User Tag List

Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Forumista senior
    Data Registrazione
    18 Apr 2004
    Località
    "Il tuo orecchio non mi percepisce, ma in cuore ti rimbombo; in forma varia esercito crudele potere" Goethe, Faust, parte prima.
    Messaggi
    1,933
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Ecco un vero combattente...

    L'appassionato guerriero per la Terra e liberatore di animali, il nativo americano Rod Coronado, finalmente libero di parlare dopo anni trascorsi fra latitanza, prigione e un divieto di partecipare a qualsiasi attività politica, ha organizzato una serie di conferenze in giro per l'Inghilterra.



    D: Come è cominciato il tuo coinvolgimento nelle liberazioni animali e nelle lotte politiche?

    R: Sono cresciuto in un sistema di valori che non considera gli animali come proprietà, un sistema di valori che vede la terra come una madre, un sistema che non si fonda su qualcosa che impiega degli anni per maturare attraverso studi filosofici o ideologici, ma semplicemente qualcosa che ti appartiene dalla nascita. Avere questa concezione del mondo e assistere agli abusi sugli animali e alla distruzione della terra istituzionalizzati mi ha spinto all'azione diretta, opposta ad altri percorsi più comuni che impiegano anni di frustrazioni e sentimenti di inefficacia prima che cambi qualcosa. Questo non mi è mai successo.

    Il mio coinvolgimento politico comincia a metà anni '80, appena finite le scuole superiori. Mi interessavano molto le questioni sulla protezione delle balene, la caccia alle foche e tutte le forme di abuso ai danni degli animali e di distruzione dell'ambiente. Mi sono trovato coinvolto con i gruppi più aggressivi di azione diretta semplicemente perché non ho mai avuto grande fiducia nelle forme di riformismo dei governi e nel sistema politico in generale.

    Sia come indiano nativo che come osservatore della storia, ho sempre trovato nei governanti un atteggiamento di ostilità o compiacenza con la resistenza, piuttosto che di ascolto. Il mio impegno è consistito nel cercare quei gruppi che consideravo più efficaci nelle azioni di distruzione diretta dei responsabili di questi massacri. Nel 1978-79 vidi un documentario sulle campagne di Greenpeace contro i cacciatori di foche in Canada, al tempo uno dei più grandi massacri di animali selvatici al mondo.

    Quel tipo di intervento si accordava all'idea di azione diretta che ritenevo necessaria. Rimasi con loro finché incontrai qualcuno dalle vedute politiche ancora più aggressive, Paul Watson, distaccatosi da Greenpeace per iniziare il Sea Shepherd. Di tutte le organizzazioni che ho abbracciato da giovane -tutte le maggiori associazioni animaliste- è stato col Sea Shepherd che ho stabilito un contatto umano, fatto di scambi di lettere con gli attivisti e con Paul stesso.

    A 17 anni lascio la scuola e comincio a lavorare a tempo pieno con loro nelle campagne contro la caccia alle balene nelle isole Faroer. Nell'85 faccio il primo viaggio nelle isole Faroer e vi ritorno l'anno seguente. Il lavoro sul Sea Shepherd mi ha introdotto ai movimenti politici più rivoluzionari d'Inghilterra, oltre che al fenomeno dell'anarchia col suo ruolo nei movimenti per l'azione diretta. Fu allora che compresi che l'azione diretta non era un qualcosa per cui ci si doveva aspettare ordini da qualcuno, ma era semplicemente una questione di iniziativa personale. Ciò mi portò ad intraprendere un cammino di azioni dirette a bordo del Sea Shepherd che si concretizzarono nelle campagne contro la caccia alle balene in Islanda.

    Queste si rivelarono un successo, con l'affondamento di due baleniere e la distruzione della stazione nazionale per navi da caccia, e mi incoraggiarono a proseguire lungo il cammino indipendente da strutture politiche e organizzazioni. Esprimevo le sensazioni su come al giorno d'oggi un individuo che agisce per la terra e gli animali può rendersi efficace. Compiendo azioni dirette individuali e autonome e ricorrendo a tattiche di guerriglia, si è in grado di colpire obiettivi molto grandi quando meno se l'aspettano, all'opposto delle strategie consuete che prevedono pressioni di lobby, proteste, manifestazioni e petizioni.

    SEA SHEPHERD

    D: Che tattiche adottava il Sea shepherd? Nelle azioni contro la flotta baleniera islandese c'erano scontri diretti anche per mare?

    R: La tattica che adottavamo per contrastare la caccia consisteva nel mettersi in mezzo fra le balene e le piccole imbarcazioni che cercavano di spingere vicino a riva gli animali. Solo la nostra presenza nei porti dei pescatori durante le migrazioni delle balene era sufficiente a scoraggiarli dall'intraprendere inseguimenti.

    Grazie alla reputazione che ci eravamo fatti negli anni precedenti con le azioni contro navi da caccia, sapevano che significavamo problemi, non eravamo Greenpeace, che non ci preoccupavamo di distruggere proprietà, e questa reputazione che ci accompagnava si rivelò da sola molto efficace. Era una minaccia la nostra sola presenza.

    In Islanda fu più che una missione segreta. Con un amico, coi soldi raccolti in un estate di lavoro a Londra, volammo in Islanda e osservando le attività della stazione di lavorazione delle balene scoprimmo che di notte il posto era vuoto. Ci fu possibile entrare negli stabilimenti e infliggere enormi danni economici sabotando macchinari e computer.

    L'esperienza accumulata a bordo di una nave mi spinse a salire sulle baleniere col pensiero che se fossimo riusciti a entrare nelle sale macchine avremmo potuto affondarle senza usare esplosivi e rischiare incidenti; ed è ciò che fu fatto. Non eravamo mercenari addestrati, soldati o commandos, ma semplicemente individui che facevano ciò che nessuno gli aveva detto che non potessero fare secondo quanto stabilito all'inizio. Essere sabotatore è qualcosa che chiunque può fare se conosce abbastanza bene il proprio nemico e i suoi punti deboli. Questo è un modo di agire dai risultati molto efficaci, perchè l'obiettivo colpito, il profitto e la base economica sono ciò che più preoccupa industrie e governi.

    D: Da vent'anni c'é il movimento EF! in America e prima ci sono state altre forme di azione diretta ed eco-resistenza. Sembra però che il Sea Shepherd, insieme a Greenpeace oggi fra le principali organizzazioni, siano ancora le uniche ad aver intrapreso azioni dirette in mare aperto su larga scala.

    R: Credo che i nostri movimenti non abbiano gran confidenza coi problemi pratici che pone un oceano. Ogni problema di terra è più facile da risolvere perchè siamo una società che ha le radici sulla terra. Credo sia anche una questione di visibilità: là dove si può vedere l'orrore della distruzione del selvatico terrestre le persone sono più impressionate di ciò che accade negli oceani.

