Berlusconi chiede aiuto a Bush e Bush grida: attenti alla sinistra!
Della serie: ridateci Gedda. Ridateci i suoi comitati civici, quelli che nel ’48, dopo il viaggio di De Gasperi a Washington, avevano i forzieri pieni di dollari. Che spesero per «convincere» gli elettori a votare la Dc, contro il pericolo rosso. E li spesero utilmente per i loro «committenti». Ridateci Luigi Gedda, allora. La battuta era in forum di discussione politica on line, dove si dibatte fra utenti di tutti gli orientamenti politici. Uno scherzo, ma neanche troppo. In quei messaggi c’era davvero una sorta di nostalgia per quando gli States, anche allora la più grande potenza del mondo appena uscita vittoriosa dalla guerra contro il nazifascismo, decidevano d’intervenire negli affari di un paese. Per tutelare i propri interessi. Perché lo facevano in grande stile. Rozzi, incolti, antidemocratici ma efficaci. Potenti. Tutto il contrario di quello che accade in queste ore, con l’allarme ordine pubblico lanciato dal Dipartimento di Stato. Dove il paese – sempre quello, sempre il più potente – non riesce neanche a collegare le sue strutture. Non riesce a collegarle neanche telematicamente, magari con un e-mail, nel paese che s’è inventato – per scopi militari – la rete che oggi dà vita a Internet.
Dunque, ricapitoliamo. Due giorni fa, sul sito del Dipartimento di Stato che si occupa dei cittadini americani all’estero, appare uno dei tanti avvisi. Si mettono in guardia gli americani da ciò che può accadere nel nostro paese. «In occasione delle elezioni». Il «pericolo» dovrebbe venire dalle manifestazioni pcifiste. «Come è accaduto l’11 marzo quando “no global” e anarchici a Milano hanno dato vita ad un manifestazione violenta», sfasciando tutto quel che capitava a portata di mano. Così, per i cittadini americani è meglio prendere qualche precauzione. Senza contare che l’Italia continua a restare nel mirino dei gruppi terroristici, visto la sua partecipazione all’avventura militare in Iraq. Non è allarme rosso, insomma, ma poco ci manca. Anche perché, l’avviso ai viaggiatori viene messo in rete subito dopo gli inviti agli americani a non recarsi nella Striscia di Gaza, in Ruanda, in Eritrea, nel Ciad, in Venezuela e in Kirghizistan. Paese quest’ultimo che comunque nella classifica americana si trova meglio piazzato: per la nazione asiatica, che riempie le denunce di Amnesty International, l’ostracismo scade a maggio. Da noi, a metà giugno. Chissa perché dopo le amministrative ma prima del referendum costituzionale.
Il comunicato viene pubblicato il 21 marzo. Il giorno dopo, Berlusconi – appena contestato a Genova – dice che è tutto vero quello che scrivono gli americani. Tant’è che a lui, «un gruppo di squadristri» manovrati dalla sinistra, ha tentato di toglierli la parola. Fini, come sempre ha provato a smorzare i toni confermando però il contenuto: «Non c’è nessun allarme ma, insomma, per un cittadino americano è pericoloso avvicinarsi ad una manifestazione pacifista. E’ l’Unione che ancora non ha sciolto il nodo della violenza».
A parte che all’ultima manifestazione per la pace, a Roma, c’erano almeno trecento cittadini statunitensi in piazza – con tanto di striscione e bandiere del loro paese – un po’ tutti hanno subito capito che l’allarme più che un avviso ai viaggiatori era un favore alle destre italiane. Un favore richiesto.
Sì, perché il giorno dopo, il 22 marzo, sulla situazione italiana è apparso un altro testo. Anche questo in rete. Stavolta sul sito ufficiale dell’ambasciata americana a Roma. Tempestata di domande, la sede diplomatica ha deciso di mettere on line le cosiddette Faq, le frequently asked questions. Quando le domande sono sempre le stesse, insomma, si pubblicano on line corredate da risposte. In modo di non doverlo fare per ogni singolo utente. In rete si usa così. E lì, nella Faq dell’ambasciata, si viene a sapere che l’avviso del Dipartimento è nato esattamente su suggerimento del governo italiano. Domanda: «Nel dare l’annuncio ci si è coordinati col governo italiano?». Risposta: «Il governo italiano ne è a conoscenza e il testo corrisponde a denunce fatte dalle autorità italiane». Suggerito e voluto da Palazzo Chigi, insomma. Come del resto, ha detto anche Prodi, una volta tanto esplicito: «L'allarme è partito dall'Italia». E allora, ha buon gioco Bertinotti a dire che «il Dipartimento di Stato Americano farebbe bene ad occuparsi degli Stati Uniti d'America e il governo italiano farebbe bene a dire al governo degli Stati Uniti che farebbe bene ad occuparsi del suo paese».
Per il resto, nella pagina Internet dell’ambasciata Usa ci sono altre risposte, che, più o meno, dicono che in Italia non c’è nulla di cui preoccuparsi. E così l’allarme del Dipartimento, l’eco che ha trovato a Palazzo Chigi, si sgonfiano. E finiscono per trasformarsi in una gaffe. Che l’amministrazione Bush avrebbe potuto evitare, semplicemente informando la sua ambasciata della versione ufficiale da fornire. Lo avrebbe potuto fare con un semplice e-mail. Che però nessuno s’è premurato di scrivere. Ed ecco allora quel «ridateci Gedda». Nel ’48 erano più seri. Americani e destre nostrane.
di Stefano Bocconetti (venerdì 24 marzo)