Nel DNA non c’è “spazzatura

Maurizio Blondet
30/04/2006



Una porzione di DNA ricostruita al computer




“In realtà, della biologia non sappiamo un c.”: celebre ammissione pronunciata da Craig Ventre, ossia dal biologo che ha lanciato (a scopo di lucro) l’Human Genome Project; lo stesso uomo che ha proclamato di aver “mappato l’intero DNA” dell’uomo nella sua azienda privata, la Celera.
Come forse solo gli esperti sanno, tale “mappatura completa” riguarda solo il 5% del DNA.
Cioè solo di quella parte (25 mila geni) che “si esprime”, ossia che codifica e forma le proteine degli organismi viventi.
E il restante 95%?
Quello “non si esprime”.
E’ “silente”.
Non sembra intervenire nella sintetizzazione delle proteine, né avere una funzione attiva.
Rapida conclusione degli scienziati: dunque, non serve a nulla.
E’ una specie di imbottitura superflua.
Anzi “spazzatura” (junk).
E naturalmente, hanno elaborato tutta una pseudo-teoria, basata sull’evoluzionismo darwiniano, per spiegare come mai nel DNA ci sia tanta “spazzatura”.



E’ il risultato, dicono, di una quantità di “infezioni” batteriche e “contaminazioni” genetiche accidentali avvenute in centinaia di milioni di secoli dal “progenitore originario” e comune da cui si sono evoluti tutti i viventi attuali, più una enormità di “residui” di funzioni un tempo utili al “progenitore”, ma ormai abbandonati e inservibili, perché “superati dall’evoluzione”.
Ora, va capito che il DNA è in qualche modo il “manuale d’istruzione” con cui la natura fabbrica un topo o un bambino.
E si dovrebbe spiegare come un manuale, un testo, che ricopiato per milioni di anni ha accumulato al suo interno un 95% di “errori di stampa” e refusi casuali - anzi di fatto è costituito quasi solo da errori - resti capace di funzionare egregiamente, e impartire gli ordini giusti per fabbricare topi e bambini generalmente sani e vitali.
Ma la cosa non interessa gli “scienziati” come Ventre: loro, si sono affrettati a brevettare i geni che fabbricano le proteine, per sfruttarli commercialmente, fabbricare sementi e animali trasngenici, topi con il fegato umano, soya con il gene pesticida e così via.
Ora però, un’analisi matematica condotta dall’IBM sul genoma “silente” ha scoperto che vi si ripetono in modo ricorrente dei “motivi”, dei “disegni” (patterns) che misteriosamente corrispondono a “motivi” e “patterns” che appaiono nel DNA che si esprime.
E sono convinti che la “spazzatura”, dopotutto, serva a qualcosa.
Anzi che forse serve più del DNA “utile” (1).



Andiamo per ordine.
Perché la scoperta viene dall’IBM e non dagli “scienziati” biologi?
Perché al Watson Research Center dell’Ibm, il capo Isidore Rigoutsos e i suoi colleghi hanno messo a punto un software, chiamato “pattern discovery”, con lo scopo di scandagliare archivi di dati molto grandi, per esempio i dati storici di Borsa o della stampa scientifica, alla ricerca di informazioni utili in un mare di “spazzatura” ormai inutile.
E, giusto per provare, l’hanno applicato al DNA.
Il DNA umano ha 20-25 mila geni “utili” che codificano proteine, e 6 miliardi di patrimonio genetico di “spazzatura”.
All’IBM hanno scandagliato quei sei miliardi di “cose”, alla ricerca di frequenze che si ripetessero in qualche modo significativamente.
Ne hanno scoperto milioni.
Milioni di “motivi” e “patterns”.
Ma in particolare, ne hanno scoperto circa 128 mila, nella spazzatura, che ricorrono anche nel genoma che si esprime.
Anzi, quegli stessi “motivi” sono super-presenti nei geni più coinvolti in specifici processi biologici. Più precisamente, nella “regolazione della trascrizione”.
O ancora più precisamente, i “motivi” ricorrenti sono associati a piccole molecole di RNA che svolgono un processo chiamato “silenziatore dei geni dopo la trascrizione”.

