Originariamente Scritto da
nuvolarossa
Quale politica estera
Dal centrosinistra non servono frasi di circostanza
Ora che ci sono altre vittime italiane in Iraq, che sono morti i nostri carabinieri nel pieno assolvimento delle loro funzioni, ci interessa poco sentire parole di cordoglio da parte degli esponenti del centrosinistra. Piuttosto ci dicano quale linea di politica estera intendono seguire e se intendono essere solidali con i nostri soldati o con i no - global ed affini che nelle piazze, inclusa quella di Milano delle celebrazioni del 25 aprile, gridano: "Dieci, cento mille Nassiriya".
Questo perché "i sanculotti" del loro schieramento, come li chiama "il Riformista", o "i nazisti rossi", come li ha definiti più esplicitamente l'ambasciatore israeliano Gol, sono stati fino a ieri allevati, accuditi e protetti nelle file dell'Unione * ne hanno persino portato qualcuno in Parlamento - ed il fatto che si considerino solo poche decine di scalmanati, ci spiace, ma non è una attenuante. Anzi, quando sono, come sono, politicamente protetti, è una aggravante. Anche le Br non raggiungevano il migliaio di unità e ciononostante furono dolori e tragedie. O già ce lo siamo dimenticati?
In situazioni del genere, ciò che conta dovrebbe essere la volontà di combattere fenomeni altrimenti destinati a rovinare le basi stesse della convivenza civile: e allora le frasi di compunta circostanza sono non solo inutili, ma anche dannose.
Non sappiamo se domani il centrosinistra saprà esercitare questo controllo democratico sulle sue frange più estreme, mentre è sconsolatamente chiaro che invece, quando c'era bisogno di esercitarlo, non hanno saputo farlo. Questa realtà segna pesantemente gli umori dell'opinione pubblica nei confronti di chi ha pur la pretesa, in tali condizioni disdicevoli, di governare l'Italia, quando nemmeno sa tutelare l'ordine civile. E noi vogliamo sperare che prevalga la linea di politica estera delineata durante la campagna elettorale dell'onorevole Rutelli. Dobbiamo dire che essa però ci pare grandemente minoritaria, fra Rifondazione, Pdci, Verdi e Ds, che equiparano le bombe dei terroristi a quelle dell'esercito Usa su Falluja. Siamo molto preoccupati quindi di sapere quale sarà la scelta di un futuro governo Prodi sul da farsi in Iraq.
Se fossero ritirati i soldati italiani unilateralmente, senza accordo con gli alleati e le autorità irachene, sarebbe un segnale grave di debolezza, soprattutto all'indomani dell'attentato ai nostri soldati. Il governo Prodi l'avrebbe data vinta, fin dal primo atto internazionale, ai terroristi. Se poi pensano di sostituire il contingente militare con uno civile, la scelta sarebbe anche irresponsabile, perché senza possibilità di difesa in contesti del genere, si manderebbero degli uomini al massacro.
In attesa di conoscere cosa prepara la nuova maggioranza per la politica internazionale, resta ancora prioritario il problema del governo. Il professor Prodi avrebbe dovuto dimostrare davvero di saperci fare, di essere un uomo accorto e di polso. Citiamo il "Corriere della Sera" a proposito: "Un leader è chiamato a dimostrare, già prima di assumere la guida dell'esecutivo, di essere capace, non di unificare, ma di federare secondo un disegno intelligibile da amici e da avversari, le forze che lo sostengono". E seppure la coalizione di Prodi, molto più di quella del premier uscente, mostra forze "tra loro assai diverse, in certi casi concorrenti, in altri potenzialmente conflittuali", proprio secondo il giudizio del "Corriere", anche in questo caso, il quadro appare critico.
Leggiamone la sconsolata descrizione fatta da Paolo Franchi: "Peccato che i giorni passino, la situazione si aggrovigli al limite del paradosso e Prodi continui a non far sentire la sua voce". Sembrerebbe così già svanita persino la fiducia del "Corriere" nei confronti del leader dell'Unione. Del resto, se ci ricordiamo bene, Mieli, nel suo famoso editoriale a sostegno dell'Unione, si diceva convinto della capacità di Prodi di arginare la deriva estremista dei suoi alleati di sinistra, quando ormai pare evidente che invece il professore ne venga regolarmente travolto. E non siamo nemmeno all'inizio della nuova legislatura, ma questo poco tempo passato è stato già sufficiente per far sorgere il dubbio, a via Solferino, di aver puntato su un cavallo sbagliato. Noi che ne eravamo certi, adesso ne abbiamo le controprove. Ne attendiamo molte altre. Poi si imporrà, da sola, una nuova svolta. Una liberazione.
Roma, 27 aprile 2006
tratto dal sito del Partito Repubblicano
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