    La diminuzione dei banchi di pesce, dei mammiferi marini, l'inquinamento sono qualcosa che non si può vedere bene senza vivere in località di mare; senza che dalla salute del mare dipenda la tua esistenza. La difficotà a portare l'attenzione sulle problematiche del mare è anche effetto della scarsa percezione che si ha di esse. Per esempio, si sente parlare dell'industria della pesca come di uno sfruttamento minerario, ma senza avere un'idea precisa delle dimensioni di questo fenomeno sarà difficile cominciare una campagna contro l'industria della pesca.

    C'è anche da considerare l'influenzabilità delle persone, per cui è più facile mobilitarsi in favore di graziosi animaletti pelosi o popoli indigeni anziché pesci o plancton. C'è in generale una tendenza del movimento ad avvicinarsi a cause che accendono il pubblico più facilmente. E' un peccato che Sea Shepherd sia la sola organizzazione a combattere per i mari secondo strategie di azione diretta.

    Sicuramente un'altra ragione di questa situazione sono gli esorbitanti costi di mantenimento di una imbarcazione. E' già abbastanza difficile trovare fondi per organizzare campagne e manifestazioni, senza considerare quelli necessari a fare andare una nave che consuma due tonnellate di diesel al giorno quando è per mare - oltre all'impatto ambientale che simili operazioni sollevano.

    D: Si dice che Paul Watson sia una figura ambigua, che idea ti sei fatto?

    R: Mi sembra che molte persone lo giudichino sulla base dell'opinone che hanno di come debba condurre le sue azioni oppure su come dovrebbe vivere coerentemente a quelle azioni. E siccome riteniamo ipocrita per qualcuno che lotta per i diritti degli animali il fatto di mangiarseli, molta gente lo giudica per questo.

    Ma senza considerare le scelte sul suo personale stile di vita, credo sia più importante sottolineare ciò che non può essere ignorato di quel che ha fatto per la Terra in vita sua. In trent'anni di attivismo non si è mai istituzionalizzato, né ha mai condannato le tattiche di azione diretta, all'opposto di ciò che hanno fatto molti all'interno del movimento di base, sia dopo aver raggiunto una posizione nella corrente ambientalista sia trasformandosi in salariati di carriera.

    In fin dei conti questo mi sembra già abbastanza degno di rispetto. Lui è un guerriero, uno che si è ripetutamente esposto in prima linea. A sessant'anni suonati è ancora a bordo della sua nave per portare avanti le sue campagne. Sono pochi gli attivisti del movimento che sono rimasti coinvolti così a lungo e ancora svolgono i lavori organizzativi di base che hanno svolto per venti o trent'anni.

    Credo questo meriti grande rispetto. Torno poi a ripetere che c'é solo una organizzazione attiva negli oceani a proteggere e difendere le balene e tutte le nazioni marine. Non credo ci possiamo permettere di criticare quell'unica organizzazione. Nell'89 il mio servizio sul Sea Sheperd volgeva al termine. Cominciarono le divergenze sulle strategie di Paul. Non ne criticavo l'efficacia, ma sapevo che non mi ci sarei adattato ancora a lungo.

    Il Sea Shepherd adottava l'azione diretta, ma un tipo di azione che cercava di fare pressione sugli accordi internazionali fra i governi. Io non avevo tempo di aspettare che i governi si accorgessero della necessità di difendere gli animali e la Terra; semplicemente volevo compiere azioni di protezione degli animali e la terra in base a leggi ecologiche e morali. Compiere azioni che prendessero di mira l'industria e che non si basassero sul sostegno pubblico o avessero la pubblicità come fine o la visibilità della loro efficacia.

    Mentre molte buone organizzazioni riducono i loro obiettivi per aumentare il consenso del pubblico, io mi rendevo conto che il mio ruolo migliore consisteva nell'agire per sabotare l'industria. Fu anche una reazione all'atteggiamento tipico dei media di fronte alle azioni dirette - additate a criminali, come nel caso delle azioni che si svolsero in Islanda. Arrivai al punto di domandarmi se le azioni dovevano proteggere gli animali e la Terra o sostenere la causa del movimento. Alla fine decisi che difendere gli animali mi importava di più che non assecondare i gusti dei vari movimenti per la Terra e gli animali.

    TATTICHE

    D: Quando eri in UK, circa dieci anni fa e più, era la prima volta che incontravi attivisti dell'ALF?

    R: Si, a metà anni ottanta - quella è stata la prima volta che ho incontrato gente che scendeva fisicamente sul campo a proteggere gli animali, disturbando i cacciatori, danneggiando pelliccerie e macellerie. Ma la lezione più importante che imparai fu nel vedere come persone con pochissimi soldi potevano comunque fare azioni in difesa della Terra e gli animali.

    C'era lo stesso grado di sensibilità sociale ed ecologica di cui avevo sentito discutere fra le genti indigene, per cui l'individuo è responsabile delle sue azioni, della difesa e protezione di sé e di chi non può farlo da solo. Questo fatto di non dover fare parte di una grande organizzazione per rendersi efficaci mi impressionò molto.

    Partecipai alle battute contro i cacciatori a Bristol e Plymouth e vidi con che violenza ci rispondevano, solo perchè volevamo proteggere la vita delle volpi; fino ad allora avevo creduto di essere pacifista. Credevo sul serio che non ci dovesse essere posto per la violenza, neppure per autodifesa. Ho smesso di credere nella non-violenza passiva quando mi sono reso conto che, nei panni di sabotatore di cacciatori, la determinazione a difendere qualcuno da un attacco fisico era la tattica più efficace per respingere quell'attacco.

    Mostrando al nemico la tua determinazione a reagire, se attaccato, si crea un piano di rispetto che non viene riconosciuto se ci si rinchiude in posizione fetale lasciandosi colpire. Da persona impegnata a combattere la violenza ed evitarla mi sembrava logico mostrarmi determinato a difendere me stesso e i miei compagni. La violenza è aumentata contro gli attivisti non violenti, contro quelli per la Terra, gli animali e i diritti umani. Ciò mi ha indotto ad essere ancora più radicale nella scelta di evitare lo scontro fisico.

    Distruggere le proprietà, le macchine o gli edifici istituiti per la distruzione della vita è molto meno violento delle azioni in cui c'é lo scontro diretto coi responsabili di questi massacri, con chi fa funzionare quelle macchine e lavora in quei posti.

    D: Hai quindi scelto di agire nell'anonimato senza confrontarti direttamente col nemico?

