto XVI.

    Fonti spagnole indicano un autentico “esodo” delle Comunità neocatecumenali italiane per un altro grande evento ecclesiale : il 5° Incontro Mondiale delle Famiglie , che si terrà a Valencia (Spagna) dal 1 al 9 Luglio prossimi e che vedrà la presenza del Santo Padre all’Eucarestia che chiuderà l’evento , Domenica 9 Luglio. Come si diceva , fonti spagnole indicano in ben 250.000 i fratelli italiani ( famiglie e figli) presenti all’incontro , con grande preoccupazione da parte del Vescovo Mons. Garcia-Gasco per quanto concerne l’ospitalità che egli desidera sia quanto mai dignitosa.
    Riteniamo che il numero delle presenze indicate da queste fonti spagnole siano alquanto sovrastimate , anche se è pur vero che le famiglie presenti nel Cammino neocatecumenale hanno un grande peso nel computo delle presenze per la ormai ampiamente conosciuta numerosità dei loro componenti ( in media ogni famiglia del Cammino ha cinque figli).
    All’interno di questo grande Incontro si svolgerà un importantissimo Congresso Internazionale Teologico- Pastorale interamente dedicato alla riflessione sul tema della trasmissione della fede nella famiglia. Tra i partecipanti Cardinali, Vescovi, teologi, educatori, esperti di pastorale famigliare e rappresentanti dei Movimenti e delle Nuove Comunità ecclesiali .
    Anche Kiko Arguello è stato invitato a portare l’esperienza maturata nel Cammino neocatecumenale in ormai 40 anni di attività formativa centrata in modo speciale sulla famiglia .
    Il suo intervento è previsto per Giovedì 6 Luglio , mentre il Congresso Teologico avrà termine il giorno successivo.
    Al momento non abbiamo notizie se dopo la chiusura dell’evento , Kiko radunerà in luogo separato le famiglie del Cammino per un incontro specifico.

    Conclusioni

    Questo riepilogo degli eventi già vissuti e quelli che aspettano a breve termine il Cammino neocatecumenale , sia nelle persone degli iniziatori che nei fratelli chiamati a partecipare ai vari incontri, mostrano chiaramente come il Cammino è sempre più profondamente inserito nel tessuto ecclesiale e quanta importanza la Chiesa assegna al carisma proprio del neocatecumenato : formare cristiani che raggiungano la statura adulta della fede e testimoniare al mondo la Verità che è Gesù Cristo Risorto, Signore del Tempo e della Storia , manifestato nel suo Corpo che è la Comunità dei Credenti , Comunità cristiane che “vivono in semplicità, umiltà e lode e dove l’altro è Cristo”.
    Di questo rendiamo grazie a Dio.


    Nella foto: Kiko e la Croce Gloriosa , incontro di Medellin (Colombia) 13 Marzo 2006

 

 
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