Soares: caro amico, che errore la fuga
L' ex presidente portoghese: «L' Europa smetta di infangare la propria storia». «Bettino diceva che la sua vita era a rischio in Italia ma iocontinuo a pensare che Andreotti, accusato di crimini molto più infamanti, ha avuto ragione a rimanere e difendersi»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID - «E' morto un mio grande amico, un grande capo del governo italiano, un grande statista. Bettino Craxi è morto in esilio senza che gli sia stata resa giustizia. Io, che mai ho rinnegato la mia amicizia nei suoi confronti, sento una enorme tristezza per questa fine tanto ingiusta». Non nasconde la sua profonda commozione l' ex presidente portoghese Mario Soares, fondatore del Partito socialista, oppositore della dittatura con esperienza di esilio e prigione, più volte primo ministro prima di diventare capo dello Stato. Il vecchio leone della politica che non riesce a stare fermo si trova a Rio de Janeiro per una visita di alcuni giorni. Pur travolto dagli impegni accetta volentieri di parlare al telefono con il Corriere della Sera del suo «amico Bettino». Quale è stata la sua prima reazione alla notizia della scomparsa di Craxi? «Pur sapendo che la sua salute non era buona sono rimasto sorpreso. E sopraffatto dall' amarezza per il suo triste destino, tanto più che ho sempre creduto nella sua innocenza o, meglio, in una colpevolezza non superiore a quella di altri dirigenti politici, tutti più o meno coinvolti nel finanziamento illecito ai partiti. Ero in contatto con lui, ricevevo di tanto in tanto sue lettere in cui si difendeva ed ho seguito il calvario di questi anni nell' esilio. Il mio povero amico meritava un trattamento differente da parte dell' Italia che in lui aveva avuto un eccellente leader politico». Craxi le ha mai detto perché aveva preferito l' auto-esilio piuttosto che affrontare la giustizia? «Io sono sempre stato convinto che il suo errore sia stato quello di lasciare l' Italia e di rifugiarsi in Tunisia. Non gli avevo nascosto che avrebbe fatto meglio a restare in patria a battersi con gli strumenti della giustizia e della politica ma lui sosteneva che nel clima di allora non sarebbe sopravvissuto. Dichiarava di temere per la sua vita. "Chi fugge ha sempre torto, ricordati" gli avevo detto quando c' eravamo incontrati all' ambasciata portoghese di Tunisi durante una mia visita ufficiale e lui aveva risposto "Forse non sarei qui a parlare con te. Mi avrebbero assassinato". Ma io continuo a pensare che aveva torto e che Andreotti, accusato di crimini molto più infamanti, ha avuto ragione a rimanere e a difendersi». Signor Soares, lei è il solo uomo politico straniero al culmine del potere che ha incontrato Craxi in Tunisia in questi anni. Nel marzo 1995 lei ha insistito per riceverlo pubblicamente nell' ambasciata del suo Paese a Tunisi durante la sua visita da capo di Stato. Era una prova di amicizia? «Volevo dimostrare a tutti che vedevo in Bettino Craxi una vittima di processi politici e che non avevo dimenticato il suo aiuto al Portogallo. Craxi ha fatto molto per far entrare negli anni Ottanta il mio Paese nella Unione europea e negli anni Settanta, dopo la rivoluzione dei Garofani, era stato sempre molto solidale con i socialisti portoghesi alle prese con seri problemi. Il Portogallo ieri ha perduto un vero amico». Per una strana coincidenza la morte di Craxi è avvenuta in concomitanza con il calvario di Helmut Kohl. Craxi, socialista, e Kohl, democristiano, appartengono alla lista dei politici che, senza distinzione di ideologia, sono affondati sul finanziamento illecito ai partiti. Anche in Francia e in Spagna, Mitterrand e Gonzalez sono stati più che sfiorati dagli scandali per fondi neri. E' il modo di far politica degli anni Ottanta, uno stile comune in tutta Europa sul finire della Guerra fredda, ad essere posto sul banco degli accusati? «Forse, ma non ne sono sicuro. Temo che sia un modo di giudicare la gente sulla pubblica piazza che non conduce a buoni risultati. Che cosa ha ottenuto Mani Pulite? Ora la stessa cosa sta avvenendo in Germania e in Francia dove sono stati colpiti l' ex cancelliere Kohl e il ministro Strauss-Kahn. La lezione dell' Italia non è stata sufficientemente meditata negli altri Paesi d' Europa eppure può essere esemplare. La Germania che tanto ha criticato l' Italia per Mani Pulite deve interrogarsi se vale la pena distruggere un uomo come Kohl, che è stato uno dei grandi cancellieri della storia tedesca, il padre della riunificazione della Germania, un punto di riferimento essenziale per tutti gli europei negli anni Ottanta e gran parte degli anni Novanta. Cosa si ottiene a rivangare la questione dei finanziamento ai partiti, in cui, ripeto, nessuno è un santo? Vedendo quello che è successo in Italia è meglio non distruggere l' esistente e cercare di darsi nuove regole per il futuro senza infangare la propria storia». Mino Vignolo
Vignolo Mino