    R: Esattamente, perché i livelli più alti di violenza che il nostro movimento ha scontato si sono avuti in situazioni di scontro fisico diretto col nemico. E sono fermamente convinto che si debbano scegliere con grande cautela gli obiettivi da colpire, perché quando si viene arrestati e si devono affrontare processi, non sono solo i singoli ad essere limitati nel loro attivismo ma è tutto il movimento a dover spendere energie per garantire sostegno legale agli arrestati.

    Credo sia anche un obbligo che abbiamo verso il movimento, di rappresentare anzitutto la Terra e gli animali evitando situazioni in cui poi ci troviamo ad essere noi vittime al posto di quelli verso cui si rivolgono i nostri sforzi di lotta. E' capitato spesso che manifestazioni per delle cause giuste si trasformassero in raccolte di fondi per difendere i partecipanti; questo spostamento degli obiettivi dall'ambientalismo agli abusi della polizia, alla difesa dei diritti costituzionali, etc., in un certo senso è anche un po' ipocrita, perché si chiede protezione a una società che nello stesso tempo combattiamo.

    D: Credi quindi che sia tatticamente più saggio stare alla larga da manifestazioni pubbliche o altri tipi di azioni in cui si può rischiare di essere arrestati, costringendo i compagni a impegnarsi in campagne di sostegno legale?

    R: Si vede bene quante persone mascherate durante le manifestazioni, che compiono piccole azioni di distruzione poi vengono arrestate. Invece di appoggiare tutte le azioni dovremmo domandarci e discutere all'interno del movimento se sia veramente utile compiere azioni alla luce del sole, per TV, giornalisti e poliziotti, o non magari rimanere d'accoro sulla tattica ma in un ambiente più sicuro, dove un minor numero di persone difficilmente potrebbe essere preso.

    Intendo dire che è folle e irresponsabile compiere distruzioni di proprietà davanti alla polizia quando potrebbero essere fatte con risultati migliori la settimana prima o il giorno dopo la manifestazione. Credo che ci dobbiamo imporre questo tipo di riflessioni piuttosto che andare avanti a discutere sull'opportunità di applaudire e incoraggiare le distruzioni di proprietà durante grandi manifestazioni.

    Se sei a una manifestazione di massa che ha come obiettivo dei laboratori, un allevamento o un centro per immigrati, con quel numero di persone per liberare tutti, allora dovresti cogliere l'occasione per farlo. Dobbiamo però domandarci "se possiamo salvare dieci vite di animali in una manifestazione di massa contro HLS, forse ne potremmo salvare cento se tornassimo in un momento in cui la sorveglianza non è allertata".

    Il mio personale modo di agire si è sempre basato su ciò che un individuo può fare, al meglio delle sue possibilità. Per esperienza posso dire di essere molto più abile a colpire gli stessi obiettivi, presi di mira durante grandi manifestazioni, quando sono da solo. Senza limitarmi ad essere un semplice picchettante, mi sono trovato molto bene nel ricorso al sabotaggio e all'azione diretta contro quelle stesse industrie.

    E credo che quando ci si vuole definire anarchici, anarchici verdi o rivoluzionari si deve pensare bene a cosa si intende con ciò. Bisogna ammettere che non possiamo considerare sufficiente il fatto di partecipare a una manifestazione di massa ogni paio di mesi. Se fai un viaggio più o meno lungo per andare a una manifestazione contro la globalizzazione non è certo abbastanza per rendersi conto del potere dell'azione diretta.

    In una manifestazione potrai infrangere qualche vetrina, ma per me il vero significato di azione diretta lo puoi trovare in ciò che si può fare individualmente, lontano dalla massa. Sicuramente le grandi manifestazioni hanno un ruolo importante nel contesto delle nostre lotte. Però si è anche visto come il movimento antiglobalizzazione, dopo i successi ottenuti nelle manifestazioni di Seattle e altre città, abbia cozzato contro una sempre crescente violenza repressiva e un aumento degli arresti.

    Agli attivisti viene impedito di lasciare i loro paesi o vengono rispediti a casa in aereo ancor prima di cominciare le azioni. Penso che queste manifestazioni dovrebbero essere lasciate organizzare a chi è più facilitato abitando in quei posti, al contrario di chi è costretto a spendere le proprie limitate energie per pagarsi viaggio e soggiorno e per essere solo un corpo in più. Ripeto che in qualità di rivoluzionari, giovani e prestanti, non è abbastanza presentarsi a una manifestazione ogni paio di mesi, anche se incappucciati ci lanciamo in qualche piccola devastazione.

    E' pericoloso, è un terreno scivoloso su cui si può facilmente cadere, compromettendo il nostro potenziale attivismo, ritenere sufficiente partecipare ad azioni di massa. Mascherarsi e ditruggere qualche vetrina è utile, ma molto lontano dal mio modo di intendere l'azione diretta.

    Sono convinto che ci siano molte persone che credono nel potere dell'azione rivoluzionaria e appoggiano le lotte rivoluzionarie, ma hanno molto timore di intraprenderle individualmente a casa propria. Credo sia un privilegio appartenere alla società del Primo Mondo, nonostante molti di noi siano proletari o poveri.

    Il nostro intento non è quello di rappresentare noi stessi, ma la Terra e le genti di altri paesi, anche se non ci è riservata l'oppressione di coloro che intendiamo rappresentare. Si vedono lotte in cui la gente paga un prezzo molto più alto del nostro, solo compiendo azioni ad un livello che noi ci possiamo permettere col benestare dei governi.

    Credo che con questo privilegio abbiamo l'obbligo di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità, e se ci si considera dei rivoluzionari credo che questo consista in qualcosa di più che non sfasciare vetrine. Si è visto ripetutamente che quando le persone si elevano al di sopra di questo agire massificato e si accorgono di poter fare molto di più da sole, indipendentemente, i risultati parlano per sé.

    ALLEVAMENTI DI ANIMALI DA PELLICCIA

    D: Mentre eri in UK negli anni ottanta con i sabotatori della caccia e i liberatori di animali, hai pensato che ci potessero essere cose da esportare negli USA e che potessero funzionare anche là?

    R: Ho sicuramente riconosciuto l'efficacia delle tattiche di sabotaggio economico dell'ALF contro l'industria della pelliccia. Avevo fatto azioni a Londra per conto mio contro delle pelliccerie, senza appartenere ad alcuna organizzazione, semplicemente di mia iniziativa. Sia il mio contributo, poi quello di altra gente durante le manifestazioni spinse al fallimento quelle piccole imprese. Compresi che sconfiggere l'industria delle pellicce era un obbiettivo alla portata.

    Ritornato negli USA ero molto motivato ad attaccare anche lì quell'industria, che prima non aveva mai subito i livelli di sabotaggio conosciuti in Inghilterra. Immaginavo che se ci fossimo impegnati con la stessa intensità degli inglesi, non c'era motivo per cui non si potessero ottenere gli stessi risultati, anche se erano due paesi diversi erano identiche le leggi economiche di riferimento.