Di che si tratta?
In breve, cercando di capire al volo: una cellula umana fertilizzata, l’embrione, comincia a moltiplicarsi rapidamente.
All’inizio, le nuove cellule sono tutte uguali.
E’ questo che fa il DNA utile: riprodurre cellule tutte uguali a se stesse.
Se il processo continuasse così, non nascerebbe un bambino, ma un grumo indifferenziato di carne. Un cancro: perché il cancro non è altro che un tessuto di cellule tutte uguali, che proliferando invadono il corpo.
Invece, nell’embrione, avviene qualcosa di prodigioso.
Ben presto, le cellule si diversificano.
Diventano fegato, unghie, tessuto cerebrale, vene, arterie, pancreas….ogni “cosa” con una funzione differente, ogni cosa essenziale, ogni cosa al posto giusto nell’organismo.
E' come se un “progettista”, che segue delle istruzioni e una mappa precisa, mettesse ogni cosa a posto.
Insomma: ogni singola cellula, pur contenendo gli stessi identici geni, lo stesso DNA, diventa diversa.
Come?
Perché qualcosa “spegne” ed “accende” certi precisi geni, o certe loro funzioni, attivando o chiudendo certi interruttori, secondo il “progetto” uomo (o topo).



Questa modulazione, questo “spegnimento” dei geni superflui avviene non durante, ma “dopo” la trascrizione operata dal DNA “funzionante”.
Quei 25 mila geni fanno le cellule tutte uguali.
Ma una volta prodotte, esse vengono poi “modulate” grazie a un processo di “interferenza del RNA”, in cui molecole “messaggere” riducono l’espressione, originariamente “totipotente” e indiscriminato, per tenerne attuale solo una parte.
Ora, l’IBM comincia a capire che in questo processo - il più importante: quello che da un cancro produce un uomo con arti ed organi sani - entra in qualche modo il DNA “spazzatura”.
“C’è un sicuro collegamento tra la vasta area del DNA che credevamo non funzionante con la parte del genoma che sappiamo funzionante”, ha detto Rigoutsos: “il punto è che per verificare la scoperta, occorrono risorse e una quantità di studiosi”.
E’ vero: solo per mappare 25 mila geni, sono occorsi miliardi di dollari e migliaia di scienziati nei laboratori di tutto il mondo.
Qui, si tratta di mettere pazientemente alla prova 6 miliardi di geni, o almeno 128 mila “motivi ricorrenti”, per vedere come funzionano le cavie da laboratorio private selettivamente dell’uno o l’altro di questi.
Decenni di ricerche.



Con la prospettiva di trovare davvero la “cura-miracolo” per il cancro, scoprendo il meccanismo erroneo per cui certe cellule non obbediscono più al “progettista” e si mettono a replicarsi tutte uguali, anziché diversificarsi e “spegnersi”.
Già da tempo altri scienziati senza scopo di lucro, del resto, avevano puntato il dito su certi “patterns” ricorrenti nel genoma “silente” e “spazzatura”.
Il gruppo di David Haussler all’Università di California di Santa Cruz ha cominciato a confrontare il “genoma spazzatura” di uomo, topo e ratto (tre mammiferi).
E per escludere il caso, hanno cercato solo le sequenze di almeno 200 basi che si ripetessero nel DNA delle tre specie.
Sequenze così lunghe non possono essere casuali.
Ne hanno trovate 480.
Presenti non solo nei tre animali esaminati, ma anche nel pollo e nel cane.
Ma assenti negli insetti e nei molluschi marini (2).
La cosa che ha stupito Haussler è: come mai, nella “evoluzione” darwiniana, queste sequenze appartenenti alla “spazzatura” sono state conservate per milioni di anni?



