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Nanths
E il conflitto d'interessi (alla rovescia) scosse la Val d'Aosta
La Regione, governata dal centrosinistra, salva un'azienda. Della famiglia di un assessore
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Superata da anni la crisi delle vacche tisiche, infettate perché produrre latte era meno conveniente che incassare i contributi dell'assessorato contro la Tbc, la Regione Val d'Aosta è al capezzale di un'altra malata. Un'impresa metalmeccanica che dovrebbe esser salvata con 5 milioni e mezzo di soldi pubblici.
Soldi pubblici varati dalla giunta di cui fa parte la moglie del titolare attraverso un'operazione della finanziaria regionale avviata quando nel consiglio d'amministrazione c'era il figlio, già a capo dei giovani industriali. L'azienda al centro della storia si chiama Tecnomec, ha sede ad Arnad, sulla strada da Ivrea ad Aosta, è stata fondata nel 1969 e produce «componenti per radiatori, staffe e rinforzi per telai di veicoli industriali, ed ogni altro componente in lamiera stampata». Storica fornitrice della Fiat, ha 120 dipendenti e da tempo, come molte altre imprese del settore e altre industrie aostane dei campi più diversi, è in grave difficoltà. Al punto di spingere i sindacati, nel nome di quegli operai, impiegati e funzionari che in tempi come questi faticherebbero a reinserirsi, a invocare un salvataggio della Regione.
La quale, come è noto, gode grazie all'autonomia di una situazione finanziariamente assai migliore di quella delle «sorelle» italiane a statuto normale. Poteva il generoso ente pubblico, celebre negli anni per la buona amministrazione ma anche per alcuni casi di incredibili sprechi, rispondere di no all'accorato appello? La soluzione individuata per mettere una toppa su un buco che pare essere intorno ai 5 milioni di euro è stata questa: un piano da 7 milioni. Dove la proprietà della fabbrica dovrebbe mettere un milione e mezzo per tentare un rilancio produttivo e la Regione cinque e mezzo, comprando lo stabilimento per poi affittarlo alla Tecnomec perché stia dove sta e continui a lavorare. Una scelta benedetta non solo dal centrosinistra e dalla sua locomotiva, l'Union Valdôtaine, ma da tutti i sindacati. Contestata però dalla destra, e in particolare da Forza Italia. Che per bocca di Dario Frassy, capogruppo della Casa delle Libertà, vuol capire meglio alcuni dettagli niente affatto secondari.
Per carità, nessuno si sogna di chiedere che centoventi persone vengano abbandonate sulla strada e che un'impresa come la Tecnomec chiuda i battenti. Ci mancherebbe. Ma perché, chiedono le destre, la Regione «non si sentì in obbligo di intervenire allo stesso modo per salvare la Artech, la Akerlund, la Balzano, la Feletti, la Fey trasporti, la Item o la Zincocelere», per citare alcune delle molte aziende andate in crisi in questi anni? Perché «non ebbe nessuna pietà nemmeno per i 300 dipendenti Tecdis abbandonati al loro destino?». E ancora: «Quante sono in Valle d'Aosta le imprese fallite per non aver pagato le rate dei mutui Finaosta o i debiti con Aosta Factor?». E «quante le aziende a cui queste due società hanno richiesto il rientro immediato delle posizioni debitorie» solo perché erano «senza padrini illustri alle spalle»? A farla corta: la Regione non usa due pesi e due misure? Ma no, ha risposto nel divampar delle polemiche il governatore Luciano Caveri, già deputato e sottosegretario: «Tutto sarà fatto nella massima trasparenza» ed «è chiaro che il piano finanziario dovrà avere l'omologa dal Tribunale: solo allora la Regione potrà avviar le procedure di acquisizione». Certo è che tutto sarebbe davvero più trasparente se non ci fossero dei fastidiosi dettagli. Il primo è che la Tecnomec è di proprietà della famiglia Vuillermoz, che già l'anno scorso aveva ricevuto un aiutino: un' altra azienda del gruppo, la Artech, oggi in fase di smantellamento, aveva avviato la procedura del concordato preventivo dopo aver guadagnato uno «sconto» di 525 mila euro (ben oltre il normale 59% ) sul debito di 700 mila che aveva con Aosta Factor, che è controllata da Finaosta e dunque è a capitale prevalentemente regionale. E da chi è composta la famiglia Vuillermoz, una delle più potenti casate industriali valdostane?
Il patriarca è Renzo, già presidente degli imprenditori regionali. La moglie, col 5% del capitale della Tecnomec, è Teresa Charles, insegnante di francese, scrittrice e assessore regionale alla cultura per conto dell'Union Valdotaine. E tra i figli, che hanno una quota nella T.H. srl detentrice del 74% delle azioni, c'è Giulio, già responsabile commerciale dell'azienda e per due volte presidente dei giovani industriali valdostani. Nominato tempo fa dalla maggioranza di cui fa parte la madre nel consiglio di amministrazione di Finaosta, la finanziaria regionale che dovrebbe mettere i soldi per salvare l'impresa di famiglia. Una carica dalla quale si è dimesso poche settimane fa quando già l'operazione avviata in autunno era in fase di arrivo. Tutto bene, tutto pulito, tutto cristallino? Per carità, evviva gli operai salvati dalla catastrofe. Ma l'assessore Teresa Charles, che appartiene a uno schieramento che ha (giustamente) fatto le pulci al conflitto di interessi di Berlusconi e a parti rovesciate avrebbe scatenato l'inferno, ha mai pensato all'opportunità, proprio per mettere il salvataggio di quei posti di lavoro al riparo dalle polemiche, alle dimissioni? Con i colleghi de La Stampa, dicono, si è sfogata contro gli «avvoltoi». Sarà. Ma che faccia lei la parte della candida colomba...
Gian Antonio Stella
06 aprile 2006
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che bell'esempio, complimentoni all'UV.