    Eravamo riusciti a fare chiudere due pelliccerie, e questo era prova della nostra efficacia. Pensai che non era abbastanza colpire le pelliccerie al dettaglio individualmente; c'era bisogno di alzare il tiro, appuntandosi sugli interessi industriali. Così ho cominciato la mia guerra contro l'industria degli allevamenti da pelliccia.

    Era importante cominciare a raccogliere informazioni, così con l'aiuto di un'associazione animalista siamo stati mandati a fare indagini. A quel tempo le critiche maggiori delle associazioni contro l'industria delle pellicce riguardavano l'uso delle trappole così i commercianti cercarono di spostare l'enfasi sugli allevamenti domestici, di cui non si sapeva ancora molto.

    Abbiamo passato circa un anno a infiltrarci negli allevamenti con la scusa di cercare animali per aprire un nostro allevamento. Vennero raccolti moltissimi documenti filmati sulle atrocità degli allevamenti, poi usati per informare l'opinione pubblica sulle sofferenze che stanno dietro una pelliccia.

    Grazie a quelle indagini scoprii il grado di vulnerabilità di quelle industrie che non erano state ancora colpite dall'ALF. Alla fine delle indagini, raggiunto l'obbiettivo di dimostrare con prove indiscutibili il grado di abusi fisici e psicologici inflitti agli animali negli allevamenti, mi sembrò logico che il passo successivo fosse l'attacco diretto a quell'industria. Avevamo immagini che potevano essere usate per avere sostegno pubblico nella campagna contro le pellicce, ma mi sembrava evidente che ci trovassimo di fronte a un'industria che poteva essere colpita con l'azione diretta. Mi sono sentito in dovere di passare all'azione diretta, così come avevo fatto in passato per le balene.

    D: Quindi, dopo un anno di ricerche sapevi dov'erano gli allevamenti e quali erano i loro punti deboli?

    R:Certo, come per ogni industria sapevo che sviluppo e ricerca sono lo scheletro e il propulsore del progresso. Mi parve che questo fosse l'anello più vulnerabile dell'industria delle pellicce americana, puntare quella manciata di ricercatori sovvenzionati dagli allevatori per vivisezionare visoni nel tentativo di risolvere i problemi della cattività. Problemi e ostacoli che gli allevamenti da pelliccia incontrano a dispetto degli allevamenti di animali domestici, avendo a che fare con la reclusione intensiva di animali che sono predatori naturali non ancora addomesticati.

    Mi recai al più grande allevamento sperimentale di ricerca all'Oregon University. Entrai nella struttura dopo un'attenta perlustrazione. Ero da solo, nessuno si aspettava visite perchè in America nessuno aveva ancora colpito l'industria delle pellicce. Scavalcato il recinto vidi che una finestra dell'edificio era aperta. Entrando da li mi trovai di fronte tutti gli archivi dei lavori sperimentali oltre alle varie apparecchiature. Nessun allarme era scattato, mi ritirai sul tetto dell'edificio per riflettere.

    Mi avevano preso nel 1987, quattro anni prima, mentre sabotavo pelliccerie a Vancouver, in Canada. Immaginavo le conseguenze di quel che mi avrebbe atteso se fossi passato all'azione diretta e ciò che avevo in mente in quest'occasione era la distruzione totale, non un danno minimo, ma un incendio. Per me, da persona indigena, il fuoco è una forza purificatrice usata nei riti.

    E' il modo in cui ci purifichiamo quando bruciamo salvia, incensi e altre erbe medicinali. E' un potere, una forza della natura che viene usata per scacciare il demonio, così in quel senso è sacro anche l'uso che ne fanno l'ALF e l'ELF quando ricorrono all'incendio. Sapevo bene dall'alto di quel tetto che l'azione che avrei intrapreso avrebbe potuto condurmi in prigione, anche perché, dopo tutte le indagini svolte, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che la mia presenza negli allevamenti o dai fornitori di mangimi venisse collegata a queste azioni.

    Ma, nonostante la prigione o le pallottole di un allevatore, sapevo che era la cosa giusta da fare * non era eroismo e neppure temerarietà, ma la semplice constatazione dei miei obblighi verso il mondo animale, verso i miei fratelli e sorelle. Quello fu l'inizio della cosiddetta Operazione Bite Back. Nel corso dell'anno e mezzo seguente attaccammo cinque dei sei centri di ricerca sovvenzionati.

    Distruggemmo molti importanti progetti di ricerca: fu distrutto un granaio per la produzione di mangimi, furono salvati una trentina di animali, fra visoni e altre specie, e furono mandati in fumo oltre 32 anni di risultati delle ricerche alla Michigan State University.

    LA CLANDESTINITA'

    D: Quali sono i pericoli e i vantaggi della clandestinità?

    R: Sicuramente, essere diventato un bersaglio e in seguito venire arrestato, è dipeso molto più dal mio impegno pubblico piuttosto che da quello illegale. Se non mi avessero mai identificato come membro dell'ALF che combatte contro il commercio delle pellicce e si mostra favorevole alla distruzione della proprietà per difendere la Terra e gli animali, non sarei mai stato preso.

    Perciò, vorrei consigliare a chi intende cominciare ad agire direttamente, di rompere qualsiasi rapporto con i movimenti che lottano pubblicamente per le stesse cause che si combattono illegalmente, semplicemente perché la strategia investigativa della polizia per trovare gli autori di azioni politiche illegali, parte dall'identificazione degli attivisti che protestano legalmente.

    Così, se non fai parte di un movimento pubblico, proteggi automaticamente il tuo anonimato rimanendo fuori dall'osservazione finché non vengono svolte indagini più approfondite. Rende tutto più facile per loro se di giorno indossiamo un cappello che ci identifica come attivisti per i diritti animali o ambientalisti e poi di notte ne usiamo un'altro per compiere azioni illegali con lo stesso significato. E anche se facciamo sempre così , per via dell'esiguo numero di persone disposte all'azione diretta, è facile constatare dall'osservazione delle liste di prigionieri, che la maggior parte degli arrestati sono stati incastrati perché identificati durante la partecipazione ad attività legali.

    ARRESTO E PRIGIONIA

    D: Quand'é che ti hanno arrestato?

    R: Le mie imputazioni vennero da un plico di documenti trafugati durante un'incursione in un laboratorio * documenti che si voleva spedire alle associazioni animaliste principali affinché ne divulgassero i contenuti. Fu anche dall'esame calligrafico in cui si confrontarono alcuni comunicati scritti a mano con dei campioni di scrittura prelevati durante le perquisizioni della polizia.

