Buglio: il Pdci sbaglia, vidi troppo machismo in fabbrica. Vattimo: no, ha ragione
«Operai o diritti civili?»
Il Pdci: prima il conflitto sociale. Rifondazione: contrapposizione assurda


Dice Marco Rizzo che «mi piacerebbe raccontare a Caruso e Luxuria, e pure a Bertinotti che li ha voluti capilista, com’è vissuto mio padre. Trentacinque anni alle carrozzerie di Mirafiori, dal ’46 all’81. Per farmi studiare, negli ultimi tempi faceva il doppio lavoro: sveglia alle 4 e mezzo, primo turno in Fiat, pomeriggio alla carrozzeria Moreggia. A 60 anni è andato in pensione, a 61 è morto di cancro. Io per chi dovrei battermi? Per i transgender e gli okkupanti? O per i proletari? Perché questo sta accadendo: la proletarizzazione del ceto medio. Com’è ovvio, non ho nulla contro gli omosessuali, sono pronto a manifestare per i loro diritti; però il conflitto sociale viene prima. I poveri sono più numerosi oggi di ieri, ma sono divisi. Sta a noi legarli con un filo rosso, dare loro un’identità di classe. Il resto verrà». E’ una questione antica, quella che il caso di Quarto Oggiaro (i militanti di Rifondazione che passano nel Pdci) evoca. Il pane e le rose, i diritti materiali e quelli civili (Rizzo dice "borghesi"), l’operaismo e il femminismo, il comunismo e la libertà. Due categorie non necessariamente in contrasto; ma per Rizzo ce n’è una che viene prima. «E’ il conflitto di classe a muovere il mondo; i diritti seguono. Quando negli Anni ’70 la classe operaia si batteva con vigore, abbiamo avuto anche il divorzio e l’aborto. Ora che Bertinotti discetta del movimento dei movimenti mentre la coscienza di classe vacilla, anche i diritti sono messi in discussione, dai reazionari e dalla Chiesa».
Il dubbio è che, se i ceti popolari votano a destra (come fece Mirafiori quando nel ’94 elesse Meluzzi psicanalista di Forza Italia, o come fa la Sicilia pressoché a ogni elezione), questo accade anche perché la sinistra dà l’impressione di abitare una società di liberi e uguali, scevra dall’ingiustizia e dal bisogno. «L’impressione che dà parte della sinistra in questi giorni è anche peggiore - sostiene Rizzo -. Fini ricandida Ciampi per aizzare la rissa già partita fra i nostri per la poltrona del Quirinale. Sulla poltrona di Montecitorio è già assiso il compagno Bertinotti. Ma perché poi un disoccupato calabrese dovrebbe votare Caruso, che per occupazione non intende il lavoro ma entrare in una scuola con le chitarre e le ragazze? Perché un precario romano dovrebbe votare Luxuria in tacchi a spillo? Brave persone, per carità. Ma dei 1.200 morti ogni anno sul lavoro, chi si occupa?».
Anche Salvatore Buglio, deputato operaio, una vita tra Pci e Ds, ora candidato della Rosa nel Pugno, vorrebbe raccontare una storia a Marco Rizzo. «La mia. Sono entrato alla Fiat nel 1974, a 19 anni. Arrivato dalla Sicilia, con il mito della classe operaia. Il machismo era impressionante. Com’è ovvio, Mirafiori era piena di omosessuali, ma si nascondevano: gli operai dovevano essere la rude razza pagana; e noi ne approfittavamo. Le signore della Torino bene impazzivano, e devo riconoscere che farsele era davvero facile. I pochi gay che si palesavano erano impiegati, e venivano scherniti. Il partito stava su quella linea: i vizi borghesi non contamineranno la purezza proletaria. Si sapeva che alcuni dirigenti del Pci erano omosessuali, ma si fingeva di ignorarlo. Era la cultura dell’Urss, dove non a caso per loro c’era il gulag. Quando la Fiat mi licenziò, andai a lavorare in una fabbrica dell’indotto, la Sallig. Un giorno il leader sindacale ci dice: "Da domani viene a lavorare qui mio figlio. E’ un po’ malato. Rispettatelo". Quel ragazzo fu deriso e umiliato per due mesi, fino a quando il padre gli impose di licenziarsi perché incrinava la sua autorità. Poi, dopo la sconfitta operaia dell’80, le cose sono cambiate. Il Muro è caduto anche per quello. Oggi è chiaro che i diritti civili servono innanzitutto agli umili, alle persone con meno strumenti materiali e culturali, che hanno più bisogno di essere liberate. Purtroppo i comunisti sono sempre un passo indietro».
Gianni Vattimo, omosessuale e comunista, con Marco Rizzo ha avuto una causa legale (litigarono quand’erano entrambi candidati del Pdci alle Europee, per una questione di manifesti strappati). «Ma stavolta sono d’accordo con lui. Mi dispiace solo che quelle cose le abbia dette Rizzo; avrei voluto dirle io. Bertinotti è irrimediabilmente imborghesito: dopo Cofferati, è l’ulteriore dimostrazione che gli ex sindacalisti sono incapaci di radicalità. Fausto scopre la nonviolenza proprio quando Ferrara e i marinettiani del Polo la esaltano come levatrice della campagna elettorale. A destra è tutto uno zang-tumb-tumb, e lui si intenerisce con i transgender. A me Luxuria piace, invidio la sua vitalità giovanile, però la priorità dev’essere il conflitto sociale, la contesa tra capitale e lavoro. Da cui anche gli omosessuali trarranno beneficio; perché anche l’omosessualità è un problema di classe. Ho conosciuto molti gay ricchi: erano sposati, avevano case in Marocco e Tunisia, e se la passavano da nababbi. Come diceva Arbasino, alla principessa Torlonia non importa se Pasolini va con i ragazzi di borgata. Noi dobbiamo stare con i ragazzi di borgata».
Quanto a Fausto Bertinotti, non vuole far polemica. Le parole di Rizzo lo amareggiano: «Io già assiso? Le istituzioni non si prenotano. E poi contrapporre operai e omosessuali, lotta di classe e diritti, è assurdo. Perché la lotta di classe è lotta di liberazione, per tutti». Quanto a Vladimir Luxuria, autentica rivelazione della campagna elettorale, si dice «offesa dalle parole di Rizzo. Le ho trovate molto poco di sinistra. Anche l’aborto era considerato un diritto "borghese"; invece era una grande questione sociale, come lo è oggi quella delle unioni civili. Sabato andrò a fare campagna elettorale a Corsico, nell’hinterland milanese, e sono certa che mi troverò benissimo. Rizzo si comporta come un roditore: pur di rosicchiare qualche voto, non esita ad adagiarsi sui luoghi comuni. Ma questa visione decadente ed estetizzante dell’omosessualità è arcaica. L’omosessualità è in tutti gli strati sociali, a cominciare da quelli popolari, da cui provengo: mio padre camionista e mia madre casalinga vivono ancora nella casa popolare fuori Foggia dove sono nata. Io poi sono pasoliniana: il potente e il benestante non mi attraggono, mi sono sempre piaciuti gli operai, i proletari. Ho per loro un’attrazione sensuale e una consonanza di spirito».
Aldo Cazzullo
Copyright 2006 © Rcs Quotidiani Spa


E io da spettatore assisto a questo scontro titanico su chi è + comunista...