Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
    kalashnikov47
    Ospite

    Predefinito Gli ebrei dietro le guerre USA? Un saggio scuote l'America

    Il saggio di un docente di Harvard crea un caso politico «Gli ebrei dietro le guerre degli Usa» Protesta Israele, l'ateneo prende le distanze dalle tesi dello studioso: «Dal '67 una lobby ebraica guida la politica estera»

    GERUSALEMME - È la Lobby. Minacciosa come nel titolo di un romanzo di John Grisham. È la Lobby che avrebbe spinto l’America alla guerra con l’Iraq, è la Lobby che ora vorrebbe un attacco all’Iran, è la Lobby che avrebbe preso il controllo della Casa Bianca. Contro gli interessi degli Stati Uniti e per il bene di un solo Paese: Israele. Quello che il quotidiano liberal Haaretz ha definito «I Protocolli di Harvard e Chicago» è un articolo di due docenti, esperti di strategia internazionale, pubblicato dalla London Review of Books . Nelle 83 pagine, John Mearsheimer (Università di Chicago) e Stephen Walt (Harvard) vogliono descrivere «un’alleanza di uomini e organizzazioni che lavorano dal 1967, dai tempi della Guerra dei Sei Giorni, per dirottare la politica estera di Washington».

    Fanno nomi, cognomi e ragioni sociali, senza distinzioni di fede (non tutti gli «agenti» della Lobby sono ebrei, specificano i professori, le pressioni arrivano anche dai cristiani evangelici) e di appartenenza politica (ci sono liberal e repubblicani). A destra, citano: Paul Wolfowitz (vice di Donald Rumsfeld, adesso presidente della Banca Mondiale), Douglas Feith (un altro ex sottosegretario del Pentagono), il pensatoio conservatore American Enterprise Institute, il Wall Street Journal . A sinistra: la Brookings Institution, gli editorialisti del New York Times . A muovere questi «tentacoli», l’Aipac (America-Israel Public Affairs Committee) e la Conferenza delle organizzazioni ebraiche. Che con le loro manovre «hanno messo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e del mondo». «Non ci sono dubbi - scrivono - che numerosi leader di Al Qaeda, incluso Osama Bin Laden, sono motivati nella loro battaglia dal controllo israeliano su Gerusalemme e dalla tragedia palestinese».

    La versione completa di La Lobby israeliana e la politica estera degli Stati Uniti, apparsa sul sito della John F. Kennedy School of Government, portava in copertina il logo di Harvard. L’ateneo ha poi deciso di prendere le distanze dal saggio, cancellando il marchio e aggiungendo una nota introduttiva: «Le opinioni espresse appartengono solo agli autori». Che in Israele sono stati attaccati da Haaretz ma anc he dal Jerusalem Post . E negli Stati Uniti sono stati sfidati a un confronto da Alan Dershowitz: «Non è uno studio accademico - ha detto l’avvocato e docente di legge proprio ad Harvard -. È solo una compilazione di paragrafi pieni d’odio a cui è stato dato un imprimatur universitario. In alcuni casi, hanno preso citazioni e frasi che circolano nei siti neo-nazisti». L’articolo è stato elogiato da David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, noto per le posizioni antisemite (invitato in Siria, si era lanciato contro «i sionisti che occupano New York»), ed è distribuito via Internet dalle organizzazioni palestinesi e dai Fratelli Musulmani. Mearsheimer e Walt sostengono che l’appoggio allo Stato ebraico avrebbe colpito tutti gli aspetti della vita americana: gli aiuti durante la guerra del Kippur (1973) causarono come rappresaglia un embargo petrolifero che fece alzare il prezzo della benzina. «La combinazione di un sostegno sconsiderato a Israele e lo sforzo di diffondere la democrazia in Medio Oriente hanno infiammato l’opinione pubblica araba e islamica».

    In queste settimane, la Lobby starebbe «macchinando» per spingere a un conflitto con l’Iran. Inutile (anzi controproducente), nella visione dei due professori. «Se Washington ha potuto vivere con un’Unione Sovietica o una Cina nuclearizzate, può farlo anche con Teheran». «Queste tesi sono comuni tra le frange dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, circolano come un rumore di fondo - ha commentato la rivista Forward -. L’aspetto più preoccupante è che adesso vengano adottate da docenti universitari che non fanno parte del giro di Noam Chomsky ed entrino nel dibattito pubblico. È sempre stato così: quando le cose vanno male, come in Iraq, ci vuole qualcuno da incolpare. Gli ebrei».

    Davide Frattini
    25 marzo 2006

    http://www.corriere.it/Primo_Piano/E...5/saggio.shtml

  2. #2
    kalashnikov47
    Ospite

    Predefinito

    Un altro paranoico?

  3. #3
    14/05/48 Schiavi di Sion
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    No un altro che saltera' in poche settimane.

    E adesso cominciano a diventare tanti, specie in Francia e US.

    Finira' che l'unico posto sicuro sul pianeta restera' Tel Aviv.

