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demos77
Consumi, perché frena la spesa
di Michele De Gaspari Il Sole 24Ore 7/04/06
Nella media del 2005 i consumi delle famiglie italiane sono rimasti pressoché invariati in termini reali (+0,1%), peggiorando ancora il magro risultato (+0,5%) dell'anno precedente.
Alla modesta crescita dei trimestri centrali (+0,7% tendenziale annuo), quando il positivo andamento della spesa in beni durevoli è stato bilanciato dal ristagno di quella in servizi e nei beni non durevoli, si sono infatti accompagnate le flessioni del primo e quarto trimestre (rispettivamente -0,5% e -0,3% congiunturale). Nella parte centrale dell'anno la domanda di beni durevoli si è mostrata relativamente dinamica, concentrandosi sui mezzi di trasporto, i prodotti per la casa, l'elettronica e la telefonia; i servizi e i beni non durevoli (alimentari, abbigliamento, largo consumo in genere) hanno registrato, per contro, variazioni nulle o negative. Un po' di sostegno ai consumi è venuto, in particolare, dall'aumento del reddito reale disponibile delle famiglie, stimato intorno all'1% rispetto al 2004 e favorito sia dalla crescita delle retribuzioni lorde (pari al 3% circa) che dell'occupazione, sia pure in misura più ridotta.
La moderata ripresa dei redditi da lavoro (+4%) e dell'occupazione dipendente (+2,5%), insieme al basso costo del credito al consumo, hanno consentito un certo recupero della spesa delle famiglie nel secondo e terzo trimestre, con un ciclo decisamente positivo per la componente di beni durevoli. Quest'ultima, a sua volta, è rallentata nell'ultimo scorcio dell'anno, senza però cedere il passo a un'accelerazione della domanda di servizi e beni non durevoli, nonostante il quadro congiunturale caratterizzato da una risalita dell'ottimismo e del clima di fiducia delle famiglie sulle prospettive dell'economia in generale. I persistenti rincari del petrolio e delle tariffe energetiche dovrebbero, tuttavia, incominciare a pesare in modo abbastanza rilevante sui bilanci delle famiglie e sulla spesa per beni e servizi, tenuto conto dei rialzi in atto sui tassi d'interesse e dei relativi maggiori oneri sul debito.
Aspettative delle famiglie in ribasso, cresce il risparmio
Anche nel 2005 la propensione al risparmio delle famiglie italiane ha registrato un nuovo aumento, in linea con la tendenza degli ultimi anni; essa è stimata intorno all'11-12% del reddito disponibile e, dunque, ben al di sopra degli altri maggiori paesi, come Germania e Francia, per non parlare di Gran Bretagna e Stati Uniti, dove tende ormai ad annullarsi. Ciò spiega l'evidente scollamento tra il potenziale di crescita della spesa privata - giustificata dall'andamento delle retribuzioni, dell'occupazione e delle altre componenti di reddito - e la sua effettiva dinamica, che mostra un declino della propensione al consumo, riconducibile all'incertezza legata al timore di una caduta dei redditi (riduzione della copertura previdenziale, maggiore flessibilità del mercato del lavoro, aspettativa di nuove strette fiscali e così via). La ricchezza netta del settore privato, in particolare, ha continuato ad accrescersi soprattutto grazie all'incremento di valore degli immobili, che ne costituiscono la quota preponderante (circa i due terzi), come risulta dalla periodica indagine della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie; quest'ultima da oltre vent'anni raccoglie informazioni sui redditi e i consumi presso un ampio campione di popolazione (24mila unità, a cadenza biennale).
La fiducia dei consumatori, dopo un significativo miglioramento nella seconda metà del 2005, è tornata a fluttuare nella prima parte di quest'anno, con tendenza a stabilizzarsi sui nuovi livelli raggiunti. Lo sfavorevole andamento degli interessi netti continua, poi, a comprimere la capacità di spesa delle famiglie; il saldo tra interessi attivi e passivi è, infatti, negativamente influenzato dal progressivo aumento del costo dei mutui per l'acquisto della casa e del credito al consumo per i beni durevoli. Gli altri indicatori dei comportamenti di acquisto mostrano, a loro volta, andamenti discordanti: se le immatricolazioni di autovetture confermano la positiva evoluzione in atto, le vendite al dettaglio non mettono in evidenza, per contro, segni di ripresa. Come risulta dal clima di fiducia del settore commerciale, la tenuta della grande distribuzione è neutralizzata dal calo delle vendite nei piccoli negozi tradizionali, sempre più in crisi per ragioni di cambiamento strutturale della domanda, che si sposta verso i moderni canali commerciali (outlet, ipermercati, discount), molto competitivi sui prezzi.
Ciò confuta tutte le affermazioni della sinistra...circa l'andamento dell'economia. Non sanno leggere i dati, li leggono in modo parziale, asseriscono una riduzione dei risparmi senza valutare le ragioni,
Un economista i dati li legge tutti...NON SOLO QUELLI CHE GI FANNO PIU' COMODO.
Ci sarebbe veramente da vergognarsi...a farsi prender in giro dai propri leaders di partito.
Ogni affermazione della sinistra è agevolmente confutabile.