    Curiosamente però, la maggior parte delle prove che portarono alla mia incriminazione non avevano rapporto con l'esecuzione del reato, bensì col tentativo di rendere pubblici gli scopi degli attacchi. Come ho già detto, volevamo avere effetto sia dal punto di vista educativo che da quello più pratico di attacco all'industria, e questo mi è costato. Idealmente, se fossimo stati parte di un gruppo più organizzato, il mio compito sarebbe stato solo quello di compiere le azioni. Il compito mediatico l'avrebbe svolto qualcun'altro. Ma essendo agli inizi del movimento per l'azione diretta in America, dovevo ricoprire più ruoli, da portavoce a esecutore delle azioni di cui parlavo.

    D: Ti riferisci all'idea di ALF ed ELF di creare un ufficio stampa?

    R: Esattamente. Non esisteva a quel tempo. E se esisteva io non lo sapevo. C'era un ufficio stampa in Inghilterra, ma in America la diffusione delle notizie dipendeva dalle fonti d'informazione indipendenti. Lo scopo di un ufficio stampa è di creare un canale sicuro per l'individuo che difende azioni di cui non fa parte, opposto al tentativo, molto pericoloso, di creare un canale di comunicazione da parte di chi compie le azioni direttamente. Serve a proteggere l'anonimato di chi agisce avere un ufficio stampa, ha una funzione fondamentale.

    D: Com'é stata l'esperienza della prigione? Quanto ci sei rimasto?

    R: Mi sono fatto circa 4 anni e quest'esperienza non ha comportato la fine della lotta ma solo uno spostamento. Anziché colpire direttamente l'industria il mio nuovo compito da prigioniero di guerra consisteva nell'educare la gente, non solo gli altri detenuti, pure loro vittime della repressione dello stato, ma anche le numerose persone che mi scrivevano e facevano parte del movimento per i diritti dell'ambiente e degli animali.

    Spiegavo attraverso la mia storia, che il sacrificio che siamo costretti a pagare è assai minore di molti altri posti e degli animali stessi che rappresentiamo. Inoltre, avendo la possibilità di scrivere per dire come stavo e cosa facevo, dimostravo che la prigione non è uno strumento depotenziante.

    Scopo della prigione è quello di distruggere il nostro spirito e farci perdere la fede in ciò che crediamo. Ma quando finisci in carcere per aver compiuto azioni in difesa della vita e della salute dell'ambiente, è una situazione in cui ti svegli e ti senti veramente bene sapendo perché sei li, e senza pentirti di ciò che hai fatto.

    C'è anche un grande valore rappresentativo, non solo per quelli del movimento ma anche all'interno della prigione, nel vedere la serietà delle motivazioni per cui si è disposti a rischiare la prigione. Questo di per sé legittima la lotta e le conferisce il rispetto che meritano tutti i guerrieri che usano l'azione diretta, al contrario di quanto pensano alcuni quando vedono nell'ambientalismo e l'animalismo dei movimenti privilegiati.

    Penso che quando dimostriamo di rifiutare questo prvilegio andando in prigione per ciò in cui crediamo, mostriamo al mondo intero e tutta la comunità che è ora di cominciare a riconoscere come questo movimento non è degli umani né per la protezione dell'ambiente per amore degli umani. Credo che le sentenze scandalosamente lunghe inflitte a gente come Critter e Free sono la prova che c'è un forte motivazione politica dietro le leggi che ci perseguitano.

    Non ci condannano semplicemente come criminali che hanno commesso un reato, ma perché rappresentiamo un movimenti impegnato nell'azione diretta e si vuole intimidire chi vuole unirsi al movimento. Così, mentre da un lato rappresenta un vero ostacolo, dall'altro costringe le persone a considerare che significato ha per loro questa lotta; se è qualcosa cui dedicarsi per un paio d'anni durante l'università, prima della carriera , o per la vita intera, come molti hanno fatto.

    Mi sembra che la diminuzione delle azioni a causa della repressione della polizia si possa vedere come una forma di selezione fra le spighe e le erbacce, fra chi è veramente pronto per vivere secondo i propri principi unendo l'azione al pensiero e chi si lega al movimento spinto da ragioni meno altruistiche.

    D: Che rapporto hai avuto con gli altri detenuti?

    R: Considerato l'alto numero di detenuti Nativi nella prigione, ho avuto un ottimo rapporto con loro, gente cresciuta con una visione del mondo che condividevo sia da indigeno che da militante per i diritti degli animali. Come all'esterno, così anche in carcere i concetti di ambientalismo e diritti degli animali non sono comuni, ma col tempo hanno imparato ad associarli a me, alle letture che gli procuravo, spiegando chi erano le persone che mi scrivevano e presentandogli il vero volto di un movimento di cui forse avevano sentito parlare solo attraverso i media. Era molto istruttivo il fatto che imparassero a collegare ad un loro conoscente resoconti di attacchi di azione diretta per l'ambiente e i diritti animali, senza lasciarsi ingannare dai racconti dei giornali.

    SPIRITUALITA'

    D: Potresti parlarci ancora degli aspetti spirituali della lotta ecologista e la difesa degli animali?

    R: Non vedo nei movimenti per l'ambiente e per i diritti degli animali forme strettamente contemporanee. Non credo neppure di poter racchiudere le mie credenze in una filosofia dei diritti degli animali o dell'ambiente. E' impossibile, perchè non si tratta solo di proteggere l'ambiente o gli animali, ma di una resistenza globale che affonda le radici nei secoli e che per secoli si è opposta a quella visione del mondo che ha reso la vita sulla terra una piaga, che ha distrutto popoli indigeni, animali e ambiente, costringendoli alla sottomissione e riducendoli a proprietà o risorsa.

    Dopo un coinvolgimento così lungo nelle lotte e considerata la storia della mia gente, non mi sembra di avere a che fare con un nuovo fenomeno. Non considero l'ELF questa nuova forza che irrompe sulla scena; piuttosto mi sembra la moderna incarnazione della stessa resistenza che è sempre esistita. Il mondo da cui provengo e che esiste ancora per molti indigeni * e non indigeni che accettano di riconoscerlo, concepisce ogni essere umano, animale e vegetale come parte di un insieme e uguale a tutto il resto.

    Non credo ci sia una grande conoscenza della realtà in cui hanno vissuto i miei antenati, ma è da li che bisogna partire per capirci, perché essa, prima dell'invasione europea era caratterizzata da una vivace ed evoluta cultura. Non eravamo dei primitivi, eravamo ad uno stadio più avanzato, nella scienza, nella conoscenza dei meccanismi naturali, senza basarci su istituzioni o autorità, ma semplicemente partecipando come attori del ciclo vitale e attraverso l'osservazione dell'armoniosa esistenza del mondo naturale nel corso delle generazioni.

