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  1. #21
    Squalo
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    Citazione Originariamente Scritto da sarrebal
    In UK funziona bene.
    Sinceramente non mi interessa come funziona in UK, nazione che ha sempre fatto gli interessi contro l'Europa assimilabile in tutto e per tutto agli USA.

    Addirittura in Svizzera (dove abito), uno dei massimi fiori all'occhiello in tutta Europa, si stanno formando dei problemi di non facile risoluzione a riguardo della situazione precaria di molti lavoratori.

    Per esempio molte aziende per incrementare gli utili licenziano i lavoratori (i salari sono è la voce del passivo più alta), sfruttano quelli che ci sono e al momento opportuno (quando sono ben spremuti) fanno il giro assumendone dei nuovi. Così i pescecani possono dividersi un maggior utile alla fine dell'anno...

    I dipendenti ovviamente devono essere possibilmente giovani... si sa, il 40 enne bisogna retribuirlo di più e ci sono più scuse pur di non assumerlo, creando una disoccupazione allarmante fra gli uomini di una certa età.

    Sottoscrivo quanto scritto da Ibrahim.

  2. #22
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Citazione Originariamente Scritto da sarrebal
    No, UK e USA, Paesi un po' piu' vecchi.... La Romania ha 15 anni di vita.

    Invece di fare paragoni stupidi, paragoniamo gli stati industrializzati.
    sicuro che negli usa negli ultimi 15 anni i salari sono cresciuti più del costo della vita?
    Nè DAVANTI Nè DI DIETRO, MA DI LATO

  3. #23
    Ridendo castigo mores
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    vorrei ricordare che in italia il massimo della" flessibilta'" e' stato gia' raggiunto tanto tempo fa ...e si chiamava " caporalato" ...

    ma sono sicuro che i liberisti di domani lo chiameranno come gia' oggi considerano la prostituzione .... un " libero mercato" di se stessi ..
    "dammi i soldi, e al diavolo tutto il resto "
    Marx


    (graucho..:-))

  4. #24
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    Citazione Originariamente Scritto da Squalo
    Sinceramente non mi interessa come funziona in UK, nazione che ha sempre fatto gli interessi contro l'Europa assimilabile in tutto e per tutto agli USA.

    Addirittura in Svizzera (dove abito), uno dei massimi fiori all'occhiello in tutta Europa, si stanno formando dei problemi di non facile risoluzione a riguardo della situazione precaria di molti lavoratori.

    Per esempio molte aziende per incrementare gli utili licenziano i lavoratori (i salari sono è la voce del passivo più alta), sfruttano quelli che ci sono e al momento opportuno (quando sono ben spremuti) fanno il giro assumendone dei nuovi. Così i pescecani possono dividersi un maggior utile alla fine dell'anno...

    I dipendenti ovviamente devono essere possibilmente giovani... si sa, il 40 enne bisogna retribuirlo di più e ci sono più scuse pur di non assumerlo, creando una disoccupazione allarmante fra gli uomini di una certa età.

    Sottoscrivo quanto scritto da Ibrahim.
    Caro Squalo,

    visto che vivi in Svizzera mi dici come funziona adesso da voi il mercato del lavoro? C'è un'opposizione a questa ventata (porcheria sarebbe meglio) di liberismo?

    Grazie, ciao
    Ibrahim

  5. #25
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    Predefinito SULLA PRECARIETA' (dal blog di beppe grillo)

    Gli schiavi moderni/3


    L’iniziativa “Gli schiavi moderni” continua con questa lettera di Mauro Gallegati della Facolta' di Economia Giorgio Fua' dell’Universita' Politecnica delle Marche, che si è preso la briga di dimostrare con numeri e tabelle quello che è sotto gli occhi di tutti: che i posti di lavoro diminuiscono e che il precariato aumenta insieme ai nuovi poveri, quelli che in Francia sono stati chiamati “generazione low cost”.
    Scrivete le vostre storie, le più interessanti saranno raccolte in un libro on line scaricabile gratis da questo blog.


