Una voce da sopprimere
Grazie Max
di Gianfranco Montù
Negli ultimi tempi sono stato abbastanza nauseato, dopo averla seguita con molta simpatia, dalla Lega Nord Padania. Troppi “cadregari” in cerca di poltrone per le loro chiappe, dalla Rai alla burocrazia parassitaria, ma soprattutto troppa incoerenza politica. Per blandire i berluscones, per restare abbarbicati ad una scheggia di potere, troppi leghisti hanno tradito tutto e tutti. Dal confusionismo ideologico e becero di un Calderoli, con le sue sparate anti islamiche formato Fallaci e le sue ridicole sortite di cattolico più fervente del Papa, sino all’improvviso e indecente filo americanismo di quello che pur è stato un buon ministro della Giustizia come Castelli, ora difensore dei rapimenti della CIA in Italia.
Certo la Lega , a parte Gianfranco Miglio, non ha mai avuto un coerente tessuto politico dottrinale: a questo un Bossi è congenitamente allergico. Ma l’assalto ruspante dato ai luridi carrozzoni del cosiddetto arco costituzionale degli anni 70-80, la greppia che ha affondato per sempre nei debiti da terzo mondo l’economia italiana e il miracolo economico, era una ventata di speranza. Una speranza odiata ovviamente da tutti i voraci parassiti attaccati alla greppia, dai sindacati alla Confindustria, mentre i pensionati morivano ( e muoiono) di fame.
Poi la Lega andò al governo, con la peggior destra che si potesse immaginare: una destra di venduti. La vera destra economica: guidata da Berlusconi, un personaggio caricaturale quant’altri mai, e soprattutto caricatura di un uomo politico da tutti i punti di vista. Con un vice come Fini disposto a vendere anche la mamma pur soddisfare la sua gelida ambizione, con un branco di democristiani, da Casini a Follini, pronti a tradirsi anche fra di loro, la Lega si è trovata con un Bossi al capolinea fisicamente e ormai con un solo sogno: chiudere con uno straccio di federalismo, da offrire ai suoi. Chimera peraltro impossibile con un’Italia meridionale che campa letteralmente sulle tasse pagate al Nord.
Questa era la Casa delle libertà, dove si faceva di tutto salvo vera politica.
Con queste premesse ovvio che in 5 anni si sia trasformata in una laida catapecchia. Solo la consapevolezza che il centro sinistra ha una maschera democristiana e un volto comunista (e comunista duro, alla Diliberto e Bertinotti) tiene ancora in piedi le tenui speranze dei berluscones.
Ma i leghisti? In 5 anni hanno tradito anche loro, almeno a livello di vertice, quasi tutto. La secessione si è rivelata una barzelletta, il federalismo, tradotto in “devolution” è un progetto in realtà nato morto ( morirà con il referendum: l’Italia è a maggioranza borbonica) : ma quel che è peggio è l’asfissia della battaglia ideale. Dov’è la bandiera della libertà dei popoli e della sovranità? La battaglia per i palestinesi torturati e rapinati, i serbi bombardati ( i kossovari sono albanesi immigrati in una provincia da sempre serba) gli iracheni invasi e massacrati? Come può un movimento etno nazionalista stare con l’impero americano, il vero impero del Male?
Questa in 5 anni è diventata l’immensa contraddizione della Lega, un cancro inarrestabile curato con squallide chemioterapie come la battaglia contro l’Islam. Dimenticando che gli islamici ce li portano in casa gli americano sionisti e noi aiutiamo questi ultimi da andare a massacrarli a casa loro. Come fa le Lega Nord a stare nella coalizione dei volenterosi migliori amici di Giorgio W. Bush? E’ una bestemmia!
Ma fortunatamente la base non la pensa affatto così e sotto elezioni qualcuno comincia a capirlo. Molti , è vero, dei leghisti sono anti islamici perché non hanno capito il trucco di chi usa islamici e terrorismo contro gli europei per trascinarli in guerra in Medio Oriente e finanziare Israele. Basti pensare che i sionisti in Europa sono fanaticamente favorevoli all’immigrazione e in Israele applaudono alla costruzione di Muri. Non tutti nella Lega lo hanno capito, ma molti sì. E questo fa paura. La “secessione” padana ai poteri forti di Wall Street e del FMI francamente può anche far piacere: detestano le nazioni, le preferiscono frantumate. Ma aborrono di più un movimento che rivendichi il diritto alla sovranità, all’indipendenza, alla libera scelta.
Per questo un giornale come il Corriere della Sera arriva a pubblicare in prima pagina un attacco del genere di quello che vi riportiamo:
“ Chissà se Umberto Bossi vorrà scomunicare gli attivisti della Lega che si sono recati in Serbia per i funerali di Slobodan Milosevic. Ogni partito ha un Caruso con cui dover fare i conti, persino il Carroccio. E senza dubbio il «no global» dei leghisti è il direttore di Telepadania Max Ferrari. Il «Caruso» del Carroccio non è nuovo a gesti clamorosi. Dalle telecamere dell’emittente leghista Ferrari arrivò a puntare l’indice contro l’ex sottosegretario Stefano Stefani e quel progetto «fallimentare» della «banca padana». Certamente la sua ultima trovata metterà i lumbard in imbarazzo più delle sortite di Roberto Calderoli. Non è in «missione», nessun dirigente lo accompagna a Belgrado, però quel gruppo di fazzoletti verdi che renderà omaggio all’ex dittatore è l’avanguardia di un pezzo del movimento. Incarna il sentimento dell’ala dura, l’area autonomista, che sui blog - al pari dei militanti della sinistra radicale - è tornata a scrivere «americani» con la k, ed è tornata a leggere il libro cult di Drago Skalaic sulla «Serbia trincea d’Europa». All’intellettuale nazionalista, Ferrari vuol rendere omaggio, portando un mazzo di fiori sulla sua tomba, anche in memoria di ciò che è stata la Lega negli anni del conflitto in Kosovo.