    I nostri antenati ci parlavano del mondo che esisteva prima, quando nel Nord-America più di 40 milioni di bisonti ricoprivano le pianure così fittamente da far esclamare ai primi esploratori che tutto ciò che si poteva vedere era una montagna di animali in movimento. Un mondo in cui uno scoiattolo lungo il fiume Missisipi poteva percorrere 400 miglia fino alla costa orientale degli Stati Uniti, senza toccare terra.

    La macchia della foresta era così spessa e densa da creare un suo ecosistema, simile a quelli del sud America. Un paragone fra la popolazione di uccelli d'allora e oggi non può essere fatto. Alcune testimonianze di colonizzatori e viaggiatori giunte fino a noi, parlano di stormi di oche selvatiche così enormi da oscurare la luce del sole per alcuni giorni al loro passaggio. Di uno stormo di piccioni viaggiatori, specie oggi estinta, un testimone afferma di aver atteso cinque giorni per la fine del suo passaggio.

    Sono bastati solo 125 anni perchè scomparissero del tutto.

    Le balene, animali sacri alla mia gente e per me in particolare, erano una popolazione così prolifica che gli europei le consideravano un pericolo per la navigazione. Questo era il mondo che esisteva prima e non mento quando dico di credere che potrà esistere ancora, perché i danni provocati dall'uomo sono irreversibili nel tempo che vivremo, e probabilmente per tutta la durata del genere umano, ma nei tempi della terra ciò potrà accadere.

    Infatti la natura è molto più forte di quello che l'uomo le può fare, e se anche dovessimo distruggere ogni forma vivente che ci circonda, la terra come corpo vivente, come organismo che cresce e si evolve, ristabilirà una situazione in cui probabilmente non saremo in cima alla catena alimentare.


    Credo che ci sia uno spirito di resistenza che ci contamina perché viviamo su un territorio in cui le generazioni passate furono assassinate e dove sono sepolte le loro ossa, e viviamo sulla terra per cui sono morte. Udiamo ancora il loro pianto e il nostro spirito è casa del loro spirito irrequieto. Noi ci troviamo ad essere figli degli invasori, figli di una generazione responsabile della condizione che ci opprime. Ed è così che lo spirito di resistenza esige la sua vendetta, infettando proprio i figli della gente che ha causato tali sofferenze e ora noi stiamo sfruttando la favorevole posizione per combattere il mostro dall'interno delle viscere , dall'interno delle nazioni del Primo Mondo.

    Non è solo una guerra fra lontani popoli indigeni, nelle giungle dove hanno sede industrie americane e inglesi, e noi; è una guerra che i cittadini Inglesi e Americani devono combattere contro compagnie inglesi e americane. Non per i nostri diritti ma per i diritti di altre genti che non si rappresentate nella nostra terra.

    LOTTE INDIGENE

    D: Probabilmente in America la continuità della lotta è più evidente perché c'è stato uno scontro militare diretto più o meno ininterrotto fra europei e nativi fino a poco tempo fa?

    R: Io vengo dalla nazione Yaqui, vicino a Tucson, Arizona, e la bandiera americana per me rappresenta la stessa cosa che ad un ebreo potrebbe suscitare la vista di una bandiera nazista. Quella bandiera ha guidato gli eserciti alla distruzione della mia gente, ancora oggi lo sta facendo e si ripeterà in futuro contro altri popoli indigeni.

    Quel comportamento è lo stesso adottato da sempre dagli USA; in questo modo sono stati fondati e così intendono mantenere il controllo e il potere non solo sulla nostra tribù e gli altri popoli al mondo, ma sulla natura in tutte le sue forme. Solo trent'anni fa il Movimento degli Indiani d'America (American Indian Movement) subiva il peso maggiore della repressione USA per difendere il diritto al territorio, alla cultura e alle tradizioni.

    Vivere in una nazione in cui ci sono ancora persone in armonia col loro territorio e che tramandano una visione del mondo che considera animali e Terra in un legame di congiunzione, rende più semplice trovare la continuità della nostra resistenza.

    E' logico vedere che i combattenti indigeni di questo secolo si riconoscono nei movimenti ambientalisti radicali e per i diritti animali, nel movimento anti-globalizzazione e in quelli anti-razzisti. E' la stessa lotta in difesa di quella visione di mondo per cui hanno combattuto a lungo e duramente i nostri antenati.

    Durante il periodo in cui dovetti fuggire per darmi alla latitanza trovai dei santuari fra quelle persone i cui padri erano morti nella stessa lotta che stavo combattendo. Anche se erano perlopiù estranei ai termini di ambientalismo radicale o diritti animali, i principi erano identici.

    D: Che rapporti ci sono stati fra l'American Indian Movement e altri attivisti Nativi con Earth First! e il movimento per la liberazione animale?

    R: La relazione più discussa e abilmente sfruttata dai media per mostrare le divergenze fra i vari movimenti, ci fu in occasione della rivendicazione del diritto di caccia alla balena da parte della tribù dei Makah, prevista da alcuni trattati, che vide levarsi le proteste di animalisti e ambientalisti.

    Fu un'occasione vantaggiosa per i media che volevano dimostrare l'inconciliabilità fra i punti di vista e negare l'atrimenti pericolosa alleanza che sarebbe potuta nascere. Mi sembra che la sproporzione fra l'attenzione dedicata a quell'episodio rispetto ai numerosi in cui vi fu collaborazione fosse strumentale all'immagine che si voleva fare passare. Ambientalisti e animalisti si erano trovati a stretto contatto con attivisti Nativi contro le miniere d'uranio e di carbone in Arizona, per difendere i territori Shoshone in Nevada, contro il trasporto e carico di scorie nucleari sulle terre indiane, per la difesa dei bisonti e dell'ecosistema di Yellowstone.

    Questi movimenti erano aggregazioni di ambientalisti, animalisti e nativi che erano riusciti a collaborare efficacemente e stabilire un buon rapporto di solidarietà. Partecipare a una campagna contro una tribù di Nativi ha dato agli oppositori la possibilità di rimarcare una divisione dove altrimenti c'era un forte legame.

    C'è ancora parecchia strada da percorrere prima che si possa riconoscere un terreno comune fra i movimenti per la sovranità dei Nativi e quelli per i diritti animali e della terra. Ciò dipende molto dalla capacità di riconoscere l'influenza che la cultura occidentale esercita su di noi, ostacolando la comprensione di uno stile di vita di cui perlopiù parliamo, in cui molti Nativi sono cresciuti, e che noi possiamo scegliere solo arbitrariamente.

    MESSAGGIO AL MOVIMENTO

    D: Ti sembra che per certi versi i movimenti di liberazione della terra e per i diritti animali siano poveri di quelle convinzioni spirituali di cui stai parlando?