    “ Caro Grillo,
    aiutami. Passo il giorno a spulciare e produrre statistiche sull’economia, e sotto campagna elettorale non so se spararmi a un piede o chiedere a lui di sparare a me. So che non è facile fidarsi di uno che per mestiere dà i numeri, ma vorrei solo dare due chiarimenti su cosa è successo a lavoratori e disoccupati negli ultimi 10 anni, da quando è andato al governo Prodi, a quando ci è andato Berlusconi, a oggi.

    Se su deficit e debito pubblico, Pil, competitività internazionale e indebitamento delle famiglie siamo tutti unanimi nel dire che le dinamiche sono state tra il bruttino e il disastroso, quelle sull’occupazione sono statistiche che il centro destra porta con sicurezza a vanto del proprio operato. Almeno sinora. Poi qualche giorno fa l’Istat ha detto che l’anno scorso l’occupazione è calata – e Tremonti ha ribattuto che non è vero, e che per lui “conta solo l’Eurostat” (dimenticandosi che all’Eurostat i dati li dà l’Istat). Bankitalia ha detto che il problema è che i posti di lavoro durano poco, e un giovane su quattro è precario – e Maroni ha ribattuto che i posti a termine “sono astrazioni statistiche”. Mi prude, ti dicevo, qualche numero di chiarimento.

    L’occupazione si misura in due modi: contando quante sono le persone che stanno lavorando, e quante sono le “unità di lavoro equivalenti”, che tengono conto di quante ore lavora ognuno. Se ci sono due idraulici che lavorano 60 ore alla settimana, gli occupati sono due, ma visto che entrambi fan l’equivalente di un tempo pieno e mezzo le unità di lavoro sono tre. Se poi il lavoro va male, ed entrambi lavorano solo 20 ore, i lavoratori sono sempre due, ma le unità di lavoro sono solo più una. In pratica, in un caso si contano “le teste”, nel secondo quanto lavoro c’è.
    Nel grafico allegato si vede cosa è successo a lavoro e lavoratori nel decennio che si apre con Prodi e si chiude con Berlusconi. La prima cosa da dire è che l’occupazione è cresciuta durante il centro destra. Ma la crescita era già in atto con il centro sinistra. La “piccola” differenza, è che durante il centro sinistra l’occupazione parte fiacca e poi cresce, durante il centro destra parte crescendo, e rallenta bruscamente negli ultimi due anni. Guardando alle unità di lavoro poi il rallentamento è ancora più drastico, e diventa un calo nell’ultimo anno (quello che sottolineano sia Istat che Bankitalia). Da notare che per la prima volta nella storia repubblicana sono più i lavoratori che le unità di lavoro: c’è più gente che lavora, sì, ma di lavoro ce n’è poco.



    Nel secondo grafico che allego si vede che anche la disoccupazione è calata negli ultimi cinque anni. Di nuovo, non è un dono del centro destra, il calo è in corso (fortunatamente) da circa un decennio. Il numero dei disoccupati non è una statistica da guardare da sola. Ci sono casi in cui le cose vanno bene, ma la disoccupazione aumenta: quel che capita è che molti sono presi da un turbine di ottimismo e si mettono a cercar lavoro, e finché non lo trovano il numero di disoccupati aumenta. E ci sono casi in cui il mercato è talmente depresso che molti alzano bandiera bianca, smettono di cercar lavoro, e il numero di disoccupati diminuisce. Nel grafico ho riportato il numero dei cosiddetti “scoraggiati”, cioè persone senza lavoro che a domanda dell’Istat “Perché non sta cercando lavoro?” barrano la X su “Ritiene di non riuscire a trovarlo”. Il numero di scoraggiati – 600 mila fin verso il 2003 – nel 2004 ha una prima impennata che li porta al milione, per poi salire ancora a circa 1.250.000. Basta convincere un altro mezzo milione di persone che è inutile stare a cercarsi un lavoro e porteremo la disoccupazione ad un confortante 5.5%.