Ora che la base inizia ad avere la sensazione di una probabile sconfitta del Polo alle elezioni, sembra prendere il sopravvento la voglia delle «mani libere», quel vecchio spirito movimentista che indusse Massimo D’Alema a definire la Lega «una costola della sinistra», e che portò il Manifesto nel ’99 a riconoscere nei fondi della Padania dei «tratti dei nostri editoriali». Chissà se il Senatur sconfesserà gli attivisti di Belgrado. Se lo facesse, scomunicherebbe anche la sua stretta di mano con Milosevic, un pezzo cioè della sua storia. Il fatto è che nessuno sembra più in grado di controllare le spinte centrifughe all’interno del movimento, le sue pulsioni primordiali e regressive che lo stanno allontanando dal centro-destra e che hanno provocato al Parlamento di Strasburgo l’estromissione dei deputati del Carroccio dal gruppo degli «euroscettici».
Dopo la morte di Milosevic, gran parte dei dirigenti leghisti ha tentato di evitare una sovrapposizione tra l’immagine del partito e la figura del sanguinario despota. Non è bastato. Quando Calderoli ( in uno sprazzo incredibile di intelligenza, ndr) ha detto a Matrix che «Milosevic - al pari di Saddam - era l’unico che nel suo Paese potesse tenere a bada la situazione», non solo ha voluto vellicare un pezzo della base, ma ha reso evidente l’ennesimo strappo nello stato maggiore. Forse è vero che l’ex ministro, come gli altri, è convinto che «bisogna evitare di venire strumentalizzati sotto elezioni», ma nelle sue conversazioni riservate non si sente di condannare il viaggio a Belgrado, perché «noi siamo figli della nostra storia», e perché «io mi riconosco in quella Lega che se ne sbatteva di tutto, anche delle strumentalizzazioni».
Chissà se Ferrari metterà in onda sulla tv leghista le immagini girate con la telecamera che si è portata appresso. Di certo «nell’ultimo partito leninista rimasto in vita», come lo definisce scherzosamente Roberto Maroni, nessuno ormai nasconde lo scontro interno. Persino al Pirellone, sulla gestione del «caso Lombardia», c’è chi punta a far cadere Roberto Formigoni, e chi è contrario. E anche lì si creano opposti schieramenti: il presidente del Consiglio regionale Attilio Fontana da una parte e l’ex presidente della provincia di Mantova Davide Boni dall’altra. Un tempo c’era solo Bossi.
Così parlò il Corriere di Paolo Mieli e Jakob Elkan, l’organo più sionista d’Italia. Più sionista che americano ovviamente.
Perché questo attacco ad un giornalista pur coraggioso e valido, ma giovane e ignoto a milioni di italiani? Perché un simile attacco contro un uomo solo, che vive faticosamente di un modesto stipendio, in uno spazio d giornale che costa migliaia di euro e solitamente riservato a ministri , a magnati della finanza , o magari alle disavventure (minimizzate) di cocainomane e omossessuale di Lapo Elkan?
Perché anche un'unica debole voce può far tanta paura da ispirare un articolo infame, palesemente ricattatorio, scritto affinché i vertici più servili della Lega smentiscano e stronchino il loro stesso giornalista?
Io li capisco. A differenza del mollusco del Corriere che ha scritto il testo, io conosco Max Ferrari da anni. Non è né no global ( ma va!) né leninista. Solo uno che non riesce, come riesce invece perfettamente all’assoluta maggioranza dei colleghi, a mangiare escrementi dorati e trovarli deliziosi. Fuori di metafora, uno che non riesce a convincersi che è giusto raccontar balle e che a furia di dirle le balle diventano vere. Non riesce a non fare il giornalista, il testimone onesto di tempi infami e servili, per diventare invece finalmente un lacchè e trasformarsi in uno strapagato mezzo busto in TV.
Ferrari è uno che va dalla Bosnia in guerra alla Bielorussia, o dovunque c’è qualcosa da vedere e raccontare a rischio della pelle, a spese sue e con una telecamera portatile buon mercato ( come dice sarcastico lo scriba degli Elkan) e cerca di dare qualche notizia vera.
Per questo è insopportabile. A quelli che sanno che la verità è rivoluzionaria. Tanto più quando il lezzo delle loro menzogne diventa ogni giorno di più la loro bandiera. Fanno talmente schifo che non reggono più neanche un testimone, danno la caccia a chiunque osi opporsi davvero, chiunque cerchi di risvegliare l’orgoglio e la coscienza dei popoli drogata in tutti i sensi dalla lebbra consumista degli usurai.
Non sopportano quindi i Max Ferrari, per privi di mezzi che siano. Loro, è vero, hanno tutto: banche, giornali, case editrici, scuole, spie, magistrati asserviti, miliardi senza fine. Tutto.
Ma chissà perché nella mostruosa e infernale cacofonia delle loro menzogne, dei loro strilli, delle indignazioni fasulle, delle commemorazioni perenni, riescono a sentire anche una sola debole voce che mormora la verità. E non la sopportano. Ma non riusciranno mai a soffocarle tutte. Grazie, Max!