Ha atteso per più di cinquant’anni di essere indennizzato per le proprietà lasciate in Istria nel 1955, quando era riparato da esule a Trieste. Pochi giorni fa Sergio Carciotti, profugo da Umago, ha ricevuto una lettera raccomandata speditagli da Roma, dal ministero dell’Economia e delle Finanze. L’ha aperta col cuore in gola, sperando che annunciasse finalmente, assieme alla fine dell’annosa controversia, anche l’entità del tanto sospirato risarcimento.
L’INDENNIZZO In effetti la lettera annunciava il risarcimento: ma per una casetta posta in riva al mare, vicinissima a San Lorenzo di Daila, un terreno agricolo di quasi ottomila metri quadrati con 90 ulivi e 450 viti, il Governo italiano ha liquidato complessivamente 2146,39 euro. Sergio Carciotti ha pensato a un errore di battitura; poi ha letto l’ultima delle tre pagine della raccomandata e ha scoperto che non si trattava di una svista e che a lui e a sua sorella Liliana spettavano rispettivamente 834,71 euro di indennizzo, mentre a una nipote erano stati destinati dai funzionari ministeriali 476,97 euro. Non un centesimo in più.
LA RIVALUTAZIONE Nella stessa lettera veniva sottolineato - forse in un sussulto di comicità involontaria - che la somma di 2146,39 euro è direttamente collegata alla valutazione, riferita al 1938, di lire 12.950 per la casetta in riva al mare e in lire 7.830 per il terreno, effettuata dal competente Ufficio tecnico erariale.
Ieri, superata la rabbia e lo sconcerto, Liliana e Sergio Carciotti hanno preso carta e penna e hanno scritto al ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione Sesta, Ufficio IX, già ufficio Decimo.
LA RISPOSTA «Riteniamo che la somma propostaci di euro 2146,39 sia irrisoria e offensiva: copre a malapena le spese sostenute in questi lunghi anni. Ci riteniamo ancora non ridotti alla fame. Respingiamo l’attuale elemosina offertaci dallo Stato italiano e rimaniamo in attesa di ulteriori sviluppi per un congruo e definitivo risarcimento. Con amarezza».
L’indigesto boccone offerto da Roma a questa famiglia di esuli istriani è solo l’ultimo di una lunga serie di piatti avvelenati scodellati dalle autorità italiane e da quelle croate.
LO SFOGO Sergio Carciotti, oggi pensionato della Fiat, nel 2001 aveva scritto una lettera all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, chiedendo il suo alto intervento per rientrare in possesso della sua abitazione di San Lorenzo di Daila. La risposta era arrivata, ma dalla Questura. «Pochi giorni dopo ero stato convocato negli uffici della Digos di Trieste. Sono stato interrogato solo perché nella lettera al Presidente avevo scritto che avrei potuto incatenarmi in segno di protesta davanti al Quirinale o alla sede del ministero degli Esteri. Dalla Farnesina non ho mai ottenuto risposte e nemmeno dall’allora sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione. Speravo che per via diplomatica il nostro Governo esercitasse qualche pressione su Zagabria, interessata da anni e anni a ricucire i rapporti con Roma».
IL PERCORSO Anche le richieste di intervento presentate ai Consolati italiani in Croazia, e a quelli croati in Italia, non hanno avuto esito migliore. Altre lettere sono state inviate dalla famiglia Carciotti e dal legale italo americano che li ha rappresentati fino a un anno fa, alle Corti europee di Strasburgo e del Lussemburgo, a Capi di Stato, Primi ministri, deputati, giornali e televisioni.
”CASA TUDJMAN” Non sono mancati gli articoli e i servizi, specie quando è emerso che dal 1995 la casetta in riva al mare era stata acquistata da Ivica Tudjman, fratello dell’allora presidente croato Franjo Tudjman. Dal contratto di compravendita risulta che la sola casetta era stata pagata al Comune di Umago circa 30 milioni di lire, con un mutuo all’uno per cento annuo che si sarebbe estinto nel 2016.
L’ALTERNATIVA Il fratello del presidente Tudjman aveva poi speso altri 60 milioni per completare il restauro. «Avevo chiesto in alternativa un altro immobile posto in un’area adiacente a quello che mi è stato rapinato ma non ho ottenuto nulla anche se la Corte di Giustizia europea ha confermato che era proprio lo Stato croato a dovermi risarcire».
LETTERA DI MESIC Se con i fratelli Tudjman non c’erano stati rapporti diretti, al contrario con il successore, il presidente Stipe Mesic, qualcosa, almeno sul piano formale, Sergio Carciotti è riuscito a ottenere. Nell’estate del 2000 il presidente della Croazia gli aveva scritto una lettera che iniziava con queste parole: «Caro esule...» Poi Mesic affermava di non avere competenze dirette sulla vicenda ma sosteneva di aver scritto al ministro della Giustizia di Zagabria chiedendogli di occuparsi del caso di San Lorenzo di Daila.
SCONTRO CON UMAGO Sembrava l’inizio di un ”disgelo” che avrebbe dovuto, tra l’altro, fare piena luce anche sull’operato del Comune di Umago, il vero responsabile, secondo Carciotti, di tutte le disgrazie collegate alla casetta e al terreno che fu della sua famiglia e che lui non riesce a farsi né restituire, né indennizzare.
Ora, secondo le stime più accreditate, la proprietà in riva al mare ha un valore di 250-300 mila euro, anche perché la casetta di 90 metri quadrati è stata ampliata e portata a 160 in base al progetto redatto da un architetto di Lubiana.
L’AMAREZZA «Sono deluso, amareggiato» dice Sergio Carciotti. «Quei duemila euro non li voglio perché li ritengo non un indennizzo, bensì una presa in giro non solo della mia famiglia ma di tutti gli esuli istriani. Da dieci anni non andiamo più a votare. La mia è una protesta silenziosa contro lo Stato italiano che mi ha lasciato solo e ora mi offre un piatto di lenticchie. Non ce l’ho con la Croazia, né tantomeno col fratello di Tudjman. È la politica in generale si prende gioco di noi e ci calcola delle pedine da muovere solo in imminenza di qualche tornata elettorale».
(il Piccolo)

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