Russia fuori da ogni regola: non può restare nel G8 Inflazione alle stelle, Pil pro capite a un terzo delle nazioni ricche.
E soprattutto totale mancanza di democrazia.
L'ex consigliere di Putin spiega perché Mosca non può restare nel club dei ricchi.
E avverte l'Occidente dei rischi che corre con la partecipazione al summit di San Pietroburgo, in giugno
Secondo la Dichiarazione di Rambouillet del 1975 e i tradizionali comunicati emessi in seguito agli incontri dei capi di Stato, il Gruppo degli Otto è costituito dai Paesi più democratici e maggiormente industrializzati del mondo. L'attività del Club più che trentennale ha confermato l'insieme dei criteri sostanziali per farne parte: sistema politico democratico, notevoli dimensioni dell'economia, alto livello di sviluppo economico e istituzionale, piena convertibilità della valuta nazionale, adesione a Wto, Oecd (Organization for economic cooperation and development), Iea (International energy agency), dedizione agli scopi e ai principi di collaborazione internazionale.

LA RUSSIA ÈMEMBRO DEL G8? — Rispondere soltanto ad alcuni (ma non a tutti) dei requisiti menzionati, sia pure in presenza di peculiarità aggiuntive straordinarie, non è sufficiente perché un Paese faccia parte di questo gruppo. Per numero di abitanti la Cina e l'India superano tutti i membri del G8 messi assieme. Il Pil cinese in termini di parità di capacità d'acquisto (Ppp, Purchasing power parity) delle valute, è superiore ai Pil di ciascuno dei Paesi del club tranne gli Usa. Quello indiano è dietro solamente a Usa e Giappone. Cina, India e Pakistan possiedono armi nucleari. L'Arabia Saudita è il maggior fornitore di petrolio del mercato mondiale. Ma ognuno di questi elementi non è sufficiente per entrare nel club più esclusivo del mondo contemporaneo.

La Russia di oggi risponde a uno solo dei criteri del Gruppo, cioè all'entità dell'economia calcolata secondo la Ppp. Nel 2005 il suo Pil era il decimo al mondo. Benché questo posto sia dietro alla Cina, all'India e al Brasile, esso è pur sempre davanti al Canada (13˚).In base al Pil calcolato secondo i valori di cambio, la Russia nel 2005 era tredicesima al mondo, inferiore di una volta e mezzo al Canada, e dietro a Paesi non membri del Gruppo quali Cina, Spagna, Brasile, Corea e India. Secondo tutti gli altri criteri, la Russia attuale non risponde ai parametri del Gruppo degli Otto. Il rublo russo non è una valuta pienamente convertibile per le operazioni di capitale; la Russia non è membro di Wto, Oecd e Iea. Questo, di per sé, esclude la partecipazione di rappresentanti russi alle discussioni sulle questioni valutarie e su quelle del commercio mondiale nell'ambito del club.

La Russia non è un Paese economicamente progredito. Per il Pil pro capite secondo la Ppp, la Russia si trova al 69˚posto al mondo. Il suo Pil è pari al 33% del livello medio dei Paesi del G7, mentre il Pil pro capite secondo i valori di cambio scende al 15% del livello medio del G7. Per il tasso medio annuo di inflazione negli ultimi cinque anni, la Russia viene a trovarsi al 161˚posto tra 180 Paesi del mondo (indietro cioè di dieci volte). Dal 2005 la Russia non è un Paese politicamente libero. Secondo l'indice dei diritti politici della Freedom House, essa occupa il 168˚posto tra 192 Paesi del mondo; in base all'indice della corruzione della Transparency International, è al 126˚posto su 159 Paesi; secondo quello del favoritismo delle decisioni governative è 85˚ su 106 Paesi; per quanto riguarda la difesa dei diritti di proprietà, è 88˚su 108 Paesi; per l'indipendenza del potere giudiziario, sta all'84˚ posto tra 102 Paesi (gli ultimi tre indici vengono calcolati dal Forum economico mondiale). Il G8 in quanto gruppo di Stati democratici non esiste più.

UN ALTRO G8 — Se si dovessero formare gruppi di Paesi il cui livello di sviluppo economico, istituzionale e politico corrispondesse maggiormente all'attuale stato delle cose in Russia, verrebbero fuori dei G8 un po' diversi. Per il Pil pro capite: Russia, Arabia Saudita, Botswana, Venezuela, Uruguay, Thailandia, Messico, Oman; per il tasso d'inflazione medio annuo negli ultimi cinque anni: Russia, Mozambico, Guinea, Iran, Nigeria, Eritrea, Haiti, Venezuela; per il livello delle libertà politiche e civili: Russia, Ciad, Iraq, Iran, Pakistan, Oman, Ruanda, Somalia; per la velocità di distruzione degli istituti base dello Stato moderno e della società civile negli ultimi 15 anni: Russia, Nepal, Bielorussia, Tagikistan, Gambia, Isole Salomone, Zimbabwe, Venezuela.

