Con chi abbiamo a che fare e perchè la sinistra sfruttatrice non deve vincere.
Silvio Berlusconi probabilmente perderà le elezioni.
E se lo merita, lo dice uno che lo ha votato.
Sgombriamo subito il discorso dal moralismo di sinistra: conflitto d'interesse, mafiosità, leggi ad personam… il motivo per cui Berlusconi merita di perdere è più semplice, lineare ed alto.
Aveva ottenuto dall'elettorato un mandato «rivoluzionario», e lui invece ha governato da «moderato».
Gli avevamo dato la forza elettorale per prendere di petto la magistratura e fare la separazione delle carriere mettendo fine alle pulsioni golpiste della casta giudiziaria; riportare la presidenza della repubblica entro i confini di legittimità da cui era ampiamente uscita sotto Scalfaro, e da cui resta fuori con Ciampi; tagliare posti e paghe miliardarie della alte burocrazie pubbliche inadempienti, degli inutili e dannosi Gifuni che ci costa 2 miliardi l'anno, dei direttori di ASL che prendono 150 mila euro, e così via.
Perché il problema dell'Italia è come liberarsi di queste caste potenti, dei «ricchi di Stato»: sono loro che bloccano lo sviluppo, che aumentano il peso della burocrazia sulle imprese, che mettono bastoni fra le ruote per accrescere il loro potere: sono l'equivalente della nomenklatura comunista in Cina, parassitaria e corrotta, che estrae tangenti dall'economia privata.
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Berlusconi non ha fatto nulla di questo.
Ha interpretato il nostro mandato rivoluzionario come un mandato alla «moderazione».
Solo negli ultimi giorni ha adottato il tono giusto, contro la Confindustria collusa col parastato e la mano pubblica: troppo tardi, doveva farlo cinque anni fa.
E non solo a parole.
Berlusconi ha perso l'elettorato operaio che aveva sperato in un repulisti rivoluzionario dei tassatori e dei tartassatori; ha perso l'appoggio della piccola e media borghesia inasprita dai rincari da euro; il fatto che neghi che il Paese sia in recessione e perda competitività (eppure la risposta ce l'avrebbe: l'euro si è apprezzato sul dollaro del 20%, rincarando le nostre esportazioni
di altrettanto) è ridicolo e irritante.
Berlusconi manca di cultura politica, e la sua cultura «industriale» è da produttore di spettacoli, da impresario.
Un altro quinquennio di Berlusconi, con l'Italia nella tempesta globale che si avvicina, è impensabile.
Merita di perdere.
E probabilmente perderà.
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Proprio per questo, penso di votare Berlusconi.
No, non mi turo il naso.
Siccome sono sicuro che Berlusconi perderà,*ora l'urgenza politica è un'altra: «impedire alla cosiddetta sinistra distravincere». Non dare un mandato in bianco alla «sinistra» dei Prodi-Montezemolo, è questo che conta adesso.
Chi rappresenta questa sinistra?
Non gli operai.
Rappresenta la borghesia «compradora» dei Montezemolo e dei Della Valle, dei Tronchetti e dei Benetton: imprenditori dei miei stivali, che hanno smesso in tempo di «imprendere» per costituirsi monopoli privati da cui ricavano bollette e pedaggi, senza rischi e senza concorrenza. La sinistra è il partito della magistratura e dei grand commis, dei ricchi di Stato: Prodi è uno di loro. E' il partito della grandi banche truffatrici e dei grandi giornali, di Banca Intesa e di Paolo Mieli.
E' la sinistra delle oligarchie parassitarie e miliardarie.
E' questo il ceto sociale che rappresenta e difende.
Anzi: la sinistra, sono i grandi parassiti costituiti in partito.
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Se riceve un mandato popolare ampio, un mandato in bianco, questa sinistra - la rappresentante degli arricchiti con denaro pubblico e degli imprenditori-rentier - divorerà dell'Italia quel poco che resta.
Perché resta poco.
L'Italia affonda, guadagna sempre meno, esporta sempre meno, le famiglie s'impoveriscono: mantenere i lussi babilonesi dei ricchi di Stato ci costa ormai troppo, ci schiaccerà.
Ma loro, ai loro lussi, non rinunceranno certo, quando avranno la sanzione «democratica» al loro potere, che già avevano non-democraticamente, per cooptazione e automatismi di carriera. Ci succhieranno il sangue, il midollo, le ossa: a forza di «patrimoniali» sui libretti di risparmio, di «lotta all'evasione fiscale», di* tasse sulla prima casa bilocale.
