Comitati contro l’impianto che sorgerà al largo di Livorno Il gassificatore spacca la sinistra
Ma unisce pisani e livornesi «Sarà un’altra Tav», dicono nelle due città toscane.
Bersani: l’opera è nel programma dell’Unione, si farà
Dove non hanno potuto terremoti, fulmini, eserciti invasori — genovesi milanesi fiorentini —, fino ai bombardamenti dell’ultima guerra, potrà forse oggi il «bombolone ». Il cedimento del suolo del 1174 le impresse l’inclinazione che ne fa il monumento più noto al mondo; il gassificatore al largo di Livorno minaccia di darle il colpo di grazia. Così almeno assicurano gli ambientalisti e i professori che ieri si sono ritrovati ai piedi della Torre di Pisa, per aprire una battaglia contro il gassificatore al largo di Livorno «destinata a fare impallidire quella dei valsusini contro l’alta velocità».
La sinistra divisa è ormai un luogo comune. Alle numerose tradizionali questioni si aggiunge ora la tenuta della torre pendente. Perché l’impianto che dovrà trasformare dallo stato liquido a quello gassoso il combustibile in arrivo dalla Libia ha avuto il via libera delle istituzioni locali, compreso il Comune di Livorno, tutte saldamente in mano alla sinistra. Ma vicini alla sinistra— verde, radicale ma anche diessina—sono i fondatori dei due comitati, livornese e pisano, che annunciano raccolte di firme e ricorsi al Tar.
Ovviamente i tecnici della Olt, la società che dovrà gestire l’impianto, assicurano che «sarà sicuro al cento per cento». I professori scesi ieri in piazza dei Miracoli parlano invece di «effetto 30 miglia»: se il «bombolone»—come l’hanno battezzato i livornesi — dovesse mai esplodere, svilupperebbe un’energia pari a 50 ordigni atomici e distruggerebbe ogni cosa nel raggio di 55 chilometri, compresa Torre di Pisa e Quattro Mori simbolo di Livorno. «La valutazione di impatto ambientale non ha tenuto conto dei rischi reali, conosciuti in tutto il mondo» ammonisce il fisico Massimo De Santi, uno dei leader dei comitati, già responsabile del settore Energia della Regione Toscana.
Se l’attendibilità scientifica dell’allarme è in discussione, la paura è certa. Lo garantisce Mario Cardinali, direttore del Vernacoliere, termometro degli umori popolari: «E’ la prima volta dalla fondazione del giornale che riceviamo lettere di pisani solidali con i livornesi e viceversa.
Cose drammatiche tipo: "Moriremo insieme"; "Per una volta uniti dalla disgrazia". E non c’è niente da ridere. Il mare di fronte a Livorno, dove dovrebbe sorgere il bombolone, è trafficatissimo. Il litorale è tutto una raffineria e un deposito di petrolio. Gli amministratori sono sereni, parlano di posti di lavoro, mai toscani sono preoccupati. Noi in genere si fa titoli sulla topa e sui bucaioli,madi questo passo toccherà schierare il giornale su questa brutta storia. I pisani li prendiamo in giro da secoli, ma alla loro torre siamo affezionati anche noi».
Una storia esemplare della questione grandi opere, che il centrosinistra si troverà di fronte se davvero andrà al governo. Una frattura che talora si sovrappone alla linea che separa le due sinistre—la riformista e la radicale, quella dei cantieri e quella dei blocchi —, talora crea schieramenti trasversali: come quando il segretario della Cgil Epifani ha scavalcato a destra il governatore Marrazzo, criticando il suo no alla centrale a carbone di Civitavecchia. Proprio ieri, in un’atmosfera familiare come l’assemblea della lega delle cooperative, Massimo D’Alema ha affrontato il dossier energia: «Ci siamoprivati del nucleare, non amiamo il carbone, usiamo il gas ma non vogliamo la costruzione dei rigassificatori. Un Paese così non sta in piedi. La politica deve decidere, tagliare questi nodi, far partire le opere in tempi ragionevoli». Un altro esponente della sinistra riformista, Pierluigi Bersani, ne ha discusso in pubblico la settimana scorsa con Giulio Tremonti.
«Ogni volta che in un comizio cito il nucleare partono gli applausi » ha detto ilministro dell’Economia, sostenendo la necessità di modificare la Costituzione, per eliminare il potere di veto che la riformadel titolo V voluta dal centrosinistra ha consegnato alle Regioni. «Ho il timore che Tremonti non sarebbe applaudito con lo stesso calore, se annunciasse che la centrale nucleare si farà nel comune dove sta comiziando» sorride ora Bersani. Che poi però si incupisce.
«Nel programma dell’Unione, su cui non solo gli ambientalisti della Margherita ma anche Verdi e Rifondazione si sono impegnati, c’è scritto chiaramente che i gassificatori, o rigassificatori è la stessa cosa, vanno fatti». Quanti? «Almeno tre o quattro nella prossima legislatura. Oltre a quello di Livorno, ci sono progetti per altri impianti in Sicilia, Veneto e Puglia. Nichi Vendola non lo vuole a Brindisi,maè possibilista su Taranto. Ora, noi non vogliamo passare sulla testa dei cittadini, ma se fior di scienziati come nel caso di Livorno assicurano che non ci sono rischi, credo ci si possa fidare. Non possiamo dire sempre e solo di no. Si è fatto tanto baccano sulla Val Susa, ma tra Firenze e Bologna stanno facendo un traforo gigantesco, roba da James Bond. Ed è stato il governo dell’Ulivo a renderlo possibile, ottenendo l’assenso di decine di sindaci». Per i gassificatori non sarà altrettanto semplice.
Ma non è solo in gioco il tabù delle grandi opere. I riformisti della sinistra fanno i conti anche con Kyoto, e dopo tante invettive contro Bush e l’America inadempiente si rendono conto che il rispetto pieno del trattato metterebbe in difficoltà anche l’Italia. «Kyoto si sta rivelando un impegno gravoso —riconosce Bersani —.
Credo che alcuni punti si possano rinegoziare. In ogni caso dovremo avvicinarci agli standard richiesti, con un grande lavoro di investimenti e ammodernamento». Aldo
Aldo Cazzullo
Dunque in Val di Susa dovranno parlare con le popolazioni. Qui immagino anche...
Questi perderanno 5 anni a parlare