    Infine, i precari. Dai dati Eurostat, risulta che Berlusconi prende il testimone del precariato, nel secondo trimestre del 2001, a circa il 9.5%: questa era la percentuale dei lavoratori con contratto temporaneo sul totale dei dipendenti. Nel secondo trimestre del 2005 eravamo già al 12.5% (e non stiamo contando i co.co.co.). Un Maroni potrebbe sostenere però che il fatto che un contratto a termine non cambia un granchè, che sapere che il tuo posto di lavoro è solido salvo contrordine, o che è a termine salvo contrordine, non cambia nulla. Questa è una tale eresia che ho sacrificato il sabato sera, ed ho calcolato da dati di fonte Inps una semplice statistica: la correlazione che si osserva tra il tipo di contratto che ha una lavoratrice, e il fatto che questa decida o meno di fare un figlio. Bene, avere un lavoro precario riduce di dieci volte la probabilità che una lavoratrice faccia un figlio.
    Grazie per l’ospitalità”.

    Mauro Gallegati
    Ibrahim

  6. #26
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    Citazione Originariamente Scritto da Ibrahim
    e non insistere sui salari più alti e sulla disoccupazione più alta, sono dati assolutamente errati.
    Vuoi negare che in USA la disoccupazione e' sotto il 5% (cioe' quasi fisiologica) e i salari medi sono piu' alti?

    Stessa tendenza in UK.

  7. #27
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    Citazione Originariamente Scritto da Ibrahim
    Gli schiavi moderni/3


    L’iniziativa “Gli schiavi moderni” continua con questa lettera di Mauro Gallegati della Facolta' di Economia Giorgio Fua' dell’Universita' Politecnica delle Marche, che si è preso la briga di dimostrare con numeri e tabelle quello che è sotto gli occhi di tutti: che i posti di lavoro diminuiscono e che il precariato aumenta insieme ai nuovi poveri, quelli che in Francia sono stati chiamati “generazione low cost”.
    Scrivete le vostre storie, le più interessanti saranno raccolte in un libro on line scaricabile gratis da questo blog.


    “ Caro Grillo,
    aiutami. Passo il giorno a spulciare e produrre statistiche sull’economia, e sotto campagna elettorale non so se spararmi a un piede o chiedere a lui di sparare a me. So che non è facile fidarsi di uno che per mestiere dà i numeri, ma vorrei solo dare due chiarimenti su cosa è successo a lavoratori e disoccupati negli ultimi 10 anni, da quando è andato al governo Prodi, a quando ci è andato Berlusconi, a oggi.

    Se su deficit e debito pubblico, Pil, competitività internazionale e indebitamento delle famiglie siamo tutti unanimi nel dire che le dinamiche sono state tra il bruttino e il disastroso, quelle sull’occupazione sono statistiche che il centro destra porta con sicurezza a vanto del proprio operato. Almeno sinora. Poi qualche giorno fa l’Istat ha detto che l’anno scorso l’occupazione è calata – e Tremonti ha ribattuto che non è vero, e che per lui “conta solo l’Eurostat” (dimenticandosi che all’Eurostat i dati li dà l’Istat). Bankitalia ha detto che il problema è che i posti di lavoro durano poco, e un giovane su quattro è precario – e Maroni ha ribattuto che i posti a termine “sono astrazioni statistiche”. Mi prude, ti dicevo, qualche numero di chiarimento.