    R: Parecchio, si. Molte persone rimangono perplesse in tema di spiritualità, dal momento che ci si riferisce ad esperienze che non vengono dalla spiritualità ma dalla religione, attraverso la religione cristiana, che è l'opposto di ciò in cui credo. Parlando di spiritualità è difficile togliere quel sapore cattivo dalle bocche della gente. Allo stesso tempo però dobbiamo identificare le cose per cui lottiamo con un piano spirituale, perchè quello è il loro grande potere.

    Come i miei antenati credo nel potere della terra e degli animali.

    Il motivo per cui parlo molto della spiritualità come parte dell'azione diretta è stata la sua funzione di rinforzo, capace di sostenermi nei momenti in cui sarei potuto cadere nello sconforto e la depressione che il senso di inefficacia porta con sè. Alcuni miei amici si sono suicidati, talmente sensibili alla malvagità del mondo e così poco felici della loro vita da non trovare un posto in cui valesse la pena stare.

    Per me, invece, l'unico modo per resistere alla tentazione di abbandanare la speranza sta nella continua scoperta dei poteri della Terra e della bellezza degli animali con tutto quello che hanno da insegnarci. Se non fosse per questa capacità mi sarei già lasciato andare.

    D: Quindi la spiritualità ha la funzione pratica di render più efficaci le tue azioni?

    R: Si, e non vedo come non potrebbe. Ci battiamo per la sopravvivenza dei popoli indigeni e le loro culture e per la vita degli animali. E credo che quando guardiamo la bellezza di un animale che non viene cacciato e lo osserviamo nella purezza del suo ambiente, quando impariamo come si sostentano gli indigeni che ancora vivono in armonia nel loro ambiente, come siano immuni dalle malattie psicologiche e fisiche che ci affliggono, sia un risultato importante da ottenere attraverso la lotta, diversamente da chi si limita a combattere per la Terra rimanendo entro le leggi e adeguandosi a quel sistema.

    Molti Nativi dicono che dovremo chiedere aiuto agli animali, e quando lo faremo loro ci verranno incontro. Non per noi stessi ma per la sopravvivenza di tutti. Quando venni incriminato per le azioni contro l'industria dei visoni mi ritirai a vivere nelle pianure. Era il territorio di un anziano. Era la prima volta che provavo la vita dei miei antenati, la vita delle mie relazioni animali, da individuo cacciato. Ho pregato molto e chiesto guida e sostegno - vivevo nella paura, avevo una pistola perché avevo visto in che modo l'FBI aveva cercato di fermare l'American Indian Movement e le Pantere Nere, immaginavo che mi avrebbero potuto uccidere.

    Un giorno camminavo per le praterie chiuso nei miei tristi pensieri, quando, cercando aiuto, incontrai un coyote e un falco. Sembrava che mi stessero guardando, ma invece di dire qualcosa sentii come un enorme peso che veniva rimosso e nel vento potevo ascoltare una voce che ripeteva ³Sei uno di noi adesso, sei una preda, proprio come noi, e ogni volta che avrai bisogno d'aiuto non hai che da chiedere, e noi saremo li, ma non potremo aiutarti se ti fiderai più di loro che di noi.

    Quell'episodio contribuì a rafforzare la mia fede. C'era ancora una azione da fare. Durante alcuni appostamenti nelle indagini sugli allevamenti di visoni avevamo scoperto un centro di ricerca per lo sviluppo di trappole, veleni e tecniche di controllo dei coyote per difendere l'industria di bestiame. La struttura consisteva in una serie di recinti dove i coyote venivano rinchiusi e lasciati a digiuno e in seguito sfamati con esche avvelenate.

    Avevo ancora queste immagini nella memoria quando andai a pregare ed incontrai quel coyote.

    Mi resi conto che quegli animali rinchiusi erano la sua gente e la mia, e per loro bisognava agire. Raccolsi alcuni amici, e sebbene fossi latitante andai al laboratorio per un sopralluogo; si decise di bruciare il Predator Research Facility. La sera dell'azione abbiamo pregato. Prima di allora non avevo mai pregato seriamente - mi preoccupavano soprattutto le questioni logistiche. Ma quella volta ci siamo raccolti in preghiera invocando la nazione dei coyote perchè ci guidasse nell'azione.

    La notte dell'azione io ero stato scelto per entrare dentro il PRF, e pensavo di trovare un passaggio che al momento opportuno era impraticabile. Dovevo cercare un'altra via d'accesso. C'era una finestra che poteva andare bene, ma per entrarci bisognava spostare un infisso che avrebbe sicuramente svegliato il guardiano del posto. Stavo per chiedere aiuto agli spiriti dei coyote quando si levò un coro di ululati, provenienti dalle gabbie dentro l'edificio e dai recinti esterni. Il rumore fu tale da permettermi di levare quella cornice ed entrare a sistemare il congegno incendiario. Quella stessa sera del PRF rimasero solo macerie fumanti.

    Lasciando que posto mi riunii ai due compagni che nel frattempo avevano tagliato le reti dei recinti per liberare i coyote. Confinando col territorio della National Forest gli animali avrebbero avuto una rapida e sicura fuga. I compagni erano ancora scossi e commossi vedendo come i coyote si fossero impegnati a scavare in prossimità delle reti per contribuire alla riuscita dell'azione. Per me era un'altra dimostrazione del potere che abbiamo.

    D: Concludendo, che consigli o idee ti senti di suggerire ai movimenti di liberazione animale e di resistenza ecologista in questo paese?

    R: Quello di cui ho appena parlato, la necessità di trovare ciò che ci dà forza e ci mantiene forti, ciò che tiene vicini alle cose per cui lottiamo, è una delle cose migliori che credo di poter dare al movimento. Delle felici circostanze mi hanno fatto vivere in due mondi, uno da individuo evoluto politicamente come militante per l'azione diretta, l'altro come individuo cresciuto in un sistema di valori di rispetto per la Terra e gli animali.

    Sono molte le cose che condivido con i fratelli e sorelle guerrieri che combattono al mio fianco. E' un potere quello che sento nel conservare quell'affinità con gli animali e la Terra che è appartenuta ai miei antenati. Alla Terra non importa il colore della tua pelle, ma solo le azioni che compi. In questo senso non è necessario essere un Nativo per godere dei benefici di un rinnovato rapporto con la Terra e gli animali, ma basta solo dimostrare loro la vostra compassione, amore e volontà di accettarli come membri della vostra famiglia che allora ricambieranno le attenzioni che condividono con il resto - in pratica la ricetta della nostra sopravvivenza. Non posso ignorare questo aspetto, come fanno alcuni guerrieri per la liberazione.

    Ora tocca a noi - il nostro scopo non è egoistico.

