L'io e il diritto: un'interpretazione libertaria



di Piero Vernaglione



In contrapposizione al positivismo giuridico, che intende il diritto come
volontà dell'autorità (statale), l'impostazione libertaria privilegia una
visione del diritto come ordinamento, cioè come ordine promanante dal basso,
autorganizzazione della comunità. Il diritto nasce - e lo si dovrebbe
lasciar nascere - dalla vita concreta e dalle esperienze degli individui,
che nel corso della storia hanno dato vita ad istituti privatistici, la cui
longevità è la miglior dimostrazione della loro validità. Il diritto
pretorio romano, il diritto medievale, il common law sono esempi di ordini
giuridici sorti attraverso un processo evolutivo a fondamento
giurisprudenziale, consuetudinario o dottrinale, totalmente differente dal
modello verticale rappresentato dalla legislazione contemporanea.

I libertari ritengono che un assetto sociale in cui sia garantito,
attraverso l'adesione volontaria, il pluralismo giuridico, contribuisca ad
implementare un diritto libertario in senso stretto, cioè codici giuridici o
sistemi di norme centrati solo sul divieto di aggressione della persona e
della proprietà, e in tal modo garanti della libera realizzazione di tutti
gli scambi volontari.

Un'elaborazione originale di un modello giuridico libertario a produzione
decentrata è stata proposta dal giurista Fabio Massimo Nicosia 1. Egli,
fondendo individualismo metodologico e realismo giuridico2, propone una
prasseologia in cui l'elemento di novità è costituito dal ruolo primario
assegnato al diritto nella dinamica dell'azione umana.

Ogni uomo persegue una certa condotta, agisce. Nel fare ciò esprime energia
fisica, forza, e produce effetti indivisibili sul mondo esterno. Già per il
solo fatto di esistere gli individui occupano un volume nello spazio del
mondo, dunque sottraggono spazio agli altri. Tale incidenza sugli altri si
accentua quando l'esistenza, come è inevitabile, assume un carattere
dinamico, cioè si dilata in azione. Attraverso il concetto-chiave di
pretesa, come si vedrà fra breve, questo semplice dato biologico conferisce
all'azione umana un intrinseco carattere giuridico. L'uomo, nell'attuare una
data linea d'azione, automaticamente esprime e produce diritto. La natura ha
dotato l'uomo della competenza, cioè del potere, di porre egli stesso
diritto (competenza che è in concorrenza con quella di tutti gli altri). La
giuridicità dunque trova fondamento nella capacità psicofisica dell'uomo di
volere e agire di conseguenza; ciascun individuo è così un ente dotato
naturalmente di capacità giuridica originaria.

La nozione di diritto soggettivo diventa dunque quella fondamentale. Il
diritto in senso soggettivo è la pressione che ognuno esercita nei confronti
degli altri 3. Ogni essere umano, per poter svolgere la propria condotta nel
mondo, avanza delle pretese (come detto, se non altro, dovrà muoversi nello
spazio). Ogni pretesa può incontrare negli altri individui pretese di
diniego e/o impedimento, ma anche di acquiescenza o di consenso. Nel primo
caso gli individui coinvolti avranno assegnato un valore negativo all'esternalità
prodotta dalla pretesa iniziale. Il risultato, cioè la distribuzione di
titoli di proprietà, sarà determinato dal livello di fermezza nel difendere
le proprie pretese, dipendente dall'importanza che le parti assegnano a
ciascun determinato bene. Questo meccanismo di costi e benefici, centrale
nel modello di Nicosia, va ovviamente esteso a una pluralità di attori,
perché le interferenze sono reciproche: è il mercato.

Si evidenzia dunque la concezione soggettivistica del diritto, come
complesso di relazioni tra diritti e obblighi di soggetti privati,
contrapposto alla concezione oggettivistica del diritto, in cui il dominus è
la norma giuridica.

Ma c'è di più. Questa impostazione ha conseguenze importanti dal punto di
vista epistemologico: il diritto per Nicosia acquisisce la priorità all'interno
delle scienze umane e sociali, scalzando il primato dell'economia come
scienza dell'azione, perché in questa prospettiva esso evidenzia un
carattere formale che lo dota di portata esplicativa universale.

