Originariamente Scritto da
Eymerich
CITTÀ DEL VATICANO — Cosa fare per riassorbire lo scisma lefebvriano senza tradire il Concilio e cercando una soluzione non soltanto «pro forma»? Se lo sono chiesti i cardinali durante la riunione di ieri mattina convocata dal Papa alla vigilia del concistoro. Il tema degli scismatici è stato posto all'ordine del giorno; il cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della commissione Ecclesia Dei, ha illustrato i termini della questione e ci sono poi stati gli interventi liberi dei porporati. «Siamo in cammino, abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio», è stato il commento del card. Hoyos. Alla domanda su quali prospettive di soluzione ci siano il porporato ha risposto: «Dipende tutto dal Signore, è lui che è alla macchina e guida tutto». «In ogni famiglia - ha replicato alla domanda su come conciliare le richieste dei lefebvriani con il Concilio - ci sono tante voci e tanti punti di vista». Non sembra che i cardinali abbiano indicato soluzioni concrete al problema, ma che si sia trattato piuttosto di uno scambio di idee su una questione che è all'attenzione di Benedetto XVI fin dall'inizio del pontificato: lo scorso 29 agosto ha ricevuto a Castel Gandolfo mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X che raggruppa i lefebvriani, e insieme hanno manifestato la «volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli» verso una soluzione. I seguaci del vescovo francese Marcel Lefebvre non riconoscono la riforma liturgica del Concilio e in particolare vorrebbero il ritorno alla messa in latino del rito tridentino. Dissentono inoltre dal Concilio in generale, considerandolo fonte di una serie di «errori» che avrebbero gettato la Chiesa in una «crisi profonda». Per tentare una composizione tra le parti, bisogna risolvere la questione della scomunica: secondo il Vaticano i lefebvriani dovrebbero chiedere con una lettera alla Santa Sede che sia cancellata la scomunica. Ma la Fraternità non riconosce la scomunica e per questo rifiuta di chiederne la revoca. «Annullare - ha spiegato mons. Fellay - significa riconoscere già qualcosa». C'è però da dire che nel 2000 erano stati i lefebvriani a proporre la revoca della scomunica. E sempre Fellay, durante una messa celebrata il 2 febbraio nel seminario di Flavigny in Francia, ha chiesto: «perchè improvvisamente Roma ce lo chiede, dove vuole arrivare, qual è lo scopo che si prefigge con questo cambiamento di tattica». L'omelia di Fellay a Flavigny definisce «chiacchiere al vento» le voci secondo cui «il superiore generale sia in procinto di concludere trattative segrete per arrivare prima di Pasqua alla firma o al conseguimento di una amministrazione apostolica». E tra le richieste Felley inserisce «che Roma esamini questi principi mortiferi nella Chiesa, per eliminarli, per rigettarli: il liberalismo, il modernismo, che sono entrati nella vita della Chiesa e che uccidono veramente la vita cristiana, e che si esprimono nella collegialità, nell'ecumenismo, nella libertà religiosa e in quel concetto, oggi avallato dallo stesso Benedetto XVI e più volte ribadito, dello stato laico». Per la Fraternità invece «è del tutto evidente che la società civile deve essere in armonia con la società della Chiesa, e che quindi i principii, le leggi che dirigono, che organizzano la vita degli uomini, devono essere impregnati fino in fondo della legge di Dio, del Decalogo».