    L’occupazione si misura in due modi: contando quante sono le persone che stanno lavorando, e quante sono le “unità di lavoro equivalenti”, che tengono conto di quante ore lavora ognuno. Se ci sono due idraulici che lavorano 60 ore alla settimana, gli occupati sono due, ma visto che entrambi fan l’equivalente di un tempo pieno e mezzo le unità di lavoro sono tre. Se poi il lavoro va male, ed entrambi lavorano solo 20 ore, i lavoratori sono sempre due, ma le unità di lavoro sono solo più una. In pratica, in un caso si contano “le teste”, nel secondo quanto lavoro c’è.
    Nel grafico allegato si vede cosa è successo a lavoro e lavoratori nel decennio che si apre con Prodi e si chiude con Berlusconi. La prima cosa da dire è che l’occupazione è cresciuta durante il centro destra. Ma la crescita era già in atto con il centro sinistra. La “piccola” differenza, è che durante il centro sinistra l’occupazione parte fiacca e poi cresce, durante il centro destra parte crescendo, e rallenta bruscamente negli ultimi due anni. Guardando alle unità di lavoro poi il rallentamento è ancora più drastico, e diventa un calo nell’ultimo anno (quello che sottolineano sia Istat che Bankitalia). Da notare che per la prima volta nella storia repubblicana sono più i lavoratori che le unità di lavoro: c’è più gente che lavora, sì, ma di lavoro ce n’è poco.



    Nel secondo grafico che allego si vede che anche la disoccupazione è calata negli ultimi cinque anni. Di nuovo, non è un dono del centro destra, il calo è in corso (fortunatamente) da circa un decennio. Il numero dei disoccupati non è una statistica da guardare da sola. Ci sono casi in cui le cose vanno bene, ma la disoccupazione aumenta: quel che capita è che molti sono presi da un turbine di ottimismo e si mettono a cercar lavoro, e finché non lo trovano il numero di disoccupati aumenta. E ci sono casi in cui il mercato è talmente depresso che molti alzano bandiera bianca, smettono di cercar lavoro, e il numero di disoccupati diminuisce. Nel grafico ho riportato il numero dei cosiddetti “scoraggiati”, cioè persone senza lavoro che a domanda dell’Istat “Perché non sta cercando lavoro?” barrano la X su “Ritiene di non riuscire a trovarlo”. Il numero di scoraggiati – 600 mila fin verso il 2003 – nel 2004 ha una prima impennata che li porta al milione, per poi salire ancora a circa 1.250.000. Basta convincere un altro mezzo milione di persone che è inutile stare a cercarsi un lavoro e porteremo la disoccupazione ad un confortante 5.5%.


    Infine, i precari. Dai dati Eurostat, risulta che Berlusconi prende il testimone del precariato, nel secondo trimestre del 2001, a circa il 9.5%: questa era la percentuale dei lavoratori con contratto temporaneo sul totale dei dipendenti. Nel secondo trimestre del 2005 eravamo già al 12.5% (e non stiamo contando i co.co.co.). Un Maroni potrebbe sostenere però che il fatto che un contratto a termine non cambia un granchè, che sapere che il tuo posto di lavoro è solido salvo contrordine, o che è a termine salvo contrordine, non cambia nulla. Questa è una tale eresia che ho sacrificato il sabato sera, ed ho calcolato da dati di fonte Inps una semplice statistica: la correlazione che si osserva tra il tipo di contratto che ha una lavoratrice, e il fatto che questa decida o meno di fare un figlio. Bene, avere un lavoro precario riduce di dieci volte la probabilità che una lavoratrice faccia un figlio.
    Grazie per l’ospitalità”.

    Mauro Gallegati
    Guarda che io sono il primo a dire che le false-riforme fatte in Italia non sono buone.
    Meglio che niente, certo, ma non buone.
    In Italia purtroppo, per non far arrabbiare nessuno si ragiona sempre con il "meglio che niente". Peccato che alla fine non vada bene a nessuno.

    O si sta da una parte o si sta dall'altra. A stare nel mezzo si finisce sempre male.

