Il saggio di un docente di Harvard crea un caso politico
«Gli ebrei dietro le guerre degli Usa»
Protesta Israele, l'ateneo prende le distanze dalle tesi dello studioso: «Dal '67 una lobby ebraica guida la politica estera»

GERUSALEMME - È la Lobby. Minacciosa come nel titolo di un romanzo di John Grisham. È la Lobby che avrebbe spinto l’America alla guerra con l’Iraq, è la Lobby che ora vorrebbe un attacco all’Iran, è la Lobby che avrebbe preso il controllo della Casa Bianca. Contro gli interessi degli Stati Uniti e per il bene di un solo Paese: Israele. Quello che il quotidiano liberal Haaretz ha definito «I Protocolli di Harvard e Chicago» è un articolo di due docenti, esperti di strategia internazionale, pubblicato dalla London Review of Books . Nelle 83 pagine, John Mearsheimer (Università di Chicago) e Stephen Walt (Harvard) vogliono descrivere «un’alleanza di uomini e organizzazioni che lavorano dal 1967, dai tempi della Guerra dei Sei Giorni, per dirottare la politica estera di Washington».

Fanno nomi, cognomi e ragioni sociali, senza distinzioni di fede (non tutti gli «agenti» della Lobby sono ebrei, specificano i professori, le pressioni arrivano anche dai cristiani evangelici) e di appartenenza politica (ci sono liberal e repubblicani). A destra, citano: Paul Wolfowitz (vice di Donald Rumsfeld, adesso presidente della Banca Mondiale), Douglas Feith (un altro ex sottosegretario del Pentagono), il pensatoio conservatore American Enterprise Institute, il Wall Street Journal . A sinistra: la Brookings Institution, gli editorialisti del New York Times . A muovere questi «tentacoli», l’Aipac (America-Israel Public Affairs Committee) e la Conferenza delle organizzazioni ebraiche. Che con le loro manovre «hanno messo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e del mondo». «Non ci sono dubbi - scrivono - che numerosi leader di Al Qaeda, incluso Osama Bin Laden, sono motivati nella loro battaglia dal controllo israeliano su Gerusalemme e dalla tragedia palestinese».

La versione completa di La Lobby israeliana e la politica estera degli Stati Uniti, apparsa sul sito della John F. Kennedy School of Government, portava in copertina il logo di Harvard. L’ateneo ha poi deciso di prendere le distanze dal saggio, cancellando il marchio e aggiungendo una nota introduttiva: «Le opinioni espresse appartengono solo agli autori». Che in Israele sono stati attaccati da Haaretz ma anc he dal Jerusalem Post . E negli Stati Uniti sono stati sfidati a un confronto da Alan Dershowitz: «Non è uno studio accademico - ha detto l’avvocato e docente di legge proprio ad Harvard -. È solo una compilazione di paragrafi pieni d’odio a cui è stato dato un imprimatur universitario. In alcuni casi, hanno preso citazioni e frasi che circolano nei siti neo-nazisti». L’articolo è stato elogiato da David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, noto per le posizioni antisemite (invitato in Siria, si era lanciato contro «i sionisti che occupano New York»), ed è distribuito via Internet dalle organizzazioni palestinesi e dai Fratelli Musulmani. Mearsheimer e Walt sostengono che l’appoggio allo Stato ebraico avrebbe colpito tutti gli aspetti della vita americana: gli aiuti durante la guerra del Kippur (1973) causarono come rappresaglia un embargo petrolifero che fece alzare il prezzo della benzina. «La combinazione di un sostegno sconsiderato a Israele e lo sforzo di diffondere la democrazia in Medio Oriente hanno infiammato l’opinione pubblica araba e islamica».

In queste settimane, la Lobby starebbe «macchinando» per spingere a un conflitto con l’Iran. Inutile (anzi controproducente), nella visione dei due professori. «Se Washington ha potuto vivere con un’Unione Sovietica o una Cina nuclearizzate, può farlo anche con Teheran». «Queste tesi sono comuni tra le frange dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, circolano come un rumore di fondo - ha commentato la rivista Forward -. L’aspetto più preoccupante è che adesso vengano adottate da docenti universitari che non fanno parte del giro di Noam Chomsky ed entrino nel dibattito pubblico. È sempre stato così: quando le cose vanno male, come in Iraq, ci vuole qualcuno da incolpare. Gli ebrei».

Davide Frattini
25 marzo 2006

http://www.corriere.it/Primo_Piano/E...5/saggio.shtml