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    Predefinito La lobby ebraica perseguita i due professori

    Maurizio Blondet
    01/04/2006

    STATI UNITI - Stephen Walt, uno dei due docenti che hanno firmato il saggio sulla lobby ebraica («The Israeli lobby and US foreign policy») sta per essere cacciato dalla Kennedy School of Government, di cui è - o era - preside.
    E' andata così, secondo il giornale locale «Harvard Crimson» (1): «… Molte le telefonate dei donatori 'pro-israeliani' allarmati dallo studio. Tra loro anche Robert Belfer, un ex dirigente della Enron, che nel 1997 ha donato 7,5 milioni di dollari al Center for Science and international Affairs della Kennedy School… Belfer ha espresso la sua profonda preoccupazione e ha chiesto che il docente non usi il suo titolo di preside nella pubblicazione dell'articolo».
    Detto fatto: l'università ha tolto il logo della Kennedy School dal sito che riporta il saggio, e ha aumentato i caratteri dell'avvertenza iniziale, in cui avverte che la scuola non condivide necessariamente le idee espresse nel testo.
    In privato, ha chiesto a Walt le dimissioni da preside.
    E' l'amara conferma di quel che i due professori hanno dimostrato: quanto sia incontrastato e arrogante il potere della lobby.
    Anche un'altra delle loro asserzioni ha trovato conferma.



    I due professori avevano scritto: «il modo in cui la lobby sopprime il dibattito su Israele è malsano per la democrazia. Chiudere la bocca ai critici organizzando boicottaggi e liste nere, e anche insinuando che sono degli antisemiti, vìola il principio dell'aperta discussione da cui la democrazia dipende. L'impossibilità per il Congresso di dibattere con franchezza su queste importanti questioni paralizza l'intero processo di deliberazione democratica.
    I sostenitori di Israele devono essere liberi di rimbeccare quelli che non sono d'accordo con loro; ma sopprimere il dibattito con l'intimidazione è una pratica che va denunciata e condannata».
    Conferma: invece di intervistare i due professori, giornali come il Washington Post e il Boston Globe, e tutte le TV, si sono precipitati, a commento del saggio, a intervistare… David Duke.
    Chi è David Duke?
    Un neo-nazista dichiarato, un ex dirigente del Ku Klux Klan.
    Un conduttore della MSNBC ha chiamato in diretta questo Duke, ed ha esordito così: «Grazie per essere con noi stasera, signor Duke. Lei è stato attaccato come ex membro del Klan e antisemita, ma ora si trova alleato alla Harvard University. Si sente vendicato?».



    Nel frattempo Alan Dershowitz, famoso e ricco avvocato (ha difeso il pugile uxoricida O.J. Simpson) ha dichiarato di sapere che i due docenti hanno tratto il materiale per il loro saggio da «siti che incitano all'odio» antisemita, e che un «gruppo» del suo studio legale sta «esaminando la faccenda»: chiara minaccia, che in America può condurre a richieste di danni miliardari (2).
    Max Boot, editorialista del Los Angeles Times, ha commesso una gaffe involontaria per eccesso di zelo discreditatore.
    Sarcastico, ha scritto a proposito dello studio dei due professori: «dopo aver finito di leggere questo opus magnum, mi resta una domanda: perché l'onnipotente lobby israeliana (che secondo loro 'sopprime la critica verso Israele' con tanto successo) avrebbe permesso la pubblicazione di un così volgare esempio di pseudo-erudizione? Poi mi sono ricordato che Walt ricopre una carica finanziata da Robert e Renée Belfer, due filantropi ebrei che sono anche sostenitori di Israele.
    La sola spiegazione che immagino è che Walt sia esso stesso un agente di quegli astuti israeliti, e venga usato per rendere la causa degli anti-israliani così poco convincente da screditarla. La 'lobby' opera in modo misterioso».
    Evidentemente, Boot non era stato informato che Belfer, il miliardario, aveva già preso il telefono e intimato ad Harvard - visto che la paga - la sua volontà: cacciare il professor Walt.