  8. #28
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    Tornando a monte, cioe' al titolo del topic, secondo me lo stato sociale c'entra poco con la flessibilita' del mercato del lavoro.
    Si puo' avere uno stato sociale e liberta' di licenziare.
    Ad esempio si potrebbe dare un sussidio di disoccupazione (che si perde dal momento in cui si rifiuta un lavoro e max di 6 mesi, per stanare i furbi) per chi perde il posto.
    Si possono avere scuola e sanita' pubblica di ottimo livello.
    Tutto dipende da quante tasse si pagano (pagarne piu' o meno ha i suoi pro e contro). Ma dove sta scritto che una ditta deve tenere il lavoratore per tutta la vita?

    PS: Le azioni crescono quando si diminuisce il personale, solo se il personale era in eccesso. E i costi del personale non sono limitati solo ai salari, anzi.
    Inutili fare i discorsi sul dio(demone)-profitto.
    Quando la cassa finisce si chiude e tutti vanno a casa senza lavoro.
    Nessuno investirebbe un centesimo in aziende che non fanno profitti.
    Non facciamo gli ipocriti. Tu investiresti i tuoi risparmi sapendo di non fare un soldo? Tanto vale lasciarli in banca allora.

  9. #29
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    Citazione Originariamente Scritto da sarrebal
    Tornando a monte, cioe' al titolo del topic, secondo me lo stato sociale c'entra poco con la flessibilita' del mercato del lavoro.
    Si puo' avere uno stato sociale e liberta' di licenziare.
    Ad esempio si potrebbe dare un sussidio di disoccupazione (che si perde dal momento in cui si rifiuta un lavoro e max di 6 mesi, per stanare i furbi) per chi perde il posto.
    Si possono avere scuola e sanita' pubblica di ottimo livello.
    Tutto dipende da quante tasse si pagano (pagarne piu' o meno ha i suoi pro e contro). Ma dove sta scritto che una ditta deve tenere il lavoratore per tutta la vita?

    PS: Le azioni crescono quando si diminuisce il personale, solo se il personale era in eccesso. E i costi del personale non sono limitati solo ai salari, anzi.
    Inutili fare i discorsi sul dio(demone)-profitto.
    Quando la cassa finisce si chiude e tutti vanno a casa senza lavoro.
    Nessuno investirebbe un centesimo in aziende che non fanno profitti.
    Non facciamo gli ipocriti. Tu investiresti i tuoi risparmi sapendo di non fare un soldo? Tanto vale lasciarli in banca allora.
    Lo stato sociale centra. E anche tanto. Secondo i dettami del liberismo lo stato dovrebbe esserci il meno possibile. Dirò di più, il liberismo demonizza lo stato come fonte di tutti i problemi dell'universo... Basta leggere uno dei teorizzatori del liberismo senza regole come Milton Friedman.

    Per quanto riguarda il denaro e il profitto ho un'idea in mente: sono lo sterco del demonio. Presi a modello per una società basata sul nulla.
    Se vuoi sapere come la penso clicca QUI
    Ibrahim

  10. #30
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    Citazione Originariamente Scritto da Ibrahim
    Lo stato sociale centra. E anche tanto. Secondo i dettami del liberismo lo stato dovrebbe esserci il meno possibile. Dirò di più, il liberismo demonizza lo stato come fonte di tutti i problemi dell'universo... Basta leggere uno dei teorizzatori del liberismo senza regole come Milton Friedman.

    Per quanto riguarda il denaro e il profitto ho un'idea in mente: sono lo sterco del demonio. Presi a modello per una società basata sul nulla.
    Se vuoi sapere come la penso clicca QUI
    Che dire? Rispetto la tua opinione, ma non condivido nulla.
    Bisogna essere realisti. Per me il denaro non e' la cosa piu' importante nella vita, ma dire che non serve o che non ti aiuta a vivere meglio e' ipocrita.

    Ripeto pero' che non c'e' bisogno di essere "liberisti" per pretendere un mercato del lavoro flessibile, che premi per merito e non per anzianita'.
    Poi si puo' anche discutere se contribuire allo Stato con il 20% o il 70% di tasse sui profitti. E' un altro paio di maniche.
    Ma senza profitti non esiste Stato che garantisca liberta' ai cittadini.

 

 
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