Negli ultimi giorni sta avendo un certo clamore la notizia della condizione in cui si trovano alcune scuole tedesche a maggioranza allogena. In questi istituti le bande di arabi e di turchi si fronteggiano continuamente e in modo violento, impedendo di fatto le regolari lezioni, aggredendo i professori che cercano di farsi rispettare, distruggendo gli arredi pubblici, gettando petardi all'interno dei locali, insultando i pochi studenti autoctoni presenti ed entrando in aula armati di coltelli e altre armi improprie.
All'esplodere del caso sui mezzi d'informazione, i giornalisti sono stati accolti (in una di queste scuole -la più famosa, al momento-, la Ruetli di Berlino) con lanci di pietre e gesti osceni (curioso poi il minimizzare successivo da parte degli stessi studenti!).
Il quadro che si presenta è identico a quello di alcune zone francesi: una immigrazione lasciata aumentare a dismisura nel giro di 10, 15 o 20 anni a seconda dei casi, senza alcuna ragione seria se non la solita solfa mercantile del "abbiamo bisogno dei lavoratori stranieri" (e senza pensare alle possibili generazioni future, sia allogene che, soprattutto, autoctone). Tale crescita ha prodotto numerosi ghetti etnici, dove gli stranieri vivono per conto loro, in quartieri che vengono sempre considerati come sfavoriti, ma che presentano le stesse figure pubbliche di quelli "normali". Con ciò il loro stare "in disparte", il loro non imparare la lingua del posto, tanto che in molti istituti, oltre il 20% degli alunni stranieri a 15 anni ha difficoltà a comprendere ciò che legge.
La scuola Ruetli, come la Helmholtz, come la Theodor Plievier, con i loro insegnanti impauriti alla sola idea di entrare in classe e con la polizia a sorvegliare, sono il segno di una società lasciata "ingrassare" fino a scoppiare, colmata di deliri multietnici, di buonismo mondialista, di rincorse consumistiche, il tutto per star dietro ad una idea di società totalmente asservita al pensiero globalista e alle logiche imprenditoriali. Una società lasciata morire, invece, nel suo essere "sociale" e, soprattutto, organica e solidale.