Ci dissangueranno perché i Borrelli possano continuare a godere della loro scuderia equina, i Gifuni delle loro autoblù e degli elicotteri di Stato, i Montezemolo dei loro yacht.
Che faranno?
Basta leggere «Astenia», la rivista dell'Apen, da cui pontifica Lucia Annunziata.
Lì c'è la parte del progetto che i banchieri anglo-americani hanno in mente, grazie alla sinistra.
Restano da smantellare l'ENEL e soprattutto l'ENI, che - grazie alla sua storia nazionale, grazie a quell'eroe italiano che fu Enrico Mattei assassinato dalle «Sorelle» - ci ha dato mezzo secolo di sicurezza energetica e indipendenza petrolifera.
Ora, qual è il progetto?
Lo dice chiaro su Aspenia Enrico Letta, il sedicente «esperto economico della Margherita» (1): ENI ed ENEL sono due «monopoli».
Se vogliono «crescere e restare forti», lo facciano «fuori e non in Italia».
Perché in Italia ci sono 700 aziende municipalizzate del gas che non possono agire, se restano i due grandi gruppi, in «concorrenza».
Sono 700 micro aziende che dovranno andare a trattare l'acquisto di gas dalla Gazprom, il colosso russo statale: ve lo immaginate?
Un disastro.
Per noi italiani.
Ma non per i referenti di Enrico Letta-Margherita: quelle 700 municipalizzate sono altrettanti centri di piccolo potere, tangenti, posti per gli amici della politichetta localista, in cui i democristiani sono maestri.
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Ecco il do-ut des: agli inglesi daranno i nostri campioni nazionali, e in cambio avranno il permesso di malfare in Italia, di pasticciare su tariffe e bollette.
Ecco perché bisogna, almeno, che la sinistra non abbia dal popolo un mandato in bianco.
Che senta che esiste ancora una opposizione popolare alle sue manovre opache e saccheggiatrici. Anche perché il caso è disperato: tramontato Berlusconi - e tramonterà - l'Italia che vota a destra, che diffida della collusione Montezemolo-Prodi-Banchintesa-De Benedetti, non avrà più la prospettiva di avere un suo governo per i prossimi trent'anni.
Nessun altro riuscirà a radunare assieme ancora una volta i democristiani di Casini, ed AN, e la Lega.
Sarà lo sfascio particolarista permanente, passeranno due generazioni senza leader e senza guida per il popolo di «destra», ossia la piccola borghesia che si affanna nel privato, nella competizione globale, nella precarietà crescente.
Chi può essere il leader della destra?
Fini-kippà?
Casini e Follini?
Ma se quelli andranno a fare la grande coalizione con la «sinistra»…
Bossi è fuori gioco.
Tremonti? Forse, ecco.
La storia del Polo ha fatto emergere alcune personalità che non meritano di finire nel nulla.
Che non meritano la punizione elettorale che verrà.
E il cui futuro politico è importante per il nostro futuro.
Non voterei Berlusconi, se fosse vincitore.
Forse lo voterò perché so che perde.
Per non far stravincere i grandi parassiti, perché non si sentano troppo sicuri.
Capisco che questa idea possa essere criticata; ed aspetto critiche, io stesso per chiarirmi le idee. Spero solo che siano ragioni, e non insulti.
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Quanto a quei miei lettori (ce n'è qualcuno) che sono di sinistra, dico loro: state attenti per chi votate.
A chi date carta bianca.
C'è forse, stando a sinistra, una possibilità esigua di «non» votare il Montezemolismo.
Forse - e Dio sa quanto mi dolga dirlo - meglio D'Alema che Veltroni, meglio Fassino che Rutelli o Pannella.
Quanto a Violante, è il peggio di tutti: l'Inquisitore al servizio del potere parassitario.
E' un'esigua speranza che i dalemiani non siano guadagnati al progetto Aspen.
Un filo appena.
Ma ci si deve accontentare.
Nella politica italiana dove tutto è torbido, dove i poteri forti sono deboli, dove non esiste onestà né intellettuale né politica, la scelta non è mai fra il bene e il male, ma fra due meno peggio.
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Note
1) Aspenia numero 32, «Un patto energetico per l'Italia». Potete leggere l'intervento di Letta su internet. Trimestrale pubblicato da «24 Ore» (Confindustria), Aspenia è ovviamente uno dei megafoni delle direttive della finanza anglo-americana globalizzatrice - e ovviamente sta con la sinistra. Nell'ultimo numero, «Energia al potere», la direttrice Marta Dassù firma l'editoriale con Lucia Annunziata. Ho il sospetto che ce le ritroveremo presto in qualche lucroso posto di potere di sottogoverno della sinistra, alla RAI o nei vari consigli.