  4. #4
    kalashnikov47
    Ospite

    Predefinito

    11 settembre : Anche Hollywood comincia a svegliarsi
    http://www.luogocomune.net/site/modu...?storytopic=32
    pubblicato da Redazione il 23/3/2006
    http://www.luogocomune.net/site/userinfo.php?uid=5

    Ieri è toccato all'attore Charlie Sheen dare un'altra
    picconata al muro di omertà che protegge la bugia
    dell'undici settembre. Alle sette di sera, su
    CNN-Showbiz, e alle 11 di sera, in replica, è stata
    passata un'intervista telefonica data da Charlie Sheen
    ad Alex Jones, in cui l'attore manifesta pubblicamente
    i suoi dubbi sulla versione ufficiale dell'undici
    Settembre. Sheen ha detto di rendersi perfettamente
    conto che queste sue dichiarazioni gli costeranno
    l'ostracismo di una buona parte dell'establishment, ma
    ha anche detto che "un buon americano non può non
    porsi certe domande, di fronte a certi fatti
    inconfutabili". Meglio tardi che mai.

    Sheen ha detto chiaramente che secondo lui le Torri
    Gemelle sono crollate in maniera "troppo simile a
    quella di una demolizione controllata" per essere
    archiviate come crolli passivi. Riguardo al Pentagono,
    e all'assenza dei resti del Boeing, Sheen si è
    domandato perché mai il governo americano non ci
    voglia mostrare una volta per tutte una qualunque
    delle immagini che deve sicuramente avere dell'aereo
    in avvicinamento. Sheen ha mostrato di conoscere molto
    bene la materia, ...

    ... chiedendo "fatemi vedere come si fa a fare una
    virata di 270°, con un 757, scendendo di settemila
    piedi nell'arco di pochi secondi, e come si fa poi a
    portare questo aereo per 500 metri, a 850 all'ora,
    volando con sicurezza a pochissimi metri da terra".

    Il suo intervento è stato breve, conciso ed efficace.
    Senza tanti giri di parole, ma in maniera educata e
    "politically correct", Charlie Sheen ha fatto quello
    che qualunque persona pubblica dovrebbe fare - avrebbe
    dovuto fare, anzi, sin dal 12 settembre di cinque anni
    fa - se ritiene che il suo governo gli abbia mentito.

    Subito dopo aver mandato l'intervista, sono
    intervenuti alla CNN, da una parte, la giornalista
    responsabile della fortunata miniserie TV "Inside
    9/11" su National Geographic - che naturalmente è
    basata sulla versione ufficiale dei fatti - e
    dall'altra il portavoce ufficiale del gruppo
    recentemente formato 9/11Truth Movement.

    La giornalista ha negato naturalmente l'ipotesi
    avanzata da Sheen, sostenendo che "è stato ampiamente
    provato dagli esperti che gli edifici sono crollati da
    soli, perché la protezione antincendio sulle colonne
    portanti è risultata assente". Chi l'abbia rubata non
    si sa, ma prontamente il rappresentante di 9/11Truth
    si è domandato come possa essere crollato anche WTC7,
    che non era stato colpito da nessun aereo, ed il cui
    incendio era decisamente limitato.

    La giornalista non si è ritenuta in dovere di dare lei
    quella risposta.

    A sua volta il portavoce di 9/11Truth ha detto che
    "Charlie Sheen non è solo, l'organizzazione è forte e
    cresce di giorno in giorno". Ha poi concluso
    obbligando in qualche modo la giornalista di N.G. ad
    ammettere che "è giusto che gli americani si pongano
    delle domande", aggiungendo subito "visto soprattutto
    che la Commissione Indipendente per il 9/11, che aveva
    promesso di dare queste risposte, si è poi dimenticata
    di farlo."

    Questo episodio si aggiunge a una serie già notevole
    di "outings" coraggiosi, dei quali sicuramente il più
    importante - quello che ha rotto il ghiaccio, a
    livello di media nazionali - è stata la presa di
    posizione sui crolli delle Torri Gemelle del
    Professore di Fisica dell'Università dello Utah,
    Steven Jones.

    Il fatto stesso che Charlie Sheen avesse a
    disposizione tutte quelle precise informazioni che noi
    ben conosciamo, e che ne abbia potuto fare un ottimo
    uso, rispetto al poco tempo che aveva a disposizione,
    dimostra come Internet sia l'arma preziosa che rischia
    di cambiare radicalmente la storia di questa ultima
    strage di stato, rispetto a tutte le precedenti. Per
    arrivare più o meno al punto in cui siamo oggi con
    l'undici Settembre, il caso Kennedy - che ha viaggiato
    solo sui libri, gli articoli di giornale e la radio/TV
    - ci ha messo almeno trent'anni. E giornali e TV non
    crescono algebricamente.

    Si potrà essere pessimisti finché si vuole sul futuro
    di Internet, ma finora i fatti sembrano dare ragione a
    chi è convinto che il sistema abbia allevato una serpe
    in seno della quale ormai difficilmente riuscirà a
    liberarsi.

    Farne a meno non puoi, perchè crolla il mercato. Se la
    lasci in pace, ti scivola lentamente fra le gambe, e
    prima o poi te la ritrovi in camera da letto. Se
    invece provi ad aggredirla frontalmente, questa si
    rivolta e ti morsica con tutta la forza che ha in
    corpo.

    Come minimo, sarà una battaglia tutta da giocare. Noi
    nel frattempo cerchiamo, nel nostro piccolo, di non
    farci trovare impreparati.

    Massimo Mazzucco



  5. #5
    Operam non perdit
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    Predefinito

    Il testo integrale, prima che si svegliasse Il Corriere della Serva, organo della Rosa nel Pugno, dell'ottimo saggio nel blog di cariddeo

    www.cariddeo.splindedr.com

    Oltre ad ampia documentazione sul caso di Ilan Hilami e la splendida riflessione Vedendo Baghdad, pensando Sai Gon.

    Buona lettura!

    Raffaele

 

 

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