Si rivelano fondamentali le differenze tra i 7 e la Russia su quasi tutte le questioni sostanziali all'ordine del giorno mondiale, sugli obiettivi perseguiti dai loro governi, sul comportamento nell'arena internazionale. Alle guerre dei visti e dei polli a scapito di Paesi vicini alla Russia, ora si sono aggiunte quelle elettriche e del vino (incombe quella dell'acqua minerale?). Sui mass media ufficiali russi si è scatenata un'isteria propagandistica contro Ucraina, Moldova, Georgia, Paesi Baltici, Europa, Usa. Sono finiti tutti tra i nemici internazionali dell'odierna dirigenza russa, e nel ruolo di principali bersagli di una nuova «guerra fredda» che di fatto si sta conducendo. Contemporaneamente sono emersi anche i nuovi amici: gli attuali leader di Bielorussia, Uzbekistan, Iran, Algeria, Venezuela, Myanmar, Hamas. Anche questo è una specie di G8. Le differenze abissali tra i Sette e la Russia non sono casuali. Alla loro base stanno le divergenze fondamentali nella visione del mondo contemporaneo, nella concezione di ciò che è possibile e ciò che non è ammissibile nell'operato del potere statale, nei valori di fondo. Ci si è armati, a riprova di ciò, di concetti ideologici quali «verticale del potere», «Stato come corporazione», «superpotenza energetica», negazione dei diritti umani.

PARTECIPARE O NON PARTECIPARE? — Che la Russia di oggi non corrisponda ai criteri del G8 già non è più oggetto di discussioni serie. La risposta è evidente. «Nessuno nelle capitali dei Sette ha fretta di recarsi a San Pietroburgo», dicono i diplomatici. Il quesito che li impegna oggi è un altro: è opportuno per i loro leader partecipare al summit di Pietroburgo?
Gli idealisti esortano a boicottare. I pragmatici dicono che sarebbe uno schiaffo e consigliano comunque di andare, «a meno che la Russia non aggredisca l'Ucraina». Qualunque cosa accada, lo scandalo sarà inevitabile. Anzi, è già cominciato, perché sarebbe difficile definire altrimenti lo stesso dibattito sull'adesione russa e sulla sua presidenza nel club, sulle condizioni, sui modi e sulla forma di partecipazione dei capi dei Sette al summit.

Gli sforzi dei pragmatici hanno portato dei frutti, per quanto modesti: sicurezza energetica e desiderio di cercare nuovamente di persuadere la dirigenza russa ad accettare i valori democratici. Ma attendersi risultati sostanziali su queste questioni è ingenuo. I poteri russi hanno già mostrato cosa intendano per sicurezza energetica. Anziché liberalizzare e privatizzare, stanno facendo l'esatto contrario sia all'interno del Paese sia fuori, cercando di imporre anche al resto del mondo metodi non di mercato. I Sette saranno d'accordo?
L'idea di educare la dirigenza russa allo spirito dei valori democratici è invece non professionale, inefficace, ridicola. Chi può pensare sul serio che dopo aver ascoltato i leader dei 7 le autorità russe cambieranno radicalmente? Smetteranno di distruggere la società civile? Garantiranno elezioni libere nel 2007 e 2008? Fermeranno la campagna di intimidazione degli oppositori?

Aboliranno le leggi antidemocratiche? Smetteranno di dirigere il sistema giudiziario? Revocheranno il controllo sui mass media? Riammetteranno i giornalisti e i direttori licenziati? Riapriranno i giornali chiusi? Restituiranno ai cittadini e alle aziende le multe illegalmente applicate? Cesseranno di ingerirsi negli affari del business? Arresteranno la nazionalizzazione delle società private? Renderanno gli asset confiscati ai proprietari? Restituiranno miliardi di dollari dello Stato? Processeranno burocrati, giudici e procuratori che prendono decisioni illegali? Le stesse autorità russe avranno buon gioco a respingere tale pedanteria: il G8 non è una scuola di buona condotta. Nei club di gentleman non ci si occupa di ciò. Ma il solo fatto che si discuta di come educare la dirigenza russa, vuol dire che la Russia non viene percepita quale membro naturale di questo club neppure da coloro che intendono andare a Pietroburgo. Una conferma in più della morte di fatto del G8, anche come club.

UN CALOROSO SALUTO AI DITTATORI DI TUTTO IL MONDO! — Che cosa avverrà in seguito al summit del 2006? Quale che sia il pensiero dei dirigenti dei Sette, sarà importante solo come questo incontro verrà effettivamente visto nei loro Paesi, in Russia, nel mondo. E come sarà utilizzato. Non sarà accolto che come sostegno all'attuale dirigenza russa. Sostegno politico e morale alle azioni volte a distruggere la legalità, violare i diritti umani, soffocare la libertà di parola, liquidare la democrazia, screditare le organizzazioni non governative, nazionalizzare la proprietà privata, usare l'energia come arma politica, aggredire i vicini democratici. Andando a Pietroburgo, i leader dei Sette daranno prova della loro indifferenza verso le sorti della libertà e della democrazia in Russia. La miglior conferma di quello che la dirigenza russa ripete: tra noi e i leader occidentali non ci sono distinzioni di principio; essi, come noi, non fanno che dare l'impressione di essere interessati a difendere i diritti umani e l'economia di mercato; essi, come noi, non fanno che esaltare la libertà e la democrazia solo a parole.

Il summit di Pietroburgo sarà anche un incoraggiamento per i regimi autoritari di tutto il mondo. Un trionfo per i dittatori di oggi e di domani. Nessuno deve nutrire dubbi se dopo un simile summit ci sarà al mondo più o meno libertà, più o meno democrazia, più o meno aggressione. Il summit di Pietroburgo renderà inevitabile la liquidazione formale di questo club. Esso verrà sostituito da un G7 rinato oppure da un G4, un G3 o una nuova organizzazione. Per la Russia tutto ciò assumerà un carattere accademico. Nel nuovo club non ci sarà spazio per la Russia.

(Traduzione di Pavel Kozlov)

Andrej Illarionov
18 aprile 2006