Al diritto oggettivo si perviene attraverso il confronto/scontro degli
ordinamenti individuali. Il diritto in senso oggettivo è l'equilibrio (non
deliberato) risultante dalle pressioni reciproche dei singoli. Ognuno tenta
di condizionare la condotta altrui in modo che si adatti alla propria e al
tempo stesso ognuno è condizionato dalla condotta altrui e aggiusta la
propria. La giuridicità soggettiva si oggettivizza nel momento dell'interazione.

Gli istituti giuridici sono il frutto di questa interazione. Nicosia
attribuisce un ruolo importante alla teoria dei giochi. I potenziali
conflitti vengono prevenuti e limitati dall'elaborazione di istituti
giuridici, i quali rappresenterebbero le soluzioni dei giochi strategici.
Gli istituti giuridici cioè si sviluppano per regolare le condotte, quando
queste diventano interazioni-tipo. È l'esperienza e l'evoluzione dunque a
determinare le convenzioni "migliori", e non la legislazione calata dall'alto.
«Le parti che stanno per dar vita a un'interazione [.] possono ridurre i
costi di transazione convergendo sul modello di condotta interattiva fornita
da un istituto testato da molti prima di loro»4.

L'asta è il modello più adeguato per descrivere il funzionamento dell'intero
meccanismo. Tuttavia va introdotta un'eccezione relativamente all'uso della
forza (cioè relativamente al servizio della protezione). Capovolgendo le
impostazioni attuali, Nicosia ritiene che non vada vincolato con normative
antitrust alcun mercato, tranne quello della forza5. Questa infatti è una
pre-risorsa non fungibile. Una norma antitrust, di tipo consuetudinario o
ipotizzata come meta-norma, volta a impedire il monopolio della violenza,
costituirebbe anche il riconoscimento della competenza concorrente di tutti
gli uomini a porre diritto.

In dissenso dal libertarismo giusnaturalista, Nicosia fa notare che anche i
concetti di libertà e di proprietà derivano da questa interazione
(disincentivi alle condotte costose e incentivi a quelle vantaggiose), e non
rappresentano degli a priori, come avviene ad esempio nell'occupazione
primaria rothbardiana.

Il diritto dunque per Nicosia emerge da sé come prodotto logico-empirico
delle spinte e delle reciproche pressioni soggettive6. Questo diritto è
libertario perché vi è il riconoscimento in capo a ogni individuo della
capacità di costituirsi in fonte autonoma del diritto e di contrattare,
senza divieti artificiosi, la propria collocazione all'interno dei diversi
rapporti.

Ciò non significa, conclude Nicosia, che dal mercato scaturirà per forza di
cose un diritto libertario, ma solo che il libero mercato del diritto è la
pre-condizione perché il diritto libertario possa affermarsi.



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Note



1 Cfr. F. M. Nicosia, Beati possidentes, Liberilibri, Macerata, 2004.

2 Il realismo giuridico, nelle due tendenze americana (Llewellyn, Frank,
Bingham, Oliphant, Cohen, Holmes) e scandinava (Hagestrom, Lundstedt,
Olivecrona, Ross), è un indirizzo teorico che si contrappone a tutti i tipi
di formalismo, i quali vedono la decisione giudiziaria come una deduzione
logica da una norma generale. Al contrario, il realismo concentra l'attenzione
sul ruolo indipendente che hanno le corti nella creazione del diritto; in
particolare, si tiene conto dei fattori sociologici che determinano le
decisioni giudiziarie. Le norme giuridiche hanno una "struttura aperta" che
consente alle corti decisioni che tengono conto della concreta realtà
fattuale (e incidono su di essa).

3 Nicosia assimila la giuridicità naturale dell'uomo al modello del diritto
amministrativo: la condotta umana è ricostruibile nei termini di una serie
di provvedimenti amministrativi unilaterali reciproci.

4 F. M. Nicosia, Beati possidentes, cit., p. 193.

5 Su questo punto è evidente la divergenza con gli anarcocapitalisti, che
invece rifiutano qualsiasi interferenza normativa sul libero dispiegarsi
delle forme di mercato.

6 E non razionalisticamente, come avviene in Rothbard.