    Ma già qualcuno aveva suggerito le mosse.
    Un editoriale non firmato del New York Sun (20 marzo 2006) diceva: «…Il saggio del preside Walt ha riscosso l'approvazione di David Duke [ancora lui], l'uomo che l'Anti Defamation League definisce 'il più noto razzista americano' La polemica è solo all'inizio. Ma non è troppo presto per immaginare che sarà difficile per il signor Walt mantenere la sua credibilità come preside. Non è in questione la libertà accademica, bensì semplicemente un necessario controllo di qualità».
    Daniel Drezner, un giovane professore ebreo di Chicago, ospite fisso della CNN, ha definito il saggio dei due docenti «piss poor» (una miserabile pisciata) e un esercizio semplicistico «di scienza sociale monocausale».
    Insomma è con questo linguaggio che si possono trattare i professori, quando la lobby dà l'ordine di caccia.
    Il solo ad esprimere un parere non ingiurioso è - udite - un israeliano: Daniel Levy, un diplomatico che ha preso parte ai negoziati di Oslo e di Taba, ed ha contribuito a stilare la «Iniziativa di Ginevra» sulla questione palestinese.
    S'intende, anche Levy (che ha scritto su Haaretz) premette che lo studio è «rozzo», che «manca di finezza e di sfumature», ma ammette che ha la sua forza «là dove descrive come la lobby sopprime il dibattito per intimidazione ed è degno di ascolto quando dimostra come gli interessi dell'America (e alla fin fine anche di Israele) sono mal serviti dallo zelo della lobby».



    E perché?
    Aggiunge Levy: perché «la Lobby nega ad Israele il lusso di cui godono tanti altri Paesi: di avere la scusa delle 'pressioni estere' per fare cose che sono impopolari in patria, ma necessarie per la nazione. Ricordate le riforme economiche e democratiche che gli Stati dell'Europa dell'Est hanno attuato esibendo la giustificazione [al loro popolo] che servivano
    per ottenere l'accesso all'Unione Europea, e mettetele a confronto con la politica israeliana delle colonie [nei territori occupati], auto-distruttiva, che è continuata perché è continuato l'appoggio degli USA».
    Qui a parlare è la dura esperienza di un diplomatico, che si è trovato chissà quante volte ostacolato dal troppo zelo, e dal fanatismo, della troppo potente lobby giudaica americana.
    Non è stato mai possibile ai politici ragionevoli israeliani sloggiare i «coloni ebraici» dalle terre rubate ai palestinesi, perché la lobby in USA li difendeva, e obbligava Washington a difenderli.
    Ma è una verità ad uso interno.
    Verso i goym, i servi noachici, la lobby continua ad usare il bastone.
    I due professori sono ogni giorno di più in difficoltà.
    Il dibattito su Israele continua ad essere soppresso: con la diffamazione, il ricatto e la minaccia dietro le quinte (4).

    Maurizio Blondet




    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) Paras Bhayani, «KSG seeks distance from paper», Harvard Crimson, 24 marzo 2006.
    2) Meghan Clyne, «Harvard paper on Israel drew from neo-nazi sites», New York Sun, 24 marzo 2006.
    3) Max Boot, «Policy analysis - paranoid style», LA Times, 29 marzo 2006.
    4) Il testo completo del saggio di Walt e Mearsheimer può essere letto in inglese (finché non lo faranno scomparire) al sito:
    http://ksgnotes1.harvard.edu/Research/wpaper.nsf/rwp/RWP06-11/$File/rwp_06_011_walt.pdf




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  2. #2
    Hrodland
    Ospite

    Predefinito

    E poi si vantano di essere il fondamento della democrazia e di essere l'unica democrazia del Medio Oriente...

 

 

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