IL CLAN BELLOCCO E I TRIBUNALI: IL RICORSO? DAL GIUDICE AMICO

Ieri 17 arresti legati alla famiglia
II clan Bellocco e i tribunali
«II ricorso? Dal giudice amico»

ROSARNO (Reggio Calabria)
Così potenti da «avvicinare» giudici per «aggiustare» i loro processi. Pensavano di essere così forti i Bellocco di Rosamo non solo sul territorio, ma anche nel condizionare le indagini sulla loro famiglia, grazie alle amicizie dentro i Tribunali. È quanto è emerso dall'inchiesta «Vento del Nord», coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e Bologna, che ha portato in carcere 17 persone, tutte affiliate al clan Bellocco. A Carmelo Bellocco, reggente del casato di 'ndrangheta e a sua moglie Maria Teresa D'Agostino, il provvedimento firmato dal gip Adriana Trapani è stato notificato in carcere. Dietro le sbarre è finito anche Antonio Bellocco, arrestato nei giorni scorsi durante la rivolta contro i neri. Antonio è proprietario dell'Essetre, un supermercato sequestrato dalla polizia assieme ad altri beni di proprietà della famiglia sparsi sul territorio di Rosamo. Molti rappresentanti del clan sono da anni rinchiusi dietro le sbarre, con condanne anche a vita. Dai colloqui captati dentro le carceri dalla squadra mobile di Reggio Calabria, è stato possibile verificare come la cosca studiava le strategie per «garantirsi» giudici «compiacenti» e quelli da «evitare» perché «sgraditi». Nel carcere di Palmi, il 28 luglio scorso. Rocco Bellocco indicava addirittura ai suoi familiari in quale ufficio doveva essere presentato il ricorso dopo il suo arresto. «... Chi va dagli avvocati qua... di dire che ci sono due collegi... c'è il collegio della Grasso (presidente di sezione del Tribunale di Reggio Calabria ndr, considerata molto "rigida") e un altro collegio..., ci sono due collegi... e attualmente... anche che lei... si trova in ferie... di non presentarlo in questo collegio qua... di presentarlo nell’altro che al 99% lo rigettano, di dirlo all'avvocato».Il dialogo che ha però messo in allarme gli inquirenti è quello intercettato lo scorso 5 agosto tra Rocco Gaetano, detenuto nel carcere di Bologna e suo figlio Peppe. «L'avvocato deve parlare con un suo amico per spiegargli la situazione. L'amico in questione è un giudice» dice Peppe a suo padre.

Carlo Macrì
Il Corriere della Sera: 13/01/10
Data Rassegna: 13/01/10 09.00

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