Perché da buon darwinista, egli crede che topi, ratti, uomini, polli e cani (ma non gli insetti) discendono da un “antenato comune” vissuto (si crede) 400 milioni di anni fa.
Questo antenato avrà avuto quelle sequenze.
Ma come mai i progenitori le hanno conservate identiche?
Vuol dire che quelle sequenze sono “utili”, anzi necessarie.
Per esempio a fare un animale a sangue caldo (pollo o uomo), e non un insetto.
Evidentemente, ragiona Haussler, perché la loro scomparsa avrebbe danneggiato la capacità di sopravvivere nella “lotta per l’esistenza” di questi animali.
Eppure, queste sequenze super-conservatrici sono nella “spazzatura” ritenuta silente.
“Le nostre scoperte iniziali dimostrano invece che la maggior parte del genoma, quella che non codifica le proteine, fa qualcosa di molto più importante”, dice Haussler: “hanno una parte che non conosciamo ancora, nello sviluppo e differenziazione delle specie”: anche in questo caso, pare, modulando il modo in cui il RNA messaggero “spegne” e accende
gli interruttori genetici che fanno di un grumo di proteine un uomo, oppure una gallina.
“E’ solo la punta dell’iceberg”, dice ora il professor Chris Ponting, della unità genetica del Medical Research Council britannico. E se la prende con “certi settori che hanno premuto per mappare soltanto le poche parti del DNA che codificano le proteine, asserendo che mappare il resto era una perdita di tempo”.



Ecco il punto.
Perché una vera e completa analisi scientifica, tesa ad appurare una vera e completa verità, sarebbe “una perdita di tempo?”
Per chi?
Risposta: per chi ha fretta di brevettare la parte del codice “utile” a fare organismi geneticamente modificati, e a brevettare anche quelli - nonché le tecniche genetiche per produrli.
Il profitto e l’industria genetica hanno bloccato la scienza.
Anzi peggio.
Profitto e industria sono corsi a produrre e vendere soya geneticamente modificata, virus modificati per vaccini, medicinali trasngenici, ignorando come funziona il 95% della “cosa” che hanno modificato.
E proclamando che i loro prodotti sono “innocui”.
Ma il DNA non funziona nel modo “lineare” e semplificato che gli scienziati a scopo di lucro affermano.
Il DNA è un dinamismo fluido, capace di agire in direzioni imprevedibili.



Ad esempio si sa, o si sospetta, che le modificazioni del gene possono saltare da una specie all’altra?
Che la soya transgenica contamina quella naturale, trasferendole le sue proprietà?
Che effetto possono provocare delle garze fatte di cotone OGM posate su una ferita?
E i fiocchi di granturco geneticamente modificato che vostro figlio mangia a colazione?
E le panelle di soya transgenica di cui sono nutrite le vacche da latte?
E i vaccini da virus geneticamente modificati?
E i farmaci “genetici” che devono sostituire gli antibiotici, ormai sempre meno efficaci perché i batteri sono diventati geneticamente “resistenti” ad essi?
L'industria risponde: nessun effetto, state tranquilli.
La garza di cotone trasngenico non infetterà il vostro DNA.
Credete a noi.
Sappiamo tutto di come funziona il DNA.
Anche quel 95 % che non abbiamo voluto studiare.
Non serve a nulla.
E’ spazzatura.
Imbottitura, come quella dei divani e delle poltrone.
Non agisce.
E’ silente.
Ossia inattivo, inerte.
Ve lo diciamo noi, che sappiamo tutto di biologia.
“Di come funziona la biologia, in realtà, non sappiamo un c.”, si è lasciato scappare Craig Ventre.

Maurizio Blondet




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Note
1) Paul Rincon, “Salvage prospect for ‘junk’ DNA”, BBC, 26 aprile 2006.
2) Johanna Kettlewell, “Junk throws up precious secret”, BBC, 12 maggio 2004.




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