    Nelle profezie Nativi d'America si dice che apparteniamo alla settima generazione - a noi spetta di proteggere la terra che abbiamo ereditato per altre sette generazioni. Questo è ciò che dobbiamo fare, sia che contestiamo la guerra in Iraq o lottiamo per la difesa degli animali, per la protezione delle foreste o delle culture indigene - dobbiamo ammettere la necessità del sacrificio, che è anche la più grande dimostrazione d'amore. Come sapete, sono finito in prigione, ci sono rimasto quattro anni, e ho appena finito i tre di libertà vigilata.

    Per la prima volta in undici anni posso considerare chiuso questo capitolo della mia vita. Ma sono riconoscente di aver potuto servire le mie relazioni con gli animali. Per questo mi sono fatto quattro anni... in realtà è niente. E' niente paragonato al sacrificio pagato dai miei antenati. Venivano impiccati ai pali del telefono col filo spinato. Non è solo per gli animali, la Terra, per noi stessi e le nostre famiglie che compiamo queste azioni, ma è anche per i bambini.

    Pensiamoci, loro erediteranno il mondo di cui oggi noi siamo responsabili, e per nessuna ragione vorrei dover spiegare a mio nipote perché non ho agito per evitare la distruzione che ci circonda. Questo è quello che chiedo alla gente di pensare o di ricordare quando è il momento, cioè ora, di difendere la Terra.

    SCRITTO DURANTE LA LATITANZA (pubblicato su Do or Die No.2 -1993)

    Sono cieco di rabbia per colpa di questo stato razzista e anti-nativi che mi caccia come un cane randagio. E' forse una colpa non sentirsi intimiditi e testimoniare le atrocità che si compiono contro la vita? Ipotizziamo che i federali abbiano ragione ed io sia responsabile di sei incendi, irruzioni e liberazioni che hanno provocato danni per $ 2 milioni - azioni in cui non è morto nessuno. Com'è possibile che i bianchi possono costruire industrie di armamenti, il cui unico scopo è uccidere, col benestare del governo; e quando un nativo è sospettato di aver incendiato laboratori di vivisezione e aver soccorso gli ostaggi animali, i suoi amici vengono mandati in prigione per non aver dato informazioni, e sulla mia testa viene messa una taglia di $ 35.000. Si comprende Wounded Knee e neppure come fatto remoto. Per l'anima umana dei fratelli e delle sorelle che visitano i miei sogni e le mie visioni, andrò avanti a combattere. Cavallo Pazzo mi dice ³Tutto ciò di cui hai bisogno sono alcuni bravi guerrieri e andrai a combattere². Questa è una vera guerra che costringe a ripensare la nostra promessa alla Terra. Spingiamoci oltre la natura umana e torniamo alla natura selvaggia. Lasciamo che i figli della Terra stiano ancora assieme e combattiamo, combattiamo, combattiamo.

    Fonte:http://piccolopopolo.org/modules.php...45&mode=nested

  2. #2
    Forumista senior
    Data Registrazione
    18 Apr 2004
    Località
    "Il tuo orecchio non mi percepisce, ma in cuore ti rimbombo; in forma varia esercito crudele potere" Goethe, Faust, parte prima.
    Messaggi
    1,933
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Questa sezione è dedicata alla solidarietà nei confronti di tutti gli animali, siano essi umani o non umani. Alcuni storceranno il naso, convinti che il rispetto per la vita possa fermarsi di fronte a barriere di razza o di specie. Questa non è la nostra posizione.

    È difficle trovare parole migliori di quelle di Rod Coronado: "Non mi considero un attivista per i diritti animali o un attivista per i diritti umani, perchè secondo me se credi nei diritti di un essere vivente, devi credere nei diritti di tutti gli esseri viventi, in tutto il creato.

    I destini degli animali umani e di quelli non umani sono strettamente intrecciati: aiutando gli altri animali aiutiamo anche noi stessi. Ogni anno oltre 170 miliardi di animali vengono massacrati per finire sulle nostre tavole. L'adozione di una dieta vegetariana non salva solo innumerevoli vite di mucche, oche, pesci, galline: il nostro pianeta vede la presenza di 1 miliardo di persone che soffre la fame, e gran parte di questi 170 miliardi di animali viene nutrita con i prodotti delle loro terre. Pensiamo che in questo istante 4 miliardi di mucce stanno aspettando di essere uccise, e intanto sono nutrite con foraggio proveniente dai paesi più poveri. M. E. Ensminger, il direttore del dipartimento di scienze animali dell'Università di Washington dice: "Non può esserci alcun dubbio sul fatto che molta della fame nel mondo scomparirebbe eliminando completamente gli animali [dal processo di produzione del cibo]. Infatti, una data quantità di grano mangiata direttamente può nutrire un numero di persone 5 volte superiore rispetto a quando viene usata per nutrire degli animali che poi vengono mangiati."

    Un altro argomento molto dibattuto è quello della vivisezione: questa pratica, oltre a provocare la morte tra atroci sofferenze di innumerevoli animali, è anche responsabile della messa in commercio di sostanze altamente pericolose. Herbert Gundersheimer ha osservato che "I risultati dai test sugli animali non sono trasferibili tra specie diverse, quindi non possono garantire la sicurezza dei prodotti per gli esseri umani.. In realtà questi test non proteggono i consumatori da prodotti pericolosi, ma piuttosto sono usati per proteggere i produttori dalla responsabilità legale."

    E a costo di apparire scontati veniamo alla caccia: oltre all'uccisione ingiustificata degli animali, ogni anno si assiste alla morte di innocenti escursionisti in quelli che vengono definiti 'incidenti di caccia' ma che sono semplicemente il naturale risultato del permettere a delle persone armate di fucile di sparare a tutto quello che si muove.

    In un pianeta in cui decine di milioni di specie dovrebbero coesistere, il dominio di una singola specie sulle altre oltre a essere inaccettabile dal punto di vista etico, non può che danneggiare anche noi.

    http://www.trieste.com/diritti/diritti.html

 

 

Discussioni Simili

  1. Ecco il vero problema
    Di Ludis nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 23
    Ultimo Messaggio: 21-04-12, 20:39
  2. Ecco un UFO vero....
    Di alexeievic nel forum X-Forum
    Risposte: 9
    Ultimo Messaggio: 04-08-10, 17:40
  3. Ecco il vero scandalo
    Di albertob nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 5
    Ultimo Messaggio: 13-06-08, 12:30
  4. Ecco un vero socialista...
    Di John Galt nel forum Centrosinistra Italiano
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 03-04-08, 15:16
  5. ecco a voi l'hub, il vero hub!!
    Di landingFCO nel forum Aviazione Civile
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 12-07-04, 19:02

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito